
Rudolf Kjellen e la nascita della Geopolitica
28 Luglio 2015
Quando si predica la spiritualità ma si pratica la brutalità dell’ego
28 Luglio 2015Francesco Bacone (1561-1626) è ormai assurto, per acclamazione quasi generale, al rango di "padre", o, quanto meno, di "profeta" della scienza moderna: e questi titoli di merito, senza dubbio, non glieli leverà più nessuno, anche se si potesse dimostrare — il che non è impossibile — che essi si fondano su alcune grossolane esagerazioni, e che egli stesso non ebbe affatto, della scienza moderna, una idea così chiara e lineare, come i suoi ammiratori moderni credono, o come vorrebbero far credere.
Il punto, però, non è se valga la pena di intraprendere una battaglia per mostrare l’infondatezza e la palese strumentalizzazione che, di questa figura di studioso vissuto a cavallo fra il XVI e il XVII secolo — e, dunque, contemporaneo di Galilei — hanno voluto fare, in coro, i celebratori della scienza moderna, materialista, invasiva, brutalmente manipolatrice, e totalmente priva di anima e di senso morale; il punto è capire se l’opinione pubblica, e le stesse persone di media cultura, hanno compreso esattamente di quale natura fu l’operazione culturale che Bacone volle realizzare.
Bacone odiava lo spirito: questa è la cosa fondamentale che bisogna tener presente, se si vuole comprendere la sua figura e la sua opera; non solo: era fermamente determinato a mettere in campo tutte le arti della sua intelligenza, della sua cultura, della sua capacità di persuasione, per distogliere i suoi contemporanei da ogni pensiero spirituale, e, in modo particolare, da ogni sentimento religioso. A scorgere questo aspetto dell’opera di Bacone, a riconoscerlo, a evidenziarlo, è stato il grande Joseph De Maistre: un uomo al quale non sfuggivano cose del genere, anche se, stranamente, sembra che per diversi secoli esse siano sfuggite a tutti quanti.
L’indirizzo antimetafisico, antispirituale e irreligioso che ha assunto la scienza moderna, lo si deve principalmente a Bacone: a lui, infatti, lo si deve in forma consapevole, deliberata, programmatica; mentre a Galilei, a Cartesio e a Newton, lo si deve in maniera indiretta e, in gran parte, involontaria (specialmente nel caso di Newton, che era uno studioso di teologia ancora più appassionato, di quanto non lo fosse delle scienze fisiche e naturali). Per questo, le posizioni rozzamente antireligiose e antispirituali di tanti che, oggi, si dicono fautori e araldi della "vera" scienza (pensiamo a Piergiorgio Odifreddi, a Margherita Hack, e anche, con più astuzia, ma con la stessa pregiudiziale ideologica, a Piero Angela), anche se scienziati non sono, ma soltanto dei divulgatori scientifici, non sono affatto dovute al caso, ma devono considerarsi come l’esito naturale di una impostazione della scienza moderna che, da Bacone in poi, non è stata affatto "neutrale" (e, ovviamente, meno ancora è stata benevola) verso la teologia, sua legittima precorritrice, bensì decisamente e deliberatamente ostile verso la visione spirituale del reale, che si è anzi proposta di combattere, smitizzare e, se possibile, sradicare completamente.
Bacone odiava lo spirito, dunque odiava Platone e odiava il Vangelo; il suo intento era quello di staccare la cultura europea, la società europea, la civiltà europea, da due millenni di spiritualismo, per ricostruirla da zero, o quasi (rivalutando solo Democrito e gli atomisti greci), su basi che fossero interamente razionaliste, materialiste e rigorosamente meccaniciste. Era un fanatico e un paranoico, il quale, convinto di avere in tasca la verità, quanto e più degli esponenti della Chiesa (cattolica o anglicana che fosse), da lui tanto detestati, intendeva spendere ogni sua risorsa, ogni sua energia, ogni sua capacità, per fare piazza pulita delle "superstizioni" del passato e inaugurare una nuova era, basata sulla concezione laica, immanentista e secolarizzata del mondo e della ricerca scientifica, della quale egli sarebbe stato, nel medesimo tempo, l’ardito profeta ed il sommo e riconosciuto sacerdote.
Insomma, era un illuminista in anticipo di almeno un secolo e mezzo: come gli illuministi, voleva distruggere gli "idoli" dell’ignoranza ed instaurare l’era della vera conoscenza, portatrice — come è ovvio — di benessere e felicità per tutti, grazie al dominio sulle cose che la nuova scienza sembrava offrire, a portata di mano.
Osserva acutamente De Maistre a proposito di Francesco Bacone, da lui ritenuto l’antesignano della nuova filosofia "illuminista", che aveva snaturato il pensiero europeo (da: J. De Maistre, «Le serate di Pietroburgo»; titolo originale: «Les soirées de Saint-Petersbourg», 1821; traduzione dal francese di L. Fenoglio e A. Rosso, Milano, Rusconi, 1971, pp. 256-60):
«Quando tutta l’Europa fu cristiana, quando i preti divennero i maestri di tutto e di tutti, quando tutte le istituzioni di Europa furono cristianizzate, quando la teologia divenne il corso di studi più importante, con tutte la altre facoltà disposte intorno ad essa come damigella d’onore intorno ad una regina, al genere umano, ormai pronto a riceverle, furono date le scienze naturali. L’ignorare questa grande verità ha ottenuto menti molto dotate, non eccettuato Bacone, anzi a partire proprio da lui.
Bacone era contemporaneo di Galilei di Keplero di Cartesio, era stato preceduto da Copernico: questi quattro giganti da soli, senza parlare di cento altri personaggi meno celebri, gli negavano il diritto di parlare con tanto disprezzo della situazione delle scienze, che già al suo tempo brillavano di luce sfolgorante e in fondo rappresentavano tutto ciò che più e meglio si poteva sapere in quell’epoca. Le scienze non procedono come immaginava Bacone: esse germinano come tutto ciò che germina; crescono come tutto ciò che cresce; sono legate alla condizione morale dell’uomo. Benché libero e attivo, e capace perciò di dedicarsi alle scienze e perfezionarle con tutto ciò che è stato affidato alle sue capacità, egli in questo campo è forse più limitato che in qualunque altro: ; ma Bacone ebbe la pretesa di insultare le conoscenze del proprio secolo senza mai riuscire ad assimilarle; e nella storia dello spirito umano nulla è più curioso dell’imperturbabile ostinazione con la quale questo celebre personaggio continuò a negare l’esistenza della luce che brillava intorno a lui, perché i suoi occhi non erano in grado di riceverla; nessun uomo infatti fu più di lui estraneo alle scienze naturali e alle leggi del mondo. Si è accusato giustamente Bacone di avere ritardato il cammino della chimica cercando di attribuirle un procedimento meccanico, e mi riempie di soddisfazione il fatto che questo rimprovero gli sia stato rivolto nella sua stessa patria, da uno dei primi chimici del secolo. E danno assai più grave ha compiuto ritardando il cammino di quella filosofia trascendente o "generale", sulla quale non ha cessato di intrattenerci, senza mai aver avuto dubbi su ciò che essa doveva essere; ha pure inventato termini falsi e pericolosi nell’accezione che ha dato loro, come quello di "forma", per esempio, che egli ha sostituito a quello di "natura" o di "essenza", e di cu la rozzezza dei contemporanei non ha esitato ad impossessarsi, proponendoci con la massima serietà possibile di indagare sulla "forma" del calore, della dilatabilità, ecc.; e chissà che qualcuno non arrivi un giorno, seguendo le sue tacce, ad insegnarci la "forma della virtù". La spinta intellettuale che agiva su Bacone non era ancora matura all’epoca in cui egli scriveva; però già la si vede "in nuce" nei suoi scritti, e là essa depone arditamente quei germi che abbiamo visto prendere corpo ai giorni nostri. Pieno di rancore viscerale (di cui egli stesso non conosceva né la natura né la fonte) contro ogni idea spirituale, Bacone cercò con tutte le proprie forze di attirare l’attenzione generale verso le scienze della materia, in maniera da distogliere l’uomo da tutto il resto. Egli ha risospinto in blocco la metafisica, la psicologia e la teologia naturale nella teologia positiva, e chiuso quest’ultima sotto chiave nell’ambito della Chiesa, con divieto di uscirne; ha svilito con ogni mezzo le cause finali, che egli chiamava "remore" attaccate alla nave delle scienze, e ha osato sostenere senza mezzi termini che la ricerca di queste cause nuoce alla vera scienza: errore grossolano quanto funesto, e tuttavia (chi lo crederebbe?) contagioso anche per gli spiriti più intelligenti, al punto che uno dei discepoli più ferventi e più stimati del filosofo inglese non si è sentito tremare la mano mentre ci avvertiva di "stare attenti a non lasciarci sedurre da quel poco o tanto di ordine che troviamo nell’universo". Bacone non ha tralasciato nulla per suscitare in noi avversione contro la filosofia di Platone che è l’anticipazione laica del Vangelo, ed ha esaltato, spiegato e diffuso la filosofia di Democrito, cioè la filosofia atomistica, sforzo disperato del materialismo spinto all’estremo, il quale, sentendo che la materia gli sfugge e non spiega nulla, si immerge nell’infinitamente piccolo; cerca, per così dire, la materia senza materia; sempre contento, anche in mezzo alle assurdità, qualora non trovi traccia di intelligenza. Conformemente a questo sistema filosofico, Bacone impegna gli uomini a cercare la causa dei fenomeni naturali nella configurazione degli atomi o delle molecole elementari: l’idea più infondata e più grossolana che abbia mai contaminato l’intelletto umano. Ed ecco perché il secolo diciottesimo, che ha amato e lodato degli uomini soltanto gi aspetti deteriori, ha fatto di Bacone la sua divinità, rifiutando tuttavia di rendergli giustizia per quello che in lui vi è di buono, anzi di eccellente. È errore gravissimo credere che egli abbia influito sul cammino delle scienze, poiché tutti gli autentici fondatori della scienza o sono venuti prima di lui, o non lo conobbero neppure. Bacone fu un barometro che annunciò il bel tempo, e poiché lo annunciava, si credette che fosse lui a crearlo. Walpole, suo contemporaneo, lo ha chiamato "il profeta della scienza"; è tutto quanto gli si può concedere. Ho visto il disegno di una medaglia coniata in suo onore, la quale reca su un lato il sole che sorge, con la scritta: "Exortus uti aetereus sol". Nulla di più chiaramente falso. Accetterei semmai la raffigurazione di un’aurora, con l’iscrizione: "Nuntia solis"; ma anche questo può essere considerato un’esagerazione, poiché quando Bacone si "alzò" erano almeno già le dieci del mattino. L’immensa fortuna che ha incontrato ai giorni nostri è dovuta, vi dicevo poc’anzi, soltanto ai suoi lati biasimevoli. Notate che è stato tradotto in francese soltanto alla fine di questo secolo, e da uno che ha dichiarato ingenuamente di "avere, contro la sua sola esperienza, centomila ragioni per non credere in Dio".»
È una vera disgrazia che, nelle epoche storiche di trapasso, allorché la società si accinge a transitare da un paradigma culturale a un altro, a prendere il sopravvento e ad imporsi siano, così spesso, figure come quella di Francesco Bacone: un uomo così meschino sul piano personale, così disperatamente squallido e arido, così vile ed ingrato verso amici e benefattori, così immensamente ambizioso e vanitoso, così smisuratamente egocentrico e narcisista, che nessuno di quanti sono soliti, oggi, esaltarne la figura, come quella del padre nobile della scienza moderna, avrebbe voluto averlo, non diciamo per amico, ma neppure per vicino di casa.
Ad ogni modo, dimensione umana a parte, Bacone è stato un pessimo maestro anche e soprattutto come pensatore: la sua avversione per la realtà spirituale è stata il frutto di una immensa superbia e di una profonda disonestà intellettuale, perché egli non ha voluto riconoscere il debito che la "nuova" scienza aveva con la scienza medievale e rinascimentale, con la filosofia greca – specialmente platonica – e con la teologia cristiana. Onestà intellettuale vuole che chi ha ricevuto, riconosca di aver ricevuto: invece Bacone, esattamente come faranno — dopo di lui – gli illuministi, finge un debito vi sia stato: non vede la continuità dello sviluppo intellettuale e speculativo della civiltà europea, e ciò per la ragione più meschina: infatti, solo pensando alla "nuova" scienza come ad una brusca rottura con la tradizione, egli poteva ritagliarsi il ruolo di pioniere ed iniziatore di questa "nuova" scienza.
Bacone, peraltro, non si è limitato a raschiare via, a scarnificare, ad azzerare, per quanto stava in lui, qualunque traccia di spiritualismo e qualunque memoria della tradizione cristiana dal nuovo paradigma scientifico; vi ha introdotto anche un elemento autenticamente e francamente demoniaco, la volontà di potenza, e, nello stesso tempo, una visione strumentale e calcolante del "logos", all’insegna del celebre (e alquanto cinico) motto: «Knowledge is power», cioè «Sapere è potere». In un certo senso, Bacone è stato l’antesignano di quel rinnegamento del proprio passato che ancora oggi pesa, come un macigno, sulla cultura europea, nonché il convinto fautore di quell’oscuramento della coscienza morale che ha contribuito, in maniera probabilmente decisiva, a fare della scienza moderna quello che, sempre più, sta diventando: un meccanismo fuori controllo, che procede alla cieca, senza alcun fine, senza senso etico, collezionando successi apparenti e preparando catastrofi alle future generazioni, con la tipica arroganza intellettuale di un sistema chiuso e autoreferenziale, che pretende di bastare a se stesso e che non ammette alcuna critica da parte dei "non addetti ai lavori".
Bacone, in altre parole, ha avviato la scienza verso il totalitarismo scientista: e ciò sarebbe più che sufficiente a fare di lui una delle figure più negative nella storia del pensiero e della cultura europea.
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