
Al cristiano basta l’amore?
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12 Febbraio 2017Il degrado della Chiesa contemporanea, il logoramento e l’alterazione lenta, ma sistematica, della sua dottrina, le incessanti manipolazioni della sua liturgia, le improvvisazioni nell’ambito della pastorale, la faciloneria con cui vescovi, preti e catechisti s’improvvisano interpreti della Rivelazione in base ai loro personali gusti e preferenze, tutto questo parte da lontano e sotto il pontificato di Francesco ha solo raggiunto il culmine. Il problema fondamentale è riconducibile al democraticismo, ossia al penetrare inesorabile della mentalità egualitaria, orizzontale, militante, dalla sfera della società civile alla sfera del religioso, o di ciò che resta del religioso. Gli uomini delle società moderne sono sempre più cittadini, nel senso giacobino del termine, e sempre meno abitanti della polis, sempre meno membri di una comunità religiosa, sempre meno legati alla tradizione, alle radici, all’identità: mera somma o aggregato disarmonico d’individui, tenuti insieme dal comun denominatore — ed è un vero paradosso – della filosofia dei diritti, che pone l’accento su quel che il singolo può pretendere dalla società e dice molto poco, invece, su quel che la società è in diritto di attendersi dal singolo.
Parliamoci chiaro: la Chiesa cattolica, in quanto costruzione umana — e lasciando da parte, per adesso, la sua dimensione soprannaturale, che pure non va mai dimenticata — è durata duemila anni per la ragione che si è costituita in monarchia assoluta e autocratica. Fino alla metà del XX secolo, un singolo papa, come Pio XII, poteva ancora introdurre, beninteso in continuità col Magistero, un nuovo dogma, come quello dell’Assunzione di Maria. Oggi la cosa sarebbe pressoché impossibile, perché l’ideologia democraticista — non democratica, si badi; ma quella fondata sulla pretesa d’imporre ovunque le regole della democrazia — è penetrata talmente a fondo, che i cattolici non riuscirebbero ad accettare una simile "imposizione" dall’alto. La Chiesa odierna si è praticamente dimenticata della similitudine evangelica con il Regno di Dio; è diventato arduo parlare di Dio come del Re dell’universo: tutto ciò che ricorda la monarchia, tutto ciò che ricorda un potere che scende dall’alto, viene guardato con sospetto, diffidenza, antipatia. Dio stesso, per non dire il papa, non è più visto volentieri come il capo assoluto, né della Chiesa, né del creato: si preferisce immaginarlo come un Padre o magari come una Madre (in omaggio a un altro filone centrale dell’ideologia democraticista, il femminismo), sottolineando la familiarità con lui, la mancanza di soggezione: tutto il contrario di quel che la Chiesa aveva sempre insegnato sul timor di Dio, che, lo si tenga a mente, non è uno stato d’animo più o meno soggettivo, ma uno dei sette doni dello Spirito Santo, senza il quale non vi è autentica vita di grazia, autentica vita soprannaturale.
L’essenza della nuova mentalità consiste nella convinzione, indotta dal modello continuamente proposto dai mass media, che ciascun uomo abbia la capacità di comprendere e giudicare quel che è giusto; mentalità che è entrata surrettiziamente nella Chiesa cattolica e che ha preso piede, o perché non vista e riconosciuta per tempo, o perché addirittura incoraggiata da taluni teologi, vescovi e sacerdoti di tendenza modernista. La modernità, in fondo, incomincia col protestantesimo: e lo spirito protestante è riassunto nella pretesa di leggere e interpretare liberamente le Scritture, e di gettare via la Tradizione. In questo modo il protestantesimo, respinto nel XVI secolo e bloccato dal Concilio di Trento, almeno nei Paesi cattolici, si è preso la sua lenta, inesorabile rivincita: ormai ogni cattolico, ogni laico, ogni sacerdote, ogni vescovo e ogni teologo si sentono in diritto di leggere e interpretare il Vangelo come pare e piace a ciascuno di loro, di adattarlo alle loro idee, di scrivere libri e articoli, di parlare in pubblico, di tenere omelie domenicali ispirate a questo pluralismo e a questo soggettivismo. Non c’è più un Magistero che veglia sulla fedeltà alla dottrina; non c’è più una Inquisizione, o come la si voglia chiamare, che fa in modo di sbarrare la strada all’eresia all’interno della Chiesa. Anche questi procedimenti sono stati travolti dalla generale pretesa democraticista dei cattolici moderni: anch’essi, come nelle masse in rivolta di Ortega y Gasset, hanno gridato ai quattro venti che non accetteranno mai più i metodi dell’Inquisizione, e non hanno ancora finito di levare altissimi lamenti per i metodi, appunto, inquisitoriali, con i quali san Pio X ha colpito e represso la diffusione delle idee moderniste. Mai più simili orrori, dicono i bravi cattolici odierni, politicamente corretti (come il vescovo di Torino, Pellegrini, disse al Concilio Vaticano II), che non arrivano nemmeno a concepire come possa esistere un cristianesimo al di fuori del quadro democratico. Nella loro immensa ignoranza e presunzione, evidentemente, non hanno mai riflettuto sul fatto che, nei duemila anni della sua vicenda terrena, la Chiesa ha convissuto per diciannove secoli con un potere civile monarchico, e solo nell’ultimo secolo con dei sistemi politici fondarti sulla democrazia. Né si domandano, i cattolici progressisti e modernisti, se la Chiesa, per la sua stessa natura, cioè per quello che rappresenta, per la Verità che custodisce, per la missione che ha ricevuto da Gesù Cristo in persona, possa o debba darsi, per forza, una struttura di tipo democratico; non li induce a riflettere neppure il fatto che, per un tempo immensamente lungo, la Chiesa ha potuto tramandare la Verità, di cui è depositaria, senza dubbio proprio a causa della sua centralizzazione e della stretta sorveglianza esercitata sulle tendenze ereticali, sempre pronte ad emergere se manca un potere superiore e, in se stesse, estremamente pericolose, perché suscettibili di distruggere silenziosamente l’intero edificio della Chiesa, se lasciate libere di agire indisturbate.
Questa è stata la vittoria postuma di Galilei e di Giordano Bruno: aver tolto alla Chiesa, sia pure a distanza di quattro secoli, ogni idea di potere e di dover contrastare la diffusione dell’eresia, sorvegliando attentamente ciò che i cattolici, specie se membri del clero, dicono e scrivono. Eppure, si rifletta che una Chiesa come quella cattolica, basata sulla univocità della interpretazione delle Scritture, non può sopravvivere se viene a cadere il diritto/dovere di difendersi dalle dottrine erronee, cioè dalla eresie. Ma il lontano bagliore di quei roghi ha fatto sì che perfino la parola "eresia", per un cattolico, è divenuta impronunciabile; figuriamoci se potrebbe essere condivisa l’idea che la Chiesa possa e debba difendersi contro di esse, anche se, ovviamente, non si tratta più di mandare al rogo nessuno. Soltanto per allontanare dall’insegnamento nelle facoltà cattoliche un Hans Küng, c’è voluto del bello e del buono, e costui non la finisce ancora di indossare i panni del martire perseguitato da una Chiesa cattiva e più che mai controriformista. Ma altri, più pazienti o più furbi di lui, non hanno avuto neppure bisogno di farsi cacciare: pensiamo al cardinale Walter Kasper, o al defunto cardinale Carlo Maria Martini, oppure ancora a sedicenti teologi, come Enzo Bianchi: che bisogno c’è di farsi cacciare, se, restando all’interno della Chiesa, si può agire più efficacemente contro di essa, corrodendone i dogmi, indebolendone la dottrina, relativizzandone i contenuti? Di fatto, questa è stata la strategia perseguita da quelle forze, massoneria in primis, che, largamente infiltrate dentro la Chiesa, anche ai suoi massimi livelli, si stanno alacremente adoperando per distruggerne la dottrina, il prestigio, la rispettabilità; quelle forze che, tenendosi al coperto, hanno pian piano, modificato il cattolicesimo, sino a trasformarlo, nel giro di settant’anni, in qualcosa d’irriconoscibile da ciò che esso era ai tempi di Pio XII, e di ciò che esso era sempre stato. Vi è maggiore continuità fra la Chiesa dei primi secoli e quella di Pio XII, che non fra quest’ultima e la chiesa di Francesco. Ciò vuol dire che il cambiamento c’è stato, eccome; che è stato un cambiamento radicale, cioè rivoluzionario; che la Chiesa odierna non è più la vera Chiesa cattolica, ma una neochiesa o una contro-chiesa modernista e progressista, spacciata per "buona" specialmente ai giovani, i quali, nulla sapendo e non avendo mai visto la Chiesa autentica, credono che la situazione attuale sia normale, e che quel che oggi passa per cattolico corrisponda effettivamente al nome con cui si autodefinisce.
Un ruolo decisivo, in questo processo d’infiltrazione e di conquista della Chiesa da parte della mentalità modernista, è stato svolto dalla rivoluzione nella morale sessuale. Lo si è visto chiaramente con la vittoria del "sì" al referendum sul divorzio e, poi, sull’aborto, negli anni ’70 del secolo scorso; oggi, con la potentissima offensiva delle lobby omosessualiste, decise a imporre la loro ideologia, quella del "gender", non solo nella scuola pubblica e nella società civile, ma anche nella Chiesa cattolica. Sarebbe interessante andare a vedere, caso per caso, se quegli esponenti della Chiesa cattolica, compresi vescovi e arcivescovi, che già si sono pubblicamente dichiarati a favore delle unioni o omosessuali e anche del matrimonio religioso per suggellarle, siano in rapporti con la massoneria o con gli ambienti para-massonici della stampa, della televisione, della cultura, della finanza. Infatti, che cos’è tutta questa fregola di rilasciar interviste, di apparire sul piccolo schermo, quando codesti monsignori annunciano le loro "aperture" su questi temi e su altri simili, invece di seguire la prassi normale e aprire, semmai, una discussione, nelle sedi canoniche opportune, in silenzio e senza clamore mediatico? Prima con la "libertà sessuale", avanti e durante il matrimonio, poi con lo "sdoganamento" della sodomia, i nuovi costumi sessuali hanno agito da detonatore all’interno del mondo cattolico e della Chiesa stessa, imprimendo una spinta decisiva in direzione della mentalità democratica e soggettivista: il corpo è mio e ne faccio quello che voglio; il prete non deve giudicare, il confessore non ha il diritto d’interferire (piccolo particolare: il confessore, nel sacramento della Riconciliazione, è Cristo medesimo), i cattolici odierni sono persone "mature" e la morale cattolica deve fermarsi fuori della porta della camera da letto. Un’altra scissione, un altro sdoppiamento fra l’uomo e il cristiano, fra l’edonismo secolarista e l’etica del Vangelo, la quale ultima, se non andiamo errato, è un tantino più esigente: Se l’occhio ti dà scandalo, strappatelo; è meglio per te entrare orbo di un occhio nel regno dei Cieli (ancora il Regno!) che essere gettato nella Geeenna con entrambi gli occhi. La legge sull’aborto è figlia di questa logica; e questa logica è il frutto dell’ideologia radicale: che è un’ideologia materialista, neopagana, basata sul culto del corpo e sul suo pieno controllo, compresa la libertà di effettuare l’eutanasia e quella di assumere droghe a volontà (e di qui anche le aberrazioni illimitate della bioingegneria: se il corpo è proprietà dell’uomo, egli può disporne illimitatamente).
Infine, i cattolici odierni non hanno saputo resistere al richiamo del narcisismo, del protagonismo, dell’attivismo fine a se stesso, del vitalismo esasperato, propri delle culture democratiche: in un mondo dove tutti vogliono apparire, dove tutti si ritengono, almeno in potenza, straordinariamente dotati e interessanti, e dove tutti pensano di poter giudicare tutto, anche ciò che non capiscono, anche ciò che non sanno, perché mai i cattolici avrebbero dovuto conservare il senso del limite, la modestia, l’umiltà, l’obbedienza, il pudore, la riservatezza, la discrezione, l’ascolto silenzioso e rispettoso? Perché mai non avrebbero dovuto incominciare a fare come fanno tutti quanti, a gridare, a battere i pugni sul tavolo, a esibirsi, a spogliarsi, a lasciarsi ammirare, a mettere in piazza i loro affari, a ostentare la loro sfera privata? Ed ecco papa Francesco mettersi il naso da pagliaccio, farsi scattare i selfie con i turisti in Piazza San Pietro, aprire una pagina Facebook, dire barzellette, fare il gigione, ammiccare, ridere, sghignazzare; e intanto dire peste e corna dei cattolici, accusarli di essere gentaglia ipocrita e disgustosa, sepolcri imbiancati, anime tenebrose dalla doppia vita: nulla a che spartire con la candida vita e con le specchiate, intemerate virtù dei figli d’Israele o dei seguaci di Maometto, niente a che vedere con le nobili battaglie civili dei Pannella, delle Bonino, degli Scalfari, ci mancherebbe altro. Da ultimo, sferrando i suoi attacchi contro il "clericalismo", ossia contro un nemico che, davvero, ha cessato di esistere da moltissimo tempo, papa Francesco ha lasciato cadere definitivamente la maschera; ora è chiaro quale sia il suo vero obiettivo: la delegittimazione e, quindi, l’auto-rottamazione della Chiesa cattolica, a vantaggio di una religione mondiale sincretista e post-cristiana, una religione laica e secolarizzata, celebrante, in ultima analisi, il culto dell’Uomo, del Progresso e della Modernità.
Possiamo e dobbiamo chiederci, a questo punto, quali siano le prospettive; che cosa possa fare il cristiano per non lasciarsi trascinare dalla generale deriva secolarista e laicista della cultura moderna e della società moderna. La crisi attuale della Chiesa certo non si risolve con i nasi da pagliaccio e con i bagni di folla (sempre più artificiali, peraltro: chi è bene infornato sa che, per riempire la Piazza San Pietro, è necessario far venire gente da fuori, perché i cattolici romani ne hanno abbastanza di questo papa modernista e della sua neochiesa relativista). Il fatto è che una religione è viva quando riempie le chiese, non le piazze; e le chiese cattoliche son sempre più vuote.
Fonte dell'immagine in evidenza: RAI