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Guai a chi dà scandalo ed è motivo di tentazione

Ormai comincia ad essere chiaro che esiste una relazione fra l’eresia strisciante nella Chiesa cattolica (ma neanche tanto strisciante: diciamo pure trionfante) e la corruzione del clero; che c’è un legame fra la degenerazione dottrinale e quella morale; che si tratta, a ben guardare, di due facce della stessa medaglia. Non vogliamo dire, con questo, che tutti i sacerdoti eretici, perché massoni e modernisti, sono automaticamente dei dissoluti o dei pervertiti; ma siamo convinti che i preti dissoluti e pervertiti trovano il loro nido ideale in una chiesa dottrinalmente deviata e allo sbando. Infatti è logico che, se un sacerdote vive senza timor di Dio, se si comporta in maniera abominevole dal punto di vista della condotta morale, è anche, perciò stesso, un sacerdote che ha perso la fede e che, lungi dal predisporsi al pentimento, cerca ovunque dei pretesti cui appigliarsi per continuare a rotolarsi nel fango — dei pretesti di tipo dottrinale, vogliamo dire, che lo giustifichino e gli permettano di togliere da sé il marchio d’infamia che le sue azioni gli varrebbero. Peggio ancora: una Chiesa deviata e allo sbando sul piano dottrinale è anche il luogo ideale in cui entrare per tutte le anime perse, per tutte le persone moralmente indegne e irresponsabili. Una chiesa siffatta, ad esempio, è il luogo ideale per degli uomini dalle forti tendenze omosessuali: non c’è da stupirsi che nei seminari sembra essere cresciuto il loro numero; e intanto, guarda caso, dall’alto, cioè dai teologi e dai cardinali — Martin, o de Kesel, o Schönborn, o Bonny, o Paglia, o Galantino — arrivano parole di comprensione e d’incoraggiamento, non solo per i peccatori, ma per il peccato: non inviti a rimettersi sulla retta via, a frenare le tendenze cattive, ma esortazioni affinché gli altri si ravvedano dall’orribile colpa di nutrire dei pregiudizi verso gli omosessuali. I quali possono benissimo essere preti, e anche santi: parola di James Martin. In un clima del genere, nessuna meraviglia che il numero dei sodomiti impenitenti, attivi e passivi, cresca a dismisura, e che cresca in maniera sconcertante la loro audacia, sino a esibire pubblicamente, come cosa bella e buona, il loro vizio. Ormai ci sono sacerdoti che in chiesa, nel bel mezzo della santa Messa, comunicano ai fedeli allibiti di essere gay, di esserlo sempre stati, di aver vinto il senso di vergogna perché hanno capito che Gesù li vuole così, li ama così, non c’è nulla di sbagliato in loro, vogliono continuare ad essere sacerdoti e anche omosessuali. Confessioni doppiamente sconcertanti, se si pensa che i preti cattolici fanno voto di celibato e quindi a nessuno interessa se hanno, per caso, delle tendenze omosessuali, a patto che le tengano a bada, perché ciò riguarda loro soli e, naturalmente, la loro relazione con Dio; ma che se annunciano in pubblico di essere gay, com’essi dicono, è perché non intendono rispettare il voto di celibato, vale a dire che annunciano pubblicamente la loro intenzione di fornicare pur essendo sacerdoti, e di fornicare contro natura.

Ci si chiederà come è possibile che le cose siano giunte fino a questo punto. Perché ancora dieci, cinque anni fa, ciò sembrava impossibile. E quando monsignor Charamsa, profittando del sinodo dei vescovi sulla famiglia, fece outing ed esibì la sua condizione di sodomita impenitente, presentando anche ai giornalisti il suo compagno di vita, la reazione della Chiesa fu quella di sospenderlo a divinis: eravamo nel 2015, appena tre anni fa. Ma ora, in occasione di un altro sinodo sulla famiglia, James Martin ha potuto ribadire che gay è bello, anche in clergyman, e ha potuto rimproverare il signore che si fa chiamare papa Francesco per la sua scarsa apertura e sensibilità su questo tema: il tutto senza che gli sia piovuta addosso alcuna sospensione e alcun provvedimento. E sono passati appena tre anni! Che cosa è successo, dunque, in soli tre anni? Semplice: la lobby gay, fortissima in Vaticano, ma anche in tutta la Chiesa sui cinque continenti, ha deciso si sferrare l’offensiva finale per la conquista del suo vertice: impaziente di ogni indugio, ha deciso di mostrarsi apertamente per quello che è: un’associazione di pederasti e sodomiti, tutti — guarda caso — d’indirizzo teologico ultraliberale, ultraprogressista e neomodernista, volta a raggiunger l’obiettivo al quale si erano lentamente e cautamente avvicinati, manovrando a partire dall’epoca del Concilio Vaticano II: l’ufficializzazione del peccato contro natura e la sua espunzione dalla lista dei peccati. La condanna della Chiesa contro i comportamento omosessuali, dice sempre James Martin, fa ricadere sul catechismo la responsabilità di quegli omosessuali che si suicidano per i sensi di colpa. Ma noi non vogliamo più suicidi, vero? Basta con la repressione, basta con la pedagogia della paura, come dice il buon padre Ermes Ronchi: vogliamo una chiesa moderna, aperta, dialogante, sinodale, collegiale, democratica e antiomofoba. Dunque, il piatto è prono: i cuochi lo stavamo cucinando da alcuni decenni, ma è in questi ultimissimi anni che si è offerta loro l’occasione di arrivare al bersaglio, sotto il pontificato di questo signore argentino che meriterebbe almeno due scomuniche: per essersi fatto eleggere papa pur essendo gesuita, cosa proibita dallo statuto dei gesuiti; e per essersi fatto papa in seguito a una manovra dei cardinali massoni modernisti, la cosiddetta mafia di San Gallo, cosa di cui uno dei loro membri principali, il cardiale Danneeels, ha avuto la sfrontatezza di vantarsi pubblicamente, rispondendo a un giornalista televisivo che lo intervistava sulla sua recente autobiografia. Il cardinale Danneeels, c’è bisogno di dirlo?, è ed è sempre stato un cardinale ultraprogressista fin dai tempi del Concilio: di quelli che vorrebbero capovolgere non solo la morale, ma anche la dottrina, per trasformare il cattolicesimo in una specie di deismo gnostico adatto per tutte le stagioni e funzionale ai disegni del Nuovo Ordine Mondiale, voluto e dominato dall’alta finanza internazionale. Ora, la pena prevista dal diritto canonico per chi cerca di manipolare l’elezione di un papa è la scomunica. E se si aggiunge all’aver partecipato a una cospirazione per manipolare la sua stessa elezione, il fatto che il signore argentino è verosimilmente implicato anche nella strana abdicazione del suo predecessore, abdicazione irrituale, improvvisa e sconcertante, che ha tutto il sapore di una dimissione forzata, la cosa assume una aspetto ancora più inquietante: si direbbe che il signore argentino, alla luce delle dimissioni di Ratzinger, di scomuniche ne meriterebbe non due sole, ma tre. Altro che il papa più amato dalla gente: è un eretico, un apostata e un impostore. E come se non bastasse, un vanesio e un narcisista: il suo stile non è certo quello di san Francesco d’Assisi e meno ancora quello di Gesù Cristo, il quale non ci risulta che fosse applaudito ovunque andava, e specialmente dai potenti della terra; ci risulta invece, ma forse al neoclero non risulta, che sia stato messo in croce proprio perché le sue parole e il suo stile apostolico davano fastidio. A proposito, leggete bene il Vangelo e vedrete che Gesù Cristo non ha mai definito una sciocchezza l’evangelizzazione; al contrario, l’ha sempre considerata il dovere principale dei suoi seguaci e la ragion d’essere della loro missione: Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo. Non ha detto loro: Andate in tutto il mondo e parlate dei migranti, della giustizia, dell’ambiente e del clima; e non ha neanche detto: Andate in tutto il mondo e parlate di qualsiasi cosa, però mi raccomando, non parlate di me, non fate neppure il mio nome, non benedite nel mio nome, non battezzate, perché ciò sarebbe un segno di presunzione e offenderebbe quelli che non vogliono convertirsi… No, ma ha detto: Andate a battezzare e ad annunciare il Vangelo, e chi crederà sarà salvo, ma chi non crederà sarà condannato. Proprio così: ha detto: sarà condannato. Ma quando mai abbiamo sentito simili parole, nella bocca del signore argentino e dei suoi fedelissimi, dei suoi tirapiedi, dei suoi servili adulatori, o dei direttori dei giornali ex cattolici, che usurpano ancora il nome di cattolici per ingannare i fedeli, ma che non sanno parlare d’altro, fin dalla copertina, che di politica, oltretutto in una maniera univoca, che piace tanto al Pd, a Soros, all’Unione Europea e all’ONU, ma che, notoriamente, comincia a suscitare fortissimi dubbi proprio nel cuore e nella mente dei buoni cattolici? La questione che la Chiesa, quella vera, dovrebbe porre all’ordine del giorno, pertanto, è prima di ogni altra, questa: la conversione del clero, la penitenza, la condanna del peccato. Questo ci vuole, per essere credibili, come a loro piace dire…

La mistica Natuzza Evolo (1924-2009), conosciuta a livello mondiale per i suoi doni soprannaturali e molto amata dalla gente umile, alla quale faceva del bene senza chieder nulla, né mai abbandonare il suo stile di vita semplice, e altrettanto invisa ai rappresentanti della cultura dominante materialista e scientista, nelle sue visioni e nei suoi colloqui estatici con Gesù, non lesinava le frustate al clero infedele e depravato, come attestano questi messaggi da lei riferiti (in: Luciano Regolo, Natuzza Evolo. Il miracolo di una vita (Milano, Mondadori, 2010, pp. 217-219):

Di solito "segreta" e obbediente sino all’incredibile nei confronti delle autorità ecclesiastiche, in virtù di un’"obbedienza superiore", la Evolo non esita a far conoscere anche messaggi piuttosto scomodi, nei quali Gesù rimprovera la condotta di alcuni religiosi, contraria allo spirito vocazionale. Uno datato 21 febbraio 1969 e fedelmente riportato da Mara Birsese sul proprio diario è rivolto a un sacerdote:

"Dovresti essere discepolo prediletto, riposante nel cuore di Dio. è così che potrai riversare nel mondo il mio regno. Ma come attingerai se non svuoti il tuo cuore da tutto ciò che lo rende conturbato, assiderato, scialbo e indurito? Quale ricchezza puoi donare alle anime se non vivi la vita intima col tuo Dio? Vivi una vita assediata da tante cose futili e da altre funeste, procacciando scandalo che orribilmente si propaga all’umanità […]. Perché mi tratti così? Cosa ti ho fatto? Cosa potevo fare di più per mostrarti il mio amore? Mi sono dato tutto a te […]. La tua vita nel mondo non vale tanto, se non quando la consumerai tutta per la gloria del tuo Dio."

Dello stesso anno un’analoga esortazione a una suora nel peccato:

"Tu corri verso la morte eterna a motivo di quell’affetto sregolato a quella creatura che ho scelto come discepolo prediletto. Guai a chi dà scandalo, ed è motivo di tentazione ad altre anime! Rientra in te stessa, figlia mia. Le mie braccia sanguinanti ti vogliono stringere a me! Io solo sono la fonte della felicità. Non scapparmi, figlia mia! Chi ti ha amato e ti ama più di me? Chi ha versato per te una sola goccia di sangue? Guardami morente in croce, udirai nel tuo intimo questo rimprovero, che tu umilia e ti commuove […]. Prima di venire come giudice spalancherò la grande porta della mia Misericordia! Finché sei in tempo, ascolta il mio accorato invito!"

A un altro sacerdote il Cristo, nel 1970, manda a dire attraverso Natuzza:

"Figlio mio, grande è il dolore che mi affligge! Il mio cuore si lamenta perché ti sei allontanato da me e hai prestato fede nel diavolo, mio nemico […]. Non ti ricordi che io, eterno Dio, sono stato denudato, flagellato e coronato di spine; le membra e i miei nervi furono sì violentemente tratti sulla Croce che le giunture si sciolsero; ho udito ogni obbrobrio, ho sopportato una morte dispregevolissima. Tutto per la tua salvezza! Ma tu non mediti e non consideri ciò. La voluttà della carne è sì grande e intensa che preferisci venir meno alla castità, che il tuo stato sacerdotale ti impone, piuttosto che rinunciare al tuo piacere. E Sali ogni giorno sull’altare e ti cibi della mia purissima carne e m’imbratti e mi maltratti sena nessuna considerazione per la mia immacolatezza divina. Perché mi tratti così? Io sono l’Amore stesso! Rientra in te stesso e torna puro al mio cuore […]. Ti attendo amorosamente […]".

Chi conosce un poco la vita di questa umile, grande donna del popolo, che viveva per Dio e per la sua Chiesa, sa che gran parte dei suoi dispiaceri, le incomprensioni, le ostilità le vennero (oltre che dal CICAP e dalla cultura laicista, ma ciò era quasi scontato) proprio da ambienti ecclesiastici che non gradirono tanta chiarezza nel richiamare al dovere quei religiosi che si erano allontanati dalla retta via e, con il loro comportamento nella vita privata (ammesso che si possa usar tale espressione parlando di un sacerdote), causavano scandalo, confusione e amarezza nei fedeli. Ma la chiesa da questo orecchio, ha sempre sentito poco: ha preferito arroccarsi a difesa, negare e minimizzare gli scandali. E ora che la corruzione morale ha raggiunto dimensioni apocalittiche, la strategia dei neopreti e neoteologi è quella di derubricare il peccato in none di una realizzazione della persona che è concepita in chiave del tutto immanente, come se l’uomo fosse solo un essere biologico e come se il peggior torto che egli potrebbe fare a se stesso non sia il disprezzo dell’amore di Dio e il valore della Redenzione di Cristo, ma una blasfema celebrazione del peccato stesso. Difficile non scorgere l’ombra di Satana dietro una così odiosa aberrazione. Ci sono state altre epoche di diffusa decadenza morale fra i membri del clero; mai però essi avevano osato sbandierare gli istinti più bassi come legittime esigenze dell’individuo, e rivendicare per sé il diritto di realizzare la propria felicità calpestando la legge divina. Se questi sono i pastori, chi guiderà le pecorelle verso i pascoli del Signore? Per fortuna ci sono ancora dei cattolici laici che amano di profondo amore la Chiesa di Cristo, quella vera e non quella apostatica; e che, come Natuzza Evolo non esistano a mettere il dito sulla piaga, non certo per amore di scandali, ma al contrario perché gli scandali abbiano a terminare.

Fonte dell'immagine in evidenza: Photo by Tim Mossholder from Pexels

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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