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Il compito della conoscenza è condurre all’amore

La conoscenza non è, e non può essere, fine a se stessa; si vuol conoscere in vista di qualche cosa d’altro: e il fine della conoscenza è arrivare al vero, attingere la verità delle cose. Ma la Verità ultima, una volta che si siano oltrepassate le diverse, innumerevoli verità parziali, coincide con il Bene: la verità è l’Amore, l’amore di carità, l’amore disinteressato e benevolo verso ogni cosa esistente, tanto nell’ambito del visibile che dell’invisibile. Dunque, la conoscenza è in funzione del’amore; serve a capire sempre meglio che la realtà è ultima è l’amore; e chi non ha capito questo, non ha nemmeno incominciato a muovere un solo passo sulla via della vera conoscenza, per quante conoscenze settoriali e specifiche possa avere accumulato, da specialista, nei più diversi ambiti dello scibile umano.

Pertanto, chi ha raggiunto un livello più alto nel conoscere, ha, in un certo senso, il dovere di condividere ciò che ha conosciuto con chi si trova ad un livello più basso: è la legge della vita. Chi più conosce, più deve diffondere la propria conoscenza: perché la vera conoscenza è conoscenza dell’amore, e l’amore è il pane che deve essere diviso affinché il mondo vada avanti. Senza amore, il mondo si ferma e precipita nel vortice pauroso della violenza cieca e deliberata, del sadismo e del male fine a se stesso. La storia umana è intessuta di violenza cieca e deliberata, perché è la somma di tante singole esistenze non illuminate dalla vera conoscenza, ma smarrite lungo i sentieri della ricerca di un piacere puramente egoistico. Chi cerca solo il piacere per sé, inevitabilmente fa del male al prossimo e anche a se stesso, alla parte più vera e più nobile della propria anima; e contribuisce al ristagno dell’umanità in una condizione d’ignoranza e sofferenza maligna, dalla quale non c’è uscita se non attraverso la consapevolezza del valore del sacrificio, della sofferenza liberamente assunta per amore di Dio e del prossimo, dell’amore oblativo di se stessi. Finché si considera la propria vita come una proprietà esclusiva da sorvegliare contro qualsiasi ingerenza altrui, e finché si pensa che essa ci sia stata data per caso, o al solo scopo di cercare il massimo del piacere, del potere e della ricchezza, non si riuscirà mai a vedere le mete superiori che si celano oltre l’angusto orizzonte quotidiano.

Gli uomini, dunque, hanno il dovere di aiutarsi l’un l’altro, fraternamente, spezzando fra loro il pane della vera conoscenza. Naturalmente, questo non è sufficiente: non basta che chi più conosce, metta gli altri a parte della verità, perché molti non vorranno capire, punteranno i piedi e si ribelleranno; oppure, semplicemente, non mostreranno alcun interesse per la cosa, come i porci non mostrano alcun interesse per le perle, ma le calpestano, dato che essi sono desiderosi solo di ghiande, non di perle. Non importa: il seme cadrà dove Dio vuole che cada; se cadrà sul terreno buono, darà frutto; se no, rimarrà sterile, in mezzo ai sassi e alle spine. A nessuno verrà chiesto di dare conto dei risultati, bensì di quanto poteva fare, e non ha fatto: i risultati sono nelle mani di Dio, e di Dio solo. È Lui il Re della luce: e, se lo vuole, perfino dai sassi potranno nascere delle perle; ma, se non lo vuole, non nascerà nulla, perché tutto è nelle Sue mani. Gli uomini, parlando appropriatamente, non fanno un bel nulla: è Dio che fa; gli uomini si limitano a mettere a disposizione del progetto divino la loro buona volontà, il loro impegno, la loro abnegazione — oppure no, preferendo coltivare l’amor si sé.

Ebbene: la stessa cosa accade nella realtà soprannaturale. Anche lì vi sono delle creature, puramente spirituali, e perciò più perfette e più vicine a Dio di quanto lo siano gli uomini: gli Angeli; e anche presso di loro vige la stessa legge universale: chi più conosce, è chiamato a offrire agli altri la propria conoscenza, in un mirabile accordo di amore e fraternità: gli Angeli non sono tutti uguali, vi sono quelli che più conoscono, perché sono più prossimi alla Verità, e quelli che ne sono più lontani, proprio come accade fra gli uomini. Vi sono anche quelli che si sono allontanati per sempre, voltando le spalle, deliberatamente e malignamene, alla verità: e son diventati diavoli. Queste non sono favole, ma dogmi della dottrina cattolica, fondati sulle Scritture e la Tradizione.

Ci piace riportare una pagina del sacerdote cappuccino svizzero Otto Hophan (nato a Nafels il 13/02/1898 e morto a Orselina il 5/10/1968), tratta dal suo bel libro Gli Angeli (titolo originale: Die Engel, Luzern, Raber & Cie., 1956; traduzione dal tedesco di W. Sanvito e G. Antonelli, Roma, Edizioni Paoline, 1959, pp. 105-107):

La comunione tra gli angeli non consiste solo nella comunicazione del pensiero, ma anche nel dono reciproco. Gli angeli più elevati irradiano su quelli inferiori le dovizie della loro conoscenza e del loro amore. Gli angeli inferiori si accendono così di luce riflessa. Questa riflessione luminosa è addirittura un principio cosmico: "Devi amare il tuo prossimo come te stesso!" (Mat 22,39). "Somministratevi doni l’un l’altro nella stessa misura in cui ognuno ha ricevuto quali buoni amministratori della grazia di Dio" (1 Piet. 4,10). Ciò vale anche per gi angeli superiori, che riversano i raggi ricevuti sui lori inferiori. "In quella celeste patria nessuno possiede qualche cosa a proprio esclusivo vantaggio, nonostante che ad alcuni siano stati concessi doni in maggior misura" (S. Gregorio magno, Hom. 34 in Evang). 

Una semplice affermazione senza alcun fondamento – dirà qualcuno.Eppure la stessa Scrittura in diversi punti accenna a questo riflesso di luce. Già nel Salmo 24,8 alcuni esegeti vogliono vedere angeli che sono all’oscuro e s’informano presso gli angeli più elevati, domandando: "Chi è il Re della gloria?", mentre esuberanti di gioia i grandi spiriti rispondono: Il Signore dei signori! Egli è il Re della gloria! (cfr. Summa Teol., I, q. 106, a. 4).

Il libro di Daniele (8, 13; 12,25) mostra ancora più chiaramente questo arricchimento di conoscenza negli angeli inferiori, prodotto dalla illuminazione degli angeli più elevati. "Io (Daniele) udii uno dei santi che parlava, e disse un santo ad un altro… "Fino a quando durerà quello di cui parla la visione intorno al sacrificio perpetuo, al peccato causa della desolazione, fino a quando il peccato e l’esercito saran conculcati?". Rispose: "Da sera a mattina, per duemila trecento giorni, e poi sarà purificato il santuario". Anche all’Apocalisse (7,2 ss) appare evidente che alcuni spiriti sono molto meno al corrente dei loro compagni su quello che avverrà alla fine del mondo, poiché "un altro angelo, che saliva da oriente e aveva il sigillo di Dio vivente, gridò ad alta voce ai quattro angeli, che avevano il potere di danneggiare la terra ed il mare: "Non danneggiate né la terra né il mare né le piante, fino a quando non avremo sigillato la fronte dei servi di Dio".

La Bibbia afferma dunque che anche nel regno dei puri spiriti esiste una reale illuminazione degli uni sugli altri. Un serafino che si consuma di amore; un cherubino "pieno d’occhi"; i troni, che hanno preso dimora nelle divine profondità: tutti hanno una conoscenza dei misteri divini molto più profonda dei cori inferiori. Michele, che diede battaglia a Satana; Gabriele, cui fu affidato l’annuncio dell’Incarnazione; Raffaele, che è stato lo strumento della Provvidenza conoscono più chiaramente ed in modo più immediato degli altri i piani divini, in correlazione alla loro posizione ed alla loro missione. Anzi agli angeli più elevati sono riservate prerogative ancor più sublimi. Un angelo può anche portare un altro ad un maggior amore di Dio. Su questa terra il momento più grande e degno d’essere immortalato si ha quando una madre parla di Dio al proprio figlio, in modo tale da accendergli nel cuore una scintilla o quando il sacerdote o l’amico riescono ad avvicinare un’anima a Dio. Compito della conoscenza è di condurre all’amore: ed il compito più sublime di un angelo in cielo è quello di accendere la fiamma dell’amore in un angelo inferiore. Poiché se possedesse unicamente la conoscenza, tutta la conoscenza possibile, ma non avesse l’amore, sarebbe un nulla. La cosa più grande è l’amore.

Eppure, forse che non tutti gli angeli conoscono Dio faccia a faccia, in un’estasi d’amore, senza mediazione di terzi? Certamente! Però quanto più una creatura è vicina all’Altissimo, tanto più ricca ed acuta è la sua visione della divina infinità. Chi è "pieno d’occhi" vede molto più di colui che guarda con due occhi soltanto. Per questo l’angelo che sta più in alto conosce qualcosa di più dell’angelo che sta in basso ed appunto con questo "qualcosa di più" illumina gli angeli inferiori. Egli rafforza la capacità visiva dell’angelo inferiore; apporta una nuova conoscenza, un po’ come fa il maestro, che somministra allo scolaro le cose difficili scomponendo e semplificando. L’angelo posto più in alto rimane sempre nella sua altezza superiore all’angelo posto più in basso, quand’anche gli abbia trasmesso ciò che egli possiede e conosce. Poiché anche con la più generosa buona volontà di comunicare non si può dare al fratello minore più di quanto egli possa afferrare, così come la profondità del sapere e la capacità di misurarlo nel suo complesso rimangono esclusive del maestro, per quanto sia abile nell’insegnare ed abbia a che fare con scolari intelligenti. Il fatto di essere in comunicazione non abolisce la dignità corrispondente al proprio ordine né tra gli angeli né tra gli uomini.

Come è consolante, la lettura di un libro come quello di padre Hophan! Sembra che sia stato scritto mille anni fa, e invece è stato scritto nella seconda metà del XX secolo: è scaturito dalla sapienza e dalla conoscenza accumulate in duemila anni di riflessione teologica, in perfetta continuità con il Magistero della Chiesa. E quanto è triste prendere in mano tanti libri di "spiritualità" odierni, o ascoltare tante prediche e tante lezioni di catechismo odierne, nelle quali, di spirituale, non c’è praticamente nulla, perché vi si sente solo la smania di far vedere che si è al passo coi tempi, che si pensa da persone "moderne", da cristiani "adulti"! Come se i cristiani di cento o duecento anni fa fossero dei bambini, nel senso negativo del termine! Ma non è stato proprio Gesù a dire: Se non vi farete simili a questi fanciulli, non entrerete nel regno dei Cieli? Nelle parole di padre Hophan si sente quel respiro possente, sereno, mistico, che ha pervaso per due millenni la vita della comunità cristiana e che ha acceso di Fede, Speranza e Carità generazioni e generazioni di credenti: cosa che nessuna teologia della liberazione, nessun cattolicesimo progressista, nessuna forma di modernismo riusciranno mai neppure lontanamente ad imitare.

Gli Angeli! Ma esistono? Allora non si tratta solo di pie leggende? Certo che no. Ma dunque, come mai i teologi odierni hanno smesso di parlarne; come mai essi parlano sempre e solo delle cose di quaggiù? Dicono che l’amore di Dio si risolve nell’amore del prossimo: è falso. L’amore di Dio è il presupposto dell’amore del prossimo; se non c’è l’amore — e il timore – di Dio, non ci sarà neppure il vero amore del prossimo. Si fa presto a dire: io amo. Ma è vero? La donna di sessant’anni, che vuol diventare mamma per mezzo della fecondazione artificiale, dopo aver pensato alla carriera e a tante altre cose: è vero amore, il suo? È amore per il bambino che nascerà? Oppure è amore di se stessa, egoistico e narcisista? Ci sono dei teologi, dei sacerdoti, dei vescovi e dei cardinali, sciagurati, i quali affermano, testualmente: l’importante è che ci sia l’amore! Ma di quale amore si sta parlando? Perché l’amore puramente umano è egoista, è cieco, è possessivo; solo se purificato nel fuoco dell’amor di Dio, l’amore degli uomini diventa vivo e fruttifero, altrimenti rimane irrimediabilmente sterile e, non di rado, nocivo. Dicendo che basta l’amore, quei teologi e quei sacerdoti rinunciano alla dottrina cattolica e si inscrivono nel grande esercito del mondo, in antagonismo con Dio ed il suo Regno. L’amore di due omosessuali che vogliono "sposarsi" e, per giunta, "avere" un figlio, beffando la natura e servendosi di stratagemmi moralmente illeciti, è puro come quello fra l’uomo e la donna, o addirittura più puro, come diceva l’oncologo Umberto Veronesi, perché disinteressato quanto alla procreazione? Non è piuttosto dettato dall’empietà, dallo spirito di rivalsa, dalla diabolica pretesa di sovvertire le leggi della natura e quelle divine? Chi pensa che l’importante è l’amore, così, senz’altra specificazione, giustificando, di fatto, ogni abuso e ogni forma di egoismo, non è nel solco della Verità, ma delira, e delira secondo il modo di pensare del mondo. Il modo di pensare del mondo è antitetico al modo di pensare di Cristo. Cristo non è venuto nel mondo per confermarlo nei suoi vizi e nel suo egoismo, ma per redimerlo; e al mondo che non vuole ascoltare il Vangelo, Egli non ha nulla da dire: Io non prego per il mondo, dice Gesù, al Padre, nel corso dell’Ultima Cena, ma per quelli che tu mi hai dato e che hanno ascoltato la Tua parola. La Tua parola è Verità. Custodiscili nella Verità. E dunque, perché tanti preti hanno smesso di parlare degli Angeli, del Bene, di Dio, e parlano solo di giustizia sociale, di diritti umani, della libertà del singolo da ogni legge e dal timor di Dio? Perché non parlano più delle cose spirituali, della vita dell’anima; perché non fanno innamorare della realtà celeste? Sono come padri scellerati i quali, ai figli che chiedono loro del pane, danno invece delle pietre. Ma ne renderanno conto a Dio…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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