
Perché dialogare a ogni costo con l’islam è illusorio
16 Aprile 2017
Il peggiore scandalo è restare in silenzio
17 Aprile 2017I sedicenti cattolici modernisti e progressisti, che sanno sempre tutto e devono metter becco su tutto, su una cosa non s’interrogano mai, non riflettono mai, né, soprattutto, dubitano mai: che la democrazia sia il migliore dei sistemi politici possibili, il sistema assoluto, al di fuori del quale nulla è pensabile, nulla è accettabile, nulla è ammissibile; e che il cattolico, pertanto, altro non abbia da fare, quanto alla dimensione politica e sociale dell’esistenza, che rimettersi con piena e incondizionata fiducia alle meraviglie della democrazia liberale, così come essa si è configurata e come si sta attuando nel mondo.
Oggi le cose sono giunte a un punto tale che costoro non riuscirebbero nemmeno a concepire una sia pur minima sfasatura, una sia pure impercettibile distanza fra il cristianesimo e la democrazia: li ritengono come le due facce di una stessa medaglia, sul verso c’è il Vangelo e sul recto l’assemblea generale delle nazioni Unite, con tutto il fardello del sistema democratico da rappresentare nell’universo mondo. Il fatto che la Chiesa, per due millenni, e fino a meno di un secolo fa, abbia convissuto con sistemi politici e sociali diversi dalla democrazia, dalla monarchia assoluta di diritto divino alla monarchia costituzionale, e a quella parlamentare, dallo Stato massonico e anticlericale al fascismo, dapprima anticleicale, poi filo-clericale (anche se più per calcolo che per convinzione), non li turba; né il fatto che, forse, in un futuro neanche troppo lontano, gli uomini potrebbero sentire la necessità di elaborare dei sistemi politico-sociali diversi dalla democrazia, e, possibilmente, migliori di essa, perché quelli peggiori, come il nazismo e il comunismo, li hanno già sperimentati e ne hanno avuto abbastanza. Tutto ciò, a quanto pare, non scalfisce minimamente le loro certezze, dato che non vi dedicano neppure un pensiero.
Abbiamo già trattato questo argomento, che ci sembra di somma importanza, specialmente oggi, in altre occasioni (cfr. Cristianesimo e modernità sono incompatibili?, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 3/02/20015; Cristo Re: una sfida aperta a tutte le idee-cardine della modernità e Ma è compito della Chiesa cattolica fare il tifo per la democrazia?, pubblicati entrambi su Il Corriere delle Regioni rispettivamente il 16/04/2016 e il 17/01/2017); qui vogliamo portare il discorso più specificamente sul piano delle idee e dei valori, dai quali discendono i comportamenti pratici e gli stili di vita delle persone. Ed entriamo subito nel vivo del problema chiedendoci, in maniera spassionata e con animo sgombro da preconcetti: esiste uno stile di vita democratico? E, se sì, come si concilia con lo stile di vita cristiano? Perché uno stile di vita cristiano, di per sé, certamente esiste; anche se saremmo forse più precisi dicendo che "esisteva", e lo si vedeva chiaramente nel modo di vivere delle famiglie e delle persone, fino a un paio di generazioni fa, specialmente nei paesi di provincia e, più ancora, nelle campagne.
Prendiamo dunque in mano il Compendio della dottrina sociale della Chiesa, edito a cura del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace, e vediamo quel che dice su Il sistema della democrazia (Liberia Editrice Vaticana, 2004, §§ 406-407, pp. 222-223):
406. UN GIUDIZIO ESPLICITO E ARTICOLATO SULLA DEMOCRAZIA CONTENUTO NELL’ENCICLICA "CENTESIMUS ANNUS": "La Chiesa apprezza il sistema della democrazia, in quanto assicura la partecipazione dei cittadini alle scelte politiche e garantisce ai governati sia di eleggere e controllare i propri governati, sia di sostituirli in modo pacifico, ove ciò risulti opportuno, Essa, pertanto, non può favorire la formazione di gruppi dirigenti ristretti, i quali per interessi particolari o per fini ideologici usurpano il potere dello Stato. Un’autentica democrazia è possibile soltanto in uno Stato di diritto e sulla base di una retta concezione della persona umana. Essa esige che si verifichino le condizioni necessarie per la promozione sia delle singole persone mediante l’educazione e la formazione ai veri ideali, sia della "soggettività" della società mediante la creazione di strutture di partecipazione e di corresponsabilità.
a) I VALORI E LA DEMOCRAZIA
407. UN’AUTENTICA DEMOCRAZIA NON È SOLO IL RISULTATO DI UN RISPETTO FORMALE DI REGOLE, MA È IL FRUTTO DI UNA CONVINTA ACCETTAZIONE DEI VALORI CHE ISPIRANO LE PROCEDURE DEMOCRATICHE : LA DIGNITÀ DI OGNI PERSONA UMANA, IL RISPETTO DEI DIRITTI DELL’UOMO, L’ASSUNZIONE DEL "BENE COMUNE" COME FINE E CRITERIO REGOLATIVO DELLA VITA POLITICA. Se non vi è un consenso generale su tali valori, si smarrisce il significato della democrazia e si compromette la sua stabilità.
LA DOTTRINA SOCIALE INDIVIDUA UNO DEI RISCHI MAGGIORI PER LE ATTUALI DEMOCRAZIE NEL RELATIVISMO ETICO, CHE INDUCE A RITENERE INESISTENTE UN CRITERIO OGGETTIVO E UNIVERSALE PER STABILIRE IL FONDAMENTO E LA CORRETTA GERARCHIA DEI VALORI: "Oggi si tende ad affermare che l’agnosticismo e il relativismo scettico sono la filosofia e l’atteggiamento fondamentale rispondenti alle forme politiche democratiche, e che quanti sono convinti di conoscere la verità e aderiscono con fermezza ad essa non sono affidabili dal punto di vista democratico, perché non accettano che la verità sia determinata dalla maggioranza o sia variabile a seconda dei diversi equilibri politici. A questo proposito, bisogna osservare che, se non esiste nessuna verità ultima la quale guida e orienta l’azione politica, allora le idee e le convinzioni possono esser facilmente strumentalizzate per fini di potere. Una democrazia senza valori si converte facilmente in un totalitarismo aperto oppure subdolo, come dimostra la storia". La democrazia è fondamentalmente "un ‘ordinamento’ e, come tale, uno strumento e non un fine. Il suo carattere ‘morale’ non è automatico, ma dipende dalla conformità alla legge morale a cui, come ogni altro comportamento umano, deve sottostare: dipende cioè dalla moralità dei fini che persegue e dei mezzi di cui si serve".
Segue un paragrafo, il 409, specificamente dedicato al rapporto fra la democrazia e le singole istituzioni politiche, come il parlamento, e che qui non c’interessa. Abbiamo visto abbastanza: che la Chiesa, adottando l’enciclica Centesimus annus (1° maggio 1991) come base della sua dottrina sociale, intende fare proprio il Magistero di Giovanni Paolo II per il nostro tempo. Ora, se è logico che la dottrina sociale della Chiesa evolva in base al mutare delle condizioni, politiche, economiche e sociali e culturali, proprio la scelta dell’anniversario della Rerum Novarum di Leone XIII (15 maggio 1891) evidenzia tale carattere prettamente storico. E già qui siamo automaticamente su un terreno minato. Infatti, se le condizioni storiche evolvono, la dottrina della Chiesa non dovrebbe evolvere: al massimo si potrebbe parlare di un approfondimento, di uno sviluppo di temi già insiti in essa; diversamente, si farebbe del cattolicesimo una delle tante ideologie di questo mondo, che ora vanno di moda, ora tramontano, e gli si toglierebbe il suo carattere precipuo: quello una dottrina di origine non umana, la Rivelazione di Dio agli uomini, anticipata per mezzo dei profeti e dei patriarchi e attuatasi per mezzo del mistero dell’Incarnazione del Verbo. La quale Incarnazione è, sì, un fatto storico, la nascita di Gesù e la sua vita terrena, fino alla morte di croce, ma è, contemporaneamente, un evento soprannaturale, racchiuso fra due misteri: quello della Concezione verginale di Maria e quello della Resurrezione dal sepolcro e, poi, dell’Ascensione al Padre.
Comunque, se l’attuale dottrina sociale della Chiesa coincide con la concezione esposta da Giovanni Paolo II nella Centesimus annus, non si può non osservare come, pur essendo passati meno di trent’anni, la situazione mondiale complessiva sia enormemente cambiata: allora, era appena caduto il comunismo, l’Unione Sovietica si era dissolta e pareva che un radioso avvenire avrebbe accompagnato l’espansione della democrazia in tutto il mondo. Oggi, invece, alla caduta del comunismo sovietico non è seguita una sostanziale distensione fra la Russia e i Paesi occidentali; l’Unione europea è una realtà, ma, nel giro di pochi anni, essa è riuscita a deludere e disgustare gran parte dei suoi cittadini; in Cina perdura la dittatura, comunista di nome, selvaggiamente capitalista nei fatti; le cosiddette "primavere arabe" si sono rivelate un tragico inganno, se non addirittura una montatura mediatica; gli Stati Uniti hanno mostrato il volto brutale e spregiudicato di una imperialismo di marca democratica, conducendo una serie di guerre destabilizzanti, che hanno sconvolto gli equilibri geopolitici in un’area vastissima, dall’Asia centrale all’Africa; il terrorismo islamico si è scatenato ovunque e rappresenta, oggi, un fattore di estrema tensione nella vita delle società occidentali; una migrazione di proporzioni bibliche si è messa in moto dal Sud del Mediterraneo verso l’Europa, e la sta gradualmente sommergendo, sommandosi ai flussi migratori "regolari" degli ultimi decenni, con la prospettiva di una rapida islamizzazione dell’Europa intera; il potere finanziario mondiale, divenuto incontrollabile, sta realizzando l’obiettivo finale che si è sempre proposto, il dominio incontrastato del pianeta, ora causando una crisi finanziaria ed economica di proporzioni impressionanti, ora manovrando occultamente dietro i fenomeni migratori e lo stesso terrorismo, sicché la linea del "fronte" si è dissolta e l’intero pianeta pare essersi trasformato in un perenne campo di battaglia di tutti contro tutti. Si aggiunga il crollo della natalità nei Paesi europei e il dilagare di nuovi stili sociali e culturali, di nuove legislazioni civili, che hanno portato, di fatto, alla sovversione dei valori morali da sempre professati e la loro sostituzione con nuovi modelli, radicalmente edonisti e individualisti, dei quali il cosiddetto matrimonio omosessuale, l’adozione di bambini da parte di tali coppie, le nascite ottenute per mezzo della fecondazione artificiale e l’acquisto preventivo dei nascituri mediante la pratica dell’"utero in affitto", hanno determinato una situazione che, nel 1991, era semplicemente impensabile, così come lo era, per la verità, ancora pochissimi anni fa: impensabile, almeno, per la stragrande maggioranza della popolazione, abilmente indottrinata e manipolata dai una informazione del tutto asservita ai dettami del potere finanziario.
Quel che vogliamo dire è che, una volta adottata una prospettiva sostanzialmente storica, il Magistero sociale della Chiesa è già largamente superato dai fatti; e, in effetti, una possibile chiave di lettura di certi comportamenti di papa Francesco, di monsignor Galantino o di monsignor Paglia è proprio questa: che essi si muovano ancora all’interno delle linee guida della Centesimus annus e non abbiamo pienamente compreso quanto radicale sia stato il mutamento verificatosi negli ultimi cinque lustri. Quanto ai contenuti specifici di tale dottrina, il documento del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace — che, istituito da Paolo VI nel 1967, è stato soppresso il 1° gennaio 2017 da papa Francesco — ha il merito di mettere bene a fuoco il nodo fondamentale della questione: cioè che una democrazia agnostica, relativista e scettica, priva di valori, si riduce a un guscio vuoto ed è incompatibile con la visione e con la pratica cristiana della vita, come del resto è oggi del tutto evidente. Però non sa, e non può, indicare alcun rimedio a tale situazione: la democrazia non tollera una definizione univoca della verità, della giustizia, del bene, eccetera, ma si riserva la piena facoltà di riformulare il proprio giudizio in base al volere della maggioranza; mentre il cristianesimo è portatore di una morale e di una dottrina che presuppongono una fonte oggettiva di certezza, Dio, e una tavola di valori che non sono umanamente negoziabili, alla luce del Vangelo. Una democrazia fondata sui valori è una contraddizione in termini; tutt’al più, si può pensare — e, di fatto, stiamo incominciando a vederla – una democrazia fondata su dei contro-valori, cioè sulla sovversione sistematica di tutti i valori dell’Europa cristiana, della sua tradizione, delle sue radici (tanto è vero che ricordare le radici cristiane dell’Europa è diventato politicamente scorretto). Logico, se si pensa che la democrazia è una creazione dell’illuminismo, e precisamene di Rousseau; e se si riflette che l’illuminismo nasce come rivolta anticristiana ed è perciò assolutamente incompatibile con il Vangelo. O si è cristiani o si è illuministi.
Resta perciò la domanda: è compito specifico della Chiesa, quello di elaborare e proporre una propria dottrina sociale? Gesù lo ha fatto? Se si vuol essere onesti, la risposta è no. Ha parlato dei poveri, della giustizia, ma non ha proclamato alcuna dottrina sociale; al contrario, ha ribadito che il suo Regno non è di questo mondo. Ogni tentativo di fare di Gesù un riformatore sociale equivale a un tradimento nei confronti della sua missione, e, perciò, anche nei confronti della sua Chiesa…
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