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28 Luglio 2015Per san Paolo, il dilagare dell’omosessualità viene dal rifiuto di rendere a Dio il culto dovuto

La perversione idolatrica e la perversione nei rapporti umani, morali e anche sessuali, sono l’una il riflesso dell’altra: quando l’uomo non riconosce Dio per quello che è, quando non gli rende il culto dovuto, quando si rifiuta di adorarlo, perché vuole farsi egli il Dio di se stesso, allora le relazioni umane scivolano nel disordine, subiscono una deformazione e uno stravolgimento, precipitano nel caos e nella più turpe perversione.
Tale è il pensiero di san Paolo, esposto, nella maniera più esplicita, nella famosa «Lettera ai Romani», che è il suo testo teologico più importante, e uno dei maggiori mai scritti da un autore cristiano; e — anche se la cosa può disturbare certi cattolici "progressisti", propensi ad aggiornare con disinvoltura la morale secondo l’evoluzione del costume, e quindi anche a considerare la pratica della omosessualità (non l’omosessualità in se stessa, specialmente quando è realmente un dato di natura piuttosto che un vizio acquisito), non che un "disordine", ma neppure un "peccato" — il ragionamento svolto da san Paolo, in linea, del resto, con tutto il pensiero biblico, istituisce una relazione esplicita, e vergognosa, fra il rifiuto di riconoscere la Verità di Dio e la profanazione che gli uomini infliggono a se stessi, attraverso l’abuso dei loro stessi corpi. Se il corpo, nella prospettiva cristiana, è il tempio di Dio, allora essi disonorano se stessi, dopo aver disonorato Dio: la seconda cosa è la diretta conseguenza della prima.
Del resto, per san Paolo il rifiuto di riconoscere i diritti di Dio, e il volersi fare Dio al suo posto, è, da parte dell’uomo, non solo il risultato di un peccato di superbia, ma anche di un vero e proprio vaneggiamento e quasi di un delirio intellettuale: i filosofi greci hanno creduto di spingersi più in là e più in alto di tutti, con i loro astrusi ragionamenti e con le loro sofistiche deduzioni, negando, però, l’evidenza: la meraviglia, la sapienza, l’amorevolezza che traspaiono dal creato, e che rispecchiano la perfezione del Creatore. Resi pazzi dal senso di onnipotenza della ragione, essi si sono abbassati al di sotto delle bestie nel loro comportamento: la negazione del vero Dio ha avuto, quale inevitabile risultato, la sua sostituzione con l’immagine dell’uomo (quando non addirittura, come nella religione teriomorfa egiziana, con quelle deli animali): l’uomo si è deificato, e ha fatto del suo corpo un oggetto da venerare, da adorare, infine da concupire: la concupiscenza è stata l’ultimo gradino nella discesa della follia speculativa antropocentrica. L’avere fatto del corpo umano il massimo valore ed essersi accesi di una funesta passione per esso, è stato il castigo che Dio ha permesso che i pagani infliggessero a se medesimi, profanandosi e disonorandosi a vicenda, uomini con uomini e donne con donne.
Scrive, infatti, san Paolo, in uno stile estremamente efficace e vigoroso, parlando dei Pagani (un’altra sezione è dedicata ai Giudei, altrettanto colpevoli davanti a Dio, se non più, ma per ragioni diverse):
«In realtà l’ira di Dio si rivela dal cielo contro ogni empietà e ogni ingiustizia di uomini che soffocano la verità nell’ingiustizia, poiché ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto; Dio stesso lo ha loro manifestato. Infatti, dalla creazione del mondo in poi, le sue perfezioni invisibili possono essere contemplate con l’intelletto nelle opere da lui compiute, come la sua eterna potenza e divinità; essi sono dunque inescusabili, perché, pur conoscendo Dio, non gli hanno dato gloria né gli hanno reso grazie come a Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrata la loro mente ottusa. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti, e hanno cambiato la gloria dell’incorruttibile Dio con l’immagine e la figura dell’uomo corruttibile, di uccelli, di quadrupedi e di rettili. Perciò Dio li ha abbandonati all’impurità secondo i desideri del loro cuore, sì da disonorare fra di loro i propri corpi, poiché essi hanno cambiato la verità di Dio con la menzogna e hanno venerato e adorato la creatura al posto del creatore, che è benedetto nei secoli. Amen. Per questo Dio li ha abbandonati a passioni infami; le loro donne hanno cambiato i rapporti naturali in rapporti contro natura. Egualmente anche gli uomini, lasciando il rapporto naturale con la donna si sono accesi di passione gli uni per gli altri, commettendo atti ignominiosi uomini con uomini, ricevendo così in se stessi la punizione che s’addiceva al loro traviamento. E poiché hanno disprezzato la conoscenza di Dio, Dio li ha abbandonati in balia d’una intelligenza depravata, sicché commettono ciò che è indegno colmi come sono di ogni sorta di ingiustizia, di malvagità, di cupidigia, di malizia; pieni d’invidia, di omicidio, di rivalità, di frodi, di malignità; diffamatori, maldicenti, nemici di Dio, oltraggiosi, superbi, fanfaroni, ingegnosi nel male, ribelli ai genitori, insensati, sleali, senza cuore, senza misericordia. E pur conoscendo il giudizio di Dio, che cioè gli autori di tali cose meritano la morte, non solo continuano a farle, ma anche approvano chi le fa" (Rom., 1, 18-32).
Commentando la «Epistola ai Romani», ha scritto Henri Maurier nella sua «Teologia del paganesimo» (titolo originale: «Essai d’une théologie du paganisme», Paris, Editions de l’Orante, 1965; traduzione dal francese a cura dell’Ufficio studi della Casa di Carità, Arti e Mestieri, Torino; Gribaudi, 1968, pp. 227-229):
«… Così, la colpa dei pagani sta nel fatto che "avendo conosciuto Dio, non gli hanno reso, come a un Dio, né gloria né azioni di grazie" (v. 21).» Il Dio vivente con i suoi attributi (eternità, divinità, gloria, potenza creatrice, azione nella storia) vuole essere riconosciuto come tale. Qui, S. Paolo non rimprovera dunque ai pagani colpe morali, ma una mancanza di vera religione: "Essi si sono perduti nei loro vani ragionamenti", essi agiscono al cospetto di Dio "secondo i loro propri pensieri" (v. 21).
E, come conseguenza dei loro ragionamenti insensati e della loro falsa saggezza, "la loro mente insensata si trovò immersa nelle tenebre" (v. 21). La bibbia parla spesso di empi "insensati" ( cfr. Rom., 10, 19; Tit., 3, 3); il cuore è la persona stessa, nelle sue scelte fondamentali.
"Sicché mentre si vantano di essere sapienti…" (v. 22).: qui San paolo ha sicuramente di mira il paganesimo del suo tempo, caratterizzato dalla preoccupazione della speculazione intellettuale. Così l’idolatria, ch’egli denuncia al versetto successivo, non è soltanto l’effetto di un oblio o di una cattiva volontà, ma l’effetto di un eccesso dell’intelligenza, di una rivendicazione di saggezza. D0autorità i pagani "hanno cambiato" la gloria di Dio "con un’immaginazione"; hanno abbassato Dio all’idea che volevamo farsene. Mentre il rendere gloria e grazie a Dio obbliga l’uomo ad aprirsi alla verità di Dio, ad andare dal basso verso l’alto, ad accettare il mistero di Dio, l’idolatria, invece, conduce l’Altissimo verso il basso, l’Incorruttibile verso il corruttibile, la Gloria verso un’idea umana. È l’uomo che plasma Dio a sua immagine, "ad immagine di uomini corruttibili, di uccelli, di quadrupedi, di rettili".
"Per questo iddio, lasciando che si dessero in braccio ai perversi desideri dei loro cuori, li ha abbandonati all’impurità" (v. 24). Il pagano è punito per ciò che di male ha fatto. Dio non l’ha spinto a fare il male e ad indurirsi nel male, ma lascia proliferare il peccato, lascia l’uomo alle conseguenze di ciò che egli ha liberamente scelto. "Lo sconvolgimento dell’ordine delle cose mediante l’idolatria è accompagnato dal rovesciamento dei rapporti naturali dei sessi nell’immoralità; a una perversione corrisponde un’altra perversione, ma di ordine diverso"(L. Ligier, "Péché d’Adam et péché du monde", Parigi, 1960-61, II, 188). Nel testo di S. Paolo vi sono tre "traditi" (v. 24, 26, 28): i primi due si riferiscono all’impurità, l’ultimo alle aberrazioni del senso morale. Ecco dunque un mezzo oggettivo di giudicare l’intenzione dei pagani: se la loro idolatria s’accompagna a una perversione sessuale o morale, è segno ch’essi hanno cercato di invertire il rapporto di Dio con gli uomini.
Per due volte S. Paolo mette questa perversione in rapporto con la non conoscenza di Dio: "Essi disonorano i loro corpi, essi che han cambiato la verità di Dio con la menzogna" (v. 24-25); e "siccome non si son dati pensiero di conoscere Iddio, Iddio li ha abbandonati a dei perversi pensieri, di modo che commettono azioni che van contro ogni legge" (v. 28), "e non solo essi le fanno, ma approvano persino chi le fa" (v. 32). Così il peccato viene dallo spirito che perverte il giudizio. La retribuzione ha l’effetto d’abbandonare lo spirito a questa depravazione.
Ora, la depravazione dell’idolatria parallela a quella morale o sessuale. In tutta la Rivelazione si nota fra Dio e la sua creazione o fra Dio e il suo popolo una relazione nuziale, e paolo vi allude in Rom., 9, 25. L’infedeltà a Dio è chiamata adulterio o prostituzione. In 1 Cor. 11, 3.7-12 l’Apostolo mostra che se "la donna è stata tratta dall’uomo, l’uomo a sua volta nasce dalla donna", e tuttavia "l’uomo è l’immagine e il riflesso di Dio, la donna il riflesso dell’uomo; infatti l’uomo non è stato tratto dalla donna ma la donna dall’uomo, e l’uomo non è stato creato per la donna ma la donna per l’uomo". Invertendo il rapporto Dio-uomo, l’idolatria inverte anche il rapporto uomo-donna. L’omosessualità è la conseguenza logica dell’idolatria e ciò che la rivela" (cfr. G. Fessard, "De l’actaulité historique", I, Parigi, 1960, 189-190: "Quindi diventa manifesto il rapporto tra perversione sessuale e perversione idolatrica. Infatti, poiché questa spinge il pagano a superare il suo possesso della Verità sino a volere, come Dio e sostituendolo, usare di una libertà virile verso la creazione, questa volontà deve essere applicata innanzi tutto al punto preciso dell’unità Uomo-Natura, dove il Creatore ha posto il segno più esplicito della sua Bontà inesauribile e della sua Libertà amorosa, perciò all’unione dei sessi. Or bene, siccome questa è naturalmente feconda, l’impresa del pagano fallirebbe se ne rispettasse l’ordine; e nello stesso tempo non si rivelerebbe la potenza dello Spirito maligno, responsabile della sua idolatria. Occorre dunque che la ‘virilità’ e la ‘libertà’ del pagano vengano dimostrate con L’INVERSIONE SESSUALE e che questa a sua volta serva a svelare sino a quale estremo giunga l’inversione che comincia con lo ‘scambiare la verità con la menzogna’"). S. Paolo spiega ai vv. 26-27 ciò che aveva detto con poche parole al v. 24: "disonorano i propri corpi". Questo costumi sono effettivamente esistiti.
La perversione morale denunciata i vv. 28-32 concerne soprattutto i rapporti degli uomini fra di loro. Abbiamo visto che tale perversione era molto diffusa tra i pagani. In tutta la Scrittura, invece, la Rivelazione di Dio come salvatore è accompagnata da una rivalorizzazione dei rapporti umani. Cristo dirà che l’amore di Dio e l’amore del prossimo formano un solo comandamento; invece, l’infedeltà a Dio è accompagnata dall’odio e dallo sfruttamento degli altri. Sin dal primo peccato, l’odio di Caino per Abele diventa fratricida. Qui la logica è la stessa: la perversione idolatrica dà luogo alla perversione dei rapporti fra gli uomini: anziché amarsi, gli uomini si sfruttano e dominano gli uni gli altri…»
Ecco un altro concetto che farà certamente sobbalzare sulla sedia tanti "cattolici" relativisti, permissivi e modernisti, che si autodefiniscono persone di larghe vedute e nemiche di ogni repressione e di ogni intolleranza: se l’omosessualità è una perversione dell’istinto sessuale, e se è la diretta conseguenza di una perversione intellettuale, consistente nel rifiuto di riconoscere e adorare la Verità divina; ebbene, allora tale perversione è, a sua volta, la diretta conseguenza di una illegittima pretesa da parte della donna, quella di rendersi in se stessa e inducendo l’uomo, nello stesso tempo, a svirilizzarsi.
Attenzione: già prevediamo il coro delle critiche, e vorremmo almeno che fosse chiaro il concetto, dopo di che arrivino pure tutte le critiche di questo mondo. Non stiamo affatto dicendo che è bene che la donna sia "sottomessa" all’uomo, in senso materiale e, magari, anche in senso giuridico; niente affatto: stiamo dicendo che è naturale che la donna riconosca spontaneamente di essere portatrice di un ruolo sociale e spirituale differente da quello dell’uomo, che è incentrato sul dolce e prezioso mistero della maternità (fisica o psicologica, questo è secondario) e che ella non pretenda di competere con l’uomo sul suo stesso terreno, cioè in un ambito psicologico e pratico maschile, perché, così facendo, snatura se stessa e umilia l’uomo, preparando ad entrambi un destino di frustrazione, amarezza e infelicità.
Insomma: a una cultura che, pur vedendo la presenza e la perfezione di Dio, rifiuta di riconoscerlo e adorarlo, superba della propria potenza speculativa, corrisponde una umanità in cui la naturale relazione fra uomo e donna, che rispecchia la giusta relazione fra l’umano e il divino, si intorbida, si perverte, si capovolge: le donne vogliono fare i maschi e si accendono di desiderio per le altre donne, mentre i maschi smettono di cercare le donne, ma si gettano gli uni nelle braccia degli altri; e non solo lo fanno, ma approvano e lodano gli altri che fanno lo stesso.
Oggi, che il cosiddetto matrimonio omosessuale è stato approvato in parecchi Paesi d’Europa, e che presto lo sarà anche negli altri, sulla spinta di potenti lobbies le quali, osiamo credere, non esprimono affatto il punto di vista prevalente nella minoranza omosessuale, ma perseguono un fine strumentale assai più ampio, di destabilizzazione morale e di rovesciamento sistematico di tutti i valori e di tutte le certezze, l’analisi di san Paolo torna prepotentemente di attualità. La società odierna somiglia più che mai alla società pagana pre-cristiana: colma di disordine morale, di egoismo, di cattiveria, di violenza, di cupidigia — e, nello stesso tempo, resa quasi folle dal delirio di onnipotenza della ragione, la quale, attraverso pratiche scientifiche degenerate e diaboliche, accarezza più che mai il sogno della umana auto-divinizzazione, in special modo impadronendosi del segreto genetico della vita e apprestandosi a manipolarla in ogni forma possibile e immaginabile, fino agli esiti più estremi e mostruosi.
Riassumendo.
La superbia intellettuale porta alla negazione dei diritti di Dio e alla auto-divinizzazione dell’uomo. Nello stesso tempo, l’uomo, sentendosi padrone del creato, pretende di agire come fosse Dio nei confronti delle creature, ossia da giudice autosufficiente del bene e del male, del giusto e dell’ingiusto: e ciò porta, fra le altre cose, allo squilibrio irrimediabile nei rapporti fra uomo e donna, perché tale è il punto sensibile della creazione, nel quale si riflette l’amore sapiente di Dio nei confronti delle sue creature.
Così noi vediamo che oggi, in particolare, la nostra società sta elaborando sia gli strumenti legislativi (matrimonio omosessuale), sia quelli scientifici (fecondazione eterologa) per abbattere l’ultimo puntello della giusta relazione fra uomo e donna, che è, a sua volta, il riflesso della giusta relazione fra uomo e Dio. Perciò, con san Paolo, possiamo e dobbiamo concludere che Dio ci sta abbandonando in balia della nostra perversione: non Lui ci induce a una tale degradazione di noi stessi, ma permette che avvenga, perché il nostro cuore si è indurito e ci siamo chiusi a una vera relazione di amore sia verso di Lui, sia fra di noi.
Laddove – sia ben chiaro – l’amore non è, né potrà mai essere, la licenza di potersi abbandonare a qualunque passione carnale, anche la più turpe e vergognosa (fra quanto tempo dovremo assistere anche alla legalizzazione e alla celebrazione della pedofilia, o della zoofilia?), ma il naturale desiderio di bene per l’altro, nel rispetto della legge morale naturale, nonché nell’amore e nel timore di Dio.
Possiamo ancora uscire da questo circolo vizioso di superbia, ingiustizia e depravazione?
Forse: ma badiamo che non sia troppo tardi; e ricordiamoci del destino di Sodoma e Gomorra; e anche di quello dell’antica Grecia, e dell’antica Roma…
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash