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Ritorniamo alla vera Chiesa di Gesù Cristo

Ekklesia, in greco, significa "convocazione" e deriva dal verbo "chiamare". Ciò significa che la Chiesa è, da un lato, la convocazione dei chiamati, che si cercano l’un l’altro e si ritrovano per celebrare i sacri Misteri e tramandarsi la parola di Dio, dall’altro è essa stessa una convocazione, cioè una chiamata, da parte di Dio agli uomini. A quali uomini? A tutti gli uomini, indistintamente. Però, siccome non tutti gli uomini hanno ricevuto la chiamata per mezzo degli apostoli e dei loro successori, è necessario che la Chiesa abbia un carattere apostolico, cioè che sia costantemente rivolta all’evangelizzazione; e questo con buona pace di papa Francesco, che ha definito l’apostolato una solenne sciocchezza. Ciò non significa che tutti gli uomini facciano parte della Chiesa; niente affatto: tutti gli uomini sono chiamati, ma ne fanno parte solo quanti accolgono la chiamata. Chi la riceve, ma la rifiuta, è fuori della Chiesa, e, spesso, è contro la Chiesa: occorre tenerlo ben presente, per non cadere nella ingenuità — se d’ingenuità si tratta, e non di qualcosa di assai peggio – di pensare che la Chiesa è la casa di tutti gli uomini indistintamente, e che le chiamate sono tante quante sono le fedi religiose. Se così fosse, ciascuna chiamata equivarrebbe a qualsiasi altra, e non avrebbe alcuna importanza cercare Dio da cristiani, anzi, da cattolici, o da luterani, da calvinisti, da giudei, da islamici, da induisti, da buddisti, da teosofi, da antroposofi, eccetera, e perfino rifiutare Dio, pienamente e intenzionalmente, come fanno gli atei. Infatti, se la logica non è un’opinione, chi pensa che la Chiesa sia la casa di tutti gli uomini indistintamente, e sostiene che tutte le verità si equivalgono, dovrebbe avere anche la coerenza di ammettere che essere cattolici o essere seguaci di qualsiasi altra fede, essere credenti o essere atei, è perfettamente la stessa cosa, perché l’importante è il fatto di cercare, non quel che si trova, o la riva sulla quale si approda; e che Dio si rivela a tutti in eguale misura, qualunque cosa facciano o qualunque sia la verità (con la minuscola) in cui credono, o magari non credono.

Ora, a partire dal Concilio Vaticano II, e con una notevole accelerazione sotto il pontificato di Giovanni Paolo II — vedi gli incontri interreligiosi di Assisi -, per non parlare del pontificato attuale, si assiste a una smentita pratica di queste evidenze logiche, senza le quali la Chiesa non è più la Chiesa, la fede in Gesù Cristo non è più la fede in Gesù Cristo, e il Vangelo non è più il Vangelo. In particolare, da quando si è abolita, come cosa orribile e ingiusta, la preghiera per la conversione dei giudei, e si è affermato che il patto dell’Antica Alleanza è sempre valido, con la speciosa argomentazione che Dio non rinnega le Sue promesse, pare proprio che la Chiesa abbia fatto una inversione a "U" e sia tornata sulle proprie posizioni, rimangiandosi quello che, per secoli e secoli, aveva insegnato, e cioè : nulla salus extra ecclesiam, non vi è alcuna salvezza al di fuori della Chiesa cattolica. Ora, e proprio all’indomani del barbaro assassinio, sull’altare, di un sacerdote cattolico da parte di due fanatici islamici, mentre si apprestava a celebrare il Sacrificio eucaristico, gli islamici sono stati invitati ad entrare nelle chiese cattoliche, a partecipare alla santa Messa e ad unirsi ai cattolici nella preghiera: per chi? Per che cosa? Non è molto chiaro. Ad ogni modo, sorge inevitabile la domanda: ma questa iniziativa, da parte del clero cattolico, è stata legittima? È nella linea del Vangelo? Trova riscontro in quel che Gesù diceva e faceva, visto che codesti cattolici progressisti e neomodernisti dicono sempre, e ripetono fino all’ossessione, che bisogna ritornare alla Chiesa delle origini, e ancora, che bisogna tornare a leggere il Vangelo, liberandolo dalle "incrostazioni " mitologiche e a quelle, ancor più obbrobriose, della connivenza col potere politico, che hanno inquinato i canali della Rivelazione e hanno offuscato la chiarezza e trasparenza del vero messaggio evangelico? Benissimo, allora: vediamo un po’. Gesù era favorevole a queste iniziative comuni? Qualcuno lo ha mai visto discutere con i sacerdoti di Baal, di Cibele, di Astarte, Zeus o di Zoroastro? Qualcuno lo ha mai udito raccomandare ai suoi discepoli il dovere di "dialogare" con i sacerdoti e con i fedeli delle altre religioni, e, soprattutto, che devono "rispettare" le loro credenze, vale a dire che, per riguardo ad esse, devono astenersi dal predicare il Suo Vangelo e devono inibirsi la libertà di annunciare il Regno di Dio, così come Lui, Gesù Cristo, lo ha annunciato, fino al sacrificio supremo, con la sua more di croce? Non ci risulta; se no, che venga padre Sosa Abascal, il quale ritiene di sapere meglio di chiunque altro cosa Gesù abbia detto in realtà, e ce lo spieghi lui. Quel che noi sappiamo, sull’atteggiamento di Gesù rispetto alla cosiddetta "libertà religiosa", fa terribilmente a pugni con la mentalità di codesti cattolici progressisti e modernisti, impregnata di liberalismo, di volterrianismo, di radicalismo, e più vicina alle idee di un Pannella che a quelle del divino Maestro.

Prendiamo il caso della donna cananea, che si avvicina a Gesù per chiedere il suo aiuto contro un demonio che si è impadronito di sua figlia; in pratica, gli chiede di esorcizzarla. Ma Gesù non le dice una parola e prosegue per la sua strada; e lei dietro, a pregarlo con sempre maggiore insistenza, al punto che i discepoli, a un certo punto, esasperati, lo supplicano a loro volta di ascoltarla, perché non ne possono più delle sue strida e delle sue implorazioni. Ma Gesù chiude loro la bocca con poche parole, secche e definitive: Non sono venuto che per le pecore perdute della casa d’Israele. E poiché nemmeno quelle parole bastarono a smontare la donna, la quale continua a supplicarlo, Gesù dice anche a lei, rivolgendole la parola sola allora: Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini. La donna, con eroica insistenza, gli replica: è vero, Signore, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole del pane che cadono dalla tavola dei loro padroni. Solo allora Gesù, ammirato da tanta costanza e da tanta incrollabile speranza, le risponde: Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri; e la figlia di lei è guarita senza neanche bisogno che Gesù la esorcizzi di persona. Certo, è possibile, per non dire probabile, che l’apparente indifferenza mostrata all’inizio da Gesù fosse solo una strategia per mettere alla prova la profondità della fede di quella donna; resta il fatto che Gesù paragona i non ebrei a dei "cagnolini" ai quali non è bene gettare il pane destinato ai figli, cioè alla gente d’Israele. E sebbene anche questo dialogo vada inquadrato nel contesto dell’azione messianica di Gesù, che gradualmente si apre anche ai non ebrei e che, alla fine, prescrive esplicitamente ai discepoli di farsi apostoli del Vangelo in ogni luogo del mondo e presso tutti i popoli, anche qui dobbiamo prendere atto che l’azione di Gesù si articola in due fasi: nella prima, si rivolge alle pecorelle smarrite della casa d’Israele; nella seconda, allarga il messaggio di salvezza all’umanità intera. Ed è logico: prima si rafforzano le radici della propria pianta; poi ci si mette a distribuire i semi nell’orto dei vicini. Ma la Chiesa odierna non sembra ispirarsi a questo modello, a questa saggezza, che vengono direttamente da Gesù Cristo; essa pensa di poter rivolgersi a tutti, mettendo tutti sullo stesso piano; con la scusa di non fare distinzioni, né discriminazioni, finisce per annacquare la specificità, l’unicità e l’insostituibilità della Rivelazione divina, che si attua nell’Incarnazione del Verbo, e per metterla sullo stesso piano di altre rivelazioni. Ma il cristiano deve avere il coraggio di dire a voce alta che non vi sono altre strade per giungere a Dio, altre strade buone e vere, s’intende, tranne quella indicata da Gesù Cristo; se così non fosse, non si capisce cosa Gesù Cristo sia venuto a fare sulla terra, perché abbia agito e predicato così come ha agito e predicato, e perché sia morto sulla croce, per risorgere il terzo giorno e inviare lo Spirito Santo, nel giorno della Pentecoste, ai suoi discepoli, dando inizio alla vita della Chiesa militante.

La Chiesa, dunque, è l’insieme dei credenti in Gesù Cristo, che sono tali perché non hanno altro Dio al di fuori di Lui e del Padre, che, con lo Spirito Santo, sono una cosa sola.

Leggiamo sul Catechismo della Chiesa cattolica (Libreria Editrice Vaticana 1992, 1999):

La missione dei Cristo e dello Spirito Santo si compie nella Chiesa, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo (737).

Nel linguaggio cristiano, il termine "Chiesa" designa l’assemblea liturgica, ma anche la comunità locale o tutta la comunità universale dei credenti. (752)

Così la Chiesa è l’ovile, la cui porta unica e necessaria è Cristo. È pure il gregge, di cui Dio stesso ha preannunziato che sarebbe il pastore le cui pecore, anche se governate da pastori umani, sono però incessantemente condotte la pascolo dallo stesso Cristo, il Pastore buono e il Principe dei pastori, il quale ha dato la sua vita per le pecore. (754)

La Chiesa è il podere o campo di Dio. (755)

Il mondo fu creato in vista della Chiesa", dicevano i cristiani dei primi tempi. Dio ha creato il mono in vista della comunione alla sua vita divina, comunione che si realizza mediante la "convocazione" degli uomini in Cristo, e questa "convocazione" è la Chiesa. (760)

La convocazione del popolo di Dio ha inizio nel momento in cui il peccato distrugge la comunione degli uomini con Dio e quella degli uomini tra di loro. La convocazione della Chiesa è, per cos’ dire, la reazione di Dio di fronte al caos provocato dal peccato. (761)

Il Signore Gesù ha dotato la sua comunità di una struttura che rimarrà fino al pieno compimento del Regno. Innanzi tutto vi è la scelta dei Dodici con Pietro come loro capo. (765)

Ma la Chiesa è nata principalmente dal dono totale di Cristo per la nostra salvezza, anticipato nell’istituzione dell’Eucarestia e realizzato sulla croce. L’inizio e la crescita della Chiesa "sono simboleggiati dal sangue e dall’acqua che uscirono dal costato aperto di Gesù crocifisso" (Lumen Gentium", 3, 57).

Sorge perciò la domanda: la Chiesa, la vera Chiesa, essendo quella che crede a tutto ciò che Gesù ha detto, nei modi insegnati dalla Scrittura e dalla Tradizione, e che rifiuta ogni altra verità su Dio e sulla vita eterna, può porsi in contraddizione con se stessa? Può dire, ad esempio, che anche le altre fedi religiose portano a Dio? Il papa, capo supremo della Chiesa, può dire che Dio non è cattolico? Il clero può invitare alla santa Messa i non cattolici e mescolarsi con loro nella celebrazione del Sacrificio eucaristico — perché questo, e non altro è, nella sua essenza, la santa Messa per un cattolico? Il clero cattolico può prendersi la libertà di affermare che la liturgia della parola viene prima della liturgia eucaristica, e che la Messa, di conseguenza, è prima di tutto una modalità di dialogo, dei cattolici fra loro, ma anche con i non cattolici, e non già la celebrazione del Sacrifico eucaristico, il rinnovarsi del Sacrificio di Cristo, morto sulla croce per amore degli uomini, che offre ai suoi fedeli il suo Corpo e il suo Sangue? La Chiesa, la vera Chiesa cattolica, può sbarazzarsi del concetto di dottrina e affermare, per bocca del pontefice, che, se la dottrina crea "divisioni", allora è una cosa brutta, è ideologia, e bisogna sbarazzarsene? E lo stesso pontefice, può recarsi presso i luterani — cioè dei sedicenti cristiani che eleggono vescovo una donna, lesbica dichiarata e "sposata" con un’altra donna, per celebrare in chiesa i sacramenti – a commemorare con loro e quasi a festeggiare i cinquecento anni della cosiddetta Riforma di Lutero, che una riforma non fu, ma una rivoluzione, estremamente violenta, mirante alla distruzione della Chiesa, e a dire che i cattolici devono ringraziare Lutero per i doni spirituali che egli ha elargito? Ecco cosa diceva dei luterani uno che visse a quel tempo e che se ne intendeva, sia di eretici che di parole-truffa, Ignazio di Loyola: Chi qualificherà gli eretici come evangelici dovrebbe pagare una multa, perché il demonio non goda che i nemici del Vangelo e della Croce di Cristo usurpino un nome contrario ai fatti. Gli eretici debbino essere chiamati con il loro nome, perché si provi orrore nel nominarli e non si copra con un’etichetta religiosa un veleno mortale. E non si venga a dire che questa è una visione superata e anacronistica della storia, perché qui non si parla di storia, ma di dottrina; e la dottrina luterana o è eretica, o è ortodossa. Se è ortodossa, allora la Chiesa ha sbagliato clamorosamente e totalmente per cinquecento anni Se è eretica, rimane tale a dispetto del passare del tempo. Questo è dire sì, sì, e no, no, come voleva Gesù Cristo; tutto il resto, i giri di parole, le frasi melliflue ed ambigue, che creano solo confusione, viene dal diavolo. Perfino la parola misericordia, se adoperata per smussare e rovesciare la Verità, diventa una parola-trappola, un inganno, un cavallo di Troia per far entrare il nemico nella campo di grano, a spargervi la zizzania. Nulla viene prima della Verità; senza di essa, c’è solo la puzza dell’inferno. Ricordiamo la solenne preghiera di Gesù al Padre, al termine dell’Ultima Cena: Non chiedo che tu li tolga dal mondo, ma che li custodisca dal maligno. Essi non sono del mondo, come io non sono del mondo. Consacrali nella verità. La tua parola è verità. E poco prima di morire sulla croce, a Pilato: Per questo sono nato e sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce…

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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