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Il valore analogico della geometria secondo Cusano

Scrivono L. Cateni e R. Fortini nel testo «La Geometria per il Liceo classico e per il Liceo Artistico», Firenze, Felice Le Monnier, 1974, pp. 198-99):

«In molte delle precedenti letture ci siamo occupati del significato che i matematici e i filosofi greci dettero allo studio della geometria; e abbiamo fatto notare come la filosofia greca vedesse nella matematica un metodo deduttivo di interpretazione di verità esistenti in natura.

I pensatori dell’umanesimo, invece, pur partendo da premesse di carattere platonico o aristotelico, considerarono le dottrine geometriche come uno strumento ricerche metafisiche o teologiche. Si pensava, infatti, in quell’epoca, che la conoscenza matematica fosse l’unica via razionale capace di condurre alla rappresentazione dell’infinito e, quindi, a Dio.

Il cardinale Nicolò Cusano (1401-1464) nella sua opera "De docta ignorantia" sostiene che, seguendole normali vie della ogica umana basata sui principi aristotelici, non è possibile giungere alla conoscenza di Dio. Secondo Cusano, infatti, nell’infinito gli opposti coincidono, cioè l’essere si confonde col non essere, la causa con l’effetto, il principio con la fine.

Pertanto il principio di non contraddizione (A non è non A), che è valido solo nel nostro mondo finito, non ha più significato quando lo si applica al problema della conoscenza di Dio, cioè di un essere infinito.

Secondo Cusano, solo il pensiero matematico consente – per analogia – di dare una rappresentazione dell’infinito. Consideriamo, ad esempio, il rapporto dei due termini antitetici RETTA-CURVA nel caso della circonferenza e del diametro: se prendiamo in esame cerchi sempre più grandi, le relative circonferenze divengono sempre meno curve. pertanto, nel cerchio di diametro infinito (che egli chiama cerchio massimo), la circonferenza ha curvatura minima, cioè diviene una retta. Quindi nell’infinito il minimo coincide col massimo, la curva si identifica con la retta.

Analogamente Cusano mostra come, nell’infinito matematico, i termini opposti di punto e di figura, di unità e di numero si ritrovano l’uno nell’altro e, quindi, si implicano e si identificano.

Con ragionamenti di questo tipo, Cusano cerca di dimostrare, per analogia, che Dio è l’unità infinita che implica la totalità delle cose finite.»

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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