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26 Luglio 2013
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26 Luglio 2013Scrive Boris de Rachewiltz nel volume «Gli antichi Egizi» (Edizioni Mediterranee, Roma, 1987, pp. 104, 108-09):
«La musica nell’antico Egitto ebbe un posto assai preminente nelle attività sacre e profane: liturgia templare e canzoni del banchetto sono gli estremi cui, in una gamma infinita di "nuances", ‘essenza melodica di quel popolo ebbe modo di esprimersi.
Siamo purtroppo condannati ad una perpetua ignoranza dei motivi musicali poiché la notazione era sconosciuta e l’insegnamento procedeva per via orale. Né v’è da sperare in una "stele di Rosetta" musicale dato che, come ebbe ad osservare il Loeret, "non si è mai trovato un solo esempio di un cantante o di uno strumentista che porti, sia in mano sia attaccato al suo strumento, un rettangolo qualsiasi in legno o in papiro, da potersi considerare come uno spartito musicale."Gli studi di Hickman condotti sugli strumenti musicali preservati nei Musei e su copie di essi accuratamente eseguite ci consentono di avere qualche idea della qualità sonora dei singoli strumenti, delle gamme musicali ottenibili dai medesimi e indirettamente quindi nei confronti dea stessa musica egizia. Ma in quanto a ricostruzione di melodie l’impresa è assai più ardua, per non dire impossibile. Non potremo così riprodurre a nostro piacere gli antichi canti che accompagnavano le festose processioni nei viali ornati di sfingi, n le sensuali canzoni amorose accompagnate dal liuto, e neanche la musica guerriera che precedeva la marcia dell’armata faraonica in Nubia o in Palestina.
L’unica forma melodica sopravvissuta sino ai nostri tempi, pur se in forma corrotta, è rappresentata da alcuni canti di "fellahin", specie dell’Alto Egitto, e dei battellieri del Nilo.
Se della musica in se stessa poco ci è dato sapere, siamo invece ricompensati dalla dovizia di strumenti musicali che sono stati preservati sia in originale che nelle raffigurazioni plastiche e pittoriche. […]
Per rallegrare il defunto, o meglio il suo Ka, gli antichi egiziani riproducevano nelle tombe immagini di danzatrici e di musicanti la fui "essenza" veniva animata dalle formule magiche pronunciate dal Kheri-heb, il sacerdote-lettore. Così nell’intenzione scatologica, mentre i principi spirituali d’ordine superiore , quali il Ba e l’Akh, proseguivano il loro viaggio verso le sfere superne, nella tomba il "doppio" o Ka, vicino al corpo mummificato, continuava ad udire le musiche soavi e le dolci canzoni che lo avevano rallegrato da vivo. Anche la danza, come la musica, è classificabile in sacra e profana. Espressione di grazia e di ritmo, visibile traduzione delle nascoste leggi di armonia, questa manifestazione artistica risponde all’appagamento di uno degli istinti primordiali dell’uomo, quello di esternare, in forma tangibile, i propri sentimenti. La placchetta eburnea predinastica che riproduce l’immagine di un Faraone in atto di eseguire una danza sacra, il rito della "coesa attorno al muro" nella cerimonia d’incoronazione ed infine le strofe che plaudono al Faraone mentre danza per la dea Hathor, sono tutte testimonianze della importanza rituale che la stessa massima autorità dello Stato annetteva a siffatta manifestazione.
Ma sono soprattutto le aggraziate immagini delle danzatrici ad essere riprodotte nei vari affreschi e bassorilievi sepolcrali. Qui l’intento è diverso, poiché si tratta di rallegrare il defunto, ma la documentazione è di primaria importanza e permette l’individuazione di vari tipi di danze: lente, ritmate e profonde oppure vivaci e, in un certo senso, scanzonate, sino a quelle acrobatiche ed a quelle erotiche che rallegravano i banchetti o le riunioni di società. Accanto alle danzatrici sono riprodotte anche le direttrici della danza che, battendo le mani o schioccando le dita, imprimono la giusta cadenza. Il costume ha la sua importanza, poiché mette in risalto la grazia dei corpi e, nel caso delle danze per rallegrare gli ospiti durante qualche trattenimento,esso è ridotto al minimo e solo un minuscolo perizoma, una sottilissima cintura, cinge le reni delle giovanissime danzatrici.
L’arte d Tersicore fu dagli Egiziani chiamata Ib ed ebbe, quale determinativo geroglifico, una pedina del giuoco della dama volendo con ciò associare ad essa lo stesso raffinato piacere che veniva tratto dal giuoco.
Le grandi amministrazioni signorile organizzavano sovente recite con la partecipazione di famosi balletti e di rinomate cantanti di Menfi e il Faraone dal suo canto usufruiva degli spettacoli più vari e raffinati che un particolare ufficio, alle dipendenze di un "Maestro di tutti i piaceri del Sovrano", organizzava per riempire il tempo libero.
Dal punto di vista di una evoluzione dell’arte della danza non abbiamo sufficienti elementi che ci consentano la ricostruzione totale dei suoi aspetti nelle varie epoche, ma possiamo tuttavia identificare determinate tendenze che si manifestano nei periodi di maggior rilassatezza sopciale come dopo l’invasione degli Hyksos e durante il Nuovo Impero.
Anche il costume in tali periodi diviene più lascivo e raffinatamente erotico: al piacere immediato che proveniva dalla vista di giovani corpi, anche spogli di vesti, mentre eseguiscono passi di danza, si sostituiscono veli seducenti, monili, parrucche assai elaborate. Durante l’Antico e il Medio Impero non di radio e danzatrici portavano le capigliature alla moda maschile e, in altri caso, quella caratteristica che si prolunga in una lunga treccia terminante in una specie di palla.
A fianco della danza vera e propria un’altra forma d spettacolo sembra aver rallegrato gli antichi Egiziani: i "quadri viventi". Come più tardi alla corte di Francia, così alcuni millenni prima lungo e rive del Nilo, questa forma di divertimento sembra essere stata in ioga, specie nel Medio Impero. Fanciulle in costumi succinti sono raffigurate immobili mentre riproducono, nelle pose e negli atteggiamenti, soggetti il cui titolo è indicato dalla scritta geroglifica.»
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