
L’imbecille benintenzionato, flagello dell’umanità
15 Agosto 2017
Scopo della vita umana è fuggire il dolore?
16 Agosto 2017Il compito del sacerdote è d’insegnare agli uomini a conoscere Dio. A lui si chiede il vero insegnamento, perché è il messaggero del Signore dell’universo. Questa non è una parola umana, è la Parola di Dio, e sta scritta nel Libro di Malachia (2, 7). Ed è una parola di perenne, di tremenda attualità. Ai nostri giorni, dovrebbe sfrigolare come olio bollente sulla coscienza, se ancora ce l’hanno, dei tanti, troppi sacerdoti che non questo stanno facendo; che non insegnano agli uomini a conoscere, amare e onorare Dio, il Signore dell’universo, ma che li blandiscono e li accarezzano nei loro vizi e che li lusingano nei loro peccati, ingannandoli con false parole di misericordia e dando loro a credere che Dio, nel Suo infinito amore, perdona tutti, anche coloro che non si pentono, né si ravvedono, né domandano a Lui perdono, e neppure si sforzano di rimettersi sulla retta via, ma seguitano a fare tutto quel che pare e piace loro, inseguendo le brame disordinate di questo mondo e disprezzando i comandamenti divini.
Proviamo a rileggere qualche passo di quel testo, che è specificamente rivolto ai sacerdoti e che dovrebbe essere meditato a fondo da tutti quei membri del clero, a cominciare da certi vescovi e cardinali molto noti e che frequentemente passano dai salotti televisivi, acclamati e riveriti dalla cultura laicista e irreligiosa, che li gratifica nella loro vanità personale, nel loro sfrenato narcisismo, giù, giù, fino a tanti parroci e cappellani delle più piccole unità pastorali, i quali, oggi, sono di scandalo alle pecorelle del gregge loro affidato, perché, invece di condurle sui pascoli del Signore, le disperdono in mille direzione, insegnando empiamente che tutte le pulsioni, gli istinti e le passioni sono leciti, o, se pure non lo fossero, che Dio è comunque pronto a perdonare qualsiasi peccato, anche in assenza del pentimento da parte del peccatore; e, inoltre, demolendo ad uno ad uno, con sottile, satanica malizia, i punti essenziali del Vangelo di Gesù Cristo, per sostituirli, surrettiziamente e senza averne l’aria, con tutta una serie di eresie, di bestemmie e sacrilegi, capovolgendo il senso delle Scritture e disprezzando due millenni di sacra Tradizione (Malachia, 1, 6; 2, 1-10):
Il Signore dell’universo dice ai sacerdoti: "Un figlio onora suo padre e un servo il suo padrone. Se io sono vostro padre, dov’è l’onore che mi è dovuto? E se io sono il vostro padrone, dov’è il rispetto che mi è dovuto? Voi mi disprezzate e poi osate domandare: "In che modo ti disprezziamo?".[…]
Ed ora, ecco un avvertimento per i sacerdoti. Il Signore dell’universo dice: "Se voi non mi ascoltate e se non vi preoccupate di onorarmi come mi è dovuto, io vi colpirò con una maledizione. Cambierò in maledizione la benedizione che vi ho promesso. Sì, lo farò perché voi non prendete niente a cuore. Ecco, io sono pronto a lanciare minacce contro i vostri discendenti. Quanto a voi getterò sterco sulle vostre facce, lo sterco degli animali sacrificati nelle vostre feste. Vi si porterà via con esso. Così saprete che io, il Signore dell’universo, vi mando questo ammonimento, perché sia conservata l’alleanza fatta con i discendenti di Levi. Con quest’alleanza avevo promesso loro vita e prosperità, e gliele ho concesse. Chiedevo rispetto, ed essi mi hanno rispettato, hanno avuto paura della mia potenza. Dalle loro labbra sono usciti solo insegnamento giusti e non hanno mai detto menzogne. Non solo loro stessi vivevano secondo il mio insegnamento, in pace con me, ma hanno convinto molti altri a rinunziare a fare il male. Il compito del sacerdote è d’insegnare agli uomini a conoscere Dio. A lui si chiede il vero insegnamento, perché è il messaggero del Signore dell’universo. Ma voi, sacerdoti, vi siete allontanati dalla retta via. Con il vostro insegnamento avete fatto sbagliare molta gente. Avete spezzato l’alleanza che avevo concluso con voi. Lo affermo io, il Signore dell’universo. Perciò, a mia volta, vi renderò spregevoli e vi umilierò davanti a tutto il popolo. Questo perché voi non ubbidite alla mia volontà e siete stati parziali nelle vostre decisioni".
Non abbiamo tutti un solo padre? Non è lo stesso Dio che ci ha creati? Perché ci tradiamo l’un l’altro e tradiamo così l’alleanza fatta da Dio con i nostri antenati?
Sappiamo benissimo che il compito del sacerdote non è facile, specialmente in una società come la nostra, che ha completamente voltato le spalle a Dio, che Lo ha rinnegato, che ha preteso di averlo ucciso e seppellito, di averLo perfino dimenticato, per innalzare se stessa al Suo posto e per rovesciare tutti i valori, come auspicato dal filosofo Nietzsche (magari in un senso leggermente più raffinato, leggermente meno rozzo e grossolano di quel che sta accadendo oggi), sovvertendo la legge morale da cima a fondo. Sappiamo anche che è facile parlare stando al riparo, criticare quando non si rischia nulla: ed entrambe le cose ci sembrano indegne e spregevoli, come tutte le azioni dettate da viltà e ipocrisia. E tuttavia, bisognerebbe essere ciechi per non vedere quanto l’ammonimento del profeta Malachia si attaglia alla situazione odierna; e fino a che punto le sue parole severe, pronunciate a nome di Dio stesso, vadano a colpire una trasformazione in atto, ben precisa e tutt’altro che casuale, o episodica, ma che è, al contrario, sempre più diffusa e quasi trionfante, nel clero cattolico dei nostri giorni. Se il compito del sacerdote è quello d’insegnare agli uomini a conoscere Dio, e se il sacerdote, come dice il profeta, è niente di meno che il messaggero del Signore, quale conoscenza di Dio stanno insegnando molti, moltissimi sacerdoti cattolici, e che tipo di messaggeri sono, in questo momento storico? Si stanno comportando come messaggeri del Signore, annunciando la Sua Parola e la Sua volontà, oppure si sono fatti messaggeri di se stessi, per non dire di peggio, e stanno annunciando la loro parola e la loro volontà, rompendo l’alleanza stabilita da Dio con gli uomini, mediante il sangue di Gesù Cristo? Un sacerdote che, per compiacere il mondo, non annuncia più la Parola del Signore, ma una parola tutta umana, che smorza la serietà del Vangelo; che ignora, di fatto, la Croce redentrice; che riduce la Rivelazione a un innocuo e banale sermoncino domenicale; che autorizza gli uomini a perseverare nel male, distorcendo la lettera e lo spirito della Scrittura: di che cosa si fa annunciatore, in effetti? Se le sue parole non vengono da Dio, da chi o da che cosa provengono?
Sono interrogativi tremendi, angosciosi; di quelli che non dovrebbero lasciar dormire la notte: eppure, si direbbe che i sonni di tanti monsignori e di tanti sacerdoti, che si riempiono la bocca di eresie e di bestemmie e che con i gesti, con le opere, perfino con i silenzi (non parlando mai dell’anima, del giudizio, dell’inferno e del paradiso, per esempio) non siano minimamente turbati; e che il pensiero di aver indotto in errore, cioè in peccato, le pecorelle del gregge loro affidato, non procuri loro la benché minima ansietà. Anzi, a sentire i loro discorsi e a vedere come si comportano, si direbbe che tutto ciò, per loro, sia motivo di vanto e di soddisfazione, come se stessero agendo nella maniera migliore e come se si ritenessero pienamente in grazia di Dio. Oppure come se stessero recitando una terribile commedia, una commedia infernale, nella quale recitano la parte dei sacerdoti, mentre il loro vero ruolo è completamente diverso: è quello dei nemici di Dio, e, quindi, dei servi del Suo antico nemico. Ma voi, sacerdoti, vi siete allontanati dalla retta via. Con il vostro insegnamento avete fatto sbagliare molta gente. Avete spezzato l’alleanza che avevo concluso con voi. Se un sacerdote cattolico fosse realmente in buona fede, come potrebbe non tremare ascoltando questo ammonimento, riflettendo e domandandosi se, per caso, anche lui non sia incorso nel peccato dei suoi predecessori, al tempo dell’Antica Alleanza, che già prefigurava la Nuova, quella di Gesù Cristo, suggellata dal sangue dell’Agnello? Come può, un sacerdote, non chiedersi ogni giorno, ogni momento, e soprattutto ogni sera, quando si raccoglie in preghiera e offre a Dio le azioni della sua giornata, e s’interroga nella sua coscienza sul bene che ha fatto e su quello che non ha fatto, se le parole di Malachia non riguardino, per caso, anche lui? Indurre in errore le anime, cioè allontanarle da Dio e dal Suo amore, è la responsabilità più grave di cui si possa caricare la coscienza di un cristiano; nel caso di un sacerdote, si tratta di una colpa gravissima. Le parole più dure che Gesù Cristo abbia mai pronunziato sono state queste: Sarebbe meglio, per chi dà scandalo a uno solo di questi piccoli, che si legasse al collo una macina da mulino, e si precipitasse nel mare. E come ci si può sentire in pace con Dio, come si può vivere tranquilli, pensando che quelle parole, forse, riguardano noi, proprio noi personalmente?
Arriviamo così alla probabile conclusione, umanamente parlando — perché Dio soltanto sa leggere sino in fondo nel segreto dei cuori umani — che costoro non sono in buona fede, ed è per questo che non tremano, che non sbigottiscono, che non sono angosciati, e dormono, forse, dei sonni perfettamente tranquilli. L’angoscia, la preoccupazione, il rimorso, sono segnali che l’anima è ancora viva; in peccato mortale, forse, ma viva e con la nostalgia di Dio, sia pure in maniera debole e confusa, sia pure in maniera del tutto insufficiente, almeno fino a quando l’angoscia e la confusione non si trasformano in vero pentimento e in sincero proposito di tornare a Dio e di non allontanarsi più da Lui. Ma se questi moti dell’anima mancano del tutto; se un sacerdote, anzi, un monsignore, può permettersi fare un elogio sperticato di un pessimo maestro, che ha speso tutta la sua vita a diffondere pessimi insegnamenti, contro la legge naturale e contro la legge di Dio; se questo stesso monsignore ha scandalizzato i suoi fedeli facendo affrescare le pareti della sua cattedrale con un dipinto orribile, con una blasfema contraffazione della Resurrezione di Cristo: allora, se costui non trema e non teme in ogni fibra del suo esse, ma se ne va in giro sorridente, a rilasciare interviste e a firmare libri, come una star, è impossibile non pensare — umanamente, ripetiamo, e dunque non infallibilmente — che costui sappia molto bene quel che sta facendo, e non provi alcuno sgomento del proprio agire per il semplice fatto che non ritiene d’aver sbagliato, perché si è messo al servizio di qualcun altro, che non è certo Gesù Cristo. E quel che abbiamo detto di lui, lo possiamo dire di tanti, tantissimi altri monsignori, sacerdoti e religiosi; lo possiamo e lo dobbiamo dire, purtroppo, anche del sommo pontefice. E a questa conclusione siamo arrivati un po’ alla volta, quasi con incredulità, con ritrosia, con sgomento; ci siamo arrivati senza aver voluto arrivarci, anzi recalcitrando, e cercando disperatamente tutte le altre possibili spiegazioni di comportamenti così strani, così inauditi, così scandalosi, da parte di tanti membri del clero; ci siamo arrivati con quel timore e con quel tremore che costoro, invece, sembrano non mostrare affatto, vergognandoci al posto loro, rabbrividendo al posto loro, pregando e chiedendo perdono al posto loro, angustiati soprattutto per il danno spaventoso che stanno subendo milioni e milioni di anime di fedeli ignari, vittime di questa diabolica mistificazione.
Per anni ci siamo detti che non era possibile, che ci stavamo sbagliando, che doveva esserci un’altra spiegazione; per anni, insieme a milioni di persone, abbiamo atteso e sperato che quella spiegazione arrivasse, che quei dubbi si sciogliessero, che le pecore potessero nuovamente riconoscere la voce dei loro pastori. Invece, al contrario, gli scandali si sono moltiplicati, sono diventati la regola, si son fatti quotidiani; quotidiani le affermazioni eretiche e sacrileghe, i toni scomposti e irriverenti, gli atti sconcertanti e inconciliabili con la dottrina cattolica, con il Vangelo di sempre. E tutto questo si è precisato ogni giorno di più, in un crescendo implacabile, con il papa che tace davanti alle peggiori eresie, come l’affermazione di un pezzo grosso della Chiesa che non si sa cosa realmente abbia detto Gesù Cristo; o che, peggio ancora, ci mette del suo nell’allargare sempre di più lo strappo, nel tagliare tutti i ponti dietro le spalle, nel trascinare la Sposa di Cristo, a viva forza, in un terreno che non è il suo, che non le appartiene, che è anzi inconciliabile con essa: il terreno di questo mondo di tenebra, dove comandano le brame e gli appetiti disordinati. Questo clero infedele, che ha voluto andare incontro al mondo per blandire i suoi vizi e che ha preferito dispiacere a Dio, rinnegare la Sua Parola, calpestare il Suo insegnamento, non merita più di essere chiamato cattolico: è un clero modernista, cioè eretico, votatosi al compito diabolico di perdere le anime, di trascinarne quante più possibile nell’apostasia. Del resto, si sa fin dagli anni Settanta, perché vennero resi noti gli elenchi, che molti monsignori sono aderenti a una società che non ha niente a che fare con la Chiesa; e la situazione, da allora, si è certo aggravata enormemente. Costoro dovranno render conto di ciò che fanno, non tanto al giudizio umano, che può errare, ma a quello divino, che è infallibile, perché tutto conosce. E, pur sapendoci peccatori, per niente al mondo vorremmo trovarci, quel dì, al posto loro…
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