Un’infamia operaia: i «battaglioni rossi» antizapatisti nel Messico del 1915
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La campagna di Limanowa-Lapanów (Dicembre 1914)

Dopo aver sgominato quattro armate austriache in una delle più grandi operazioni manovrate della prima guerra mondiale – la duplice battaglia di Lemberg, tra la fine di agosto e la metà di settembre del 1914 – le armate russe del granduca Nicola avanzano verso i Carpazi e verso la Slesia cone un rullo compressore. Cracovia, nodo strategico di primaria importanza della Galizia occidentale, sta per essere investita e, di lì, la via verso Praga sembra schiudersi all’invasore, con grande fermento degli ambienti nazionalisti céchi. Ma in dicembre gli Austriaci, che sembravano irrimediabilmente battuti, contrattaccano con inaspettato vigore e riescono a bloccare l’avanzata russa nell’unica importante battaglia vittoriosa in cui si trovano ad agire senza l’appoggio dell’alleato tedesco.

I N D I C E

1. IL PIANO AUSTRIACO, p. 2.

2. DISPOSIZIONE DELLE TRUPPE, p. 4.

  1. L’ATTACCO DELLA QUARTA ARMATA AUSTRIACA A LIMANOWA, p.7.

  2. L’OFFENSIVA DELLA TERZA ARMATA AUSTRIACA NEI BESCHIDI, p. 9.

  3. LA VITTORIA AUSTRIACA, p. 12.

  4. L’ESAURIMENTO DELL’OFFENSIVA AUSTRIACA, p. 15.

  5. LA CONTROFFENSIVA RUSSA, p. 17.

  6. STABILIZZAZIONE DEL FRONTE, p. 19.

  7. CONCLUSIONI, p. 22,

NOTE, p. 25.

  1. [IL PIANO AUSTRIACO.**

Verso la fine del novembre 1914 la situazione austriaca a sud della Vistola si era fatta quanto mai minacciosa: i Russi, avanzando come il "rullo compressore" tanto caro alla propaganda bellica dell’Intesa, erano arrivati a ridosso di Cracovia e premevano sui Carpazi, verso la Pianura Ungherese. Al tempo stesso, però, la posizione delle armate del generale Ivanov sembrava offrire il destro per una grande contromanovra ispirata, al solito, al concetto di una doppia manovra avvolgente. Stratega certamente audace e incline ai piani grandiosi, anche se soverchiamente tecnico e poco sensibile alla dimensione psicologica di soldati e comandanti, Conrad von Hötzendorf intravide prontamente la sostanziale precarietà della posizione strategica russa a sud della Vistola, originata dal fatto che le armate zariste erano troppo sbilanciate in avanti e prive di buone posizioni difensive naturali. Da una parte, a nord, la Terza Armata premeva minacciosamente su Cracovia e si era spinta fin oltre Grabie e a ridosso di Wieliczka, a soli 13 chilometri dalla piazzaforte; dall’altra, a sud, l’Ottava Armata si era addentrata pronfondamente nelle valli e nei passi dei Carpazi. Essa aveva superato dappertutto la cresta della catena principale, nel tratto formato dai Bassi Beschidi, fra il passo di Tylicz e il Passo di Lupków, col Passo di Dukla quasi al centro; Bartfeld (Bardejov), nella valle del Tapoly (Topl’a), Sztropkó (Stropkow) in valle Ondava, e Ökröske in val Laborcza (Laborec) erano cadute in mano ai Russi. In tal modo il generale Brusilov, controllando la strada per Eperjes (Prešov) e l’importantissima ferrovia di Mezölaborcz (Medzilaborce) adducente ad Homonna (Humenné), era in grado di portare la guerra nel cuore della Slovacchia e in Ungheria, né si frapponeva più alcun grande ostacolo naturale al suo sbocco in pianura.

Tuttavia la minaccia immediata veniva dalla parte della Vistola, davanti a Cracovia, dove la vicinanza di un obiettivo di primaria importanza e il terreno pianeggiante, favorevole alla manovra, poneva in una situazione criticissima tutto lo schieramento austriaco nella Galizia occidentale. In realtà la Stawka (il Comando Supremo russo), considerando il grave stato di esauriemto delle truppe e, soprattutto, la penuria di munizioni e materiali, aveva già deciso una sospensione di tutte le operazioni offensive e l’arretramento del fronte. Inoltre, nel Consiglio di guerra tenutosi a Siedlec, in Polonia, il 29 novembre, venne decisa una ritirata parziale sulla riva destra della Vistola. Questo particolare è stato confermato anche dal generale Danilov, primo collaboratore del Capo di Stato maggiore, Janushkević, in una pubblicazione posteriore.

Proprio la necessità di allontanare il pericolo da Cracovia, che per gli Austro-Ungarici aveva un’importanza decisiva, e l’opportunità di sfruttare a proprio vantaggio la profonda ma incauta avanzata russa nei Carpazi, offrironoa Conrad il nucleo essenziale dello schema d’operazioni per la progettata campagna. Egli contava infatti di urtare frontalmente con la Quarta Armata l’avversario avanzante sulla piazzaforte, per poi sorprenderlo con una offensiva attraverso i Carpazi, mediante la Terza Armata. Era, sotto certi aspetti, un’anticipazione di quella che sarà la campagna di Tarnow-Gorlice, che partirà dai medesimi presupposti differendone solo, in parte, nei modi d’esecuzione. Conrad von Hötzendorf ignorava la decisione, già presa al Comando Supremo russo, di arretrare le proprie armate in Galizia; ma, anche se ne fosse stato a conoscenza, egli avrebbe probabilmente affrettato i preparativi dell’offensiva, nell’intento di chiudere i Russi in una morsa a occidente del Dunajec. Il compito decisivo delle operazioni incombeva all’ala destra della Quarta Armata, negli Alti Beschidi. Il concetto di far agire a massa la Terza Armata sul fiancoe il tergo avversari, sboccando dai monti, per portare la decisone, non sarebbe maturato nel Capo di Stato Maggiore austriaco che in un secondo momento, a battaglia già incominciata.

La regione in cui doveva aver luogo l’avanzata austro-ungarica era peraltro inadatta alla manovra perché montuosa, povera di vie di comunicazione; e la stagione era quella invernale. L’ala sinistra della Quarta Armata era attestata nella valle della Vistola, su un terreno collinoso a est di Cracovia; il centro era nella regione collinare davanti a Myslenice, a cavallo della Rab; la destra si trovava schierata in una regione montuosa, gli Alti Beschidi, che a nord di Limanowa superano i 1.000 metri s. l. m. (Mogielica, 1.170 m.); la neve era alta e il freddo intenso. Esistevano due linee ferroviarie nella Galizia occidentale al di qua del Dunajec: la Cracovia-Bochnia-Tarnów, che proseguiva fino a Przemyś (ov’era assediata la guarnigione del generale Kusmanek) e Lemberg; e, più a sud, la Limanowa-Neu Sandec-Gorlice, addossata alle pendici dei Carpazi, che più a ovest si diramava per Cracovia e per Zakopane, nei Tatra.Questa seconda ferrovia, che ai fini dell’offensiva doveva servire maggiormente agli Austriaci, era però di scarsa potenzialità e non consentiva rapidi ed efficienti spostamenti di truppe. Inoltre le comunicazioni trasversali, che sono lo strumento indispensabile di qualsiasi operazione strategica per linee interne, dovevano fare capo esclusivamente al tronco Cracovia-Chabówka, poiché il secondo tronco trasversale, fra Tarnów e Stróze, si trovava già nelle retovie della Terza Armata russa. La rete delle vie di comunicazione dei Carpazi, poi, era decisamente insufficiente, e la situazione era aggravata dal fatto che non solo i passi, ma anche i tratti superiori delle valli adducenti all’Ungheria erano nelle mani dell’avversario.

  1. [DISPOSIZIONE DELLE TRUPPE.**

Il fronte austriaco a nord della Vistola era tenuto dalla Seconda Armata del generale Böhm-Emolli e dalla Prima Armata del generale Dankl; fra l’una e l’altra era schierato il Corpo Woyrsch, formato da truppe tedesche. Tali forze non parteciparono direttamente alla battaglia, pur trovandosi le ali interne della Prima e della Quarta Armata appoggiate alle opposte sponde del fiume. A sud della Vistola la Quarta Armata austro-ungarica dell’arciduca Giuseppe Ferdinando era distesa davanti a Cracovia (dov’era appoggiata attivamente dalla guarnigione della fortezza) fino a sud di Mszana, nella valle superiore della Raba. L’ala sinistra della Quarta Armata, nella valle della Vistola, era costituita dal gruppo Křitek; il centro, presso Myslenice, dal Gruppo Ljubičić; la destra, incaricata della principale manovra avvolgente su Limanowa, dal Gruppo Roth. Il generale russo S. Andolenko ha scritto che la Quarta Armata austro-ungarica, per la battaglia di Limanowa, venne rinforzata dal XXIV Corpo d’Armata germanico, ma tale affermazione non risponde a verità. Il Comando Supremo tedesco del fronte orientale, per aiutare Conrad nella progettata offensiva, poté solamente cedergli – su sua espressa richiesta – una Divisone, la 47.a di riserva, ciò che è confermato da tutte le altre fonti. (1)

A sud di Limanowa e a est di Neu Sandec il fronte austro-russo formava un gomito, allungandosi attraverso i Beschidi e i Carpazi Selvosi fino alla Bucovina; in realtà, esisteva un’ampia breccia negli Alti Beschidi, fra l’ala destra della Quarta Armata austriaca e l’ala sinistra della Terza. Quest’ultima si manteneva aggrappata al terreno nelle valli del Tapoly, dell’Ondava, della Laborcza e della Virava, attraversate dalle uniche strade della regione che conducevano ad Eperjes ed Homonna. L’ala sinistra della Terza Armata, tra Bartfeld ed Eperjes, era costituita dal Gruppo Szurmay, il centro dai Corpi d’Armata IX, III e VII; l’ala destra, in Val Laborcza, dal Gruppo Krautwald.

Ancora più ad oriente, nei carpazi Selvosi e fino oltre il Passo di Jablonica (Tataren), l’immenso fronte montano non era attraversato da una linea di combattimento continua: colà il Distaccamento d’Armata Pflanzer-Baltin conduceva una guerriglia mobile, mantenendo ancora il possesso della cresta principale; esso venne rinforzato, il 12 dicembre 1914, dal Gruppo Czermak.

Delle Armate austriache Quarta e Terza, che condusserom la campagna di Limanowa-Lapanów, furono poste gradatamente in azione 13 divisioni di fanteria e 4 divisioni di cavalleria. Poiché le unità austro-ungariche, nel dicembre 1914, avevano i propri effettivi grandemente assottigliati, si trattava nel complesso di soli 90.000fucili, che scendevano a 80.000 considerando che l’ala destra della Terza Armata, la più lontana dal settore cruciale della battaglia, non poté far sentire il proprio peso in misura efficace se non il 12 dicembre,

Da parte russa, a nord della Vistola la Quarta Armata del generale Evert era contrapposta alla Seconda Armata austriaca e al Corpo Woyrsch, e la Nona Armata del generale Lečitzkij faceva fronte alla Prima Armata austriaca. A sud della Vistola, la Terza Armata del generale Radko-Dimitriew fronteggiava la Quarta Armata austriaca sulla linea Grabie-Wieliczka-Wisńiowa-Dobra, e l’Ottava Armata del generale Brusilov era impegnata contro la Terza Armata austriaca nei Carpazi. Nella Foresta Carpatica orientale, il Gruppo russo Dniestr era contrapposto al Distaccamento d’Armata Pflanzer-Baltin. Infine l’Undicesima Armata russa del generale Selivanov assediava Przemyśl, copriva Lemberg e inviava aliquote contro le truppe del Pflanzer-Baltin.

La Terza Armata russa manteneva il X Corpo d’Armata sulla riva nord della Vistola; a sud di essa, l’ala destra era costituita da metà dell’XI Corpo. Il centro era formato dal IX e dal XXI Corpo, e l’ala sinistra dall’altra metà dell’XI Corpo. L’Ottava Armata schierava 3 divisioni di cavalleria (la 3.a, la 10.a e l’11.a) sull’ala destra, il XXIV e il XII Corpo al centro, e l’VIII Corpo sull’ala sinistra. La Relazione Ufficiale austriaca valuta che alla campagna di Limanowa-Lapanów parteciparono da 11 a 13 divisioni di fanteria e 4 divisioni di cavalleria delle Armate russe Terza e Ottava, non comprendendo il XXIV Corpo d’Armata. Anche gli effettivi russi erano scheletrici, ma poiché le divisioni russe erano più grandi di quelle austriache, in realtà il generale Ivanov potè disporre, nel corso della battaglia, di 110 o 120.000 fucili, sempre escludendo dal computo il XXIV Corpo e non considerando i complementi eventualmente fatti affluire nel corso della battaglia. Il rapporto numerico fra Austriaci e Russi a Limanowa fu dunque di 2 a 3 a favore dei secondi. (2)

È degno di rilievo che su quello stesso teatro di guerra austro-russo, che nell’agosto-settembre aveva visto in campo circa un milione di combattenti da ciascuna delle due parti, già alla fine di novembre le perdite erano state così enormi che non restavano più in campo, sul fronte principale a sud della Vistola, che 200.000 uomini in tutto fra i due opposti schieramenti. Se le risorse umane fossero state il fattore decisivo sul piatto della bilancia, indubbiamente l’Austria-Ungheria, prima di Natale, avrebbe già perso la guerra. Già al principio di novembre l’ambasciatore francese a Pietroburgo, Maurice Paléologue, ammoniva: "On peu considérer que l’armée autrichienne est anéantie. Ses debrits son poursuivis à outrance dans les défilès des Carpathes." (3)

Era però un giudizio affrettato, e i fatti lo avrebbero smentito. I Russi, che pure disponevano di riserve umane quasi inesauribili, erano di fatto in condizioni peggiori dei loro avversari, perché non avevano più dotazioni di materiale per armare non già i complementi, ma le stesse truppe di campagna. In una guerra moderna, dove la quantità e l’efficienza delle armi prevalgono nettamente sul numero dei combattenti (e in questo senso Limanowa fu forse l’ultimo episodio della guerra "vecchio stile"), i Russi erano destinati a soccombere per le loro penose insufficienze nella produzione bellica; e tanto più rapidamente, quanto più i Tedeschi accorrevano in soccorso degli Austriaci. L’esercito di Francesco Giuseppe era effettivamente, dal punto di vista numerico, quasi annientato; ma l’esercito russo mancava di tutto: fucili, munizioni, artiglieria e, non potendo sostituire in misura adeguata il materiale consumato, si trovava davanti al dilemma: tenere in linea degli effettivi insufficienti, oppure mandare al fronte le divisioni di riserva senz’armi. La situazione, ormai, non poteva che deteriorarsi sempre più, dal momento che, dopo l’entrata in guerra della Turchia e la chiusura degli Stretti, vennero recisi i canali di cui si erano fino ad allora servite le Potenze occidentali dell’Intesa per rifornire il loro alleato russo. La rotta per Arcangelo e Murmansk era ostacolata dai ghiacci, oltre che insidiata dai sommergibili tedeschi; e quella per Vladivostok, oltre a costringere le navi alleate a compiere un mezzo periplo del globo terracqueo, rendeva poi necessario il lunghissimo spostamento delle merci attraverso tutta la ferrovia transiberiana, a un unico binario; viaggio che poteva richiedere settimane e perfino mesi.

Anche dal punto di vista puramente numerico, comunque, l’esercito russo si era enormemente indebolito nel corso di quattro mesi di campagne estremamente sanguinose. Scrive infatti il generale Danilov che "i reggimenti della Terza Armata non contavano più che 1.200-1.600 baionette in luogo dell’effettivo normale di 3.000; l’Armata del generale Lečitzkij comprendeva dei reggimenti ridotti a 400 uomini, raggruppati in un solo battaglione. La situazione era la stessa nell’Armata del generale Brusilov." (4)

  1. [L’ATTACCO DELLA QUARTA ARMATA AUSTRIACA A LIMANOWA.**

Il 1° dicembre il Gruppo del generale Roth (XIV Corpo d’Armata) arrivò nella zona fra Chabówka e Mszana, sulla ferrovia pedemontana dei Carpazi, nella valle della Raba: doveva essere quella la sua base di partenza per l’offensiva su Limanowa. Conrad aveva chiesto a Hindenburg, alla fine di novembre, una divisione tedesca di rinforzo, ma la 47.a Divisione di riserva, che gli era stata inviata, era ancora in fase di trasferimento. Come data per l’attacco venne deciso il 3 dicembre, e vennero confermati i compiti già stabiliti in linea generale. Al generale Roth toccava l’operazione principale, ossia l’avvolgimento dell’ala sinistra di Radko-Dimitriew; a sua volta Boroević avrebbe dovuto prendere l’offensiva dal fronte dei Carpazi verso la Galizia, alla scopo di vincolarvi tutta l’Ottava Armata russa e impedire a Brusilov di portar soccorso alla Terza Armata verso Limanowa. Questo piano iniziale sarebbe stato modificato in misura notevole nel corso della campagna.

Al principio di dicembre avvenne, però, un fatto inatteso, e cioè una energica ripresa delle operazioni offensive dell’Ottava Armata russa nei Carpazi. Il centro e l’ala sinistra della Terza Armata austriaca vennero attaccati a Homonnaolyka e nella valle della Laborcza oltre Ökröske, disorientando il Comando Supremo austriaco che si credette preso sul tempo. Mai, come in quel dicembre del 1914, i Russi erano avanzati così profondamente traverso i Carpazi fin quasi ai bordi della Pianura Ungherese, e mai dopo d’allora avrebbero avanzato tanto. La situazione appariva così compromessa e la Terza Armata austriaca talmente logorata che il suo comandante, generale Svetozar Boroević, in caso di una ulteriore offensiva russa avrebbe voluto ripiegare addirittura su Kaschau, ciò che avrebbe portato i Russi ai margini della fertile pianura sottostante e a breve distanza da Miskolc, la "porta" di Budapest. Però tale arretramento, proposto dal Comando della Terza Armata al Comando Supremo di Teschen, fu da quest’ultimo rifiutato.

Il 3 dicembre incominciò l’offensiva della Quarta Armata austro-ungarica contro la Terza Armata russa. Il giorno stesso le truppe di Radko-Dimitriew vennero forzate ad evacuare Timbark, a una decina di chilometri da Limanowa; la cavalleria austriaca si spinse, per Lososina, fino a Limanowa, penetrandovi in giornata. Il giorno 4 essa si diresse verso Bochnia e Neu Sandec. Mentre il gruppo avvolgente del generale Roth ottenne discreti successi iniziali, l’ala destra ed il centro della Terza Armata russa rimasero inattivi fino al mattino del 4; nel pomeriggio, accentuandosi la minaccia di avvolgimento da sud-ovest, anch’essi parteciparono alla violenta battaglia. Il 5 dicembre, essendosi ormai rivelato l’obiettivo dell’offensiva austriaca, i Russi presero le prime importanti contromisure, avviando rinforzi verso Bochnia e Neu Sandec; nello stesso tempo il generale Brusilov eseguì il trasferimento dell’VIII Corpo d’Armata dall’ala sinistra alla destra della sua Ottava Armata, dirigendolo verso la breccia creatasi fra le Armate austriache Terza e Quarta: direzione assai sensibile per l’avversario, giacché minacciava di far cadere l’VIII Corpo sul Gruppo Roth e paralizzare, così, la branca avvolgente della Quarta Armata.

Il 6 dicembre la forza d’urto delle truppe dell’arciduca Giuseppe Ferdinando andò scemando – a dispetto del tempestivo invio di rinforzi disposto da Conrad – su tutto il fronte, e specialmente sull’ala destra avvolgente. Il 7 gli Austriaci raggiunsero la linea Gdow-Grabie, spingendo avanti il centro e l’ala sinistra, ma vedendo rallentata proprio l’avanzata dell’ala destra. Infatti l’VIII Corpo russo, avanzando su Rajbrot (a sud-est di Lapanów), minacciava di scendere nella valle della Lososina e di investire il Gruppo Roth.

Furono giornate di lotte incerte e sanguinose; la Terza Armata russa, sotto la spinta iniziale del Gruppo Roth, aveva dovuto arretrare la sua ala sinistra fronte a sud, talché l’intera armata era schierata adesso ad angolo retto. Vedendo minacciato il suo XIV Corpo, Conrad pensò di stornare il pericolo ordinando alla terza Armata una immediata ripresa offensiva nei Carpazi e, alla Prima Armata, l’invio di rinforzi alla Quarta, oltre la Vistola.

Il giorno 9 la battaglia continuò indecisa. La sinistra di Radko-Dimitriew teneva il suo terreno davanti al Gruppo Roth, benché fortemente premuta, con l’intento di consentire un ordinato ripiegamento dell’ala destra davanti a Cracovia. Fino a quel momento la Quarta Armata austro-ungarica aveva catturato 10.000 prigionieri, respingendo la Terza Armata russa, ma senza riuscire a batterla in maniera decisiva. Dal canto suo, il generale Ivanov trasse dalle Armate contigue Nona e Ottava ben quattro corpi d’armata e mezzo, avviandoli nel settore critico della battaglia. Gli Austriaci, comunque, pensavano che Radko-Dimitriew stesse facendo arretrare il grosso della sua Terza Armata, e all’alba del 10 rimasero assai sgradevolmente sorpresi da un ritorno offensivo avversario tra la Vistola e la strada Lapanów-Mukowcka.

In quella occasione si vide la grande efficacia dell’artiglieria, il cui bombardamento stroncò l’attacco russo. Tuttavia la Quarta Armata austriaca non sembrava in grado di venire a capo, in tempi brevi, delle forze che la fronteggiavano; e Conrad, pur continuando la manovra avvolgente del Gruppo Roth, fece rinforzare lo schieramento dell’arciduca Giuseppe Ferdinando col XVIII Corpo, tratto dalla Prima Armata del generale Dankl. Al tempo stesso, il capo di Stato Maggiore austriaco chiese un deciso e tempestivo intervento della Terza Armata, la cui inerzia già aveva consentito a Brusilov di spostare l’VIII Corpo su Rajbrot, minacciando così il Gruppo Roth.

4. [L’OFFENSIVA DELLA TERZA ARMATA AUSTRIACA NEI BESCHIDI.**

La decisione di Conrad di spingere all’attacco la Terza Armata, non dovette essere presa senza dubbi e perplessità. Il fatto che il Comando di quell’armta avesse appena manifestato l’intenzione di ripiegare, se necessario, fino a Kaschau, indicava chiaramente che esso non era nell’ordine di idee auspicabile per chi debba intraprendere una difficile offensiva su un terreno montano gelato, povero di strade, lanciando all’attacco quelle stesse divisioni che soltanto pochi giorni prima erano state battute dai Russi. Oltre a ciò, esistevano molti fondati dubbi sull’efficienza combattiva delle truppe della Terza Armata di nazionalità slava, che già nella precedente ritirata avevano dati una sconfortante dimostrazione di sfaldamento, e parte delle quali aveva disertato. D’altra parte occorreva por rimedio all’intervento dell’VIII Corpo russo nella battaglia, e vincolare sui monti l’Ottava Armata di Brusilov, per impedirle di portar soccorso a Radko-Dimitriew. Infine, un’avanzata nei Beschidi avrebbe reso possibile dare la mano la Gruppo Roth oltre Limanowa, e al tempo stesso minacciare le comunicazioni dell’avversario verso est. Tutte queste ragioni indussero Conrad a sollecitare insistentemente l’intervento della Terza Armata, non senza aver dovuto prima affrontare un difficile problema di ordine strategico.

Avendo infatti domandato il Boroević se l’attacco della sua ala sinistra dovesse svilupparsi dapprima su Bartfeld, indi su Neu Sandec, ovvero direttamente su quest’ultima cittadina (come sembrava avergli chiesto il Conrad) il Comando Supremo, che non disponeva ancora di un quadro completo della situazione, si decise a rispondere che l’attacco doveva iniziare su Bartfeld. Fu una decisione affrettata, perché un’avanzata diretta su Neu Sandec avrebbe probabilmente sortito l’effetto di far crollare la resistenza dell’ala sud di Radko-Dimitriew, o quanto meno di stornare la minaccia dell’VIII Corpo russo dal Gruppo Roth. Tuttavia, come fa notare la Relazione Ufficiale austriaca, il 7 dicembre non era ancora possibile valutare con esattezza tutti questi fattori, che sarebbero emersi solo più tardi.

Il generale Boroević ricevette l’8 dicembre l’ordine di attacco immediato dal Comando Supremo; il 6 e il 7 la sua ala destra (Gruppo Krautwald) aveva già dato segni d’attività, effettuando attacchi dimostrativi nella valle della Laborcza. Per prima cosa, il mattino dell’8 dicembre Boroević radiotelegrafò al generale Kusmanek, chiuso in Przemyśl dall’assedio dell’Undicesima Armata russa, al fine di sincronizzare il proprio attacco nei Carpazi con una contemporanea sortita della guarnigione che, come quella della piazza di Cracovia, partecipava attivamente alle operazioni dell’esercito di campagna.

Numericamente la guarnigione di Przemyśl era anche troppo forte, poiché contava 68 battaglioni, quattro batterie mobili (ma su un totale di quasi 1.000 pezzi), 43 compagnie di artiglieria da fortezza, 52 reparti di artiglieria di landsturm e 8 compagnie zappatori. Il prolema più pressante degli assediati, come si può facilmente immaginare, era pertanto quello degli approvvigionamenti. Kusmanek aveva già effettuato delle sortite, il 15 e il 21 novembre, nelle giornate drammatiche in cui l’Ottava Armata russa scendeva lungo i Carpazi facendo un enorme bottino, principalmente allo scopo di impedire che aliquote dell’Undicesima Armata del generale Selivanov potessero andare a rinforzare la minacciosa avanzata di Brusilov, determinando un tracollo forse decisivo. Boroević chiese adesso a Kusmanek di rinnovare le sortite, sia per alleggerire il più possibile il compito della sua Terza Armata, sia per evitare un rafforzamento dell’avversario lungo il proprio fronte di avanzata.

Nel primo mattino dell’8 dicembre la Terza Armata austro-ungarica incominciò l’offensiva nei Bassi Beschidi con un triplice obiettivo: Bartfeld in val Tapoly, Sztropkò in valle Hoczanka (alta Ondava) e Ökröske in val Laborcza. Quella sera stessa, però, aggravandosi la minaccia dell’VIII Corpo russo, Conrad comprese di aver commesso un errore ordinando l’attacco dell’ala sinistra della Terza Armata su Bartfeld; occorreva, al contrario, serrare verso ovest al fine di ristabilire un contatto con la Quarta Armata, per agire in stretto collegamento con essa. In tal senso il capo di Stato Maggiore austriaco comunicò le proprie istruzioni al comandante della Terza Armata. Boroević, dunque, ebbe ordine di spostare più a nord-ovest la propria ala sinistra; e, per il caso che i Russi – vedendo minacciate le proprie linee di comunicazione – avessero arretrato su Zboró (Zborow) – d’irrompere direttamente su Neu Sandec, impadronendosi dei ponti sull’alto Dunajec (Poprad), interrompendo così le comunicazioni fra la Terza e l’Ottava Armata russe. Il Gruppo Szurmay, che – secondo le istruzioni ricevute dal Comando Supremo – aveva intrapreso, il 7 dicembre, l’offensiva verso Bartfeld, fu perciò deviato su Neu Sandec, verso le valli superiori della Biała e della Kamienica, al limite fra Alti e Bassi Beschidi.

Da parte russa, l’entrata in azione della Terza Armata austriaca indusse il generale Ivanov a prendere tutta una serie di notevoli contromisure. Anzitutto, per impedire all’avversario di far affluire rinforzi dalla Polonia sud-occidentale, fu prescritta un’offensiva dimostrativa delle Armate Quarta e Nona contro la Prima e la Seconda austriaca e il Corpo tedesco Woyrsch, ciò che avrebbe – fra l’altro – reso possibile il trasporto di tutto il X Corpo di Radko-Dimitriew sulla riva destra della Vistola, ciò che fu ordinato al Comando della Terza Armata il 9 dicembre. Dal canto suo, l’Ottava Armata doveva sostenere la Terza con la propria ala destra e, al tempo stesso, fronteggiare la minaccia della Terza Armata austriaca, contrattaccandola qualora essa fosse riuscita a superare le montagne. Infine l’Undicesima Armata doveva sostenere il Gruppo Dniester nella Foresta Carpatica orientale, poiché si pensava che un successo sul Distaccamento d’Armata Pflanzer-Baltin avrebbe costretto l’avversario ad alleggerire la pressione nei Beschidi da parte del Boroević, costringendolo ad inviare rinforzi oltre la linea Baligród-Taksány. Contemporanamente, l’investimento della piazzaforte di Przemyśl doveva essere stretto quanto più possibile, rendendo impossibile qualsiasi velleità della guarnigione di tentare delle sortite. Inoltre il generale Ivanov chiese al proprio Comando Supremo un rinforzo di 2 corpi d’armata o, almeno, l’autorizzazione ad effettuare un parziale ripiegamento a nord della Vistola, in modo da poter disporre di forze più concentrate.

La Stawka, angosciata per l’esito della battaglia che si stava combattendo, proprio in quei giorni, sulle rive della Bzura, non concesse alcun rinforzo alle armate del fronte sud-occidentale. Del pari rifiutò di autorizzare l’arretramento proposto in alternativa dal generale Ivanov, dal momento che – in precedenza – essa aveva già considerato l’opportunità di un ripiegamento destinato, appunto, ad accorciare il fronte divenuto troppo esteso per le scheletriche divisioni russe; né le armate del fronte sud-ovest sembravano in condizioni di poter sopportare lo sforzo di una estenuante battaglia invernale.

Il 9 dicembre la Terza Armata di Boroević ottenne una serie di successi su tutto il frone dei Beschidi. Ad ovest il Gruppo Szurmay occupò Nowa Wies e Czyrna, nella valle superiore della Kamienica, a sud-est di Neu Sandec; al centro il III Corpo d’Armata s’impadronì di Bartfeld e il VII di Sztropkó. Anche sull’estrema ala destra la terza Armata fece dei progressi; i Russi abbandonarono Ökröske senza combattere, e il Gruppo Szurmay prese Felsöalmad e Telepócz, fra le valli della Virava e della Cziróka.

Il Comando Supremo, però, era fortemente amareggiata contro la Terza Armata, che a suo parere procedeva con soverchia lentezza e non sapeva profittare del notevole indebolimento dell’Ottava Armata russa. Brusilov, effettivamente, aveva potuto ritirare dai Beschidi anche il suo XXIV Corpo d’Armata, al centro del proprio schieramento, per inviarlo in soccorso di Radko-Dimitriew che stava attraversando delle ore critiche. Ne conseguiva che l’Ottava Armata russa, che appena due settimane prima si era affacciata sulla Pianura Ungherese, seminando tanto spavento, al momento non poteva disporre che del XII Corpo d’Armata e di 3 divisioni di cavalleria su di un fronte molto esteso, più l’VIII Corpo che si stava affrettando da Rajbrot su Limanowa.

In realtà l’Ottava Armata stava ripiegando su tutta la linea, attraverso i Passi dei Carpazi, lungo il versante galiziano: tale movimento era velato solo da modeste unità di retroguardia, ed è fuori di dubbio che se la Terza Armata austriaca le avesse premute con maggior vigore, avrebbe potuto raggiungere risultati notevoli. Bisogna però riconoscere che le grandi difficoltà del clima e del terreno ostacolavano una rapida avanzata, molto più di quanto Conrad – chiuso nel suo ufficio e lontano dal fronte – potesse immaginare.

Aspramente biasimato dal Conrad, comunque, Boroević a partire dal giorno 9 impostò con maggior vigore tutta l’azione della propria armata, spronando anche i suoi comandanti di corpo d’armata a mantenere un contegno offensivo più energico e determinato.

Il 10 dicembre il Gruppo Szurmay, forte di 20 battaglioni, 7 squadroni e 6 batterie, occupò Nawojówka sulla bassa Kamienica, quasi alle portedi Neu Sandec. Quel giorno le truppe di Boroević avanzarono anche a Ladomérmezö, a pochi chilometri dal passo di Dukla, sulla strada Stropkó-Dukla; sull’ala destra il Gruppo Krautwald guadagnò terreno nella valle della Laborcza.

Contemporaneamente il generale Kusmanek effettuava una sortita, secondo quanto richiestogli dal Boroević, fuori della piazza di Przemyśl. Tale sortita venne condotta con forze notevoli: 19 battaglioni e 3/4, 2 squadroni e 15 batterie: un contingente paragonabile al gruppo Krautwald della Terza Armata, ma più dotato in fatto di artiglieria. Dopo un breve successo iniziale, però, il giorno 10 Kusmanek decise d’interrompere il tentativo e rientrò nella fortezza, dietro la protezione dei reticolati e delle batterie pesanti.

Negli stessi giorni si svolgeva una guerriglia, con alterne vicende, più lontano verso est, nella Foresta Carpatica. Qui il Distaccamento d’Armata Pflanzer-Baltin combatteva contro il Gruppo russo Dniester, in una regione impervia dove l’assenza di un fronte continuo dava ad entrambi gli avversari ampie possibilità di condurre una guerra manovrata. Nonostante la loro sensibile preponderanza numerica (70.000 fucili contro 40.000 circa) i Russi non erano riusciti a forzare la linea dei Carpazi, anzi, per lo più non erano neanche riusciti a guadagnarne la cresta. Infine, attaccando su Ökörmezö, essi riuscirono a costringere Pflanzer-Baltin a un parziale ripiegamento, attestandosi su una linea che correva da Rafailowa, nella valle superiore della Bystrzyka Nadworniańska, al Passo di Jablonica (Tataren) e ad Hadikfalwa sulla Suczawa, nella Bucovina centrale, a nord di Radautz (Rǎdǎuti) . La valle superiore del Tibisco, attraverso la quale – in novembre – la Stawka aveva pensato di poter effettuare un’incursione nella Pianura Ungherese, era dunque per il momento al riparo dalla minaccia russa.

  1. [LA VITTORIA AUSTRIACA.**

Nel frattempo, l’arciduca Giuseppe Ferdinando procedette a una ulteriore riorganizzazione della sua Quarta Armata, poiché il Gruppo del generale Roth, che disponeva di ben 9 divisioni di fanteria e 3 divisioni di cavalleria, in realtà aveva le proprie unità ridotte a un numero di effettivi di molto inferiore al normale. Le divisioni di fanteria non avevano se non 2 o 3.000 fucili, che in un caso scendevano addirittura a 900: tale era il terribile logoramento cui la sanguinosa battaglia invernale sottoponeva incessantemente le truppe. La nuova ripartizione delle forze assegnò circa 4 divisioni di fanteria e 3 di cavalleria al Gruppo Roth; circa 3 divisioni di fanteria al Gruppo Ljubičić; e altrettante al Gruppo Křitek.

Nella notte fra il 10 e l’11 dicembre l’VIII Corpo russo si spinse fino a Limanowa, ma venne ricacciato. Fatto degno di nota, i Russi furono messi in ritirata dalla cavalleria austriaca smontata, quella stessa che fino ad allora – impiegata appunto appiedata – aveva dato ripetute e sconfortanti prove di inefficienza. Il giorno 11 i combattimenti proseguirono, con esito incerto, sui Beschidi. Il Gruppo Krautwald (rinforzato da una divisione), benchè fosse ormai giunto nelle vicinanze di Neu Sandec, non fu in grado di occupare quell’importante nodo stategico; invece il IX. Corpo austriaco, superata la cresta della catena principale, scese fin nei pressi di Gorlice. A dispetto della minaccia di avvolgimento che si profilava, ormai, per l’VIII. Corpo russo e per l’ala sud della Terza Armata, i Russi continuarono ad opporre una accanita resistenza davanti a Neu Sandec.

Frattanto il VII Corpo della Terza Armata austriaca si impadronì del Passo di Dukla e il Gruppo Krautwald ottenne un notevole successo in val Laborcza, occupando Mezölaborcz e spingendo innanzi la cavalleria fino al Passo Beskid. Benché il III Corpo austriaco avesse mancato di completare la manovra avvolgente, la situazione strategica generale si era talmente aggravata per i Russi che, il 12, essi ritirarono il proprio VIII Corpo, sfondato dall’attacco avversario, da Rajbrot fino al Dunajec. Anche in questo caso, come già nei Beschidi, l’arretramento dell’ala sinistra di Radko-Dimitriew venne mascherato da un’intensa attività delle unità di retroguardia. Più a nord, invece, nel settore di Bochnia, tutti gli sforzi della Quarta Armata austro-ungarica si stavano rivelando vani, talché l’arciduca Giuseppe Ferdinando rinunciò a continuare la pressione frontale su Wisznic, affidando all’ala destra del Gruppo Roth il compito d’irrompere a sud di Limanowa su Neu Sandec, per far crollare la resistenza della Terza Armata russa.

Così avvenne; e il giorno 12 portò la decisione. Il generale Roth, e il suo comandante subordinato generale Arz, sfondarono le ali interne della Terza e dell’Ottava Armata russe a Neu Sandec e Limanowa. Quel giorno anche la Terza Armata austriaca ottenne dei successi notevoli: Neu Sandec e Florynka sulla Biała superiore, Ropa e Gorlice caddero nelle loro mani. E così le truppe del Boroević, sboccando oltre i Beschidi, minacciavano d’irrompere in Galizia e di spingere un cuneo fra le ali interne di Radko-Dimitriew e di Brusilov, avvolgendo quello e soverchiando questo.

In quel momento sarebbe stato necessario, per infliggere ai Russi una sconfitta decisiva, che tutta la Quarta Armata riprendesse energicamente l’offensiva, allo scopo di trasformare la ritirata verso il Dunajec dell’ala destra dell’Ottava Armata in una rotta. Proprio allora, però, si fecero sentire i perniciosi effetti dell’insufficienza della rete ferroviaria. Infatti il XVIII Corpo austriaco, ceduto dalla Prima Armata del generale Dankl, non poteva essere trasportato in tempo utile dall’ala sinistra della Quarta Armata (Křitek) alla destra (Roth). L’Arciduca Giuseppe Ferdinando cercò almeno d’intercettare l’VIII Corpo russo, facendo cadere il Gruppo Roth sulla sua linea di ritirata; ma le truppe austro-ungariche, spossate da quelle lunghe lotte invernali e frenate da contrattacchi locali dei Russi in rititrata, non riuscirono ad eseguire tale manovra. Riuscirono però a stabilire un contatto con la Terza Armata di Boroević tra Neu Sandec e Limanowa.

La vittoria austriaca non era stata completa, poiché l’avversario era sfuggito all’accerchiamento – cosa difficilmente evitabile su un terreno montuoso quasi privo di strade e in piena stagione invernale. Tuttavia la Terza Armata di Radko-Dimitriew era stata costretta a ripiegare fino al Dunajec, e l’Ottava Armata di Brusilov non solo era stata allontanata dalla Pianura Ungherese, ma rigettata altresì oltre la cresta dei Carpazi e, dopo aver perduto il controllo dei passi montani, costretta a una grave lotta difensiva sul versante galiziano.

Conrad von Hötzendorf scrisse che nella campagna di Limanowa-Lapanów era stata infitta nel suolo la spada che "preservò la Patria dall’invasione russa": ed effettivamente questa battaglia fu la diga eretta dall’esercito austro-ungarico a protezione del "rullo compressore" russo. Il generale Roth, comandante del XIV Corpo della Quarta Armata e principale artefice del successo, ricevette la Croce Teresiana e il titolo onorifico di "von Limanowa-Lapanów", a somiglianza di quanto era stato fatto al generale Auffenberg dopo la vittoria di Komarów dell’agosto 1914. Tuttavia, continuando il paragone, anche questa volta – come nel caso della vittoria di Auffenberg – l’entusiasmo dell’Austria per la vittoria si rivelò prematuro. Proprio come era successo con la battaglia di Komarów (e con quella di Kraśnik) non fu possibile cogliere i frutti del successo, trasformando un brillante risultato tattico in una vittoria strategica. I Te Deum di ringraziamento, subito intonati nelle chiese della Duplice Monarchia, ammutolirono ben presto sotto l’inquietante impressione di nuovi, sfavorevoli sviluppi. Non si deve – d’altro canto – sottovalutare l’importanza di questa campagna, che salvò Cracovia e vide per la prima volta gli Austriaci, per di più numericamente inferiori, uscire vincitori dalla lotta contro i Russi. Né il modestissimo concorso tedesco, né la precedente decisione russa di ripiegare in ogni caso anche a sud della Vistola, inficiando il suo valore.

Poco più di un mese dopo aver scritto che l’esercito austriaco era "praticamente annientato", il 14 dicembre l’ambasciatore Maurice Paléologue era costretto a constatare: " L’offernsiva dei Russi verso la Slesia sarebbe già arrestata? Essi hanno subito ieri, a sud della Vistola presso Limanowa un grave scacco che, disimpegnando Cracovia, pare debba ripercuotersi su tutto il fronte della Polonia meridionale. Ufficialmente tutto tace su questo rovescio". (5)

E il generale Russkij, il vincitore delle battaglie di Lemberg dell’estate precedente, parlando col corrispondente americano Whitney, diede questo giudizio sulla campagna: "La battaglia di Limanowa, genialmente concepita e attuata magistralmente, fu un capolavoro strategico; essa ci costrinse a rinunziare a ulteriori operazioni contro Cracovia e ci impedì di passare i Carpazi." (6) È un tributo alla costanza e all’abilità di Conrad e al valore dell’esercito austro-ungarico che fino a quel momento aveva combattuto, come dice Ludendorff, "con poca fortuna". Tuttavia, per comprendere le reali ripercussioni della campagna di Limanowa-Lapanów sulla Stawka, occorre tener presente che quest’ultima – prima della battaglia – aveva cessato di considerare l’esercito austriaco un serio avversario e riteneva ormai, dopo le vittoriose battaglie della Galizia, di averne definitivamente fiaccato ogni capacità di ripresa. Tanto più, dunque, il vigoroso ritorno offensivo dell’avversario suscitò in Russia un moto di sorpresa e di amaro risveglio alla dura realtà: la guerra non stava per concludersi vittoriosamente, neppure sulla più debole delle due Potenze Centrali; un durissimo inverno di stenti e di privazioni si annunciava sia per l’esercito, che per l’intero Paese.

  1. [L’ESAURIMENTO DELL’OFFENSIVA AUSTRIACA.**

Il 13 dicembre Boroević ordinò l’inseguimento a fondo, che in realtà si tradusse in una debole pressione su un avversario che ripiegava in ordine, continuando a opporre una vigorosa resistenza. Quel giorno le sorti della battaglia si delinearono più favorevolmente, per gli Austro-Ungarici, sull’ala destra della loro Quarta Armata, ove il Gruppo Arz (VI. Corpo d’Armata) condusse un energico inseguimento in val Lososina, catturando circa 2.000 prigionieri e materiale vario.

Per il giorno 15 la situazione, sul fronte del Dunajec, sembrava volgere a vantaggio delle armi austriache, poiché l’intero schieramento di Radko-Dimitriew, fra Zacliczyn e la Vistola, ripiegava nettamente; ma già il 16 i Russi reagivano con rinnovato vigore, opponenedo resistenza a Zacliczyn e ottenendo perfino qualche successo suulla Ropa e oltre Krosno, nel settore del’alta Wisłok.

Gli Austriaci, dunque, invece di inseguire impetuosamente l’avversario al fine di disorganizzarlo, si limitavano a seguirne passo passo l’ordinato ripiegamento, e anzi talvolta si vedevano improvvisamente assaliti e finanche battuti in scontri d’importanza locale; sempre, comunque, ostacolati con la massima energia. Tuttavia Conrad, ritenendo che l’avversario intendesse ripiegare fino al San, decise di accentuare la propria azione mirante a interdire le linee di tale supposta ritirata e a sbloccare la piazza di Przemyśl; e a tal fine ordinò che, dal 15 dicembre, il Gruppo Arz passasse alle dipendenze della Terza Armata.

Da parte sua Kusmanek, ritenendo che l’ala destra della Quarta Armata (Gruppo Krautwald) avesse il compito di avanzare verso la fortezza, decise di effettuare una energica sortita con una parte del presidio, per facilitare le operazioni dell’esercito di campagna. Il tentativo venne effettuato il 15 dicembre con 17 battaglioni e 1/4 e 13 batterie al comando del feldmaresciallo von Tamasy, che uscito da Przemyśl ottenne subito qualche successo e infine, rinforzato da altri 3 battaglioni, riuscì a spezzare l’anello dell’Undicesima Armata russa intorno alle opere esterne della cinta. Gli Austriaci si aprirono un varco per la strada di Bircza, a sud-ovest della piazzaforte. "Uno sfondamento in quel momento – afferma la Relazione Ufficiale austriaca – avrebbe avuto ancora possibilità di un buon esito, se esso fosse stato ordinato con piena conoscenza, e l’apparire del forte gruppo a tergo del fronte avversario, a Sanok-Lisko, avrebbe potuto assumere importanza decisiva."

Il 17 dicembre, però, i Russi effettuarono con successo un doppio contrattacco, sia contro il Gruppo Krautwald, respingendolo oltre Lisko, sia contro il distaccamento di Tamasy, che subì gravi perdite. In realtà, la stessa relazione austriaca ammette che "nessuno pensava che ciò significasse l’annullamento dell’estrema possibilità di sblocco della piazza"; ma aggiunge che "il presidio sofferse un grave scacco morale per tale delusione", e questa fu forse la ragione che indusse Kusmanek a rinunziare al proseguimento del tentativo, e a far ripiegare Tamasy entro la cinta.

Il giorno 17 la Quarta Armata dell’arciduca Giuseppe Ferdinando spinse i primi elementi sulla riva destra del Dunajec: il passaggio fu effettuato dal Gruppo Arz a Zaliczyn. Più a valle lungo il fiume, la Terza Armata russa oppose resistenza , benché dal 15 al 18 i Russi arretrassero anche sulla riva sinistra della Vistola; talché Křitek e Roth non riuscirono a sloggiare le retroguardie di Radko-Dimitriew che lottavano per ritardare lo sgombero delle teste di ponte a ovest del Dunajec.

Quella sera stessa Conrad von Hötzendorff dovette rendersi conto che le operazioni d’inseguimento dell’avversario, da parte del centro e dell’ala sinistra della Quarta Armata, erano giunte a un punto morto, ed anzi temette un ritorno offensivo dei Russi: infatti ordinò di sospendere i tentativi di forzamento del fiume Dunajec, e di attestarsi a difesa sulla riva sinistra. La sua attenzione correva nuovamente verso sud, come all’inizio della campagna, verso la propria ala destra, con la quale progettava di riprendere l’offensiva nell’angolo tra il Dunajec e la Biała, in direzione di Tarnów. Però la resistenza dei Russi si andava facendo sempre più ostinata, nonostante che adesso gli Austriaci fossero liberi di portare in linea una parte della poderosa artiglieria prelevata dalla piazza di Cracovia.

Nella notte fra il 19 e il 20 dicembre la metà dell’XI Corpo russo, che costituiva l’ala destra di Radko-Dimitriew a sud della Vistola, sgomberò la riva sinistra del basso Dunajec, che potè in tal modo essere finalmente occupata dal gruppo Křitek. In conseguenza di ciò, la Terza Armata russa non manteneva più che alcune teste di ponte oltre il fiume, in corrispondenza del proprio centro; eppure i gruppi Roth e Ljubičić non riuscirono a ributtare l’avversario al di là della riva sinistra, pur lottando accanitamente nelle gornate del 19 e del 20.

Tale vigorosa resistenza della Terza Armata russa venne comunque interpretata dal Conrad, e a ragione, come un semplice preliminare ad una massiccia controffensiva dell’Ottava Armata di Brusilov nei Beschidi. Pertanto, invece di ostinarsi in una lotta logorante sul fronte del Dunajec, egli dispose che l’XI Corpo della Quarta Armata (3 divisioni, di cui una di cavalleria) fosse fatto passare alle dipendenze della Terza.

L’offensiva di quest’ultima si andava esaurendo proprio in quei giorni, anche perchè i rinforzi destinatile, il X e il XVIII Corpo, erano tuttora in fase di trasferimento. Un attacco della Prima Armata di Dankl sulla Nida, il 21, non produsse risultati di rilievo. Frattanto Boroević, giudicando scarse le prospettive di successo del proprio attacco su Tarnów, propose al Comando Supremo di tentare un’azione più ad est, verso Turka e Stary Sambor, con obiettivo Przemyśl. Conrad, da Teschen, questa volta aderì alla richiesta. In tal modo, dopo aver rinunziato a proseguire l’azione frontale sul Dunajec mediante un attacco su Tarnów dell’ala destra della Quarta Armata, ora la Terza Armata, rinforzata, abbandonava il progetto di cooperare a una tale operazione con la propria ala sinistra, e si predisponeva a concentrare i propri sforzi offensivi ancora più a oriente.

A questo punto, la brillante manovra in due tempi della prima fase della campagna di Limanowa-Lapanów si mutava in un semplice attacco frontale dell’ala destra della Terza Armata. In tal modo, tutte le speranze di costringere Radko-Dimitriew ad abbandonare la linea del Dunajec riposavano su una eventuale manovra avvolgente di Boroević, se questi fosse riuscito ad infliggere una chiara sconfitta all’Ottava Armata russa. Come si può vedere, ora il piano strategico austriaco diveniva alquanto più azzardato poiché puntava, per così dire, tutto su una carta sola, proprio nel momento in cui le probabilità favorevoli andavano riducendosi considerevolmente. In realtà, anche questo nuovo piano morì prima ancora di poter essere tradotto in azione: i Russi si mossero per primi e presero sul tempo l’avversario.

  1. [LA CONTROFFENSIVA RUSSA.**

Intorno al 20 dicembre vi fu un momento di relativo equilibrio nella lotta. La Quarta Armata austriaca e l’ala sinistra della Terza, desistendo dall’esercitare alcuna pressione sull’avversario, si stavano mettendo sulla difensiva, mentre la sola ala destra della Terza Armata si preparava ad attaccare. Mentre l’ondata austriaca rifluiva, quella russa si stava avvicinando. L’offensiva di Conrad, oramai, era chiaramente entrata nella fase di "stanca" e i Russi seppero prendere l’iniziativa prima che l’avversario avesse il tempo di imbastire nuove operazioni capaci di farla ripartire.

La controffensiva russa si pronunciò dapprima su Jadlowa, ove il XXIV Corpo dell’Ottava Armata riuscì a rigettare il IX Corpo austriaco, già ridotto in condizioni miserevoli: le sue due divisioni erano scese rispettivamente a 1.400 e 1.00 fucili. Il giorno 21, poi, incominciò l’offensiva generale delle ali interne delle Armate russe Terza e Ottava, fra la confluenza della Biała col Dunajec e il settore ad est di Jasło. L’attacco russo ottenne subito dei risultati nel dettore del XXI Corpo di Radko-Dimitriew, fra la Biała e il Dunajec, ove il Gruppo austriaco Schmidt-Georgenegg dovette ritirarsi in profondità, con grave pericolo per la solidità del contatto fra la Terza e la Quarta Armata austriache.

Minacciato in questo sensibilissimo settore, Boroević si vide costretto a rinunziare alla progettata offensiva della sua ala destra verso Stary Sambor, dal momento che le unità di rinforzo colà destinate dovettero essere gettate nella lotta per contenere la pressione russa contro l’ala sinistra della Terza Armata austriaca. Il Boroević, anzi, volle addirittura contrattaccare i Russi avanzanti fra la Biała e il Dunajec, e ne ebbe da Conrad l’autorizzazione. Si trattava di una ripresa della progettata offensiva su Tarnów; ma le circostanze erano alquanto mutate, talché l’attacco austriaco venne stroncato dopo violenti combattimenti.

Allora si decise di tornare all’offensiva con l’ala destra della Terza Armata ad ovest di Jasło dove, a partire dal 20 dicembre, cominciò ad affluire il X Corpo d’Armata, a Mezölaborcz. Il 25 Boroević ripartì all’attacco con il VII Corpo ma, ancora una volta, i Russi prevennero l’avversario con una offensiva su Dukla e Bukowsko; il VII e il X Corpo austriaci, investiti, furono costretti a ripiegare alquanto.

Si ha l’impressione, in questa fase della campagna, che gli Austro-Ungarici avessero perso un concetto unitario e organico dell’azione, effettuando dei tentativi mal coordinati e ondeggiando fra le diverse alternative, col risultato di tornare a una strategia opportunistica: le loro scelte furono sempre le più facili e le meno rischiose. Si era ormai ben lontani dalla nitida e vigorosa concezione iniziale dell’atttacco su Limanowa-Lapanów. I Russi, invece, dopo aver temuto seriamente di dover proseguire la ritirata oltre il Dunajec e fors’anche fino al San, andavano riacquistando fiducia in se stessi; sentivano che la crisi era ormai, nel complesso, superata; le loro iniziative si facevano sempre più tempestive e risolute.

Sulla destra della Terza Armata austriaca il Distaccamento d’Armata Pflanzer-Baltin, che conduceva una guerra aperta nelle vaste estensioni dei Carpazi Selvosi, occupò il 19 Vezerszállás e Almamezö, ma rimase fermo al Passo di Verecke. In questa parte del teatro di guerra, comunque, le operazioni erano ancora ben lungi dall’assumere un’importanza risolutiva. Le risorse impiegate da entrambe le parti erano estremamemnte limitate, tanto che anche un eventuale sfondamento ben difficilmente avrebbe potuto condurre a dei risultati decisivi, né la povertà delle vie di comunicazione avrebbe consentito di sfruttarlo velocemente.

Sul fronte della Terza Armata austriaca i Russi avevano compiuto un’avanzata il 25 su Jasło, irrompendo sul tratto scoperto fra il IX e il III Corpo austriaci, e vibrando dei rudi colpi alle loro ali interne. La Relazione Ufficiale di Vienna ammette che il fronte austriaco era ormai, in quel settore, "in dissoluzione". Più ad ovest, anche il VI Corpo fu attaccato dalle truppe di Sacharov e respinto, determinando la creazione di una breccia in direzione del IX Corpo. Sotto la poderosa pressione delle ali interne di Radko-Dimitriew e di Brusilov, il Boroević avrebbe voluto mantenersi sulla difensiva, e rinforzare piuttosto il Gruppo Krautwald sulla propria ala destra. Tuttavia Conrad von Hötzendorf non aveva perduto ancora la speranza di poter riprendere con successo l’offensiva, e dispose perciò di far passare alle dipendenze della Quarta Armata il IX e il VI Corpo e il Gruppo Szurmay, per fare diga davanti alla linea Gromnik-Gorlice. Il III e il VII Corpo della Terza Armata dovevano coprire i Beschidi a Zmigród e al Passo di Dukla mentre, sull’ala destra di Boroević, il XVIII Corpo e il Gruppo Krautwald avrebbero dovuto riprendere l’offensiva verso la conca di Sanok e Lisko. Ma erano queste, ormai, delle vane speranze, poiché i Russi avevano completamente superato la crisi e stavano attaccando a loro volta sull’intero fronte, frustrando i tardivi disegni del Comando Supremo austriaco.

Dal 25 al 27 dicembre il Gruppo Ljubičić, fra la Biała e il Dunajec, subì violenti attacchi da parte del XXI Corpo di Radko-Dimitriew e patì forti perdite; il IX Corpo si sottrasse a una minaccia di avvolgimento e potè attestarsi presso Gorlice con gli effettivi decimati. Quanto al Gruppo Krautwald, non che avanzare esso venne a sua volta attaccato e respinto verso Baligród, rimanendo aggrappato al versante esterno dei Carpazi. Infine la guarnigione di Przemyśl, che aveva perduto – dopo aspra lotta – la posizione avanzata di Na Gorach-Batycze (sul lato nord della piazzaforte), e che vedeva allontanarsi la speranza di venire sbloccata dall’esterno, rinnovò il 27 dicembre la sortita con 15 battaglioni e 13 batterie. Il nuovo tentativo venne compiuto da Kusmanek su ordine esplicito dello Stato Maggiore generale, ma era ormai tardivo e fallì, lasciando Przemyśl assediata e affamata, e Conrad più che mai preoccupato per il suo destino.

  1. [STABILIZZAZIONE DEL FRONTE.**

Il Distaccamento d’Armata Pflanzer-Baltin aveva occupato il Passo di Uzsok e, partendo da sud-est, tentò di avanzare verso Lisko, che era pure l’obiettivo dell’ala destra di Boroević; ma anche qui i Russi contrattaccarono con vigore e respinsero le esauste truppe austro-ungariche verspo Borynia, sulla strada di Turka. Anche qui, dunque, gli Austriaci – pur restando, per il momento, padroni dei passi carpatici -potevano a stento tener fermo sul versante galiziano e, di fatto, non erano più in condizione di riprendere l’avanzata verso il San.

Abche i Russi, però, dopo oltre tre settimane di battaglie ininterrotte, cominciavano ad avere il fiato grosso. Gli ordini del generale Ivanov il 27 dicembre stabilivano che la Terza e l’Ottava Armata continuassero ad inseguire l’avversario mediante delle semplici avanguardie, e, inoltre, che esse non dovessero spingersi oltre la linea che dalla confluenza della Biała col Dunajec andava nei Beschidi fino al villaggio di Dukla, a nord del passo omonimo, passando per Grybów, Gorlice e Zmigród. Quanto all’Undicesima Armata, anch’essa doveva limitarsi alla copertura dei passi carpatici più ad est, rinunziando quindi a trar profitto dai successi ottenuti sul Distaccamento d’Armata Pflanzer-Baltin. Essa, in compenso, avrebbe dovuto attuare delle "operazioni decisive" contro Przemyśl: ma non si capisce come, dal momento che continuava ad essere sprovvista della necessaria artiglieria da assedio, e il vano assalto di Čerbačev, in ottobre, aveva chiaramente dimostrato l’assurdità di un attacco senza la protezione dell’artiglieria pesante.

Da parte austriaca, Conrad intendeva mantenersi sulla difensiva con la Quarta Armata e l’ala sinistra della Terza e, particolarmente, far diga nel settore di von Arz e di Králiček, nonché proteggere dalla minaccia russa la ferrovia Kaschau-Oderberg. A tal fine, venne costituito un corpo speciale, forte soprattutto di 4 divisioni di cavalleria; altre truppe vennero cedute dall’Armata Dankl a quella dell’arciduca Giuseppe Ferdinando.

Il capo di Stato Maggiore austriaco non aveva, però, abbandonato definitivamente i suoi ostinati progetti offensivi, e avrebbe voluto portare all’attacco l’ala destra della Terza Armata; ma anche quest’ultima speranza doveva sfumare ancor prima che l’offensiva avesse inizio. Il 28 dicembre, infatti, Boroević subì tutta una serie di scacchi e, sostenendo di avere a fronte dei suoi 40.000 fucili ben 120.000 fucili dei Russi, chiese di poter effettuare un’ampia ritirata con tutta la sua armata. Va notato, per inciso, che già nella seconda battaglia di Lemberg – quando aveva appena assunto il comando della Terza Armata, in sostituzione del generale Brudermann – Boroević aveva dimostrato d’essere uomo capace di lasciarsi fortemente impressionare, tendendo – per conseguenza – ad esagerare l’entità delle forze avversarie.

Ancora una volta, i vasti piani ottimistici di Conrad si scontravano con la dura realtà della situazione sul campo e con una collaborazione, a suo modo di vedere, non sempre soddisfacente da parte dei comandanti in subordine. Pertanto dovette acconsentire alla richiesta di Boroević e il III Corpo ripiegò su Bartfeld, il VII su Felsövizkös, il X su Sztropkó, il Gruppo Krautwald su Mezölaborcz e Wola Michowa e, infine, XVIII Corpo da Baligród su Ciusna e Taksány. Però il 29 la ritirata proseguì oltre la linea prevista, poiché sulla sinistra il grosso del III Corpo si portò addirittura oltre la cresta principale dei Beschidi, e sulla destra il XVIII ripiegò fin nei pressi di Cisna. Ad aggravare lo scoramento generale sopravvenne poi la decisione di Boroević di spostare il proprio comando da Bartfeld fino a Kaschau, in posizione molto più arretrata, cosa che diede al Comando Supremo di Teschen la penosa impressione che, nello Stato Maggiore della Terza Armata, si fosse verificato un cedimento morale. In realtà, tale trasferimento era stato motivato anche dall’esigenza obiettiva di acquisire una posizione più centrale rispetto al fronte della Terza Armata, mentre Bartfeld era nelle retrovie della sola ala sinistra. Boroević, del resto, parve uniformarsi ai desideri del Conrad , che gli aveva ordinato di "non cedere nemmeno un palmo del terreno conquistato."

Sul fronte del Dunajec, intanto, la lotta si andava spegnendo. Da quel momento, fra l’ala sinistra della Quarta Armata austriaca (Gruppi Křitek e Roth) e l’ala destra della Terza Armata russa (metà dell’XI Corpo e IX Corpo) non vi furono più scontri in campo aperto, ma solo duelli d’artiglieria. Più a sud, invece, il XXI Corpo russo otteneva ancora dei vantaggi sul Gruppo Ljubičić, respingendolo; anche il Gruppo Arz venne attaccato a Gorlice, nella notte sul 30, dal X Corpo russo, ma riuscì a tener fermo.

Sulla riva sinistra della Vistola la lotta non era più che un riflesso del grande incendio che si andava ormai spegnendo a sud del fiume. La prima Armata austriaca aveva già ceduto, dall’inizio di dicembre, ben 17 divisioni alla Terza e alla Quarta Armata per alimentare la campagna di Limanowa-Lapanów, e non disponeva più che di forze assai ridotte; ciononostante il Gruppo Martyny riuscì, il 22 dicembre, a forzare la Nida. Ma come il Dunajec si era rivelato un ostacolo insormontabile per l’arciduca Giuseppe Ferdinando, tale fu la Nida per il generale Dankl, che già il 25 dicembre doveva far ripassare il Gruppo Martyny sulla riva destra del fiume. Anche il I Corpo austro-ungarico venne respinto e subì pesanti perdite; da allora Dankl dovette mettersi sulla difensiva davanti alla Nona Armata russa del generale Lečitzkij, anzi ebbe dal Conrad l’istruzione di apprestare una posizione arretrata all’altezza di Cracovia. Infatti il Capo di Stato Maggiore austriaco temeva addirittura che, in caso di un ritorno offensivo di Radko-Dimitriew anche sul Dunajec, l’arciduca Giuseppe Ferdiando non ce l’avrebbe forse fatta a resistere sulla riva del fiume. Nel settore dei Beschidi i frutti della vittoria erano già, in gran parte, sfumati. Adesso, dopo quasi un mese di asperrima lotta, Conrad si aspettava di vederli venir meno anche dalla parte di Cracovia; ciò che, in realtà non avvenne, poiché i Russi non riuscirono mai più ad avvicinarsi così tanto alla piazzafortre, come avevano fatto nel novembre 1914.

A nord della prima Armata austriaca, un ultimo contraccolpo degli avvenimenti decisivi svoltisi a sud della Vistola si ebbe sul fronte della Seconda Armata, dove il 19 Böhm-Ermolli ordinò un attacco generale, benché sconsigliato dal Woyrsch: che però, essendo suo diretto superiore, meglio avrebbe fatto a proibirglielo senz’altro. Il 20 gli Austriaci avanzarono poco e con molta difficoltà; mentre il generale Evert, comandante della Quarta Armata russa, più che mai pronto a ribattere colpo su colpo, sferrò un contrattacco presso Opoczno, respingendo l’avversario. Di conseguenza, già la sera del 21 Böhm-Ermolli si vedeva costretto ad ordinare alle sue truppe di sospendere l’attacco e attestarsi a difesa. Anche in questo settore, pertanto, dopo essere partiti all’offensiva sull’onda di illusorie speranze, gli Austriaci si vedevano inchiodati e costretti a sostenere dure lotte difensiva. I Russi, dal canto loro, dimostravano di essere ancora in grado, sul finire del primo anno di guerra, di replicare con tempestività ed efficacia a qualsiasi iniziativa dell’avversario, anche se la penuria di armi e munizioni li poneva in uno stato di netta inferiorità. Nella notte fra il 21 e il 22 Evert prese a sua volta l’offensia nell’arco della Pilica con la propria armata alquanto rinforzata, e respinse gli Austriaci. Il 22, però, vi fu un nuovo capovolgimento della situazione, poiché questi ultimi tornarono all’attacco e riuscirono a forzare il fume. Da allora, però, non furono più in grado di ampliare in misura apprezzabile i guadagni fatti; né miglior sorte ebbe un attacco sferrato il 30, insieme al Corpo Woyrsch.

In quel momento la seconda Armata non contava più che 35.000 fucili e 2.700 cavalieri. L’intero esercito austro-ungarico schierato contro la Russia era ridotto, alla metà di dicembre, a soli 274.000 fucili. Le unità di marcia arruolate nel frattempo, e che sarebbero giunte nel febbraio del 1915, lo avrebbero portato complessivamente a mezzo milione di uomini: poco più della metà rispetto al principio della guerra, nell’agosto 1914.

  1. [CONCLUSIONI.**

Sotto l’aspetto tecnico, il Pitreich ha tracciato un quadro molto interessante di questa campagna, che giudica "l’ultima vittoria riportata in battaglia tipica di guerra di movimento secondo le norme d’un tempo: essa gravò quasi esclusivamente sulla fanteria, sul singolo uomo; l’impiego delle mitragliatrici, delle bombe a mano, dei minenwerfer non si era ancor delineato in tutta la sua importanza. L’appoggio dell’artiglieria era ancora scarso: se essa riusciva ad esplicar la sua funzione, tanto meglio, ma non vi si faceva assegnamemto preventivo: la fanteria non aspettava gli effetti dell’artiglieria, e d’altronde li avrebbe attesi inutilmente: d’altronde i pezzi a tiro teso, poveri di munizioni, potevano far ben poco, tanto più che in massima la visibilità era scarsa. Fu la vera ‘battaglia di fanteria’: e ad essa partecipò anche la cavalleria, essenzialmente coi calci dei moschetti. E altrettanto avveniva da parte dei Russi. Anche per loro fu essenzialmente una battaglia di fanteria." (7)

Fra i critici militari si è molto discusso, sia allora che dopo, in che misura la campagna di Limanowa-Lapanów possa essere considerata una vittoria austriaca; e non di rado la polemica si è trascinata sul terreno sterile della polemica oziosa. Forse soltanto la battaglia navale dello Jutland (chiamata dello Skagerrak dai Tedeschi), tra le flotte d’alto mare britannica e tedesca, il 31 maggio 1916, ha destato altrettanta discordia di pareri, e così prolungata.

Nel complesso, riteniamo si possa concordare con il giudizio espresso da Aldo Valori, secondo il quale "la sconfitta della Terza Armata rendeva strategicamente infecondo il successo innegabile di Limanowa-Lapanów", anche se per il resto la sua interpretazione dell’intera operazione (come attacco austriaco sul fianco dei Russi ritirantisi da Lodz) ci sembra totalmente inaccettabile. (8) È soprattutto importante distinguere le due diverse fasi della campagna, delle quali la prima (3-12 dicembre) vide l’offensiva austriaca coronata dal successo sia sul fronte della Quarta Armata, sia su quello della Terza; mentre la seconda fase (13-30 dicembre) vide il ritorno offensivo dei Russi, il loro arresto sul Dunajec e financo la riconquista, da parte austriaca, di una parte delle posizioni perdute nei Beschidi.

È significativo il fatto che la Relazione Ufficiale austriaca dedichi alla campagna di Limanowa-Lapanow l’ultimo capitolo del primo volume, facendola terminare il 12 dicembre e, quindi, presentandola come un pieno e indiscutibile successo austro-ungarico; mentre la seconda parte della campagna è trattata all’inizio del secondo volume ed, implicitamente, presentata come un’operazione a sé stante, quasi ad impedire che essa getti un’ombra sulla vivida luce della vittoria precedente. Anche lo storico tedesco Hermann Stegemann, uno dei maggiori studiosi tedeschi della prima guerra mondiale, conclude la narrazione della battaglia di Limanowa-Lapanów alla data del 14 dicembre. (9)

Fra gli studiosi britannici dell’ultima generazone, Martin Gilbert scrive in proposito: "A Vienna il 28 novembre si diffuse brevemente il panico quando incominciò a circolare la notizia che le truppe russe si trovavano a 13 chilometri da Cracovia, la capitale della Polonia asburgica. A Limanowa, tuttavia, in una battaglia che durò sette gorni, la Quarta Armata austriaca sconfisse i Russi e li risospinse verso oriente. La battaglia di Limanowa era appena cominciata che la Terza Armata austriaca cacciò i Russi dalla città di Bartfeld, nell’Ungheria settentrionale, li allontanò dai Carpazi e in due settimane riconquistò il passo strategico di Dukla. L’impero asburgico non era più minacciato." (10) Dunque per il Gilbert la battaglia vera e propria durò solo una settimana (ma quale?) e vide una piena vittoria delle armi austriache.

Fra gli storici russi, l’Andolenko giudica che la battaglia di Limanowa si sia conclusa con una sostanziale parità fra i due eserciti. "Il 3 dicembre – scrive – la Quarta Armata austroungarica […] attacca a Limanowa la Terza Armata russa. Brusilov accorre, ma così facendo sguarnisce i Carpazi. La Terza Armata austro-ungarica si impadronisce allora dei Beschidi. I combattimenti si accendono ancora su tutto il fronte della Galizia. Ma il 21 i Russi prendono il sopravvento e il 26 viene ristabilita la situazione iniziale." (11)

Amedeo Tosti,fra gli autori italiani, concorda sostanzialmente con un tale gudizio.

"[…] il generale Conrad – scrive – aveva ripreso l’offensiva a sud di Cracovia, col concorso di una divisione tedesca, e, fra il 3 e l’11 dicembre, la Quarta Armata austro-ungarica aveva riportato un notevole successo contro la Terza Armata russa (battaglia di Limanowa-Lapanów), ma ben presto i contrattacchi russi, alimentati anche da rinforzi sollecitamente inviati dall’Ottava Armata, riuscirono a infrenare l’avanzata austriaca. La gioia della vittoria, poi, già diffusasi nella Monarchia e manifestatasi con grandi dimostrazioni di piazza nella capitale, fu ben presto amareggiata dalla notizia che l’Armata di Boroević (Terza) era stata battuta in Bucovina, perdendo Czernowitz e rimanendo penosamente addossata alle pendici dei Carpazi." (12)

Gli estimatori del Conrad hanno esagerato oltre ogni limite la portata del successo austriaco; i suoi detrattori hanno invece tentato di sminuirla in maniera esagerata. La realtà è che la battaglia di Limanowa-Lapanów fu una vittoria austriaca, cercata e perseguita con ammirevole tenacia ed energia, e giunse in un momento quanto mai opportuno per risollevare il morale dell’esercito e delle popolazioni della Duplice Monarchia: erano, infatti, i giorno bui dello sgombero di Belgrado e della bruciante sconfitta contro la Serbia, il nemico più detestato. Questo va detto anche se i Russi, in realtà, avevano già deciso – prima della battaglia di Limanowa – di arrestare la loro avanzata verso la Slesia, la Moravia e la Slovacchia, e di sospendere, per il momento, qualunque operazione offensiva contro Cracovia, che pure era sembrata sul punto di cadere nelle loro mani. Mancò, invece, la riuscita del piano austriaco – molto più ambizioso – di avvolgere l’avversario al di qua del San, e al tempo stesso di sbloccare la fortezza di Przemyśl.

Abbiamo riportato più sopra il giudizio dato sulla campagna dal generale Russkij; il Reisoli ha già fatto osservare quanto vi sia di gratuito e inopportuno in questo entusiastico intervento da parte di un comandante lontano da quel teatro di operazioni, pur confermando la sostanziale validità del giudizio stesso. Da parte sua, il Reisoli giudica che Limanowa, per gli Austriaci, sia stata una "vittoria che, scaturita da una razionale quanto coraggiosa concezione manovriera del Conrad, è premio, una volta tanto, alla sua ormai proverbiale tenacia di lottatore dallo spirito sempre acceso e dalla volontà ostinatamente reattiva; vittoria che, pur non attingendo a fini di annientamento e pur non avvantaggiandosi di un profondo sfruttamento del successo, costringe anche il Gruppo russo di Sud-Ovest ad abbandonare ogni idea offensiva ed influisce direttamente sulla determinazione presa il 13 dicembre dal granduca Nicola (anche a seguito dell’avanzata tedesca su Lowicz e della pressione dell’Ottava Armata di Below su Mlava) di ripiegare le Armate di Polonia dietro la linea dei quattro fiumi (Bzura-Rawka-Nida-Dunajec)." (13)

In conclusione, la campagna di Limanowa-Lapanów fu importante non tanto perché vide un successo degli Austriaci, tanto più inaspettato in quanto essi erano ormai dati quasi per finiti dalla Stawka, ma perché significò che la guerra sarebbe continuata, e a lungo. Se le armate dello zar avessero preso Cracovia e forzato i passi carpatici, probabilmente l’Austria-Ungheria sarebbe crollata e la Germania, rimasta da sola, si sarebbe trovata impossibilitat a proseguire la lotta su due fronti. In questo senso la battaglia di Limanowa ebbe delle ripercussioni che andarono molto oltre il fatto d’ami in se stesso: come nel caso della battaglia della Marna, essa contribuì a imprimere una direzione ben precisa a tutti gli avvenimenti successivi. La guerra di movimento finiva, si andava verso la guerra di posizione e, perciò – inevitabilmente – verso una guerra di usura: una guerra che avrebbe richiesto la mobilitazione totale delle risorse umane e materiali e che sarebbe perciò divenuta, diversamente dalla maggior parte delle guerre del passato, sempre più una guerra ideologica (ciò che avrebbe reso impossibile una pace di compromesso).

Anche in questo senso, perciò (oltre che nel senso strettamente tecnico militare, inerente l’uso quasi esclusivo delle fanterie nel quadro di operazoni ampiamente manvorate) Limanowa fu probabilmente l’ultima battaglia di tipo ottocentesco, e segnò l’inizio di un nuovo tipo di strategia: quella in cui i fattori tecnici e quantitativi avrebbero sempre più dominato, e che sarebbe culminata nella seconda guerra mondiale e, ancor più, nelle guerre della seconda metà del Novecento: dalla Corea al Vietnam, dal Vicino Oriente alle due guerre del Golfo Persico.

NOTE

1) Kriegsarchiv, L’ultima guerra dell’Austria-Ungheria, vol. 1 e 1 bis, Roma, 1934; E. Ludendorff, i miei ricordi di guerra 1914-1918, Milano, 1920, vol. 1.

2) Kriegsarchiv, Op. cit.

3) Maurice Paléologue, La Russie des Tsars pendant la Grande Guerre, Paris, 1921, vol. 1 (tr. it. Firenze, 1929, vol. 1).

4) Youri Danilof, La Russie dans la Guerre Mondiale (1914-1917), Paris, 1927.

5) M. Paléologue, Op. cit.

6) Cit. da Kriesarchiv, L’ultima guerra ecc.

7) Pitreich, Der Österreichisch-Ungarische Bundesgenosse im Sperrfewer, cit. da A. Bollati, I rovesci più caratteristici degli eserciti nella guerra mondiale 1914-1918, Torino, 1936.

8) A. Valori, La guerra dei Tre Imperi, Bologna, 1925.

9) Heramnn Stegemann, Geschichte des Krieges, Stuttgart-Berlin, 1921 (4 voll.), vol. 3.

10) Martin Gilbert, La grande storia della prima guerra mondiale, Milano, 1998, p. 140.

11) S. Andolenko, Storia dell’esercito russo, Firenze, 1969, p. 351.

12) Amedeo Tosti, Storia della guerra mondiale, Milano, 1937 (2 voll.), vol. 1, p. 149.

13) C. Reisoli, La grande guerra sul fronte orientale dal Baltico al Mar Nero, Bologna, 1939.

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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