
L’essere si manifesta anche nello stormire di una fronda
31 Ottobre 2007
Esiste un progetto consapevole per strappare l’anima del mondo
31 Ottobre 2007Se l’essere umano è, come altrove abbiamo sostenuto, un "viandante con la doppia cittadinanza", quella del relativo e quella dell’Assoluto, ne consegue che il senso e l’essenza profonda della sua vita consiste in una continua ricerca dell’oltre, del proprio trascendimento ontologico. Egli è alla ricerca di segni che gli permettano di orientarsi, nella fitta foresta del relativo, verso l’Assoluto: è per questo non può accontentarsi di usufruire della superficie delle cose. In lui vi è una fame di qualche cosa d’altro, d un segno, appunto, che lo guidi verso il piano dell’Essere; ma non esiste un criterio di autenticità che gli permetta di distinguere i segni autentici da quelli falsi. Sente, tuttavia, di avere n sé una nostalgia e come una vaga reminiscenza dell’Essere e spera che essa possa aiutarlo nella sua ricerca, che possa svolgere la funzione di un filo di Arianna nel labirinto del molteplice e dell’illusorio.
Nell’articolo Un mondo ricco di significato è un mondo incantato che prega in ogni fibra abbiamo affermato che, se ogni cosa promana dall’Essere, che l’ha tratta dal nulla del non-essere, allora ogni cosa ha un senso, uno scopo; e che ogni cosa altro non è che una differente manifestazione di un unico movimento spirituale: la preghiera di lode e di ringraziamento. Le cose ringraziano l’Essere per il fatto di esistere e gli rendono lode perché nulla esiste fuori dell’Essere. Tutte le cose che esistono, esistono per pregare; e tutte le cose che pregano, levano in coro un’unica preghiera, quella rivolta all’Essere.
Al tempo stesso, abbiamo osservato (nell’articolo L’ultimo nemico ad essere sconfitto sarà la morte) che esiste una sola ma significativa eccezione in questo quadro generale, ed è costituita dalla persona: la parte autocosciente della creazione. L’essere umano, per quanto ne sappiamo, è – in quanto dotato di libertà – l’unico ente che possa rifiutarsi a questa legge universale; l’unico ente che possa rifiutarsi di pregare; l’unico che possa preferire la bestemmia, ossia il rifiuto dell’Essere e il rifiuto dell’Amore.
La conseguenza di quanto detto sopra è che, mentre tutte le cose del mondo non-umano pregano e, pregando, lasciano trasparire chiaramente dei segni che rimandano all’Essere, l’uomo è l’unica creatura che possa non lasciar trasparire alcun segno sul suo volto.
Avete ma osservato i volti degli operai che escono dalla fabbrica al termine della loro giornata lavorativa? Non esprimono semplicemente stanchezza, o stravolgimento, o esasperazione; esprimono soprattutto alienazione. Sono totalmente opachi, privi di segni. E, dal momento che tutto il mondo — oggi — tende a riprodurre i meccanismi alienanti e disumani della catena di montaggio, perfino nel cosiddetto tempo libero, sempre più ci vediamo circondati da volti inespressivi — specchi del nostro stesso volto -, totalmente chiusi alla dimensione della trascendenza e della speranza. Sono volti di-sperati, nel senso pieno dell’espressione; volti dai quali traspare tutta la disperazione di un orizzonte esistenziale che si è chiuso alla trascendenza e si è illuso di poter essere autosufficiente. "Siete come tutta la gente, tutta la gente che si incontra. Sul vostro viso non v’è nessun segno…", dice con amarezza Cristiane, la protagonista del dramma Le monde chassé (Il mondo in frantumi) di Gabriel Marcel.
E ancora:
"Tu non hai a volte l’impressone di vivere — se questo si può chiamare vivere — n un mondo in frantumi?Sì, in frantumi, come un orologio rotto. La molla non funziona più; in apparenza nulla è cambiato, tutto è a posto., Ma se si porta l’orologio all’orecchio, non si ode più nulla. Capisci: il mondo, ciò che noi chiamiamo il mondo, il mondo degli uomini… una volta aveva un cuore, ma si direbbe che questo cuore abbia smesso di pulsare."
Su questi volti spenti, opachi, inespressivi, disperati, noi cerchiamo invano un segno; oppure vi cerchiamo non un segno, ma piuttosto dei segnali — che sono tutt’altra cosa. Dei segnali di disponibilità sessuale, per esempio: spiandoli e fiutandoli con quel sesto senso del cacciatore che si è posto sulle tracce della selvaggina, pronto a sfruttare l sia pur minimo segnale di incertezza o debolezza da parte dell’altro. Vi sono dei filosofi moderni, come Jean Paul Sarte, che a questo riducono la possibilità di interazione fra gli esseri umani: un commercio sessuale, prevalentemente a sfondo sadico o masochista. Niente agape, niente philia: solo l’eros più brutale; per il resto, l’altro non è che una minaccia alla sfera della mia libertà. La conclusone logica d tale concezione è, in perfetta coerenza, che "l’Inferno sono gli altri".
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