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Il cristiano deve amare il mondo? Papini e la sua battaglia contro la modernità

Papini e la sua battaglia contro la modernità**

Il cristiano deve amare il mondo? Si può affermare che è tenuto ad amare il mondo, in quanto il mondo è creazione di Dio e, ancor più, in quanto egli ha il dovere di amare tutto e tutti, perché — a sentire certuni – tale sarebbe la sua natura di cristiano?

Rispondiamo, dopo lunga e matura riflessione, di cui ci assumiamo tutta intera la responsabilità: no; mille volte no. Due cose si possono intendere per "mondo", e nessuna delle due merita l’amore incondizionato del cristiano, tanto meno l’obbligo dell’amore.

La prima cosa che si può intendere è il mondo nel senso più ampio e generico dell’espressione. Ebbene, il mondo è, certamente, una creazione di Dio; esso, però, non è tutto buono, perché è stato deturpato dalla ferita del Peccato; vi sono in esso delle cose amabili, e altre che sono detestabili. Non si può amare il mondo tout-court, a meno di tradire il cristianesimo per una forma di naturalismo o, peggio, di panteismo. Lo si può amare per quel che esso ha di buono; lo si può, anzi, lo si deve odiare, per ciò che esso ha di malvagio. Le cose buone del mondo sono, semplicemente, un pallido riflesso del Bene vero, autentico, che è Dio; e dunque anche tali cose non vanno amate per se stesse, ma come introduzione e avviamento all’amore di Dio. Le cose cattive vengono dalla deformazione che il libero volere umano opera per la scelta deliberata del male: non si può amare la pedofilia, l’avarizia, la superbia; bisogna semmai odiarle. Già il fatto di rimaner neutrali sarebbe un approvarle: no, non si può restar neutrali davanti al male; non si possono amare due padroni, Dio e il Diavolo. O si ama l’uno e si odia l’altro, o viceversa; ma amare entrambi è impossibile, e chi lo pensa davvero o è un imbecille, o è un astuto agente di Satana.

La seconda cosa che si può intendere con l’espressione "mondo" è quella designata dal Vangelo di Giovanni: non il mondo in generale, ma il mondo che rifiuta e odia Gesù Cristo; il mondo come l’insieme delle forze tenebrose che adorano e servono il Diavolo. Ora, è evidente che, se non si può amare il mondo che contiene anche il male, a maggior ragione non si potrà amare il mondo che rappresenta compiutamente il male. In subordine, sorge la domanda se il mondo moderno sia più vicino o più lontano da quell’ideale di bene che il Vangelo addita all’uomo quale meta del suo cammino di perfezionamento terreno. Le opinioni, ne conveniamo, possono essere diverse; quanto a noi, non esitiamo ad affermare che Giovanni Papini aveva pienamente ragione, allorché affermava che il mondo moderno è il più lontano che mai si sia visto dal Vangelo; e che la civiltà moderna è la più brutta (egli diceva: la più lurida) che la storia umana abbia sinora espresso.

Sappiamo bene quale conseguenza scaturisca da un simile giudizio: da un lato, il totale isolamento rispetto al "mondo", cioè alla cultura dominante, e la totale esclusione da tutti i luoghi che contano, da tutte le occasioni di carriera, da tutte le tribune dalle quali è possibile rivolgersi al pubblico; dall’altro, ciò che è più amaro, la totale incomprensione, la condanna e la ripulsa da parte di quegli stessi cristiani, di quegli stessi cattolici, i quali, scandalizzandosi, si levano in piedi ed esclamano, stracciandosi le vesti come fece il sommo sacerdote: «Questo linguaggio è troppo duro! Chi di noi lo potrà accettare?». Perché vi sono dei cristiani moderni — ma il cristiano dovrebbe essere cristiano e basta; se egli si qualifica o si considera come moderno, o progressista, o di sinistra, allora sta già tradendo il cristianesimo, che non è suddivisibile in parti, non è orientabile o manipolabile in questa o quella particolare direzione, secondo le tendenze o le mode del momento — i quali considerano come loro dovere, e come dovere di tutti i cristiani, essere aperti e dialoganti e sorridenti con chiunque; fare finta di non vedere, di non sapere, di non udire la guerra feroce, spietata, all’ultimo sangue, che il mondo moderno ha scatenato contro il Vangelo e contro i suoi seguaci; che hanno scambiato la bontà di Cristo per il suo penoso stravolgimento e la sua negazione pratica, cioè il buonismo, e si sono scordati che Cristo ha usato parole durissime contro i nemici dello Spirito, e che ha dichiarato espressamente di non voler pregare per il "mondo" (cfr. Giovanni, 17, 9). Più chiaro di così: Io non prego per il mondo. Ma i cattolici modernisti si credono più intelligenti di Cristo, più misericordiosi del Vangelo e più progrediti di Dio stesso.

E invece no. Se si ama il mondo, non si può amare Dio; l’amore per il mondo è la zavorra che fa volare l’anima in basso, lontano da Dio: solo liberandosi di essa, l’anima può dirigersi finalmente verso il suo vero bene, verso il suo compimento e la sua beatitudine. E per liberarsi della zavorra, bisogna "odiare se stessi", cioè crocifiggere l’uomo vecchio, gonfio di superbia, lussuria e cupidigia; bisogna prendere su di sé la propria croce. La croce! È proprio questo che l’uomo moderno detesta; è proprio questo che certi cattolici modernisti vorrebbero evitare: e spingono la loro improntitudine e la loro apostasia (ma senza avere il fegato di proclamarla tale) fino al punto di dichiarare che la croce appartiene a una maniera superata, e fondamentalmente sbagliata, di presentare il Vangelo; che si può, anzi, si deve annunciare la Lieta Novella senza alcun bisogno della croce; che il cristianesimo è solo gioia, letizia, gaudio e zuccherini. Se non fossero, ripetiamo, i semi velenosi della apostasia, potremmo anche liquidare simili "idee" come pure e semplici sciocchezze; ma, purtroppo, son qualcosa d’assai peggiore, d’infinitamente più pericoloso.

Ora, si dà il caso che, nei giorni presenti, costoro siano giunti ad occupare delle posizioni chiave in seno alla Chiesa; che controllino gran parte della stampa cattolica; che abbiano arruolato molti preti, molti vescovi e cardinali, per non parlare di una pletora di pseudo teologi e di pseudo intellettuali, peraltro osannati e riveriti come se fossero altrettanti oracoli e altrettante sibille, e continuamente chiamati a sproloquiare dai microfoni, e posti sotto la luce dei riflettori. Si pone il drammatico quesito, ai nostri giorni, se la Chiesa cattolica sia ancora, nel suo insieme, custode della Verità eterna del Vangelo; o se non sia stata silenziosamente, malignamente, intossicata dal veleno del mondo, che è, inutile nasconderselo o aver paura delle parole, il veleno di Satana. Pensiero abissale, sconvolgente! Al quale riteniamo si possa rispondere così: sì, lo spirito di Satana è riuscito ad insinuarsi, oggi più che mai (sono duemila anni che ci prova) fin dentro il recinto delle pecorelle, ha pervertito non pochi pastori, e sta seriamente minacciando il Depositum Fidei, del quale, sino ad ora, il Magistero ecclesiastico era stato supremo garante e geloso difensore. Nondimeno, va ricordata sempre la solenne promessa fatta da Gesù Cristo a San Pietro: Non praevalebunt!; e dunque, non bisogna mai smarrirsi o perdersi d’animo, ma lottare e domandare più che mai, con l’umiltà, con la preghiera, con l’adorazione eucaristica, il soccorso pronto e infallibile del Paraclito, vale a dire del nostro grande, invincibile, perenne Avvocato difensore, così come esso è stato promesso da Gesù Cristo ai suoi discepoli, nel corso dell’Ultima cena.

Vale la pena di rileggere ciò che affermava Giovanni Papini, a difesa del suo Dizionario dell’omo salvatico, scritto in collaborazione con Domenico Giuliotti e pubblicato a Firenze nel 1923 (cit. in: G. Manarcorda, Letteratura e cultura del periodo fascista, Milano, Principato, 1974, pp. 67-68):

… Il nostro "Dizionario" È UNA BATTAGLIA CONTRO IL MONDO. Contro il Mondo nel senso che l’intende l’Evangelo- contro il mondo che non consce Cristo o tutti i momenti lo rinnega e l’offende — contro il Mondo che diserta o insulta la Chiesa — e particolarmente contro il Mondo de’ nostri giorni, fondato sulla Violenza, sull’Ingordigia, sull’Idolatria della Quantità e della Ricchezza — contro quel Mondo moderno che sta distruggendo e calpestando gli ultimi vestigi dei valori religiosi, morali ed estetici della Cristianità.

Per quel Mondo, se ricordate, Cristo medesimo, Dio d’Amore, si rifiutò di pregare. "Non pro mundo rogo" dice Gesù rivolgendosi al Padre "sed pro his quos dedisti mihi quia tui sunt". Non vuol pregare il Salvatore degli uomini, per quelli che sono nel mondo e servono al mondo, ma per quelli che son suoi perché sono del Padre, cioè per quelli soltanto che seguono Dio e servono Cristo. E non ha detto San Paolo che la sapienza del mondo è pazzia agli occhi d’Iddio? E non ha affermato San Giacomo che l’amicizia del mondo è inimicizia di Dio?

Noi non abbiamo dunque, come cristiani, l’obbligo di amare il mondo, anzi abbiamo il rigoroso dovere di rigettarlo e detestarlo. Chi ama Cristo non può amare il mondo; chi ama Cristo on può amar quelli che odiano Cristo; chi ama la Chiesa non può amare i nemici, gl’insultatori, gli assediatori della Chiesa. Chi ama il mondo o lo tollera o l’ammira o l’accarezza, non è vero cristiano, anche se crede d’esser cristiano; perché non v’è compromesso possibile fra lo spirito di Cristo e lo spirito del mondo e Cristo medesimo ci ha insegnato espressamente che non si può servire a Dio e a Mammona. Chi crede di poterlo far e ha certo due facce ma non ha neppure un’anima.

E fra tutti i mondi che conosciamo nella storia ci sembra — forse perché ci viviamo — che il mondo moderno sia il più lurido e spaventoso e il più lontano dalla verità e dall’Evangelo. Non siamo noi soli che lo diciamo e lo sentiamo. Nella sua solenne e profonda enciclica "Ubi Arcano Dei" il nostro sommo Padre, S. S. Pio XI, sfolgora da Roma, le ragioni del pervertimento sempre più spaventoso del mondo contemporaneo: "Primeggia la lotta di classe divenuta ormai il morbo più inveterato e mortale della società, quasi verme roditore che ne insidia tutte le forze vitali". […]

Esagerazioni! Eccessi! Negazioni troppo assolute! Compiacenze crudeli! Cristianesimo da cannibali! Ecco le accise che ci vengono scagliate da ogni parte, e perfino da certi cattolici che ancora non hanno capito o non vogliono capire il nostro metodo di guerra.

A tutta questa gente risponderemo con una immagine, già usata da quel Salvatico [cioè Giuliotti] che nel 1913, nel programma anteposto a "La Torre" (un pamphlet cattolico-reazionario non ancora dimenticato e precursore) scriveva: L’albero è stato piegato a sinistra fino a terra; noi lo ripiegheremo tutto dall’altra parte perché ritorni diritto". Noi miriamo insomma più alto del bersaglio per colpire nel centro. Certe nostre espressioni fortissime e paradossali (e a volte, se ben di rado, anche OSCENE CONTRO L’OSCENITÀ e dalle quali non rifuggì neppure qualche santo), non bisogna dunque pigliarle alla lettera, ma considerarle COME MEZZI, di maggiore efficacia, per manifestare tutto lo sdegno della nostra anima cristiana, urtata ed offesa in mille modi dagli idoli e dagli idolatri di questo universale paganesimo post-cristiano che sempre più imbruttisce e insatanisce il mondo moderno e nel quale ormai sembra che non ci sia più posto per il Salvatore Divino.

Perciò quando, per esempio, malediciamo alla scienza del nostro tempo e a tutte le sue più brutali ed apprezzate applicazioni, ciò facciamo perché questa pseudo-scienza (la sola venerata dai nostri sciagurati contemporanei) è quella stessa che gonfia l’uomo di un orgoglio stupido e satanico ed alle cui lamentabili rovine San paolo contrapponeva la carità che edifica, cioè a dire l’amore ardente ed illuminante, il qual, per i cristiani, è l’UNICA scienza eterna che fa davvero sapienti.

Ergo, le nostre esagerazioni sono provocate e giustificate dalle esagerazioni sacrileghe dei nostri "rimbambiti e apostati" contemporanei. Il nostro metodo — che non vogliamo consigliare a tutti — consiste nel difendere la verità col paradosso, la serietà col riso, la santità collo smascheramento della animalità e il bene col mostrare la turpezza del male.

Noi siamo, insomma, degli avvocati che per invogliare al paradiso costringono i lettori ad affacciare il viso sull’orlo dell’inferno. Il P. Lacordaire, in una delle sue conferenze di Notre Dame, disse un giorno: "Souvent Dieu, mes frères, pour parvenir à ses fins, emploie des moyens vraiment diaboliques" ("Spesso Dio, o miei fratelli, per giungere ai suoi fini impiega mezzi veramente diabolici"). Non c’è il caso che noi apparteniamo, modestamente, a questi "moyens diaboliques"?

Papini scriveva quasi un secolo fa; e, dato il ritmo che ha la modernità ha impresso ai cambiamenti politici, sociali, culturali, spirituali, etici, è come se fossero passati mille anni. Eppure, tale distanza non fa che evidenziare ancor più quanto lo scrittore fiorentino sia stato lucido, profetico, ad esempio quando parla della scienza satanica (e la bomba atonica era ancora di là da venire). Del resto, non è un caso che la cultura odierna abbia tirato un rigo sopra il suo nome e i giovani d’oggi, complice la scuola, non lo abbiamo neanche mai sentito nominare. È così che il mondo moderno procede nelle sue magnifiche sorti e progressive: condannando al silenzio le sentinelle che lanciano l’allarme…

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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