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È nato un Bambino…

Eppure è nato.

Nonostante la nostra cattiveria, il nostro egoismo, la nostra indifferenza, ha scelto di farsi uomo fra di noi, di vivere in mezzo a noi, di morire per tutti noi.

Ancora in fasce, è sfuggito alla strage degli innocenti, come un bambino dei nostri giorni può sfuggire alla strage praticata mediante l’aborto: sono sei milioni i bambini che non sono nati per questa ragione, da quando la gloriosa "legge di civiltà" è stata introdotta nel nostro Paese, senza dubbio grazie anche al voto di non pochi sedicenti cattolici.

Quando si tenta di penetrare il pensiero abissale di Dio che si fa uomo per amore degli uomini, accettando di vivere pienamente la loro condizione umana e, pur conservando la natura divina, rinunciando ad usarla se non per fare del bene agli altri e infine per risorgere dalla morte cui la malvagità degli uomini l’ha condannato, e che Egli ha accettato, anch’essa, senza protestare e senza ribellarsi, bevendo l’amaro calice sino in fondo; quando si tentata di penetrare un tale pensiero abissale si è colti dalle vertigini e si deve rinunciare, è impossibile anche solo concepirlo, a stento lo si può accogliere per mezzo della fede. "A stento" in base alle nostre forze umane, naturalmente; vale a dire che lo si può e lo si deve accogliere, ma quando si è ricevuto il Suo stesso aiuto. Perché gli uomini, da soli, non arrivano neppure a sfiorare il mistero di Dio; di questo Dio che si fa uomo, che s’incarna in un bambino, che vive la nostra vita insegnandoci, però, come si deve vivere la vita buona per poter tornare al Padre celeste; e che, per farlo, quando le parole non bastano più, si serve del suo stesso corpo, della sua stessa vita, della sua stessa morte, per insegnarci l’ultima cosa e la più importante: il valore del sacrificio di sé come riparazione del male. Un concetto che per i cattolici era familiare e quasi ovvio, fino a qualche anno fa, ma che ora pare essere stato dimenticato, mentre la cultura profana non l’ha mai avuto (avevano provato a scrivere "il valore riparatorio", e poi "il valore riparativo", ma il correttore automatico ha segnato queste parole come erronee: semplicemente, la cultura odierna non le riconosce, ossia non riconosce il concetto che esse designano).

Eppure è nato; e continua a offrirsi per noi, in riparazione dei nostri peccati, ogni volta che un sacerdote, che in quel momento non è più un pover’uomo, carico di peccati come chiunque altro, ma un alter Christus, celebra il Sacrificio della santa Messa. Che è un miracolo ancora più grande della Passione, Morte e Resurrezione di Cristo — l’osservazione è di san Tommaso d’Aquino — perché quelle ebbero luogo una sola volta, questo si rinnova continuamente, ad ogni momento, in qualsiasi luogo, tutte le volte che il sacerdote alza la pisside con le ostie e il calice con il vino, e invoca Dio ripetendo le parole usate da Gesù nell’Ultima Cena: Prendete e mangiatene tutti, questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi, poi ripete la formula per il vino, e infine soggiunge: Fate questo in memoria di me. E, se è un vero sacerdote di Gesù Cristo, non si prende la libertà di modificare la formula e le parole stesse del Vangelo; non dice: …versato per tutti, ma dice: versato per molti, perché questo è quello che ha detto il nostro Signore, intendendo con ciò che la salvezza è offerta a tutti, però c’è anche chi non la vuole, chi la rifiuta.

Ma come possono aver chiaro, i cattolici di oggi e specialmente i più giovani, il concetto che la sofferenza e il sacrificio volontario di sé sono il cuore del cristianesimo e l’insegnamento più prezioso di nostro Signore Gesù Cristo, se il papa in persona, interrogato su questo punto da un bambino rimasto orfano, non ha saputo rispondergli altro che: Io non lo so; nessuno lo sa; e non credere a quelli che dicono di saperlo? Chi lo avrebbe immaginato, fino a qualche anno? Eppure, fino a questo punto la Chiesa, fondata da Gesù Cristo per trasmettere intatto il suo santo Vangelo, si è degradata e si è trasformata in una neochiesa, tutta umana, che sa quello che sa il mondo e che non sa più la Verità insegnatale da Dio. Ecco perché si direbbe che sia sceso un velo di profonda mestizia sopra questo Natale del 2017: impossibile non vederlo, impossibile fare finta che non ci sia. La tentazione dello scoraggiamento grande.

Eppure è nato: non si è lasciato sgomentare dalla consapevolezza che gli uomini, la grande maggioranza degli uomini, non avrebbero capito, né lo avrebbero riconosciuto: anzi, che avrebbero voluto metterlo a morte, e perseguitare a morte, poi, anche i suoi discepoli. È venuto lo stesso; ha compiuto ugualmente il suo gesto d’ineffabile amore, nonostante tutto. Dunque, non abbiamo il diritto di scoraggiarci, mai. Lo scoraggiamento è l’anticamera della tentazione, e la tentazione è l’anticamera del peccato. Dobbiamo reagire contro lo scoraggiamento, così si deve reagire contro la tristezza. Scoraggiamento e tristezza non sono sentimenti cristiani; il cristiano li combatte e li vince, con l’aiuto di Dio: perché sa che, da quando è nato quel Bambino, non vi è più ragione né di turbarsi, né di abbattersi.

Che cosa faremmo, adesso; che ne sarebbe di noi, che cosa saremmo noi, se quel Bambino non fosse mai nato? E come faremmo ad alimentare in noi la speranza, come potremmo ancora credere nel domani, mettere al mondo dei figli, scommettere sul futuro? Non saremmo altro che una massa di disperati, sempre più impegnati a sopraffarci a vicenda, a incrudelire sugli altri e su noi stessi. Perché l’uomo, chiuso nell’orizzonte della propria finitezza, entra in un corto circuito e diviene il peggior nemico di se medesimo: quelle energie in sovrappiù, che gli sono state donate affinché si elevi dalla sfera della vita materiale naturale a quella della vita soprannaturale, gli si ritorcono contro e lo spingono a volere sempre di più, a osare sempre di più, a insuperbire sempre di più: finché, reso pazzo dall’orgoglio, dalla lussuria e dall’avidità, imbocca fatalmente la strada dell’autodistruzione. Tutta la storia umana, se mai può insegnare qualcosa a qualcuno, insegna questo; e lo stesso vale per la vita delle singole persone. Là dove non brilla la consapevolezza del suo destino soprannaturale, l’uomo regredisce allo stato bestiale e si spinge dove nessun animale oserebbe spingersi: a varcare il confine del suo stesso istinto di sopravvivenza. Cerca la morte, semplicemente; anzi, cerca la distruzione universale: ma non lo sa, e questo rende le sue pulsioni di morte ancora più pericolose. Somiglia a un bambino caparbio e viziato, il quale si sia impossessato di un coltello dalla lama estremamente tagliente e che meni dei fendenti all’impazzata, così, per il gusto di vedere quel che succede: prima o poi, è cosa certa, si procurerà con le sue stesse mani una ferita gravissima, forse mortale.

Qualcuno potrebbe osservare: Tanto, a cosa è mai servito? Che cosa è cambiato? La storia umana resta, comunque, una lunga sequela d’ingiustizie, crimini, orrori; e la storia dei singoli individui resta pur sempre la storia di passioni disordinate, di aspettative impossibili, di amare delusioni, di animosità e gelosie, e questo da che esiste l’uomo, o da che esiste la sua memoria: senza cambiamento, senza miglioramenti, senza alcuna possibilità di redenzione. E dunque, che Cristo sia venuto o che non sia venuto nel mondo, a vivere in mezzo agli uomini, a condividere ogni aspetto della loro condizione mortale, in che cosa è stato di giovamento per essi? Ecco: queste cose potrebbe pensare, e dire, un ateo; e simili interrogativi, simili dubbi, certamente, sono gli stessi che ogni tanto si affacciano anche alla coscienza del credente, nei momento di scoraggiamento. Per questo abbiamo detto che lo scoraggiamento è uno stato d’animo che non si addice al cristiano; che esso è anzi, potenzialmente, peccaminoso, nel senso che apre la strada all’incredulità e l’incredulità, a sua volta, apre la strada al peccato. La cosa migliore è quella di vincere quei dubbi con la preghiera e con la penitenza, ossia con le stesse armi che si adoperano quando ci si trova in presenza di qualunque altra tentazione: perché sono opera del diavolo, vengono dal diavolo e hanno lo scopo di allontanare l’uomo da Dio.

Nondimeno, per chi sia abbastanza forte da voler sfidare, entro certi limiti, la tentazione — sempre, sia chiaro, con l’aiuto di Dio, non certo da solo — ed abbia bisogno, contemporaneamente, di porsi sul terreno filosofico, per un suo bisogno personale di razionalità, si potrebbero suggerire queste risposte: E chi mai può asserire dove sarebbe, ora, la storia umana, se quel Bambino non fosse nato? Chi può dire dove sarebbe, a che punto sarebbe, la vita di ciascun singolo essere umano? Tu dici che, pur essendo nato, le cose non potrebbero andar peggio di così: ma chi te lo assicura? Al peggio non c’è fine: l’uomo, quando è in preda ai propri demoni della distruzione, è capace di sorprendere anche se stesso, spingendosi ad un grado di malvagità semplicemente impensabile. La storia è una sequela di orrori? Ma forse, se quel Bambino non fosse nato e se il fatto dell’Incarnazione non vi fosse stato, gli orrori della storia sarebbero stati, e sarebbero al presente, ancora peggiori. Forse ci sarebbero state dieci, cento, mille Hiroshima. Forse ci sarebbero state un milione di Auschwitz. Chi può dirlo? Chi ha mai potuto vedere e misurato il fondo della cattiveria umana? Quanto alla vita dei singoli esseri umani, chi lo sa quanta maggiore violenza, sopraffazione, infelicità; quanti tormenti, quanti suicidi, quante esistenze disperate non si sarebbero aggiunti a quelli che realmente ci sono stati e ci sono al presente? Chi lo sa quante volte la venuta di quel Bambino ha salvato delle anime dal naufragio, ha consolato dei cuori spezzati, ha asciugato le lacrime degli innocenti, ha restituito forza e speranza a chi pareva finito?Forse — anzi, senza dubbio, per il vero cristiano — proprio quel bambino ha fatto da parafulmine; ha attirato su di sé il peggio della natura umana; e, in tal modo, ha fatto sì che gli uomini contenessero, almeno in parte, tutto il male di cui sono capaci, e manifestassero nella loro vita, così come al livello della storia mondiale, almeno in parte, il bene di cui sono suscettibili. Ecco; questo si potrebbe rispondere a quelle domande, a quelle amare considerazioni di chi non crede, o di chi ha perso il dono e la virtù della speranza cristiana.

Dunque, procediamo. Quel Bambino è nato. È nato, nonostante tutto; è sfuggito alla furia omicida di Erode, è diventato adulto, si è manifestato agli uomini come il Figlio di Dio, con miracoli e con Parole di Verità, mostrando loro, puntualmente e con la coerenza della sua stessa vita, che in Lui le Scritture trovavano compimento; che Lui, proprio Lui, il figlio del falegname di Nazareth, era l’Atteso, era il Messia che Dio aveva promesso, ai tempi della sua alleanza con i loro padri; che di Lui avevano parlato Isaia, Geremia, Ezechiele e Daniele; che Lui era stato invocato nei Salmi di Davide; che per preparare la sua strada Mosè era sceso dal Monte Sinai con le tavole dei Dieci Comandamenti; che ad annunciare Lui era venuto Giovanni il Battista; che Lui era quegli che veniva a dare una risposta all’innocenza conculcata, alla purezza insidiata, alla virtù offesa, alla perenne sete di verità e di giustizia di tutte le anime buone. Ha radunato intorno a Sé alcuni discepoli, scegliendoli personalmente, ad uno ad uno: li ha chiamati ed essi hanno risposto; nessuno di loro è un sapiente, un professore, un intellettuale; sono quasi tutti dei lavoratori, delle persone comuni, che conducono una vita normalissima. Fra di essi c’è anche un traditore, che egli ha individuato fin dal principio, e che, tuttavia, non ha voluto scacciare, non ha voluto allontanare da Sé, ben sapendo che, in tal caso, egli si sarebbe perso, ma offrendogli, col tenerlo fra i suoi, una estrema possibilità di ravvedimento, di redenzione, fino all’ultimo istante, fino all’Ultima Cena, quando, guardandolo negli occhi, gli ha detto chiaramente di sapere che si apprestava a tradirlo; e poi, con infinita tristezza: Quello che devi fare, fallo presto. Dopo di che, dice l’Evangelista, Satana entrò in lui, ed egli uscì da cenacolo: ed era notte, con buona pace di don Primo Mazzolari, di Enzo Bianchi, del (falso) papa Bergoglio e di tutti i cattolici teneri, buonisti e modernisti, che non credono alle Scritture ma che, gonfi di orgoglio e umana presunzione, vogliono far vedere di essere più buoni e più misericordiosi di Dio stesso, affermando che Giuda si era pentito e che pertanto, molto probabilmente, si è anche salvato.

Infine quel Bambino, che era divenuto Uomo, ha offerto Se stesso per amor nostro, dopo una vita perfetta, perché vissuta nella perfetta obbedienza alla volontà del Padre; e dopo aver affrontato la più dolorosa delle Passioni, fatta non solo di tremende sofferenze fisiche, ma anche di atroci sofferenze morali: oltre al tradimento di Giuda, l’abbandono degli altri, il rinnegamento di Pietro, il loro scandalo, la loro assenza nei momenti supremi; e lo strazio di vedere sua Madre ai piedi della croce, senza nulla poter fare per alleviarne il dolore straziante… La sua storia, però, non finisce così; non termina sul legno della croce. Quel legno è diventato salvezza per gli uomini; è diventato la scala che dà loro la possibilità di salire nuovamente fino al Padre celeste. Quella scala è sempre lì, nessuno l’ha distrutta; e nessuno la potrà mai distruggere, anche se, per ipotesi assurda, qualcuno riuscisse a distruggere la Chiesa. Il valore della Redenzione di Cristo rimane: nonostante la nostra durezza, le nostre colpe, la nostra ingratitudine; rimane nonostante il tradimento che si rinnova contro di Lui, all’interno della sua stessa Chiesa. Diciamo perciò, con gli Angeli: È nato; alleluia!

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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