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Il testamento spirituale di san Pio X: «Preservate l’integrità della dottrina»

Nel corso della messa di santa Marta del 19 maggio 2017, il papa ha tenuto una omelia sorprendente, affermando che la vera dottrina cattolica unisce, mentre la dottrina, quando divide, è cattiva e ciò significa che è diventata ideologia. Stranissima affermazione, aggravata dall’epiteto di "fanatici" che il santo padre ha dispensato a quanti restano saldi nella dottrina cattolica, così come essa è sempre stata insegnata e custodita dal sacro Magistero. A quanto pare, la dottrina serve a "unire", sempre e comunque: ma a unire con chi, e in che senso? A unire i cattolici coi non cattolici, passando sopra la dottrina stessa, retrocessa al rango di anticaglia archeologica e di fastidiosa zavorra del passato? E la dottrina diventa cattiva, se "divide": ma se divide da chi, da che cosa? Se divide i cattolici dai malvagi, dai nemici di Cristo e della Chiesa, davvero la dottrina è cattiva? Se li divide dai criminali che decapitano i cristiani, solo perché cristiani, davvero è una cosa sbagliata? Francamente, l’idea espressa dal pontefice in quella omelia non sembra affatto in linea con il Magistero di sempre: è uno dei segnali che egli sta cambiandola Chiesa, come aveva promesso di voler fare, subito dopo essere stato eletto.

Rileggiamoci cosa dice il Nuovo Testamento riguardo a ciò che unisce e a ciò che divide: Non crediate che io sia venuto a portare la pace sulla terra; non sono venuto a portare la pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il foglio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa (Matteo, 10, 34-36). Queste sono le precise parole di Gesù (precise, checché ne pensi padre Arturo Sosa Abascal, il nuovo generale dei gesuiti, il quale ha dichiarato che noi non sappiamo cosa disse esattamente Gesù Cristo, visto che a quell’epoca non esistevano i registratori). Ed ecco le parole di san Giovanni, nella prima epistola che porta il suo nome (5, 19): Noi sappiamo che siamo da Dio, mentre tutto il mondo giace sotto il potere del maligno. A quanto pare, né Gesù Cristo, né san Giovanni, consideravamo un problema il fatto che il Vangelo, cuore della dottrina cristiana, crei delle divisomi all’intermo della società e perfino delle singole famiglie; al contrario, consideravano tali divisioni come inevitabili e necessarie, perché, senza di esse, non ci sarebbe stata, da parte dei seguaci di Gesù, una vera adesione agli insegnamenti del Maestro. L’attuale pontefice si ritiene dunque in diritto di modificare sia la lettera che lo spirito della Bibbia, capovolgendo le precise indicazioni di Gesù e dei suoi Apostoli? Se è così, allora bisogna che qualcuno lo dica ad alta voce, che qualcuno lo faccia notare; mentre lo spettacolo sconfortante a cui stiamo assistendo è quello di un silenzio assordante da parte dei media cattolici, a cominciare dalla Radio Vaticana, e anche dei cardinali e dei vescovi, i pastori della Chiesa di Cristo, o, peggio, di un loro sforzo costante per rendere perfettamente accettabili le parole del papa, oscurandone il carattere profondamente eversivo e facendo a gara nella servile adulazione del suo stile, dei suoi discorsi, e profondendosi in una esegesi ingannevole e truffaldina di essi, il cui scopo è accompagnare e favorire un radicale cambiamento nella dottrina cattolica, senza che i cattolici se ne rendano conto. In altre parole, favorire una generale apostasia dei cattolici da quella stessa fede che ritengono di professare.

Può essere d’aiuto, in tempi così torbidi e tristi, abbeverarsi alle sorgenti della pura dottrina e del sano e veritiero Magistero, quale la Chiesa lo ha sempre insegnato, almeno fino alla rivoluzione operata dal Concilio Vaticano II. In questo caso, fa bene all’anima andarsi a rileggere quel che affermava uno degli ultimi grandi papi nella storia della Chiesa, san Pio X, che molti hanno accusato di oscurantismo, di pessimismo antropologico e di aver assunto un atteggiamento retrivo di fronte alla civiltà moderna e alle sue sollecitazioni, mentre è vero il contrario: che quest’umile ex parroco di campagna, venuto su da una sana civiltà contadina e giunto al soglio pontificio passando per tutti i gradini della gavetta, seppe vedere e comprendere l’avvicinarsi di un pericolo terribile per la sopravvivenza della Chiesa, che veniva non tanto dall’esterno, quanto dalle sue stesse viscere: lo spirito del modernismo. E lo seppe vedere, e vi seppe reagire con pronta decisione, mentre la maggior parte dei cardinali e dei vescovi, per non parlare dei teologi e degli uomini di cultura cattolici, non videro un bel nulla, o, peggio, videro, sì, le svariate forme del modernismo, che insidiosamente si avvicinavamo e penetravano nel cuore stesso della Chiesa, ma sottovalutarono clamorosamente il pericolo, o lo ignorarono, o lo scambiarono addirittura per un apporto positivo, per un utile aggiornamento della dottrina e della vita cattolica, per una preziosa occasione di rimettersi "al passo coi tempi", dopo che la Chiesa aveva perso fin troppo tempo, attardandosi su posizioni vecchie e superate. Guarda caso, sono gli stessi discorsi che faceva il defunito cardinale Carlo Maria Martini, il quale lamentava che la Chiesa fosse in ritardo di almeno due secoli rispetto al doveroso aggiornamento pastorale e dottrinale di cui abbisognava. E, guarda caso, l’ombra inquietante della massoneria si stende sia dietro le avanguardie moderniste dei primi anni del ventesimo secolo, contro le quali lottò con fermezza san Pio X, sia dietro l’operato di illustri porporati degli ultimi decenni del secolo scorso, come appunto il cardinale Martini: sarà una mera coincidenza? Lasciamo che ciascuno giudichi da sé, con retta coscienza e sulla base, oltre che della fede, anche di un sano, elementare buon senso.

San Pio X sarebbe morto il 20 agosto 1914: il cuore spezzato dal dolore per lo scoppio dell’immane catastrofe mondiale, che egli aveva presentito e aveva visto arrivare, senza poter far nulla per fermarla, riconducendo i cuori e le menti alla ragione. Il 27 maggio, meno di tre mesi prima di esalare l’ultimo respiro, il papa pronunciò, davanti a ventisei cardinali, fra i quali era anche il suo successore, Giacomo Della Chiesa, il futuro Benedetto XV, un’allocuzione che, per molti aspetti, si può considerare il suo testamento spirituale. Ai nuovi porporati, ricordò che il loro compito era mantenere intatto il deposito della fede e custodire l’ecclesiastica disciplina e resistere ai subdoli assalti a cui è fatta segno la Chiesa, non tanto per parte di aperti nemici, ma specialmente degli stessi suoi figli. E volle precisare, contro ogni facile ottimismo, che Siamo purtroppo in un tempo in cui con molta facilità si fa buon viso e si adottano certe idee di conciliazione della fede collo spirito moderno, idee, che conducono molto più lontano che non si pensi, non solo all’affievolimento ma anche alla perdita totale della Fede.

Vale la pena di rileggersi la parte finale di quel discorso così carico di significato e, per taluni aspetti, anche così drammatico, non solo alla luce delle terribile tempesta che si andava allora addensando, non vista e non prevista, sui cieli dell’Europa, oscurando la civiltà europea e mondiale e sprofondandola nella barbarie (e questo è, di per sé, un terribile atto d’accusa verso una intera classe dirigente, che non seppe vedere il pericolo, se non quando era ormai troppo tardi per scongiurarlo), ma anche alla luce di quel che è successo poi nella Chiesa cattolica e che sta continuando a succedere, in mezzo allo sconcerto, al dolore e alla profonda amarezza di tanti buoni cattolici, e nell’apatia, nell’indifferenza o, peggio, con la connivenza e l’attiva complicità di una parte significativa del clero, a quanto pare niente affatto preoccupato da tale smarrimento e da tale angustia generalizzati (cit. da Gianpaolo Romanato, Pio X. La vita di papa Sarto, Milano, Rusconi Editore, 1992, pp. 287-288):

Predicate a tutti, ma specialmente agli Ecclesiastici ed agli altri Religiosi, che niente tanto dispiace a Nostro Signore Gesù Cristo e quindi al suo Vicario, quanto la discordia in fatto di dottrina, perché nelle disunioni e nelle contese Satana mena sempre trionfo e domina sui redenti. Per conservare l’unione nella integrità della dottrina, premunite specialmente i sacerdoti dalla frequenza di persone di fede sospetta e dalla lettura di libri e giornali, non dirò pessimi, dai quali rifugge ogni onesto, ma anche di quelli che non sieno in tutto approvati dalla Chiesa, perché è micidiale l’aria che si respira ed è impossibile maneggiare la pece e non restarne inquinati. Se mai vi incontraste in coloro che si vantano credenti, devoti al Papa, e vogliono essere cattolici ma hanno per massimo insulto l’essere detti clericali, dite solennemente che figli devoti del Papa sono quelli che obbediscono alla sua parola ed in tutto lo seguono, e non coloro, che studiano i mezzi per eluderne gli ordini, o per obbligarlo con insistenze degne di miglior causa ad esenzioni e dispense tanto più dolorose quanto più sono di danno e di scandalo. Non cessate mai di ripetere che, se il Papa ama ed approva le associazioni cattoliche, che hanno di mira anche il bene materiale, ha sempre inculcato che deve avere in esse la prevalenza il bene morale e religioso e che al giusto e lodevole intento di migliorare le sorti dell’operaio e del contadino dev’essere sempre unito l’amore della giustizia e l’uso dei mezzi legittimi per mantenere tra le varie classi sociali l’armonia e la pace. Dite chiaramente che le associazioni miste, le alleanze coi non cattolici pel benessere materiale a certe determinate condizioni sono permesse, ma che il papa predilige quelle unioni di fedeli, che deposto ogni umano rispetto e chiuse le orecchie ad ogni contraria lusinga o minaccia, si stringono intorno a quella bandiera, che per quanto combattuta, è la più splendida e gloriosa, perché è la bandiera della Chiesa.

Per san Pio X, dunque, il compito prioritario dei pastori è quello di preservare la dottrina, senza la quale non c’è vera unità nella Chiesa. L’unità a cui egli mira, evidentemente, non è la stessa che ha in mente il papa attuale: per questi, ogni divisione è dannosa (anche se non si preoccupa affatto delle divisioni che lui stesso crea, con il suo modo di procedere, all’interno della Chiesa di cui gli è stata affidata la custodia, disgustando e allontanando proprio le anime più devote e più fedeli alla vera dottrina, in cambio dell’applauso dei massoni, dei radicali, degli irreligiosi e dei nemici di Cristo); mentre per san Pio X l’unità ha senso se è illuminata dalla dottrina: non da una dottrina qualsiasi, continuamente rimodernata e rivista per renderla gradita al palato dei contemporanei, ma la sola, la vera, la perenne dottrina della Chiesa, tratta dalla Rivelazione, nella piena fedeltà alle Scritture e alla sacra Tradizione. Il suo discorso è un vero e proprio grido di dolore: cento anni fa, questo grande papa vide quel che stava per verificarsi, mise in guardia i cardinali, mobilitò tutte le sue energie per contrastare il diluvio modernista; laddove molti membri del clero odierno hanno spalancato le porte a quel diluvio, e hanno magnificato l’invasione, chiamando bene ciò che è male, e male ciò che è bene. Si pensi, a questo proposito, a quei disgraziati teologi, vescovi e cardinali, specialmente dell’area tedesca, che si dicono favorevoli, per esempio, all’aborto, sia pure a certe condizioni, per esempio entro le prime otto settimane di vita del feto; oppure a quelle oscene unioni che vanno sotto il nome di matrimoni omosessuali. Ma questi sono gl’inevitabili frutti, una volta che si sia disprezzata l’importanza della dottrina e una volta che si siano dipinti, con intento apertamente denigratorio, come "clericali", quanti vi restano saldamente ancorati. San Pio X, come si è visto, stigmatizza l’atteggiamento di quei cattolici che vorrebbero passare per veri credenti e devoti del papa, ma poi si vergognano, anzi, considerano addirittura ingiurioso, il fatto di essere qualificati dalla società laicista come "clericali". Ebbene, non possiamo non pensare, con profonda tristezza, a quante volte il papa attuale ha deprecato il "clericalismo", dipingendolo come uno dei più gravi ostacoli sulla via del "dialogo" con l’altro, della tolleranza, del pluralismo, della pace universale; come una cosa bruttissima, della quale bisognerebbe che i cattolici infine si vergognassero, e che se ne liberassero una volta per tutte.

Preservate l’integrità della dottrina, ammoniva san Pio X; il che è la stessa cosa che dire: Non allontanatevi mai dalla Verità; non da una verità qualsiasi, da una verità di comodo, dalle piccole verità di questo mondo, che procurano applausi e consensi anche presso i nemici di Cristo; ma la sola Verità che reca la salvezza, la sola che porta con sé anche la pace in questa vita. Quale pace? Non certo quella del mondo, ma una pace più profonda, di un genere completamente diverso, che può riscaldare l’anima anche nella notte più cupa e tenebrosa. Vi lascio, la pace, do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore, disse Gesù ai suoi Apostoli, nel colloquio finale prima della Passione (Gv, 14,27). Ecco da dove viene la serenità del cristiano: non dall’effimero e ingannevole plauso di questo mondo di tenebra, ma dalla promessa di Gesù e dall’azione consolatrice e ispiratrice dello Spirito Santo. Ma se ciò non gli basta e vuole il plauso del mondo, rifiutando la croce, allora che getti la maschera e vada per la sua strada.

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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