
Nazionalismo e fascismo nella interpretazione della storiografia liberale
18 Maggio 2016
La società moderna che ha detronizzato il padre non si salverà se non tornando al Padre
20 Maggio 2016L’uomo moderno, rispetto ai suoi avi dei secoli passati, si è enormemente indebolito: è divenuto più incerto ed esitante, più perplesso e confuso, più soggetto ai facili scoraggiamenti, più incline a rinunciare ai suoi sogni e ad abbandonare i suoi progetti, più incline a tradire se stesso e a rinnegare la propria vocazione. Non solo ha perduto la tenacia e la fiducia in sé, senza le quali non si realizza nulla che sia durevole; sembra avere anche smarrito la propria identità, la propria consapevolezza, la propria unità coscienziale: in altre parole, è divenuto uno sradicato, un masso erratico, e, quel che è peggio, un essere intimamente dilaniato e lacerato, sempre più in difficoltà nel comporre i propri conflitti e nell’imporsi una disciplina, una meta, uno scopo.
Non stiamo parlando dei cosiddetti grandi uomini (i quali chissà se lo furono davvero): Alessandro e Cesare, e tutti quelli di cui parla Plutarco nelle Vite parallele; ma proprio dell’uomo medio, del fabbro e del contadino, dell’artigiano e del fornaio, che sono stati i nostri nonni e bisnonni, qualche volta i nostri genitori: uomini di un’altra razza, forgiati in un altro stampo, adusi ad altri sacrifici e capaci di sostenere avversità ben superiori a quelle che, ai nostri giorni, gettano nello sconforto e nella disperazione tanti di noi. Nel paese qui vicino, pochi giorni fa, un padre di famiglia, non depresso e, in apparenza, non oberato da problemi più gravi di tantissime altre persone, si è ucciso: pareva forte e sicuro di sé, e non lesinava consigli al prossimo, anche non richiesti; ha lasciato due figli ancora piccoli, i quali, per tutta la vita, si domanderanno se il loro papà li amasse davvero, visto che non ha pensato al male che avrebbe provocato loro con un simile gesto. Fino a qualche decennio fa, gesti del genere erano rarissimi; oggi son divenuti relativamente frequenti. La cronaca ce ne parla quasi ogni giorno: problemi economici, problemi di lavoro, problemi familiari ne sono all’origine. I nostri nonni erano assai più forti: davanti alle difficoltà talvolta si piegavano, ma difficilmente si spezzavano; tornavano a drizzarsi non appena la tempesta era cessata, raccoglievano le macerie e ricominciavano daccapo.
Non si può fare a meno di domandarsi che cosa sia successo, quali fattori abbiano provocato un simile cambiamento, un così drammatico indebolimento. C’è posto per cento o mille spiegazioni di ordine sociologico, economico, culturale, dallo shock della modernità fino al complesso di Edipo; da parte nostra, non abbiamo la minima esitazione nell’individuare la causa principale del fenomeno nel venir meno del ruolo insostituibile della moglie. È in via di estinzione la figura della sposa dolce e fedele, ma anche forte nelle avversità, capace di mostrare, se necessario, una energia ed una grinta sovrumane; della compagna di vita che darebbe tutta se stessa per aiutare e sostenere il suo uomo, specialmente quando le circostanze lo mettono alla prova; dell’amica affettuosa e generosa, che sprona l’uomo a dare il meglio di sé, a impegnarsi al massimo nella sua vocazione di vita, ma capace di affrontare qualunque sacrificio, fosse anche il più duro, pur di sorreggerlo se il suo piede vacilla, pur di rinfrancarlo quando il suo animo si smarrisce.
Una tale figura di donna e di sposa è ormai quasi scomparsa per una ragione abbastanza semplice: l’avanzata della malefica, distruttiva ideologia femminista, che ha spinto la donna a virilizzarsi e a voler competere con il maschio, invece di completarsi e completarlo facendo dono di sé, cercando e trovando la propria ragione di vita nella dedizione per il proprio uomo e nel culto della propria famiglia. E se ci si chiede perché la figura della sposa fedele, tenera e, al tempo stesso, salda come una roccia, è scomparsa, o sta scomparendo, sotto l’avanzare implacabile della cultura femminista, basata sulla competizione selvaggia fra uomo e donna e non sulla loro collaborazione e sulla loro solidarietà, si vedrà, crediamo, che la causa principale è da individuarsi nella perdita della presa benefica che la religione cristiana ha esercitato, in passato, sulle famiglie e sugli individui: quella religione cristiana che ha innalzato la persona della donna alla stessa dignità di quella dell’uomo, pur nella diversità dei ruoli, dignità che non esisteva affatto nel mondo antico, e che, nel clima di neopaganesimo oggi dilagante, tende a scomparire di nuovo, pur nella esasperata rivendicazione della parità giuridica e sociale (e che stia scomparendo di nuovo, lo mostrano in maniera evidente pratiche come l’utero in affitto, a beneficio di coppie danarose che non possono aver figli, comprese quelle omosessuali). In altre parole: per aver voluto gareggiare con l’uomo, sconsideratamente e scioccamente, sul suo stesso terreno, la donna ha finito per indebolire proprio ciò che diceva di voler rafforzare ed ampliare: la stima ed il rispetto di sé, la tutela dei propri diritti fondamentali, l’autonomia nei confronti del maschio.
Il danno che l’uomo e la donna si sono arrecati vicendevolmente è stato immenso; e ne portano la responsabilità non solo le femministe, ma anche quegli uomini i quali, per compiacerle, le hanno assecondate in tutto e per tutto, mostrandosi sovente, anzi, più realisti del re, cioè più spinti delle stesse femministe nella rivendicazione dei "diritti" conculcati delle donne. Per conseguenza, è in atto una crescente femminilizzazione della famiglia, della scuola e della società: con il risultato che l’uomo, sempre più effeminato, non piace più alla donna, e che la donna, sempre più virilizzata, non piace più all’uomo; sicché la distanza fra loro continua a crescere, e più essi perseverano nel reciproco errore, più seguita ad allargarsi, diventando incolmabile. Il dilagare della omosessualità, sia maschile che femminile, come fenomeno culturale, è la logica "risposta" a questa situazione bloccata: dalla quale i due sessi non usciranno, specialmente ora che si sta diffondendo, anche con il sostegno degli organismi ufficiali della pubblica istruzione e della legislazione civile, la cosiddetta filosofia gender, in base alla quale non esisterebbero due generi sessuali veri e propri, ma solo degli orientamenti sessuali — cinque, per l’esattezza – suscettibili di continue modifiche e sovrapposizioni, perché determinati unicamente dall’impulso momentaneo e da motivazioni soggettive.
Ci piace qui riportare la descrizione del ruolo coniugale della donna, in una pagina di Washington Irving, uno degli scrittori americani della prima generazione dopo l’Indipendenza, nel suo famoso Libro degli Schizzi (titolo originale: The Sketch-Book of Geoffrey Crayon, Esq. 1819; traduzione dall’inglese di Nora Gyarto e Beatrice Boffito Serra, Milano, Rizzoli Editore, 1959, pp. 34-35):
UNA MOGLIE
The treasures of the deep are not so precious
As are the conceal’d comforts of a man
Lock’d up in woman’s love. I scent the air
Of blessing, when I come but near the house.
What a delicious breath marriage sends forth…
The violet bed’s not sweeter.
THOMAS MIDDLETON (1570-1627)
I tesori del mare non sono tanto preziosi
Come lo sono le intime consolazioni d’un uomo
Circondato dall’amore di una donna. Io respiro un’aria
Benedetta, soltanto se mi avvicino alla casa.
Qual delizioso profumo esala il matrimonio…
Quello d’un’aiola di violette non è più soave.
Ho avuto spesso occasione di osservare la fortezza con cui la donna sostiene i più schiaccianti rovesci della sorte. Sembra che i disastri che spezzano lo spirito dell’uomo e lo prostrano nella polvere, suscitino tutte le energie del sesso più debole, comunicandogli un coraggio e un’elevatezza che talvolta hanno del sublime. Non v’è nulla di più commovente che vedere una donna tenera e sensitiva, già tutta debolezza e sottomissione, e suscettibile alla minima asprezza finché percorreva il sentiero della prosperità, assurgere all’improvviso a una forza spirituale tale da divenire, nella sciagura, la consolazione e l’appoggio di suo marito, e sostenere con incrollabile fermezza i più gravi colpi dell’avversità.
Come la vite che ha intrecciato a lungo il grazioso fogliame alla quercia e da questa è stata sollevata alla luce del sole, allorché la dura pianta è spaccata dal fulmine, l’abbraccia coi carezzevoli viticci e rilega insieme i rami schiantati; così è bellissimo decreto della Provvidenza che la donna, la quale è soltanto la dipendente e l’ornamento dell’uomo nelle sue ore felici, debba essere il suo appoggio e il suo conforto quando è colpito dall’improvvisa calamità, insinuandosi negli austeri recessi della natura di lui, sorreggendo teneramente il suo capo chino e riallacciando le fibre del suo cuore spezzato.
Una volta mi congratulavo con un amico che aveva intorno a sé una famiglia fiorente, legata da un affetto vivissimo.
– Non potrei augurare a nessuno sorte migliore, – gli dissi con entusiasmo, – che d’aver moglie e figli. Sei fortunato, ed essi sono qui a dividere la tua prosperità; altrimenti, sarebbero qui per confortarti.
E invero ho osservato che l’uomo sposato, caduti nella disgrazia, ha maggiori probabilità d’uno scapolo di risollevarsi e riconquistarsi la posizione nel mondo; in parte perché è spronati ad agire dalle necessità degli esseri deboli e amati che dipendono da lui per il sostentamento; ma specialmente perché il suo spirito è lenito e confortato dalle tenerezze domestiche, e il rispetto di sé tenuto vivo dall’accorgersi che quantunque tutto intorno sia oscurità e umiliazione, c’è tuttavia ancora un piccolo mondo d’amore in casa sua, di cui egli è il re; mentre lo scapolo è soggetto a trascurarsi e andare in malora, perché si sente solo e abbandonato, e a lasciare che il suo cuore vada in rovina come una casa disertata, per mancanza d’un affetto che lo riempia.
Questo quadretto può apparire troppo idealizzato e perfino stucchevole nel suo romanticismo un po’ patinato, eppure, fatta la tara alla specifica sensibilità letteraria che era propria delle generazioni vissute due secoli fa, crediamo che esso, nella sostanza, non sia poi tanto falso o esagerato come si potrebbe immaginare. Noi stessi abbiamo conosciuto delle spose paragonabili a quelle di cui parla Washington Irving, e famiglie felici a motivo della loro presenza; così come crediamo che ne abbiano conosciute moltissimi fra noi. Sono, il più delle volte, le nonne che hanno accompagnato la nostra infanzia e la nostra giovinezza; pure, ve n’è ancora qualcuna fra le ultime generazioni, specialmente laddove il sentimento e la pratica religiosi son rimasti vivi e sentiti.
Insistiamo su questo punto: così come, alla radice del problema, c’è la diffusione della cultura femminista, di matrice massonica e radicale, il rimedio e la risposta non possono essere che in un ritorno allo spirito del matrimonio cristiano. La secolarizzazione della società moderna si esprime anche attraverso la crisi del matrimonio: i giovani hanno sostituto il matrimonio religioso, che è un impegno irrevocabile davanti a Dio, con il matrimonio civile, che è un semplice contratto legale, revocabile in qualsiasi momento; e, da ultimo, con la pura e semplice convivenza, che è una unione senza impegni né doveri precisi e oggettivi (salvo pretendere, assai poco coerentemente, una equiparazione giuridica al matrimonio: come dire, esigere i diritti senza essere disposti ad assumersi i rispettivi doveri). Alle figure dello sposo e della sposa, desiderosi di prole, si sono sostituite le figure del compagno e della compagna, magari del fidanzato e della fidanzata: espressioni, queste ultime, del tutto incongrue rispetto al significato originario, sia per la natura del fatto, sia per motivi di ordine cronologico, trattandosi di fidanzati quarantenni, cinquantenni e perfino sessantenni.
Eppure, se l’uomo e la donna vorranno davvero ritrovarsi, e la società vorrà uscire dalla crisi morale in cui da troppo tempo si dibatte, bisognerà che l’ubriacatura femminista abbia termine, una buona volta, e che la donna riscopra la bellezza del suo antico ruolo di sposa, in tutta la sua sublime e preziosa serietà: altro che compagna o fidanzata a tempo limitato, sempre pronta a fare la valigia e andarsene via! Ella dovrà resistere alle insinuazioni dell’invidia e del rancore, che le diranno di non "sacrificarsi" per l’uomo, di vivere la propria vita solo per se stessa: perché, senza questo dono di sé all’altro, la donna non ritroverà nemmeno se stessa, né sarà più felice; e l’uomo continuerà a scivolare verso l’auto-compatimento, il vittimismo, la disgregazione totale della propria identità…
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