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3 Ottobre 2017I gay e le lesbiche non sono tutti uguali, nella bella casa tutta vetri del Progressismo politically correct; c’è un angolino di quella casa che i suoi inquilini preferirebbero fosse un po’ coperto, un po’ nascosto agli occhi estranei: perché è l’angolino dove si ammucchiano le cose imbarazzanti, quelle che non si vorrebbe che gli altri notassero. Vuoi vedere che ci sono perfino delle lesbiche che riescono sgradite ai progressisti, campioni della libertà totale, specie in materia di sesso e di tutto ciò che si fa sotto le lenzuola? Eppure è proprio così: c’è una signora, lesbica dichiarata, che non solo non è dei loro, ma che essi vedono come il fumo negli occhi, sia perché incarna la destra xenofoba e "fascista", se non addirittura "nazista", sia perché, in quanto lesbica, dovrebbe, secondo loro, stare dall’atra parte della barricata, dovrebbe essere una "compagna" e non una "camerata", e quindi la percepiscono, pur senza dirlo (oh, questo mai; non lo confesserebbero mai, neppure sotto tortura!), come una fedifraga, una fellona, una traditrice, una rinnegata. Ma come: non sono forse loro i campioni dei diritti dei "diversi" e, in modo particolare, degli invertiti, pardon, volevamo dire degli omosessuali? Non hanno forse essi il monopolio della giusta causa per la tutela di quest’altra faccia del pianeta, quella degli omosessuali maschi e femmine (però, che brutte parole "maschio" e "femmina"; bisognerà ben purgare il vocabolario, un volta o l’altra), dei bisessuali e transessuali, quella che ha l’esclusiva dell’ideologia gender e che s’impegna strenuamente, fin dagli asili e dalle scuole elementari, per diffonderla in tutto il mondo, mettendo in fuga le tenebre dell’ignoranza e della superstizione, specie quelle di origine cattolica. E allora come si permette questa tedesca bionda e dall’aria tosta, oltre che intelligente, questa Alice Weidel, balzata alla guida del partito Alternative für Deutschland – che alle elezioni del 24 settembre 2017 ha preso quasi il 13% dei consensi – e, con ciò, anche agli onori delle cronache internazionali, di non essere una militante di sinistra, e di non mettere i diritti delle persone omosessuali in cima alla sua agenda politica? E come si permette di parlare dei poveri migranti, dei poveri profughi, dei poveri rifugiati, come se fossero una zavorra che la Germania e l’Europa non possono accollarsi, anzi, come se fossero un pericolo dal quale è necessario difendersi, e subito, prima che sia troppo tardi? Non lo sa, forse, Frau Weidel, che esiste, scritta nel loro DNA, una solidarietà e quasi una fratellanza intrinseca fra le persone di diverso orientamento sessuale e quelle che vengono dagli altri continenti in cerca di una nuova vita? In fondo, sono "diverse" le une e le altre; hanno, perciò, in comune, una richiesta di diritti, una rivendicazione di alterità, una fierezza da sbandierare e dar accettare agli altri, ai filistei, ai benpensanti. Non lo sa che tutte le minoranze devono tenersi unite e lottare insieme, gomito a gomito, agitando gli stessi striscioni, per farsi valere in un mondo di borghesi egoisti e insensibili, preoccupati solo di difendere la loro bovina "normalità"?
E invece che fa, questa Frau Weidel, ruspante trentottenne in carriera, occhiali eleganti, impeccabili completi in giacca, camicia e pantaloni, sguardo furbo e sornione, capelli biondi e occhi verdi, che più ariana non si può? Detesta gl’immigrati, vorrebbe bandirli, vorrebbe persino rimpatriarli; invoca un blocco totale degli ingressi, una militarizzazione delle frontiere, una leva straordinaria dell’esercito, insomma il pugno di ferro contro la negrizzazione e l’islamizzazione della Germania, oltre, naturalmente, all’uscita dall’euro: e intanto ammette tranquillamente di essere omosessuale, come una Paola Concia o un Nichi Vendola, di convivere con un’altra donna, una produttrice cinematografica di origini singalesi, una certa Sarah Bossard, cittadina svizzera, e di avere con lei ben due figli. Eh no, perdio, qui c’è qualcosa che non va! Che sia lesbica non è un problema, ci mancherebbe, anzi, è una risorsa, una conferma del teorema gender; ma che una lesbica dichiarata sia anche razzista e neonazista, questo proprio non gli va già, ai bravi progressisti di Germania e di tutto il mondo; questo è uno schiaffo, una beffa, uno scherzo di cattivo gusto! Il solo fatto che esistano persone come lei, è la smentita vivente dell’equazione progressista: diverso = compagno. Il fatto è che i progressisti sono costituzionalmente incapaci di ragionare al di fuori di una struttura ideologica (non una qualunque, beninteso, ma sempre e solo la loro): eredi dell’hegelismo e del marxismo, con una spruzzata, sovente, di cattocomunismo, tanto per sentirsi a posto anche dal lato del buon Dio, per loro non è vero ciò che è vero, ma è vero ciò che si accorda con le loro categorie: storiciste, relativiste, immanentiste, materialiste, egualitarie, internazionaliste, buoniste (quando si tratta dei loro amici), omosessualiste e immigrazioniste. Nei loro cervelli non entra materialmente una sola idea che configga, anche solo minimamente, con i loro pregiudizi, tanto più che essi sono convinti di non avere alcun pregiudizio, anzi, di essere i soli rappresentanti del genere umano a non averne, perché i pregiudizi sono la connotazione principale degli "altri", di quelli che non si arrendono all’evidenza del loro vangelo laico e mondialista. Sono l’esempio vivente dell’ipocrita di cui parlava Gesù Cristo, sempre a caccia della pagliuzza nell’occhio del prossimo, quando invece farebbe meglio a occuparsi della trave che ha nel suo.
E che non si tratti di questioni di lana caprina, o di disquisizioni sul sesso degli Angeli, lo dimostra la brutale rozzezza con cui la cultura politica della Germania progressista e antipopulista (una volta si diceva: antifascista) ha accolto la discesa in campo della bionda Weidel, la quale aveva invocato la fine del politically correct, definendolo un concetto da gettare nella discarica della storia. Il giornalista satirico, e debitamente progressista e antipopulista, Christian Ehring, nel corso di una trasmissione televisiva, con impareggiabile finezza ha così commentato: Corretto, basta con il politicamente corretto. Cerchiamo tutti di essere scorretti, la puttana-nazi ha ragione. Sono stato abbastanza scorretto?Spero di sì; un discorso che di certo nessun giornalista o intellettuale progressista si sarebbe permesso di rivolgere ad una esponente del fronte progressista, per quanto indigesta o antipatica potesse riuscirgli sul piano politico e personale. Ma tant’è: da che mondo è mondo, i progressisti se la suonano e se la cantano da soli; hanno sempre ragione loro, qualunque cosa accada. Salvo levare altissime strida vittimiste e sparare querele a raffica, se un giornalista un po’ destrorso, oltre che imbecille e volgare, per caso si permettesse di apostrofare con simili espressioni una "compagna" dello schieramento del centro-sinistra. E le femministe, dov’erano, quando Christian Ehring ha chiamato la Weidel una puttana — una puttana nazista -, non potendola chiamare una nazista lesbica, anche se, ne siamo ultraconvinti, era proprio ciò che avrebbe voluto dire? Perché i progressisti sono fatti così: possiedono un livello di autocontrollo semplicemente fantastico, in accordo con la loro professione di fede ideologica; e anche gl’insulti che sgorgano loro di bocca, magari bel calor bianco di una lite furibonda, sono sempre in linea con tale ideologia: mai rimproverare a una lesbica di destra di essere lesbica, perché esser lesbiche dichiarate è una prerogativa di sinistra; piuttosto, offenderla e insultarla definendola "puttana", anche se non risulta che la povera Frau Weidel abbia fatto proprio niente, nella sua vita privata, per meritarsi un simile appellativo, fra l’altro decisamente sessista e maschilista (o no?). E sapete qual è la cosa più brutta, più meschina, più scandalosa di questo squallidissimo episodio di turpiloquio televisivo, che le femministe alla Boldrini non avrebbero mai tollerato, né perdonato, se la vittima fosse stata della loro parte ideologica? Il fatto che le autorità giudiziarie tedesche hanno rigettato l’ipotesi di reato e quindi si sono rifiutate di aprire un procedimento a carico del buon Christian Ehring. Il quale, tutto tronfio e ringalluzzito, potrà seguitare ad insultare le donne che gli stanno antipatiche, beninteso se avranno la sventura di essere di destra, perché in quel caso non ci sarà un cane a difenderle, né un giudice a prender le loro parti, né un giornale a deplorare lo squallore delle frasi che le sono state rivolte. Ma se fossero di sinistra, un tale omuncolo se lo mangerebbero vivo tutti quanti.
E qui potremmo anche fermarci e chiudere il discorso: ancora una volta, si vede che l’ideologia progressista ha le gambe corte e l’armadio pieno di scheletri, perché i fatti hanno la spiacevole tendenza a non lasciarsi sottomettere da essa, di fare resistenza alle sue buone, o meglio, ottime intenzioni, e ciò è veramente deplorevole, uno spreco inimmaginabile di tempo e di risorse. Eh, se solo questi benedetti fatti fossero un poco più intelligenti e ragionevoli, e se, per esempio, tutte le lesbiche del mondo indossassero la kefiah palestinese e salutassero con il pugno stretto, il sinistro, beninteso, ci mancherebbe altro: come si starebbe meglio, allora, tutti quanti! E tuttavia, c’è una ulteriore riflessione che il "caso" di Frau Alice Weidel ci suggerisce, e sempre premettendo che preferiremmo non doverci occupare dei gusti sessuali della gente, né delle sue esperienze lavorative pregresse, e neppure della loro residenza anagrafica, purché la cosa non sollevasse qualche problema di coerenza con le idee dichiarate e sbandierate. Dunque, vediamo. Alice Weidel ha preso il posto di Frauke Petry, altro volto femminile assai noto al pubblico tedesco e internazionale: il volto moderato di una destra non troppo estremista, nonché di una donna felicemente eterosessuale, sposata e con quattro figli, anzi col quinto in arrivo che l’ha indotta a lasciare i suoi gravosi impegni di partito. Ma chi è, da dove viene, questa seconda amazzone, questa intrepida leader donna, che pochissimi conoscevano fino all’altro ieri, almeno fuori dei confini tedeschi? Ha lavorato per alcune grandi banche, compresa la Goldman Sachs; risiede in Svizzera, con la sua compagna asiatica naturalizzata svizzera: dunque c’è qualcosa che, effettivamente, stride nella sua vita, rispetto a quel che dice oggi e che proclama quale programma del suo partito. Certo, il politicamente corretto vorrebbe che ci sia una linea invalicabile fra la vita privata e le posizioni pubbliche di un leader politico; lo sappiamo bene noi italiani, che da anni votiamo dei leader divorziati e, in parte, puttanieri, quali campioni della difesa della famiglia cristiana, tanto per dine una; oppure votiamo senza problemi di coscienza candidate alle amministrative, nonché senatrici e deputate, che sono giunte in cima aprendo le gambe a più non posso, anche se difendono la pari dignità dei sessi, anzi, sono strenue paladine delle quote rosa. Non serve fare nomi: ci sono le intercettazioni telefoniche delle "amiche" di Berlusconi che non risparmiano un dettaglio anatomico. E tuttavia…
E tuttavia, qui, a nostro parere, un qualche problemino c’è, effettivamente. Per quanto ci proviamo, non riusciamo a farci una ragione di questo dualismo, di questa schizofrenia, di questa sindrome di Jekyll e Hyde, cui sarebbero soggetti, e per la quale andrebbero capiti ed, eventualmente, perdonati, gli uomini e le donne che fanno politica, siamo essi (ed esse, sia chiaro: non vorremmo che la signora Boldrini ci accusasse di sessismo) di destra o di sinistra, mentre per tutti gli altri sussiste un legittimo giudizio d’incoerenza da parte della pubblica opinione. Ora, che la signora Weidel ce l’abbia a morte coi negri e con i turchi immigrati, e che non voglia più neanche sentirne parlare, è cosa che la riguarda, e che ha tutto il diritto di esprimere; anche se c’è da chiedersi se il cambio della guardia alla testa di Alternative für Deutschland, dalla moderata e flessibile Frauke Petry alla dura e inflessibile Alice Weidel, non sia stato per caso favorito da quei poteri forti il cui interesse è che un partito di destra non oltrepassi mai la soglia di una minoranza chiassosa ed inquietante, non diventi mai partito di governo, perché, in tal caso, forse anche la politica tedesca cambierebbe per davvero, e la gente si domanderebbe se valga proprio la pena di rieleggere, per la quarta volta (la quarta volta!, alla faccia della democrazia…) Angela Merkel quale cancelliera di una Germania sempre più insofferente per le politiche governative, tanto che la stessa Merkel, ora al suo quarto mandato, ha ammesso che il suo blocco Cdu/Csu, ha "ceduto" qualcosa come un milione di voti all’estrema destra: voti legittimi e rispettabili di un milione di lavoratori, non di un milione di nazisti, almeno fino a prova contraria. Dunque, dicevamo: che la donna Alice Weidel sia lesbica e abbia messo su una "famiglia arcobaleno" con una donna asiatica e due figli, è cosa che riguarda lei; che abbia lavorato per le grandi banche internazionali, pure; e anche il fatto che risieda in Svizzera e non nella sua Germania, è una sua libera e legittima scelta personale: si vede che il lago di Bienne le piace più del lago di Costanza). Tuttavia, se la leader politica Alice Weidel proclama, come parte essenziale della sua proposta, che la Germania ritrovi la propria identità, il fatto che sia lesbica e, più ancora, che abbia per compagna una donna di origine asiatica, è una contraddizione: come dire, torniamo alla sanità delle tradizioni e tutti a casa gli stranieri, tranne la mia amante? Secondo: se l’AfD proclama che bisogna uscire dall’euro, perché l’euro è la trappola voluta dalle grandi banche, una che ha lavorato con loro è oggettivamente in contraddizione con se stessa. Terzo: se l’Afd, per bocca della signora Weidel, si presenta come il partito dei veri tedeschi, del vero interesse nazionale, come va che una persona tanto innamorata del proprio Paese scelga invece di vivere all’estero: forse per via del fisco? Questa è un’altra contraddizione, e piuttosto stridente.
Siamo perciò schierati idealmente al fianco di Alice Weidel, quando un omuncolo, forte dell’omertà dell’establishment politicamente corretto, la insulta in maniera volgare e sessista. Nondimeno, ci chiediamo se sia proprio lei la persona giusta per rappresentare le idee e i valori della destra tedesca.
Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Tim Mossholder from Pexels