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23 Ottobre 2016«Gesù Cristo ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci a questo mondo perverso»

Da un certo periodo di tempo, specialmente dopo il Concilio Vaticano II – ma non prima, per quasi duemila anni! – la Chiesa ha smesso di parlare del mondo come della realtà che si oppone al Vangelo di Gesù: una realtà segnata dalla ferita del Peccato originale e bisognosa della redenzione di Cristo, senza la quale non vi sarebbe speranza di salvezza per nessuna delle sue creature; una realtà che, quantunque non malvagia in sé, anzi, buona in origine, perché uscita dalla sapiente mano creatrice di Dio, è poi decaduta e si trova attualmente sotto il dominio del Diavolo, chiamato in più punti del Nuovo Testamento "il signore di questo mondo di tenebra".
Da qualche anno, da due o tre decenni almeno, la musica, nella cultura cattolica, e perfino in certe espressioni del sacro Magistero, sembra essere cambiata: del "mondo" non si parla più, e non si parla affatto, in questi termini; al contrario, sembra quasi che il mondo sia divenuto un prolungamento diretto di Dio stesso, e che, perciò, in questo sottinteso panteismo, non vi sia posto per il male, se non in forme marginali e, a livello complessivo, irrilevanti: come delle piccole imperfezioni in un quadro stupendo. Contemporaneamente, si è quasi smesso di parlar del peccato, e, quindi, della assoluta necessità della Redenzione, come pure della sua totale gratuità; si è praticamente smesso di parlare di uno dei due dogmi basilari, sui quali si regge tutto l’edificio della Rivelazione: il mistero dell’Incarnazione (l’altro, è quello della unità e trinità di Dio). Sembra quasi che il Verbo si sia incarnato perché non aveva nulla di meglio da fare, oppure per confermare gli uomini di essere già sulla buona strada; sembra quasi che Egli sia venuto come un maestro di saggezza, come un Socrate o come un Buddha, e non come Dio fattosi uomo, per assumere su di sé tutto il male del mondo, compresa la morte, e per vincerlo, riscattando le sue creature da ogni forma di schiavitù. Implicitamente, per questa via, si finirà per non parlare più della divinità di Cristo; per metterla fra parentesi; per suggerire, ora qui, ora là – ma con molta prudenza, oh!, con molta, moltissima astuzia e capacità di pazientare — che sì, in fondo, Cristo non era proprio Dio, che lo era in senso metaforico, che era il Figlio dell’uomo, così come lo siamo tutti: insomma, il vecchio arianesimo tornerà a far capolino, con l’avallo della cultura profana dominante, materialista e scientista, secondo la quale un profeta umano è ancora accettabile, ma un Messia divino, no, proprio no. E i cattolici progressisti e neomodernisti ci tengono molto, moltissimo, a non sfigurare agli occhi della cultura laica, essendo anzi il loro obiettivo finale proprio quello di celebrare le nozze perfette fra cattolicesimo e civiltà moderna, beninteso alle condizioni di quest’ultima, e quindi accettandone tutti i dogmi, i pregiudizi, i diktat e i ricatti.
In fondo, quel che si vuole far passare è l’dea che, così come l’uomo non è bisognoso di una Redenzione che venga da Dio, perché può fare tutto da solo, allo stesso modo il mondo non è una realtà negativa, contrapposta al Vangelo, ma una realtà bella e gioiosa in se stessa, ingiustamente denigrata dalla "vecchia" teologia, imbevuta di pessimismo e d’incorreggibile tetraggine, e tutta basata su una pedagogia della paura: i diavoli, l’Inferno, la dannazione eterna… Insomma, roba da Medio Evo e indegna di quella meravigliosa età di progresso, dominata dalla ragione umana, in cui abbiamo avuto la fortuna di essere chiamati a vivere. E allora, per mostrarsi all’altezza di una così grande fortuna, il minimo che possano fare i cattolici è di smetterla di rattristare gli uomini con le vecchie geremiadi sul peccato, sull’espiazione e sulla necessità della Redenzione, ma unirsi al coro dei laudatori e degli araldi di questo meraviglioso progresso, che sta portando a delle forme sempre più spettacolari di dominio dell’uomo sulla natura: dalla clonazione, alla fecondazione eterologa, alla modifica genetica degli organismi viventi, senza più freni, né limiti, né complessi, né vecchi e superati tabù superstiziosi, retaggio di una religione oscurantista, buona, forse, per i nostri antenati rozzi e ignoranti, ma non certo adatta a noi, cittadini del terzo millennio, giustamente fieri della nostra scienza e della nostra tecnologia, e più che mai proiettati in avanti, verso il futuro, per costruire un mondo sempre più conforme alle nostre convinzioni: materialiste, edoniste, razionaliste, relativiste e, in ultima analisi, scettiche. Scettiche su tutto, e specialmente su Dio, tranne su una cosa: la ferma pretesa di auto-glorificazione dell’uomo stesso.
Ebbene: tutto questo è un sovvertimento, un autentico capovolgimento, della Buona Novella di Gesù. La Buona Novella, il Vangelo, non consiste nell’approvazione entusiastica del "modo", tutto il contrario; consiste nel richiamo dell’uomo verso Dio, nella lotta contro la schiavitù del peccato, e, di conseguenza, nella emancipazione dalla sudditanza alla logica del "mondo". Per questo Satana viene chiamato "il principe del mondo": perché la logica del mondo è basata sull’avidità, sulla superbia, sulla lussuria, su tutti gli aspetti più turpi e sugli istinti più bestiali e primitivi che albergano nell’anima umana. Gesù Cristo è venuto a mostrare la strada per vincere simili debolezze, simili pulsioni, che chiama, giustamente, "tentazioni": pregate e vegliate per non cadere in tentazione, raccomanda ai suoi discepoli fino all’ultimo, nell’Orto degli ulivi, la notte in cui sta per essere tradito e consegnato ai suoi nemici, che lo metteranno in croce. I concetti di tentazione e di peccato non sono stati affatto una "invenzione" della teologia della paura, come l’ha chiamata, improvvidamente, un sacerdote piuttosto importante, visto che predicava gli esercizi spirituali in Vaticano; ma fanno parte del linguaggio abituale del divino Maestro, che non si stancava di mettere gli uomini in guardia contro le insidie del Maligno.
Gesù stesso, nel corso dell’Ultima Cena, aveva detto ai suoi discepoli (Vangelo di Giovanni, 15, 18-23; 16, 9-11):
Se il mondo vi odia, pensate che prima di voi ha odiato me. Se voi apparteneste al mondo, il mondo vi amerebbe come suoi. Invece voi non appartenete al mondo, perché io vi ho scelti e vi ho strappati al potere del mondo. Perciò il mondo vi odia., Ricordatevi quel che vi ho detto: un servo non è più importante del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno messo in pratica la mia parola, metteranno in pratica anche la vostra. Vi tratteranno così per causa mia, perché non conoscono il Padre che mi ha mandato. Se io non fossi venuto in mezzo a loro a insegnare, non avrebbero colpa. Ora invece non hanno alcuna scusa per il loro peccato. Chi odia me odia anche il Padre mio. […]
Il peccato del mondo è questo: che non hanno creduto in me. La giustizia sta dalla mia parte, perché torno al Padre e non mi vedrete più. Il giudizio consiste in questo: che Satana, il dominatore di questo mondo, è già stato giudicato.
Anche negli altri testi del Nuovo Testamento, sia nelle Lettere, sia, ancor più, nel Libro dell’Apocalisse, il "mondo" viene contrapposto al Regno di Dio, al Vangelo e alla missione di Gesù Cristo; ma anche nell’Antico Testamento vi sono dei passi che delineano, in una maniera molto esplicita, una analoga contrapposizione. Per esempio, nel Libro di Geremia si parla della Gerusalemme celeste che verrà a sostituire la Gerusalemme terrena, soggetta alle offese dei nemici e alla umana fragilità dei suoi stessi abitanti, incapaci di perseverare fedelmente, con le loro sole forze, nella alleanza con Dio. E nel Libro di Isaia, con parole altamente commoventi, il profeta annunzia la nuova Gerusalemme, che, dopo molte tribolazioni, Dio farà sorgere in luogo della vecchia, risanando le sue ferite e avvolgendola di splendore incomparabile: Anche se i monti si spostassero e i colli vacillassero, non si allontanerebbe da te il mio affetto, né vacillerebbe la mia alleanza di pace, dice il Signore che ti usa misericordia (54, 10). Al presente, però, quando parla della generazione attuale, anche il mite Isaia assume un tono estremamente severo e pronunzia oracoli tremendi contro gli uomini, accusati d’infedeltà e ingratitudine nei confronti del Signore e della santa alleanza con Lui.
Quanto a san Paolo, ecco cosa dice nella Lettera ai Galati (1, 1-11):
Io, Paolo, Apostolo non da parte di uomini, né per mezzo di un uomo, ma per mezzo di Cristo Gesù e di Dio Padre che lo ha risuscitato da morte, invio i miei saluti, assieme a tutti i fratelli che sono con me, alle comunità della Galazia. Grazia e pace a voi da Dio Padre e dal Signore nostro Gesù Cristo, che ha dato se stesso per i nostri peccati, per sottrarci a questo mondo perverso, secondo la volontà del nostro Dio e Padre, al quale sia gloria nei tempi dei tempi. Amen.
Mi meraviglio che così presto, da Colui che vi ha chiamati mediante la grazia di Cristo, voi passiate a un altro vangelo. Che poi non c’è un altro vangelo; ci sono però alcuni che vi turbano e vogliono stravolgere il Vangelo di Cristo. Sia anatema a chiunque vi annunci un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato; anche se fossimo noi stessi o un Angelo dal Cielo! Come abbiamo detto prima, lo ripeto di nuovo anche adesso se qualcuno vi annunzia un vangelo diverso da quello che avete ricevuto, sia anatema!
Infatti, è forse il consenso degli uomini che vado cercando, o quello di Dio? Cerco fosse di piacere agli uomini? Se cercassi ancora di piacere agli uomini, non sarei servitore di Cristo!
Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunziato non è di origine umana, perché io stesso non l’ho ricevuto né l’ho imparato da un uomo, ma l’ho ricevuto per rivelazione di Gesù Cristo.
Dunque, esiste un solo Vangelo, quello basato sulla Grazia di Cristo: qualunque altro vangelo non è quello autentico, non è il Vangelo di Gesù. Per cui sorge la domanda: è ancora il Vangelo di Gesù, quello di cui parlano certi teologi modernisti e che predicano certi sacerdoti progressisti? È ancora il Vangelo, quel vangelo in cui si parla poco o nulla del peccato, del giudizio, del premio e del castigo; e in cui, di conseguenza, si parla anche poco o nulla della Grazia, quasi che gli uomini, pur dicendosi cristiani, possano far tutto da sé, riscattarsi dal male con le loro forze, redimersi da soli? Ed è ancora il Vangelo di Gesù quello in cui si sostiene che Dio vuole la "felicità" per tutti gli uomini (ma in senso estremamente terreno) e, quindi, non riprova nessuno, non condanna nessuno, non vuole che alcuno sia costretto a reprimere il proprio bisogno di felicità, anche se, per farlo, si deve calpestare la legge di Dio e la stessa legge morale naturale? Che cosa significa dire che Dio benedice l’amore, sempre e comunque, compreso il cosiddetto matrimonio omosessuale? È ancora il Vangelo di Gesù, questo? Eppure, ci sono sedicenti cristiani che lo affermano, e ci sono preti e vescovi traviati, che lo confermano. E sempre san Paolo, nella Seconda lettera ai Corinzi (4, 1-7):
È Dio che ha avuto misericordia di noi e ci ha affidato questo compito: perciò non ci scoraggiamo. Rifiutiamo ogni azione segreta e disonesta, non ci comportiamo con malizia e non falsifichiamo la parola di Dio. Anzi, facciamo chiaramente conoscere la verità, e così presentiamo noi stessi di fronte al giudizio di tutti gli uomini e dinanzi a Dio.
Se poi la nostra predicazione è oscura, essa è oscura per quelli che sono sulla via della perdizione.: Satana, il dio di questo mondo, acceca le loro menti perché non risplenda per loro la luce gloriosa dell’annunzio di Cristo, immagine di Dio, e così essi non credono. Infatti noi non esaltiamo noi stessi: annunziamo che Gesù Cristo è il Signore. Noi siamo soltanto vostri servi a causa di Gesù. E Dio che ha detto: "Risplenda la luce nelle tenebre", ha fatto risplendere in noi la luce per farci riconoscere la gloria di Dio riflessa sul volto di Cristo.
Noi portiamo noi stessi questo tesoro come vasi di terra, perché sia chiaro che questa straordinaria potenza viene da Dio e non da noi.
Se la luce del Vangelo deve risplendere nelle tenebre, ciò significa che il mondo è nelle tenebre. O si parte da questo assunto, oppure si è fuori della Rivelazione, fuori del cristianesimo. Se il mondo non fosse nelle tenebre, ma fosse già nella luce, non vi sarebbe stato alcun bisogno della Incarnazione; e, in tal caso, il cristianesimo si ridurrebbe a una serie di precetti morali, di pie raccomandazioni, di esortazioni generiche al bene. Ma non è così. Gesù è venuto a dire che chi vuol seguirlo deve prendere la propria croce; e che sarà perseguitato, così come è stato perseguitato Lui…
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