
Non solo abusivi, ma anche infedeli
30 Novembre 2016
Ildebrando A. Santangelo: un vero uomo di Dio, “rimosso” perché politicamente scorretto
1 Dicembre 2016Ne stanno parlando tutti i giornali. A Saronno, un medico e una infermiera, amanti da tempo, hanno causato volontariamente la morte di almeno quattro pazienti e hanno assassinato il marito di lei. Inoltre, parlavano disinvoltamente della soppressione di altri membri delle loro famiglie; e la donna, in particolare, ne parlava con il figlio undicenne, rammaricandosi, ad esempio, che, non avendo più i maiali, non si sarebbero potuti far sparire nel loro pastone i corpi squartati della nonna e della zia, oppure deplorando che lo smaltimento dei rifiuti umidi avvenisse solo due volte a settimana. Infine, ella si era offerta di uccidere i suoi figli, se ciò avesse fatto piacere all’amante.
Il medico era molto conosciuto e rispettato, in paese; passava per un bravo professionista. Però, in ospedale, qualcuno sapeva, o almeno intuiva: per questo gli indagati, allo stato attuale delle cose, sono già quattordici. In ospedale, appunto, qualcuno aveva udito il medico dire, più volte: Io sono come Dio. Prendiamo nota di questa frase, e andiamo oltre. La donna, dunque, era pronta a uccidere i suoi stessi figli, solo per compiacerlo; e meno male che lui non ha voluto. Sta di fatto che, oltre a dare la morte ai pazienti, secondo un loro "protocollo" segreto, mediante un cocktail micidiale di farmaci, per eliminare, a loro talento, quei malati che non meritavano più di vivere, essi parlavano anche con un cinismo rivoltante delle altre persone che avrebbero voluto uccidere, e come lo avrebbero fatto, ad esempio allentando i freni della macchina, per provocare degli incidenti apparenti. E ancora, la donna dissertava sul delitto perfetto, affermava che saper uccidere è un’arte, in cui bisogna prevedere ogni eventualità: per esempio, meglio non uccidere una nonna che non voleva essere cremata e il cui corpo, perciò, riesumato in caso di future indagini, avrebbe potuto rivelare particolari compromettenti.
Tutto questo colpisce non solo per la gratuità e l’efferatezza, ma soprattutto per l’incredibile freddezza, per l’assoluto disprezzo della vita altrui, e per il fatto che quei delitti sono maturati lucidamente, in un delirio di onnipotenza, da parte di chi si sentiva padrone della vita e della morte, e che considerava l’esistenza altrui come quella di una zanzara o di una pulce, una entità trascurabile, insignificante, anzi, qualcosa di cui ridere, dopo averla distrutta, come si ride dopo aver schiacciato una zanzara. Non erano delitti dai quali si potesse ricavare un utile; non nascevano dal fuoco della passione; anche il marito della donna, quando è stato assassinato, era già malato e invalido e non rappresentava alcun fastidio, alcun intralcio per i due amanti. Perciò non esistevano dei moventi economici, o passionali, o di alcun altro genere specifico, ma soltanto una crudeltà assolutamente lucida e spassionata, repellente, disumana.
Che cosa ci insegnano simili fatti di cronaca? Perché ce ne sono stati anche altri; e si direbbe che accadano sempre più spesso, come le punte avanzate di una pestilenza finora sconosciuta, ma che si appresta a dilagare, spazzando via tutto ciò che conoscevamo, o credevamo di conoscere, su noi stessi, sulla nostra società, sui limiti generalmente riconosciuti fra il bene e il male. Sapevamo, e abbiamo sempre saputo, che non tutti gli uomini rispettano quei limiti; che alcuni, addirittura, non li riconoscono; ma sapevamo anche, o credevamo di sapere, che ben pochi, e forse nessuno – se non, magari, degli individui affetti da gravissime patologie psichiche – sentono, pensano, parlano e agiscono come i due amanti di Saronno, lo stimato medico anestesista e la stimata infermiera: cioè con quella assoluta mancanza di movente, con quel gusto del male per il male, senza altri fronzoli, senza scusanti, senza pretesti d’alcun tipo. La memoria ritorna, ad esempio, all’omicidio del giovane Luca Varani, a Roma, perpetrato da chi aveva semplicemente voglia di godere mediante la tortura metodica, e infine l’assassinio, di un altro essere umano, praticamente scelto a caso. Un massacro pianificato con cura, e motivato anch’esso da un delirio d’onnipotenza: torturare e uccider ha fatto sentire gli assassini simili a dio. Il tutto nella società "bene" e in un contesto allucinante, che l’uso di droghe non serve a "spiegare", semmai rende ancora più alieno.
I due delitti, dunque, hanno in comune sia la gratuità, sia la crudeltà, sia l’ossessione di onnipotenza degli assassini, e il totale disprezzo della vita umana e della sofferenza altrui. Tutto questo ci dice una cosa soltanto: che il Diavolo è in mezzo a noi. Stiamo parlando perfettamente sul serio: la nostra società, ipertecnologica e sofisticata, tutta fondata sul mito del progresso e della ragione, crede che simili discorsi appartengano a un lontano passato medievale. Niente affatto: noi moderni ce ne siamo dimenticati, perché lo abbiamo voluto dimenticare, perché disturbava il nostro paradigma scientista e razionalista; perché non rientrava, né era spiegabile, secondo le "leggi" che abbiamo preteso di scorgere e di decifrare nel reale: ma il Diavolo esiste, il Male esiste, con la lettera maiuscola e non solo con la minuscola.
Gli assassini di Saronno, come quelli di Roma, hanno scelto il Male: hanno aperto le porte al Diavolo, e il Diavolo è entrato ed è diventato signore della loro anima, ed essi sono diventati suoi servi. Non esistono "patti" col Diavolo, espliciti o impliciti, con o senza rituali. Il patto è una società fra eguali, ma il Diavolo non sta certo alla pari dei suoi sprovveduti ammiratori e seguaci: egli vuol essere il signore, essi non saranno che gli schiavi. Lui se ne serve, ma li disprezza: li usa e li getta, come stracci divenuti inutili. Non gl’importa certo se essi verranno arrestati, processati e condannati; se verranno punti con l’ergastolo, o con la pena di morte; o se, per la disperazione, si uccideranno con le loro stesse mani: non più di quanto gl’importassero le vite che loro, i suoi schiavi, hanno troncato, così, per un gioco perverso, per malvagità pura. Anzi: il suo scopo è proprio quello, il suo godimento sta in quella ferocia, in quel male che si allarga come i cerchi nell’acqua, e che provoca dolore, rabbia, amarezza e disperazione anche fra i parenti e gli amici delle vittime, e degli stessi assassini. Il Diavolo gode, gode immensamente di tutto ciò: per definizione, è menzognero e seminatore di discordie, suscitatore di odio e di vendetta, sobillatore di contese e di guerre. Il Diavolo fa il suo mestiere, sempre: l’ha sempre fatto, da che esiste l’uomo; fin dai tempi di Adamo ed Eva. Il suo scopo è nuocere all’uomo, allontanarlo da Dio: solo così può lenire il dolore cocente e l’umiliazione di essere stato scacciato per sempre dal Paradiso. La sua vendetta contro Dio consiste nel rovinare la Sua creazione, mettergli contro l’uomo, tanto amato da Lui, da avergli sacrificato il Suo Figlio unigenito, Gesù Cristo.
L’uomo possiede il libero arbitrio: ciò significa che può fare il male ordinario, e può fare anche il Male assoluto, cioè può scegliere la ribellione piena, radicale, deliberata, contro Dio e il Suo amore infinito. Il libero arbitrio (negato da Lutero e dai protestanti) non è acqua; non è un attributo secondario: è quella cosa per cui l’uomo decide del proprio destino, in questa vita e nell’altra; è la chiave del Paradiso o la porta dell’Inferno, a seconda di come egli lo adopera. I cattolici lo sanno molto bene; o, almeno, lo sapevano. Ora, forse, un po’ meno; ora, forse, se ne sono leggermente scordati. E di ciò esistono dei colpevoli ben precisi: tutti quei teologi, quei vescovi e quei preti, o meglio, quei cattivi teologi, quei cattivi vescovi e quei cattivi preti, i quali, per anni e anni, hanno smesso di parlare del libero arbitrio, hanno smesso di parlare del peccato e del giudizio, hanno smesso di parlare della vita eterna, della resurrezione dei corpi, del Paradiso e del’Inferno, della beatitudine eterna e dell’eterna dannazione. Hanno preferito parlare solo di ciò che era dolce e gradito agli orecchi del mondo, di ciò che non suscita scandalo fra gl’increduli e fra i cristiani della domenica, fra i cristiani alla camomilla, senza nerbo, senza coscienza, senza memoria, senza serietà. Hanno preferito farsi banditori di un cristianesimo annacquato, svirilizzato, deformato, stravolto, tutto sorrisi e fiorellini, più simile a un culto New Age, a una festa del buonismo, a una sarabanda del modernismo progressista, a un idillio russoviano, dove tutti sono buoni perché tutti sono portati al bene, e dove non vi è il dramma della tentazione, del peccato, della caduta e della riconciliazione con Dio, ma vi sono solo l’intelligenza dell’uomo, la capacità dell’uomo, la sua scienza, la sua ragione, la sua capacità di fare il bene, o, se talvolta non vi riesce, la "misericordia" di Dio che passa sopra a tutto, perdona tutto, dimentica tutto, anche in assenza di pentimento, di espiazione, di proponimento di cambiar vita da parte del peccatore.
E intanto il Diavolo ne ha approfittato. È ritornato alla grande nel mondo degli uomini, perché ha visto che essi avevano abbassato la guardia. Ha capito che era arrivato il suo momento: il momento in cui gli uomini, non credendo più neppure alla sua esistenza, si sarebbero inebriati di se stessi, della loro intelligenza, della loro capacità di padroneggiare la natura, di cambiare le leggi della vita: di far nascere un figlio a una madre ultracinquantenne; di far nascere un figlio con tre genitori; di far nascere un figlio a una donna omosessuale, mediante la fecondazione eterologa, perché possa poi allevarlo con la sua compagna; o di permettere a un maschio omosessuale di farsene fare uno su commissione, e poi portarselo via, per lo stesso motivo, cioè per allevarlo nella sua "famiglia", insieme al suo compagno. Il Diavolo ha visto queste cose, e molte altre: ha visto il proliferare dell’aborto, l’avanzare dell’eutanasia, ora estesa legalmente anche ai minorenni, almeno in certi Paesi; ha visto il dilagare della droga, dell’alcol, della prostituzione, della violenza; ha visto il cadere dei freni morali, delle inibizioni, delle remore, degli scrupoli. Ha visto il dilagare di un relativismo sempre più spinto, di un materialismo e di un edonismo che sconfinano nel cinismo, di un narcisismo che spinge le persone a fare qualsiasi cosa, anche a rischiare la propria vita, solo per apparire belle, per mettersi in mostra, per farsi notare, per avere i loro tre minuti di celebrità, fosse pure nelle circostanze più banali, più sciocche, più sconvenienti, e persino più ripugnanti. Ha visto che gli uomini e le donne di oggi farebbero qualsiasi cosa, ma proprio qualsiasi cosa, per godersi il loro attimo di "gloria", o per raggiungere la meta dei loro desideri, anche i più frivoli, anche i più labili e passeggeri; ha visto e misurato l’immensa sproporzione fra il male che gli esseri umani sono disposti a fare e la piccolezza dei benefici che ne ricaverebbero. Ha visto che c’è gente disposta a uccidere per rubare pochi spiccioli, o per vendicarsi di uno sguardo, o per punire una parola giudicata offensiva. Ha visto che i legami familiari si sono allentati, e che proprio nelle famiglie maturano le situazioni più immorali, più perverse, più abominevoli: incesti, sopraffazioni, rancori, gelosie indomabili. Ha visto tutto questo, e, naturalmente, vi ha partecipato. C’è il suo zampino non solamente nei delitti, che sono solo l’ultimo anello della catena, ma anche nella lenta e graduale preparazione culturale che ha portati la società ad essere matura perché tali delitti, assolutamente diabolici, possano maturarvi. Per opera di gente "normale", che conduce una vita "normale", in mezzo a occupazioni, passatempi e amicizie "normali". O quasi.
Il Diavolo è di nuovo fra noi. In realtà, non se n’era mai andato; nondimeno, c’è stato un tempo in cui gli uomini erano messi sull’avviso, stavano un guardia, e badavano almeno a non spalancargli la porta. Erano in pochi a farlo; la società, nel suo complesso, lo temeva, e viveva in maniera tale da offrirgli la minor presa possibile. Ma poi è cambiato tutto: con il benessere e con l’individualismo di massa, sono saltati i cerchioni della morale, e ciascuno si è sentito autorizzato a fare a modo suo, a perseguire in qualsiasi maniera il proprio sogno di "felicità", di auto-affermazione; e nessuno ha più parlato del Diavolo. Nell’ambito della letteratura, ad esempio, uno degli ultimi a parlarne è stato il grande, grandissimo Dostoevskij. Poi, silenzio — o quasi. Anche prima, in verità, già da un paio di secoli, se ne parlava sempre meno; per tacere, poi dei filosofi e degli stessi teologi. Perfino Manzoni, il cattolico Manzoni, non nomina neppure il Diavolo: pare che i malvagi, nel suo romanzo, siano tali solo per volontà propria; pare che la malvagità, anche nelle sue forme più gratuite, sia il frutto di passioni puramente umane, di fattori unicamente umani. E i teologi, i teologi contemporanei, i teologi postconciliari? Per carità, il Diavolo: roba da Medioevo. Via, non scherziamo. Sì, è vero che la Bibbia ne parla; ma si sa, è soltanto un linguaggio figurato. E se Gesù stesso scacciava i diavoli dai posseduti, anche quello è un modo di dire: erano le credenze del tempo, e il divino Maestro si è adattato ad esse; tutto qui. Hanno ben altre cose di cui occuparsi, i teologi postconciliari: dell’ecumenismo, del dialogo interreligioso, delle eccezioni all’indissolubilità del matrimonio, delle eccezioni al divieto dell’aborto e dell’eutanasia, e, naturalmente, del diritto delle coppie omosessuali a sposarsi ufficialmente, in municipio ed anche in chiesa. E poi, ancora, di giustizia sociale, di diritti delle minoranze, di dovere dell’accoglienza nei confronti di milioni e milioni di "profughi" stranieri. Di tutto questo parlano i teologi odierni; non hanno né tempo, né voglia, di occuparsi del vecchio ed implacabile Nemico.
Ed è un peccato, perché lui non si è affatto dimenticato di loro. Ha ispirato le loro tesi più audaci, li ha spinti a negare la sua esistenza e a mette in dubbio quella dell’inferno. Li ha indotti a non parlare quasi più del peccato, ma solo della misericordia di Dio, illudendo gli uomini che si salveranno tutti, alla fine, magari per il rotto della cuffia. Perché lui è il grande Mentitore. Non lo sapevate?…
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