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28 Luglio 2015Gesù ha compiuto numerosi miracoli. Questo è un fatto, attestato chiarissimamente dai Vangeli. Pertanto, se non si vogliono dichiarare apocrife tali testimonianze, il che equivale a dichiarare totalmente inattendibili i Vangeli stessi, e dunque impossibile qualunque discorso storico su Gesù, bisogna domandarsi che cosa significhino quei miracoli nel contesto della vita pubblica e della predicazione di lui.
Molti teologi moderni tendono a sorvolare sui miracoli di Gesù; anzi, diciamo meglio: ne sono francamente imbarazzati. Per la mentalità moderna, impregnata di razionalismo e di scientismo, il miracolo è, puramente e semplicemente, una impossibilità logica: dunque, uno scandalo. Ora, essi non vogliono considerare né la figura di Gesù, né la (eventuale) fede in lui, come scandalosa, bensì come perfettamente ragionevole. Sulla scia dei filosofi illuministi, come John Toland, i quali predicavano un cristianesimo ragionevole e senza misteri, i loro epigoni odierni vorrebbero accostarsi a Gesù senza scomodare il miracolo, perché, in ultima analisi, essi sono disturbati da qualunque discorsi sul soprannaturale.
Che, così facendo, si renda un pessimo servizio allo studio del problema; e che, naturalmente, si taglino le ali, in partenza, a qualunque prospettiva autenticamente religiosa — dato che il soprannaturale è l’essenza della categoria del religioso — a quei signori, evidentemente, non viene in mente; o, se ci pensano, ritengono che la cosa non sia essenziale. Hanno una idea tutta loro di ciò che Dio "debba" essere e parlano tranquillamente, come se non fosse una enormità logica, prima ancora che teologica, di "teologia negativa", se non anche di "morte di Dio" e di "umanità che deve far da sola", come se Dio non ci fosse (ma allora, che ci starebbe a fare?).
Quanto a Gesù, va bene accettare in lui il predicatore morale; va bene anche accettare il profeta: ma che egli sia stato, e che sia stato riconosciuto dai suoi discepoli e dai suoi contemporanei, anche come un taumaturgo e un esorcista: ebbene, questo proprio non riescono a mandarlo giù. Sono persone serie, loro: non tollerano l’idea di un maestro da baraccone, che raduna le folle in virtù dei suoi pretesi miracoli. Ciò ripugna non solo alla loro indole razionale, ma anche alla loro squisita sensibilità. Pensano che proclamarsi il Messia e compiere dei miracoli per dimostrarlo sia qualcosa di scorretto, poco meno che barare al gioco. Se Gesù era Dio, o riteneva di esserlo, non aveva bisogno di fare dei miracoli. Certo, che non ne aveva bisogno: il bisogno lo abbiamo noi. Ciò non toglie che, come egli disse a Tommaso, sono beati quelli che credono senza aver visto, perché credere dopo aver visto è cosa troppo facile: bastano i sensi, non diciamo la ragione, e sicuramente non c’è bisogno della fede.
No, signori teologi modernisti e progressisti: le cose non stanno così. Gesù faceva i miracoli per conferire autorità al proprio insegnamento: se non si ammette questo, tanto vale dichiarare falsi e menzogneri tutti e quattro i Vangeli, e chiudere ogni discorso sulla storicità di Gesù. Eppure, questo non significa che la fede in Gesù abbia bisogno dei miracoli, perché il suo insegnamento sarebbe sufficiente: significa, semplicemente, che la stragrande maggioranza degli esseri umani non crederebbero a qualcosa, se non vedessero dei segni. I miracoli sono appunto questo: dei segni del soprannaturale. Ed erano miracoli veri, quelli di Gesù: mettetevi il cuore in pace, cari teologi modernisti e progressisti. Non erano semplicemente delle buone imitazioni del miracolo, anche se è possibile, perfino probabile, che alcuni dei racconti evangelici che riferiscono quei miracoli, si basino, in realtà, su guarigioni assolutamente "naturali". Ma non tutti.
Questo è il punto: una parte dei miracoli di Gesù sono irriducibili alla categoria del naturale e rimandano, senza ombra di dubbio, a quella del soprannaturale. Perfino un cieco dalla nascita può aver ritrovato la vista, grazie ad uno shock psicologico provocato da Gesù; ma un uomo come Lazzaro, sepolto da quattro giorni e già in via di putrefazione, tanto da ammorbare l’aria con il suo puzzo, non torna in vita in maniera naturale. Per non parlare della Risurrezione di Gesù stesso, che non è stata, come per Lazzaro, il tornare in vita d’un corpo morto, ma la trasfigurazione luminosa di quel corpo e di quella vita.
Questo è quanto i Vangeli ci testimoniano, e noi non possiamo fare altro che accettarlo o rifiutarlo; se lo rifiutiamo, però, dobbiamo rifiutare anche il resto: non si può prendere solo quel che fa comodo ai propri schemi mentali. Chi fa questo non è intellettualmente onesto: perché lo storico è chiamato a interpretare i fatti, non a selezionarli secondo il suo punto di vista e la sua convenienza ideologica. E se la categoria del soprannaturale, su cui si basa la fede nel miracolo, fa scandalo alla nostra mentalità di uomini del terzo millennio, allora rinunciamo a fare storia del mondo pre-moderno: perché l’umanità, per migliaia di anni, ci ha creduto in maniera vivissima. Ci credevano le persone al tempo di Gesù e ci credeva Gesù stesso. O si entra in questa mentalità, oppure tanto vale buttar via i Vangeli. Ma allora buttiamo via anche la «Divina Commedia», San Francesco, Giotto, le cattedrali gotiche, Sant Tommaso, Michelangelo, Pascal, Bach, Manzoni, Kierkegaard, Tolstoj, Dostoevskij, Paul Claudel, e quasi tutto il passato storico, artistico, filosofico dell’Europa. Non è possibile comprendere uno solo di questi scrittori e pensatori, uno solo di questi fenomeni artistici e spirituali, se si prescinde dal fatto che le loro opere sono state, tutte, ispirate dal soprannaturale cristiano.
Molto pertinenti e ben ponderate ci sembrano le osservazioni svolte in proposito da Humphrey Carpenter nel suo libro «Gesù» (titolo originale: «Jesus», Oxford University Press, 1980; traduzione dall’inglese di Anna Colombo, Milano, Dall’Oglio Editore, 1980, pp. 75-80):
«I Vangeli dicono chiarissimamente che Gesù compiva miracoli; che guarì malati cronici, ridiede la vista ai ciechi e l’udito ai sordi, e persino riportò dei morti alla vita. Raccontano pure altri fatti contro-natura: come abbia calmato colla la parola una tempesta sul lago di Genezaret; come abbia camminato sulle acque, e abbia saziato migliaia di persone on pochi panucci e un ugno di pesci. Quale ha de essere il nostro giudizio su simili eventi? […]
Certamente, per ciò che riguarda le guarigioni miracolose di Gesù, molti dati rincalzano la teoria che i Vangeli si siano dilungati su Gesù liberante ossessi, perché questo soprattutto s’aspettavano da lui i primi cristiani. L’intrinseca natura del regno di Dio, del quale essi credevano che Gesù facesse parte, era tale, che la sua apparizione sulla terra "doveva" essere accompagnata da fenomeni di quel genere. Quando Dio si fosse manifestato nel mondo in tutta la sua potenza regale, egli avrebbe — così credevano gli ebrei — schiacciato ed espulso le potenze malefiche. […]
Quanto alle guarigioni miracolose, egli [lo storico moderno] per di più farebbe bene a guardarsi da quel tipo di razionalizzazioni a cui s’erano abbandonati alcuni scrittori del secolo scorso, insinuando per esempio che Gesù doveva avere una provvista segreta di droghe e d’unguenti misteriosi, con cui effettuava guarigioni prodigiose. Migliore e meno assurda, è ancora l’opinione che Gesù fosse in grado di capire quanti, fra quelli che invocavano il suo aiuto, fossero infermi psicosomatici, che potevano essere senz’altro risanati dalla propria fede nella cura, e nel potere del guaritore. Ma si poteva veramente dir questo, di tutti coloro che Gesù, a quanto si legge, avrebbe curato: epilettici, paralitici, lebbrosi, ciechi e sordi? […]
Uno storico […] onesto dirà che senza dubbio le storie dei miracoli includono, nella loro forma attuale, un ampio elemento d’elaborazione e d’invenzione, ma che alla loro base ci deve pur essere stato qualcosa di realmente accaduto. E avanzerà l’ipotesi che sia stato questo "qualcosa" — cioè l’aspetto di taumaturgo in Gesù, a dare autorità al suo insegnamento. La gente l’ascoltava per la meraviglia di ciò che faceva. Ma che cosa faceva? Che cosa avremmo visto, se ci fossimo trovati lì? Non ne abbiamo la minima idea, perché possiamo studiare l’accaduto durante il ministero di Gesù, soltanto attraverso quel che scrissero persone, con una visuale del tutto diversa da quella d’uno storico del 20° secolo. Gli ascoltatori di Gesù credevano in un Dio che, com’era intervenuto direttamente nella storia con azioni miracolose, così avrebbe fatto di nuovo; credevano in diavoli che, dal corpo umano in cui s’erano insediati, potevano essere scacciati da un messo di Dio; credevano che persone delegate da Dio, come il profeta Elia, avessero già resuscitato dei morti, sicché lo stesso poteva avvenire di nuovo. In altre parole, i loro presupposti erano interamente, pienamente diversi da quelli d’un razionalista moderno. Qualsiasi episodio del ministero di Gesù, essi lo videro sullo sfondo di tali presupposti, in base ai quali stesero i loro resoconti. Se noi fossimo stati presenti, saremmo forse giunti a conclusioni molto diverse, perché — dati i nostri presupposti -, avremmo parlato, non di miracoli, ma di cure psicosomatiche e del notevole fascino d’una personalità carismatica. Invece che eventi soprannaturali, avremmo visto reazioni di gente credente nel soprannaturale, e profondamente impressionata da un uomo che si comportava come se fosse un rappresentante di Dio.
Gesù pure, infatti, credeva a tutto questo: non dimentichiamolo! Non era, lui, un moderno razionalista; condivideva le credenze dei suoi contemporanei, e se essi credevano che egli potesse operare miracoli, è più che verosimile che anch’egli lo credesse. Il che non vuol dire che egli si presentasse in pubblico sempre e soltanto come taumaturgo; anzi, dalle testimonianze si direbbe quasi il contrario, perché non si dice mai che egli si sia dilungato a parlare dei miracoli, ma piuttosto che di solito tentava di persuadere la gente a tenerli segreti — "comandò loro molto strettamente che nessuno lo risapesse" (Marc 5, 43): è la reazione a lui tipica, dopo una guarigione miracolosa. Questo può esser dovuto, come crede Marco, a un semplice desiderio di Gesù di mantenere il segreto sulla sua prerogativa messianica (desiderio su cui Marco batte e ribatte, nel suo Vangelo); ma potrebbe anche significare che Gesù fosse il primo a sbigottirsi e a intimidirsi, di fronte al successo delle sue cure. Certo non sembra ch’egli abbia desiderato di far pubblicità ai suoi poteri; ma non per questo dovremmo supporre che egli diffidasse delle proprie cure, e forse non credesse neppure ad altri eventi miracolosi. Tutto ci porta a credere che, almeno per questo riguardo, il moderno razionalista l’avrebbe trovato insopportabile: colla sua fede nel soprannaturale, e per di più nei propri poteri miracolosi, un personaggio così totalmente radicato nel mondo ebraico e nel primo secolo, da non presentare la minima somiglianza con un protestante liberale del 20° secolo; certo "un uomo in pro degli altri", come qualche volta è stato definito, ma anche uno che si credeva il particolare rappresentante di Dio.
Possiamo infatti ritenere […] che egli non s’inalberasse a tutte le insinuazioni a chi vedeva in lui una specie di Messia, ma anzi ammettesse, sia pure soltanto col silenzio, d’essere stato in qualche modo incaricato specialmente, da Dio, di promuovere l’avvento del Regno. A quanto pare, egli rifiutava di riconoscersi nel Messia nazionale, politico; ma possiamo ben supporre che per descriversi abbia scelto la formula "Figlio d’uomo" appunto per l’ambiguità che ci lasciò perplessi quando cercammo di definirne l’esatto valore, quale titolo. […] Ma di questo non possiamo dubitare: ch’egli sentì d’avere con Dio un rapporto speciale, di messia o di figlio, che si manifestava in miracoli e dava possente autorità al suo insegnamento…»
Il fatto è che molti, troppi cristiani dei nostri tempi non possiedono neppure quel minimo di onestà intellettuale che è necessaria per confrontarsi con la cultura moderna senza patirne un vero e proprio complesso di inferiorità: per cui la loro principale preoccupazione consiste nel rimuovere dalla loro strada tutto ciò che potrebbe dispiacere a tale cultura, a costo di sacrificare non solo ciò che, nel cristianesimo, è — effettivamente – secondario, ma anche ciò che gli è essenziale.
La credenza nel miracolo non è essenziale, in senso teologico: eccezion fatta, naturalmente, per il miracolo per eccellenza: la Resurrezione di Cristo. Tuttavia, onestà vuole che, se Gesù ha compiuto numerosissimi miracoli, fra i quali parecchi esorcismi (sissignori, cari cristiani progressisti e modernisti: Gesù credeva nell’esistenza del Diavolo, fatevene una ragione o andate per la vostra strada), qualche ragione ci sarà pure stata. Ora, è ben vero che Gesù, dopo aver compiuto i miracoli, molto spesso imponeva ai presenti, severamente, di non raccontare nulla in giro; però, se li faceva, non possiamo certo immaginare che li facesse senza un motivo. Non voleva che la gente credesse nella sua parola solo perché aveva assistito ai miracoli; però desiderava che la gente credesse, e, se i miracoli potevano fornire un indizio della sua veridicità e affidabilità, vi faceva ricorso. Questo fa scandalo, ai credenti del terzo millennio? Tanto peggio per loro e per i loro complessi d’inferiorità…
Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio (Raffaello)