
Perché la cultura femminista odia Maria Vergine
26 Luglio 2017
In cosa crede il papa? Nell’uomo. Parole sue.
27 Luglio 2017Viviamo in un momento storico molto difficile; uno di quei momenti nei quali non c’è più spazio per fingere di essere quel che non si è, le maschere cadono, e ciascuno è restituito, pienamente, talvolta impietosamente, alla sua vera natura. Nei tempi ordinari, la vita procede con il suo tran-tran, le cose vanno avanti per forza d’inerzia, i ruoli sono stabiliti in anticipo e le convenzioni conservano tutta la loro efficacia. Nessuno ha voglia di puntare duro, di "vedere" le carte dell’altro; nessuno ha interesse a spingere le situazioni oltre il limite. Quasi tutti hanno da perdere se si verificassero dei grossi cambiamenti, perciò fanno del loro meglio perché questo non accada; e se qualcuno, per caso, fosse tentato di farlo, gli altri fanno del loro meglio per dissuaderlo, per ricondurlo alla "ragionevolezza", affinché l’ordine apparente, che fa le veci dell’ordine vero e profondo, non venga turbato.
Nei tempi ordinari succede che delle persone da niente rivestano incarichi di grande responsabilità, ed esercitino un potere su molti; e che, viceversa, delle persone di grande valore, ciascuna nel proprio campo, siano ignorate e passino completamente inosservate, come se non esistessero. In tempi ordinari, a segnare il ritmo sono le persone ordinarie, quelle che non pensano troppo, quelle che non hanno troppo carattere, quelle che non sono troppo esigenti con gli altri, perché non lo sono nemmeno con se stesse. Accade, così, che dei mezzi filosofi, dei mezzi scrittori, dei mezzi poeti, riempiano le sale per le conferenze con un pubblico adorante, che poi si pigia all’uscita per avere un autografo. Accade che a comandare gli eserciti siano delle boriose nullità, le quali, nel migliore dei casi, sanno solo esercitare le truppe secondo gli schemi dell’ultima guerra, dalla quale non hanno saputo trarre alcun insegnamento originale, sicché, se la guerra dovesse scoppiare di nuovo, getteranno quelle truppe nella fornace, stupidamente, inutilmente, sacrificandole per mera ignoranza e ottusità intellettuale. E accade che i sacerdoti con una mezza vocazione incontrino il plauso dei fedeli, con le loro mezze omelie e la loro mezza santità di vita; mentre teologi mediocri e presuntuosi pubblicano con successo i loro libri, fatti per piacere al pubblico, perché eliminano tutto quel che può suonare sacrificio, rinuncia, combattimento, e parlano solo di bontà, misericordia, e promettono una pace a buon mercato, che non è, certamente, la pace di Cristo, ma somiglia, semmai, alla falsa pace di questo mondo.
Noi, però, non viviamo in tempi normali. È in atto, da tempo, da molto tempo, una grande partita, una partita a scacchi, se vogliamo, fra la luce e le tenebre; e le forze delle tenebre si sono accorte che la cittadella non era presidiata, che le sentinelle dormivano, che i comandanti erano in vendita e pronti ad offrirsi al primo acquirente che li volesse comprare: e hanno approfittato del momento favorevole. Il libro dell’Apocalisse afferma che, ad un certo momento, satana verrà lasciato libero dalle sue catene e potrà scorrazzare per il mondo, scatenandosi con tutta la sua rabbia, sia pure per un tempo limitato, stabilito da Dio. Questo, forse, è il tempo che stiamo vivendo noi, ora: un tempo eccezionale, il tempo della grande prova e della grande tribolazione. Ve ne sono parecchi indizi, ma solo per chi li sa vedere; per gli altri, non sta accadendo niente di speciale, e ciò che stiamo vedendo fa parte della normalità. Ecco; già il fatto di saper riconoscere i segni implica una netta distinzione fra coloro che sono desti e quanti, invece, giacciono in una profonda inconsapevolezza. Così, la maschera sta cadendo dai volti delle persone, e si incomincia a vedere di che stoffa siano fatte realmente. Chi non vede alcun segno, chi non sospetta di nulla, si sta rivelando per quello che è: un individuo banale, superficiale, conformista, al quale si può raccontare e far credere qualsiasi cosa. Poi c’è chi vede e capisce, o, quanto meno, intuisce, però se ne sta zitto: vuol vedere come si metteranno le cose, vuol tenersi pronto a fare la scelta più vantaggiosa per se stesso, per la sua carriera, per la sua convenienza. E c’è chi non soltanto vede e capisce, ma si sta adoperando attivamente perché il tempo della prova e della tribolazione si affretti: parliamo di chi ha stretto un patto infernale con le tenebre, e sta sfidando Dio, gonfio di satanico orgoglio.
In un tempo come il nostro, non è più possibile restare neutrali, coltivare il proprio orticello e farsi gli affari propri. Gli affari di ciascuno stanno diventando gli affari di tutti, il destino comune. Nessun uomo è un’isola, anche se una cultura follemente individualista ce lo ha fatto credere per parecchio tempo. Questo è il momento di vegliare, non di dormire; di pregare, non di divertirsi; di tener pronta la lampada per illuminare il buio, e la bisaccia e il bastone permettersi in viaggio. Questo è il tempo cui chi credeva di poter riposare, dovrà fare appello a tutte le sue energie, e chi pensava di farsi da parte, sarà obbligato a scendere nel mezzo dell’arena. E chi pensava di avere ancora molto tempo, si sta accorgendo di non averne quasi più; e chi continuava a rinviare le proprie decisioni, ora si vede obbligato a prenderle, senza ulteriore indugio. Chi avrebbe voluto starsene in pace, dovrà indossare l’armatura; e chi avrebbe preferito godersi il calduccio presso il fuoco, dovrà uscire e affrontare un lungo viaggio per nave, sferzato dalla pioggia e dal vento. Chi avrebbe desiderato tacere, dovrà parlare; e chi parla troppo, verrà zittito, o ammutolirà lui sesso, perché non gli verranno alle labbra le parole che intendeva pronunciare. Nulla sarà più com’era prima, e non sarà possibile fingere che tutto proceda come prima: ma ciò che doveva restare nascosto, sarà svelato, e ciò che doveva essere segreto, diverrà di pubblico dominio. È un tempo in cui l’umanità viene posta al vaglio, viene messa al setaccio, come il grano. La farina deve essere separata dalla crusca, e la crusca dalla farina.
Non tutti, peraltro, si sono accorti che i tempi son quelli che sono; o, comunque, non tutti si sono accorti che si tratta di tempi eccezionalmente difficili. Molti pensano a una difficoltà ordinaria, e sperano che passerà da sola, come finora è accaduto. Pochi vedono e comprendono che stanno venendo al pettine dei nodi strutturali, che giacevano molto in profondità, per cui nulla sarà come prima, una volta passata questa fase. In ogni caso, moltissimi si fermano agli aspetti esteriori della crisi che stiamo attraversando: quelli materiali, economici, finanziari, sociali, politici. Sul piano spirituale e religioso, il livello di consapevolezza è ancora più basso; c’è perfino chi pensa che stiamo vivendo un’epoca di trasformazione di segno positivo e si rallegra per l’apertura di orizzonti, per la disponibilità al dialogo, per la più accentuata sensibilità e solidarietà verso gli altri, verso quanti sono diversi da noi. C’è l’idea che sia un bene se tutti i muri stanno cadendo, senza riflettere che, in questo modo, si perde anche la cosa più preziosa: la Verità. Non è possibile che tutte le verità si equivalgano; e non è una buona cosa rinunciare al vero per amore della condivisione, perché condividere la menzogna non può essere un bene né per sé, né per glia altri. La fiammella della Verità deve rimanere sempre accesa, perché senza di essa, il sale perde il suo sapore e ogni cosa diventa insipida. Eppure è proprio questo che ci viene detto e ripetuto in continuazione, e proprio da coloro i quali dovrebbero innanzitutto custodire la Verità. Per il cristiano, la Verità è Cristo, e non ce ne sono altre; per il cattolico, la Verità è Cristo, così come le sue parole e le sue opere ci sono state tramandate dalla Scrittura e dalla Tradizione, e custodite fedelmente dal Magistero della Chiesa. Il fatto che, oggi, dei pastori indegni se ne escano a dire che nessuno sa cosa disse e fece realmente Gesù Cristo, perché all’epoca non esistevamo i registratori, indica una cosa soltanto: che il nemico, il lupo travestito da pastore, è già penetrato all’interno della Chiesa e che le pecorelle devono badare a se stesse da sole, devono provvedere da sé alla loro salvezza. Non da sole, però, ma con l’aiuto di Colui che lo ha promesso. Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro;(…) ed ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo. Lo ha detto Lui, e ci basta; non abbiamo paura di nulla, non ci servono altre garanzie.
Eppure, se alcuni pastori hanno tradito, se si sono messi al servizio del mondo e si stano adoperando per distruggere quella Verità che avevano solennemente giurato di difendere anche a costo della loro stessa vita; se vi sono dei pastori sciagurati, mercenari e spergiuri, ciò non significa che tutti abbiano tradito o disertato. Non bisogna disperare, perché Gesù ha anche promesso che le porte degli inferi non prevarranno mai sulla sua Chiesa. Il momento della prova sta arrivando, ma ciò non deve sgomentare alcuno: del resto, Lui stesso lo aveva annunciato. Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà, crederà di rendere culto a Dio. E faranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me…. In verità, in verità vi dico: voi piangerete e vi rattristerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete afflitti, ma la vostra afflizione si cambierà in gioia. La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo. Così anche voi, ora, siete nella tristezza; ma vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà togliere la vostra gioia (Giov., 16, 1-3 e 20-22). Forti di queste parole e di questa promessa, non abbiamo nulla da temere, anche se verranno momenti di afflizione e di profonda tristezza e, umanamente parlando, i credenti si sentiranno soli, abbandonati e traditi. Ma non da Lui: questo non avverrà mai, ed è l’unica cosa che conti veramente. Tutto il resto fa parte del mistero del male, mysterium iniquitatis, e della umana fragilità e incostanza, eredità del Peccato dei nostri progenitori.
È necessario, dunque, che ci disponiamo ad affrontare la prova con lo spirito giusto: che è spirito di umiltà, di obbedienza, di totale abbandono in Lui. Dobbiamo sempre ricordarci le sue parole: che da soli non possiamo fare niente, ma, restando uniti a Lui, possiamo portare molto frutto. La cosa più importante è la preghiera: dobbiamo restare uniti a Lui, e il modo più sicuro per farlo è la preghiera costante, senza stancarsi mai. Chi smette di pregare è già in pericolo, perché si è allontanato da Lui. Una tipica battuta progressista è che il Padre, nel giorno del giudizio, non ci domanderà quante preghiere avremo detto nel corso della nostra esistenza, bensì quante opere buone avremo fatto nei confronti del prossimo: ma questa è una maniera disonesta e profondamente sbagliata di porre la questione. La verità è che, senza la preghiera, non vi sono opere buone, perché solo Dio è buono (cfr. Luca, 18, 19); e dunque sono buone le cose che si fanno restando uniti a Lui con lo spirito, non sono buone quelle che l’uomo pretende di fare da se stesso. Certo, questo è uno dei più gravi mali che si sono diffusi nella mentalità dei cattolici e anche fra i membri del clero, fino ai più alti livelli: è il segno di quanto a fondo sia penetrato negli stessi cristiani lo spirito del mondo. Fra lo Spirito di Dio e lo spirito del mondo non può esservi intesa, non può esservi amicizia, non può esservi alcuna forma di collaborazione: uno dei due dovrà prevalere, e saranno i frutti a darne testimonianza, perché non c’è albero buono che dia frutti cattivi, né albero cattivo da cui si raccolgano frutti buoni. Ma i frutti di ciò che viene detto o fatto senza il ricorso a Dio, senza la preghiera rivolta a Lui, che è il canale per cui l’uomo si mantiene unito al Padre celeste, non potranno mai essere buoni; saranno sempre inquinati dalla sua vanità, dalla sua presunzione, dal suo calcolo interessato: perché l’uomo, da se stesso, non sa agire disinteressatamente, solo e unicamente per amore. È capace di elevarsi così tanto solo a condizione di affidarsi a Dio, di rimettersi a Lui, senza riserve e senza alcun secondo fine. Allora, sì, diventa capace di amare, cioè di portare molto frutto; ma non appena si distrae, non appena si separa da Lui, cade di nuovo nell’egoismo.
Coraggio, dunque: il momento è arrivato, saremo messi alla prova e vagliati come il grano. E chi voleva starsene tranquillo, dovrà lottare; i miti dovranno farsi avanti, i timidi dovranno essere coraggiosi. Ma sempre animati dalla speranza in Lui, il Signore nostro: che non tradisce, non abbandona, non delude: Oh Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, / di te ha sete l’anima mia, / a te anela la mia carne, / come terra deserta, arida, senz’acqua. // Così nel santuario ti ho cercato, / per contemplare la tua potenza e la tua gloria. / Poiché la tua grazia vale più della vita, / le mie labbra diranno la tua lode. // Così ti benedirò finché io viva, / nel tuo nome alzerò le mie mani. / Mi sazierò come a lauto convito, / e con voci di gioia ti loderà la mia bocca. // Nel mio giaciglio di te mi ricordo / penso a te nelle veglie notturne, / tu sei stato il mio aiuto; / esulto di gioia all’ombra delle tue ali. // A te si stringe l’anima mia. / La forza della tua destra mi sostiene (Salmo 62, 2-8). Come il salmista, ciascuno deve essere pronto fin dall’aurora: prima che sorge il sole, l’anima deve essere preparata e disposta ad accogliere con piena fiducia la volontà di Dio. Solo così non resterà confusa e assisterà con gioia al diffondersi della luce sul nuovo giorno: perché chi si fida delle promesse umane, perisce; e chi basa i suoi progetti sulla sapienza del mondo, corre alla sua rovina…
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