
La deriva dottrinale di Amoris laetitia era stata preparata da almeno trent’anni
3 Giugno 2017
Il male non è mai banale, ma forse vuol sembrarlo
4 Giugno 2017Padre Arturo Sosa Abascal, gesuita venezuelano, classe 1948, è preposito generale della Compagnia di Gesù dal 14 febbraio 2016, in piena sintonia con gli indirizzi pastorali di papa Francesco, anche lui gesuita e anche lui sudamericano,
Il 18 febbraio 2017, in una intervista al giornalista ticinese Giuseppe Rusconi, per il sito www.rossoporpora.org, ha polemizzato duramente, anche se indirettamente, fra le altre cose, con il cardinale Müller, il quale, in una intervista alla rivista Il Timone, a proposito del matrimonio, aveva affermato che nessun potere in Cielo o in Terra, né un angelo, né il papa, né un concilio, né una decisione dei vescovi, hanno la facoltà di modificare il Magistero che lo stabilisce come sacramento e, perciò, lo rende indissolubile. Le sue precise parole erano state queste:
Intanto bisognerebbe cominciare una bella riflessione su che cosa ha detto veramente Gesù… a quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne le parole. Quello che si sa è che le parole di Gesù vanno contestualizzate, sono espresse con un linguaggio, in un ambiente preciso, sono indirizzate a qualcuno di definito…
DOMANDA: Ma allora, se tutte le parole di Gesù vanno esaminate e ricondotte al loro contesto storico, non hanno un valore assoluto…
RISPOSTA: Nell’ultimo secolo nella Chiesa c’è stato un grande fiorire di studi che cercano di capire esattamente cosa volesse dire Gesù… capire una parola, capire una frase… le traduzioni della Bibbia cambiano, si arricchiscono di verità storica… Pensi un po’: per me, venezuelano, una stessa parola può avere un significato diverso se detta da uno spagnolo… Ciò non è relativismo, ma certifica che la parola è relativa, il Vangelo è scritto da esseri umani, è accettato dalla Chiesa che è fatta di persone umane. Sa che cosa dice san Paolo? "Non ho ricevuto il Vangelo da nessuno degli Apostoli. Sono andato a trovare Pietro e Giacomo per la prima volta tre anni dopo la conversione. La seconda, dopo dieci anni e in quell’occasione abbiamo discusso di come va compreso il Vangelo. Alla fine mi hanno detto che anche la mia interpretazione andava bene, ma una cosa non dovevo dimenticare: i poveri… ": Perciò è vero che nessuno può cambiare la parola di Gesù… ma bisogna sapere quale è stata!
DOMANDA: È discutibile anche l’affermazione (cfr. Matteo 19, 3-6) "Non divida l’uomo ciò che Dio ha congiunto"?
RISPOSTA: Io mi identifico con quello che dice papa Francesco: non si mette in dubbio, si mette a discernimento…
DOMANDA: cioè si mette in dubbio, poiché il discernimento è valutazione, è scelta tra diverse opzioni… Non c’è più un obbligo di seguire una sola interpretazione…
RISPOSTA: No, l’obbligo c’è sempre, ma di seguire i risultati del discernimento. Non è una qualsiasi valutazione…
DOMANDA: Però la decisione finale si fonda sul giudizio relativo a diverse ipotesi… Prende in considerazione dunque anche l’ipotesi che la frase "l’uomo non divida…" non sia esattamente come appare… insomma mette in dubbio la parola di Gesù…
RISPOSTA: Non la parola di Gesù, ma la parola di Gesù come noi l’abbiamo interpretata… Il discernimento non sceglie tra diverse ipotesi ma si pone in ascolto dello Spirito Santo, che – come Gesù ha promesso – ci aiuta a capire i segni della presenza di Dio nella storia umana.
Una riflessione specifica su questa straordinaria intervista richiederebbe un articolo a parte, anzi, un saggio a parte: un saggio dedicato a mostrare come questi gesuiti modernisti e progressisti stiano scientemente e sottilmente sfruttando tutte le arti della loro consumata dialettica per rivoltare come n guanto la dottrina cattolica, e per mettere in bocca a Gesù Cristo
tutto quel che piace a loro, cioè tutto quel che piace al nostro secolo: il progresso, la scienza, l’edonismo, l’immanenza, la totale distruzione del senso della trascendenza, della spiritualità, del misticismo, dell’unione profonda con Dio mediante la preghiera, la fede e l’abbandono dell’io, con tutte le sue brame e la sua alterigia, a cominciare da quella di capire tutto e spiegare tutto: cioè la distruzione del Mistero, in nome di un razionalismo esasperato e di uno storicismo che, con la scusa di contestualizzare, toglie, di fatto, o cloroformizza, o neutralizza, la dimensione dell’Assoluto nella stessa Parola di Dio, riducendola, di fatto, alle modeste proporzioni di una parola umana, bisognosa di continue revisioni, aggiornamenti, puntualizzazioni, precisazioni, interpretazioni (proprio come nel protestantesimo e nel modernismo).
Il tutto con la suprema ipocrisia di negare una relativizzazione della Parola di Dio, proprio nell’atto di operarla, anzi, d’imporla; e di nascondersi dietro un dito, di fronte all’evidenza di un rovesciamento totale del senso delle Parole di Gesù. Sosa Abascal dice che bisogna contestualizzare, che bisogna vedere in che senso Gesù ha detto che l’uomo non deve dividere ciò che Dio ha congiunto? Benissimo: il senso viene ulteriormente precisato dal seguito del discorso di Gesù stesso: Mosè ha ammesso il divorzio per la durezza di cuore degli uomini; ma, dice Gesù, chiunque anche soltanto guarda una donna con desiderio, ha già commesso un adulterio con lei, nel suo cuore. Pertanto, aggiunge sempre Gesù, se il tuo occhio ti dà scandalo, strappatelo; se il tuo piedi o la tua mano ti danno occasione di scandalo, tagliateli: è meglio entrare ciechi, zoppi e monchi nel Regno di Dio, che essere gettati nel fuoco dell’inferno. Più chiaro di così. Altro che registratori. Bisogna che Sosa Abascal s’inventi qualcosa di meglio della faccenda dei registratori, se vuol portare avanti il suo disegno di storicizzazione e razionalizzazione del Vangelo, cioè il suo progetto gnostico-massonico per trasformare il cattolicesimo in una religione a due livelli: quello popolare, delle vecchiette credulone, e quello dei dotti, i quali, avendo studiato e rettamente interpretato il Vangelo (finalmente, dopo duemila anni di equivoci ed errori!) hanno capito che Gesù ha detto e fatto delle cose ben diverse da quello che appariva ad una prima, "ingenua" lettura.
Ma padre Sosa Abascal non era che all’inizio del suo progetto di sovversione della Scrittura (della Tradizione non parla, perché, evidentemente, a lui non interessa: non interessa ai protestanti e ai modernisti); non gli bastava aver negato che si possa leggere il Vangelo, così com’è, semplicemente con fede, e fidandosi della interpretazione che il Magistero ne ha dato per due millenni. No, la sua opera di sovversione deve andare avanti, sempre più avanti: ora se la prende con la credenza nel diavolo, roba per vecchine sempliciotte e un po’ deboli di mente (di nuovo!) e per fanatici e ignoranti, insomma roba da medioevo. Come riportato dal giornalista Matteo Matzuzzi sul Il Foglio del 2 giugno 2017, padre Abascal, nel corso di un’intervista (ma non ne rilasciano un po’ troppe, d’interviste, questi preti progressisti e modernisti? è diventata questa la loro forma di comunicazione privilegiata, come per i divi dello spettacolo, o per i politici?), rilasciata al supplemento Papel del quotidiano spagnolo El mundo, dopo essersi diffuso su svariate questioni di portata mondiale, non tutte precisamente di carattere religioso, a cominciare dalla situazione politica della sua patria, il Venezuela, a un certo punto ha affermato, con la massima nonchalance, lasciando di stucco l’intervistatore, e soprattutto i lettori, specie se fedeli cattolici:
Abbiamo creato figure simboliche, come il diavolo, per esprimere il male. Anche i condizionamenti sociali rappresentano questa figura, ci sono persone che si comportano così perché c’è un ambiente dove è molto difficile fare il contrario.
Ecco quel che si dice prendere due piccioni con una sola fava: il diavolo non esiste, è solo una figura simbolica (metodo Bultmann; e neppure i malvagi esistono, sono solo dei disadattati sociali (buonismo), che non possono sottrarsi all’influenza deleteria del loro ambiente, il quale è la sola causa apprezzabile del male che essi commettono (Rousseau, mito della bontà originaria dell’uomo, nonché pelagianesimo e negazione degli effetti del Peccato originale; inoltre, negazione del libero arbitrio, come avviene per i luterani). Pertanto, ci sono almeno quattro componenti ereticali in quelle poche parole di padre Abascal. Il quale, evidentemente, si è dimenticato, oltre che di due millenni di sacro Magistero, nonché delle parole di Gesù stesso (Io non ti prego, Padre, di toglierli dal mondo, ma di preservarli dal maligno), anche delle parole di un poeta laico e assai poco credente, Charles Baudelaire: La vittoria più bella del diavolo è quella di far credere che non esiste.
Così, se padre Abascal al diavolo non ci crede, ci crediamo noi; e ci sembra che nel suo sorrisetto beffardo, compiaciuto, da: ascoltatemi-bene-che-so-tutto-io, nella sua aria sorniona, con quei baffetti ben curati e un po’ rétro, e con quell’aria vagamente, beatamente idiota, che ricorda certi ritratti di La Mettrie e di altri philosphes e savants illuministi, i quali, proprio come lui, avevano capito tutto, e soprattutto avevano capito che tutti gli altri non avevano capito nulla, se ne possano, forse, riconoscere alcuni caratteristici tratti. Del resto, ci sentiremmo di scommettere che costui, quando insegnava in seminario, era di quei professori modernisti e progressisti che minacciavano rudemente i seminaristi che osassero indossare la talare: la talare, si sa, è roba d’altri tempi, tempi di clericalismo e di oscurantismo. Ma ora i Sosa Abascal, elegantissimi nel loro clergyman di buon taglio, e sempre graditi ospiti nei salotti che contano, non ammettono simili cadute di stile.
Un’ultima osservazione su papa Francesco. Il papa, si dirà, non la pensa così, almeno riguardo al diavolo (e ci mancherebbe altro…); il papa ci crede, eccome, visto che ne ha parlato in diverse occasioni, ricordando che si tratta di un essere personale, non di una semplice astrazione concettuale. Resta il fatto che, oltre ad essersi felicitato della sua elezione, e, probabilmente, ad averla favorita, vista la perfetta sintonia dottrinale e pastorale fra i due, il papa non lo ha ripreso, né in occasione della precedente intervista, quando aveva affermato che non si sa cosa abbia realmente detto Gesù, perché ai suoi tempi non c’era qualcuno che registrasse le sue parole, né, a quanto pare, in occasione di quest’ultima, in cui dice chiaro e tondo che il diavolo non esiste. Forse il papa tace per una forma di delicatezza? Forse lo ha ripreso, o lo riprenderà, ma in privata sede? Difficile crederlo. Quando deve far capire che non è d’accordo con qualcuno, o che non ha stima di qualcuno, il papa Francesco sa farlo molto bene, con la massima pubblicità, e senza alcun riguardo: anzi, mirando deliberatamente a screditarlo e umiliarlo. Lo ha fatto con le parole, con i gesti, con il tono della voce, con lo strizzare o lo sgranare e roteare gli occhi, con tutta la mimica di un consumato attore. Però, quando monsignor Vincenzo Paglia elogia il defunto Marco Pannella come un campione della spiritualità, e quando lo addita a modello ed esempio per tutti quanti, quale maestro di vita; o quando monsignor Galantino dice che Dio ha risparmiato i sodomiti, contraddicendo frontalmente la parola di Dio contenuta nella Bibbia, allora il papa che parla sempre e che parla di tutto, in qualsiasi occasione gli si offra, diventa muto come un pesce: non proferisce verbo, né muove un muscolo. Tace; e chi tace, se non andiamo errati, e specialmente in una struttura gerarchica come la Chiesa cattolica (struttura gerarchica che Bergoglio non ha per niente alleggerito, anzi, sta centralizzando al massimo, così da avere ogni cosa sotto controllo), acconsente. Qui tacet, consentire videtur. L’unica possibile spiegazione di tutto ciò non è che il papa, su certe cose, come l’esistenza del diavolo quale essere personale, la pensa in maniera diversa, più tradizionale e più ortodossa, di come la pensino certi suoi troppo impetuosi pupilli, come padre Sosa Abascal, bensì che lui e loro stiano facendo un gioco di squadra. Qualche volta tira la palla uno, qualche volta la tira un altro, e pare che siano due soggetti e due volontà diversi; invece il fine è lo stesso, la strategia è la stessa, ma ben mascherata: si tratta di portare la Chiesa cattolica fuori di se stessa, di trasformarla in un’altra cosa, che non vogliamo neppure nominare, e di giungere ad un tale risultato senza che i credenti se ne accorgano; insomma, la strategia della rata bollita, o, se si preferisce, della "finestra" di Overton.
Resta una sola cosa da vedere, a questo punto, dal momento che i loro giochi si stanno facendo abbastanza chiari: si tratta di vedere se noi cattolici glielo lasceremo fare…
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