
L’uomo è decisione; ma l’uomo moderno vorrebbe tenersi aperte tutte le strade
4 Marzo 2017
L’attimo è solo la parodia dell’eterno: il vero ed unico presente è l’eternità
5 Marzo 2017Le ideologie di sinistra, rivoluzionarie, libertarie, barricadiere, classiste, son state ovunque sbaragliate dalla storia; qualche volta in maniera pacifica (ma dopo decenni di terrore e di oppressione di quei popoli sfortunati), altre volte in maniera sanguinosa e altamente drammatica. Nel mondo, non c’è più un serio uomo di cultura che osi riproporle, che osi rivalutarle, che tenti di ripescarle e giustificarle. In compenso, la quasi totalità degli "intellettuali" che le hanno sostenute e propagate (specialmente nei Paesi dove il comunismo non era giunto al potere; lì, non ce n’era bisogno…), non ha mai fatto alcun serio esame di coscienza, alcuna seria autocritica, alcun mea culpa; anzi, costoro si sentono dei fieri reduci e hanno seguitato a sproloquiare e pontificare, appena un po’ modificando il linguaggio e i riferimenti culturali, ma conservando intatto l’impianto di fondo del loro modo di ragionare, e soprattutto la loro forma mentis. Solo che ora i loro interlocutori privilegiati non sono più "i proletari" o "i lavoratori", ma i miliardari e le lobby finanziarie; i loro ispiratori, i loro finanziatori, sono George Soros e la famiglia Rockefeller; e le loro buone battaglie non sono più per il lavoro e la dignità umana, ma per quella particolarissima forma di "dignità" che consiste nel soddisfare qualsiasi capriccio, anche contro natura, purché si abbia il portafogli ben fornito, e abbastanza pelo sullo stomaco da trovar giusto e bello, ad esempio, affittare l’utero di una donna indigente per farle fare un bambino, e poi portarselo a casa.
D’altra parte, il cattivo seme delle loro idee — quelle di un tempo, mai ufficialmente rinnegate, e quelle nuove, mai ufficialmente dichiarate – non è stato distrutto, è ancora vivo e fertile e potrebbe riprodursi in qualsiasi momento, se si presentassero le circostanze adatte. La crisi economica che stiamo tuttora attraversando (anche se i mass media del democraticismo totalitario ci dicono che è finita e superata) potrebbe essere un terreno propizio; e più ancora lo saranno i prossimi anni, quando verranno al pettine i nodi delle folli politiche, auto-demolitrici e suicide, che una classe politica venduta a inconfessabili interessi "superiori" sta imponendo, con pervicace arroganza, ai popoli occidentali. Esisteva ed esiste una particolare classe di sedicenti intellettuali che è già pronta a recepire quelle idee, anzi, che le ha già recepite, le ha già introiettate, e se ne è fatta propagatrice stancabile e aggressiva: quella dei preti e dei vescovi "di strada", come da sé orgogliosamente si definiscono, e quella dei teologi, degli scrittori, dei giornalisti "cattolici" modernisti e progressisti, tutti debitamente di sinistra, e tutti debitamente schierati a favore del "povero", dello "straniero", dell’"emarginato" (anche se nessuno si è accorto del loro zelo e del loro impegno per la solidarietà e la giustizia sociale, quando a soffrire la povertà, il disagio e l’emarginazione erano, e sono, i milioni di poveri italiani e cattolici: che non urlano, non pretendono, non rubano e non stuprano, ma quasi si nascondono per la vergogna e non osano chiedere per il pudore).
Questa ultima versione aggiornata dei "vecchi" intellettuali di sinistra laici e marxisti, questa versione rivisitata e corretta, ha le stesse caratteristiche della prima: l’intolleranza, il fanatismo, la semplificazione dei problemi sociali e la tendenza a disprezzare la banale realtà per privilegiare le proprie balorde teorie; ma possiede un elemento ulteriore e decisivo, che la distingue dalla precedente e che la rende pressoché inconfutabile (sempre sul terreno delle chiacchiere, s’intende; non su quello dei fatti e delle cose), come una corazzata inaffondabile, che nessun cannone, per quanto potente, nessuna bomba, nessun agente esterno riuscirà mai a colpire seriamente: il (pretestuoso) riferimento all’autorità divina. Questi teologi di sinistra, questi preti e vescovi di strada, questi cattolici modernisti e progressisti, a differenza dei vecchi intellettuali rivoluzionari, che giuravano su Marx, ora giurano su Dio, e dunque niente e nessuno li potrà smentire, li potrà fermare, li potrà costringere a farsi un po’ di autocritica. Marx era solo un uomo, dopotutto; e comunque, se era un dio, doveva essere una divinità minore, dal momento che ha fallito. Dio, però, il Dio del Vangelo, il Dio di Gesù Cristo, non fallirà mai: e i cieli e la terra passeranno, ma le sue parole non passeranno. Poco importa se quelle parole sono state da loro interpretate in una maniera eretica e apostatica; essi non sono consapevoli, a quanti pare, né della propria eresia, né della propria apostasia; al contrario: sono certi, certissimi, assolutamente sicuri, di rappresentare il "vero" vangelo e d’aver scoperto l’autentico significato delle Scritture. Loro, e non altri; loro, a partire dalla "stagione" del Concilio Vaticano II; loro, e non duemila anni di Magistero, non i Padri della Chiesa, non i Santi, né i Martiri, né i pontefici, né gli altri venti concili ecumenici che hanno preceduto il solo che per essi faccia testo. Avendo indossato, così, a nome di Dio, l’armatura della infallibilità, costoro sono montati in cattedra e non lasciano passare un giorno senza riversare sui fedeli le loro eresie e apostasie malamente verniciate da cattolicesimo, riprendendo i vecchi temi dei loro predecessori rivoluzionari e i nuovi temi dei marxisti travestiti e divenuti alleati della grande finanza, nonché servitori dei suoi interessi (possibile non abbiano capito che è la finanza a volere l’invasione dei "profughi", per i suoi nefandi interessi?).
Ai nostri giorni, esistono ancora le scuole di formazione del perfetto intellettuale di sinistra, come esistevano, ai tempi di Stalin e di Togliatti, le scuole di formazione dei futuri quadri dirigenti del vari partiti comunisti del mondo: e sono i seminari della Chiesa cattolica. Nei quali non si insegna più né l’apologetica, né la teologia tomista, né la sana, vecchia, incrollabile dottrina cattolica; non si insegna il catechismo, così come lo si insegnava perfino ai bambini, fino agli anni del Concilio; non si parla più del male e del bene, del peccato e della grazia, dell’inferno e del paradiso; non si parla della salvezza delle anime, dello scandalo, del peccato contro lo Spirito Santo: ma si parla solo di accoglienza, di misericordia, di perdono, di buonismo, di dialogo, di integrazione, di pluralismo, di "accompagnamento"; si parla di come "accompagnare" i divorziati, i divorziati risposati, gli omosessuali; di non lasciare indietro nessuno; di andare avanti tutti quanti verso le magnifiche sorti e progressive di una chiesa che non è più una chiesa, e tanto meno la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica e apostolica, ma un gigantesco bazar, un supermercato, un centro commerciale dove c’è posto per tutti, perché ciascuno prende quel che gli pare e quel che gli serve, un pezzo qua, un altro là, rifiutando o ignorando quello che fa problema, quello che mette in crisi la coscienza, quello che rimorde e che esigerebbe una conversione, una espiazione e una riparazione. Tutto in funzione dell’uomo, nulla in funzione di Dio; tutto per glorificare ed esaltare l’uomo, le sue capacità, i suoi diritti, le sue aspettative; tutto per rafforzare l’uomo nella sua superbia, per abbassare il concetto del divino al suo livello, per appiattire il soprannaturale al livello della natura, e tenendolo sullo sfondo, perché non disturbi il bellissimo quadretto in cui l’uomo si sente a casa sua, è già arrivato, è padrone della situazione, non deve ritornare al padre, tanto è il Padre che gli viene incontro, gli risparmia la fatica, lo perdona anche se non è pentito, lo assolve anche se non si converte, lo benedice anche se continua a fare tutto il male che gli pare e piace.
E allora osserviamoli da vicino, questi pseudo-intellettuali rivoluzionari, questi progressisti e neomarxisti travestiti da preti cattolici e da vescovi o cardinali. Sono proprio gli stessi che scalpitavano e mordevano il freno sino a quattro anni fa, quando dovevano sopportare l’onta di un papa "conservatore", Benedetto XVI, e non gli risparmiavano critiche, anche malevole, dileggi e atteggiamento sprezzanti, anche in pubblico, anche nelle chiese, anche dal pulpito; e adesso stravedono per Francesco, bacerebbero il terreno su cui cammina, giurano sulla sua persona, invocano il suo nome ogni volta che devono dire un nuovo sproposito, vomitare una ulteriore eresia. Adesso sì, sono soddisfatti che ci sia l’autorità del pontefice; ora sì che lo stimano, lo ascoltano, gli obbediscono; ora sì che va bene a loro anche la monarchia assoluta, anche il dispotismo, compresi gli atti arbitrari di autoritarismo, come il commissariamento dei francescani dell’Immacolata, o come il rifiuto di rispondere ai dubia dei quattro cardinali; ora va bene che monsignor Paglia tessa l’elogio funebre di Marco Pannella e che lo additi a modello di vita e di "spiritualità", senza che il papa ci trovi nulla da eccepire, mentre padre Cavalcoli è stato relegato in convento, con la proibizione di scrivere, di confessare e di celebrare la santa Messa, per aver detto che certe calamità naturali possono essere un richiamo di Dio all’umanità peccatrice.
Ci siamo domandati spesso da dove vengano tanta presunzione, tanta improntitudine, tanta arroganza, quanta se ne vedono nei volti, nelle parole e negli atti dei cosiddetti teologi di strada, nei preti di sinistra che parlano sempre e solo di questioni sociali, politiche ed economiche, di solidarietà, accoglienza, di accompagnamento ai diversi, ma non parlano mai di Dio, di Gesù Cristo, del suo sacrificio sulla croce e della fede in Lui che è via di salvezza, né del peccato, né della vita eterna, né del giudizio, né dell’Eucarestia, né degli altri Sacramenti, a cominciare dal matrimonio, che a quanto pare non conta più nulla, è diventato un optional e una formalità, visto che l’importante è l’amore, l’amore "comunque", l’amore "a prescindere", e anche due omosessuali che vanno a farsi fare un bambino all’estero sono due persone piene di amore, e fortunato quel bambino che crescerà con due genitori così amorevoli. Ce lo siamo domandati e li abbiamo osservati: come si vestono, come guardano, come si pongono quando parlano in pubblico, quanto improvvisano e sciorinano una teologia tutta loro, una dottrina tutta loro. Questi don Albanese, che pubblicano pamphlet intitolati Un sogno di una Chiesa diversa e si presentano dal papa vestiti alla buona, per far vedere che non gliene importa nulla della gerarchia (come certi professori dei "collettivi di studio" del’68, che andavano dal preside della facoltà in maniche di camicia, per la stessa ragione, ossia per la stessa ostentazione ideologica), e far sapere che hanno addosso l’odore di pecora, e dicono al papa di non tener conto dei quattro cardinali, di lasciarli perdere, quei farisei; questi don Carrega, che, ai funerali di un anziano omosessuale, dicono che la Chiesa dovrebbe dire grazie ai gay, e che forse è lo Spirito Santo ad ispirarli quando decidono di "sposarsi" ("forse", però: tirano il sasso e nascondono la mano; una volta il sacerdote trasmetteva la dottrina, che non era sua, dicendo Sì, sì, e No, no: ora dice "forse", perché è farina del suo sacco, e farina eretica, della serie "il vangelo secondo me"). Con la loro aria dimessa e "umile" (niente veste troppo "sacerdotale", e "clericale", per carità; niente crocifissi troppo vistosi), con il loro atteggiamento da "poveri fra i poveri", con la loro esibizione di semplicità e informalità, sono dimentichi o volutamente sprezzanti del significato dei paramenti, della liturgia, della funzione che rappresentano, non in quanto singole persone, ma in quanto sacerdoti consacrati, ossia nella veste di alter Christus, con potere di assolvere o non assolvere i peccati, non con la funzione di "accompagnare" (e verso che cosa, poi? verso la perseveranza e l’indurimento nel peccato?): perché il prete non è una hostess, non è un light d’albergo, non accompagna i fedeli all’ascensore o alle camere, ma trasmette loro, intatto come l’ha ricevuto, o come avrebbe dovuto riceverlo, il soffio della vita divina, di cui è – sia pure indegnamente, dal punto di vista umano — il custode e il fedele trasmettitore.
Ci siamo chiesti, dunque, da dove venga l’arroganza intellettuale e pastorale di questi personaggi, e che cosa li renda così sfrontati nel voler capovolgere, vantandosene, il Magistero della Chiesa, quello vero, quello di sempre; e pensiamo che le cause siano essenzialmente due: da un lato, l’assenza di autorità sopra di loro, per cui si sentono autorizzati a dire e fare tutto quel che passa loro per la testa; dall’altro, la progressiva riduzione del Vangelo ad un vangelo con la minuscola, ad un messaggio meramente umano, di "giustizia" e di "uguaglianza", per cui anche solo un accenno alla vita eterna, alla dimensione dell’Assoluto, viene da essi rifiutato con disprezzo, come una forma di alienazione e quasi di superstizione, come una "fuga" dalla realtà. È la stessa arroganza dei professorini del ’68 che giocavano alla rivoluzione con i loro studenti, e gonfiavano loro la testa con le loro teorie rivoluzionarie, e insegnavano loro il rifiuto dell’autorità e il disprezzo dei valori paterni, in nome di "cieli nuovi e terre nuove". Solo che quelli, in un certo senso, erano più onesti, perché, anche se vivevano la rivoluzione come un surrogato della religione, perlomeno non confondevano apertamente le due cose; mentre questi cercano di contrabbandare per cattolicesimo il rancore e la vendicatività di classe, la frustrazione di piccoli intellettuali falliti, perché sbugiardati dalla storia e dalla realtà dei fatti; e si trincerano nell’ultimo ridotto della chiesa, ma una chiesa trasformata in partito rivoluzionario, e del vangelo, ma ridotto a surrogato del Manifesto di Marx e del Libretto rosso di Mao. Sarebbero solo patetici, se non fossero anche pericolosi. Portano infatti una responsabilità tremenda, loro e chi li lascia fare: quella di spingere le anime verso l’apostasia…
Fonte dell'immagine in evidenza: RAI