
Il culto di U Thlen, il Serpente della Morte, ovvero: tutte le religioni sono buone?
13 Aprile 2017
Servono tre cose: cultura, coraggio e timor di Dio
14 Aprile 2017Nel suo tipico stile approssimativo e pasticciato, sgrammaticato e presuntuoso, papa Francesco, in un messaggio ai Movimenti Mondiali Popolari, il 5 novembre 2016, ha testualmente affermato, senza arrossire:
Nessun popolo è criminale e nessuna religione è terrorista. Non esiste il terrorismo cristiano, non esiste il terrorismo ebraico, e non esiste il terrorismo islamico. Non esistono…. Nessun popolo è criminale o narcotrafficante o violento… Ci sono persone fondamentaliste e violente in tutti i popoli e in tutte le religioni, che si rafforzano anche con le generalizzazioni intolleranti, e si nutrono dall’odio [sic] e dalla [sic] xenofobia. I ragazzi che hanno fatto la strage a Zaventem erano belgi: nati in Belgio, immigrati di seconda generazione, ghettizzati, non integrati.
Diceva queste cose alcuni mesi dopo il fatto di Saint Etienne du Rouvray, in Francia, dove due giovani islamici hanno sgozzato il sacerdote cattolico nella sua chiesa, mentre stava celebrando la santa Messa. Anche quei due ragazzi erano "francesi", nati a Rouen: dunque, secondo la logica di Bergoglio, il loro gesto è il gesto di due cittadini europei e non c’entra con l’islam. Peccato che, mentre facevano quel che facevano, gridassero: Daesh! (acronimo arabo per indicare lo Stato islamico), e Allah Akbar! ("Dio è il più grande"). Non gridavano le parole della Marsigliese e nemmeno frasi sconnesse; inneggiavano al loro Dio, al Dio del Corano, in maniera assolutamente esplicita.
Ora, vorremmo sapere se il papa è in grado di citare un caso, uno solo, in tutto il mondo, negli ultimi 100 anni, in cui un cristiano abbia ammazzato qualcuno mentre gridava, inneggiando al nome di Gesù Cristo. No, non può farlo, né lui né alcun altro: perché non c’è mai stato. Sì, ci sono dei "cristiani", dei "cattolici", che commettono dei delitti; che, come dice il papa, ammazzano la moglie, o la suocera: ma per piacere, cosa c’entrano simili atti con la religione? Uccidendo mogli e suocere, nessuno ha mai gridato: In nome di Dio! I due ragazzi della chiesa di Saint Etienne de Rouvray, invece, hanno gridato: Akllah Akbar!, cioè Dio è il più grande!. E, come loro, lo hanno fatto innumerevoli altri combattenti o terroristi islamici. Hanno ucciso in nome di Dio. Hanno ritenuto di fare cosa gradita a Dio, al loro Dio. I quattro kosovari che, a Venezia, fantasticavano di far saltare il Ponte di Rialto, si eccitavano a vicenda, dicendo: Pensa quanti miscredenti uccideremmo, e come avremmo aperta la via del Paradiso! Dunque, nella loro cultura, uccidere il maggior numero possibile di "miscredenti", non importa se a tradimento, non importa se si tratta di donne e bambini, è una cosa meritoria davanti a Dio, una cosa buona, una cosa altamente lodevole, e chi la compie non è un criminale della peggiore specie, meritevole solo di disprezzo, ma un eroe, o meglio un "martire", cioè un testimone della fede.
Ci sono anche quelli che mandano a farsi saltare in aria, indossando un corpetto esplosivo, bambini e bambine di dieci anni, di otto anni, di sette anni. Sono gli uomini di Boko Haram, in Nigeria; gli stessi che attaccano le chiese e le bruciano con tutti i cristiani dentro, riuniti per la santa Messa; gli stessi che rapiscono decine di ragazze cristiane per farne le schiave sessuali dei valorosi combattenti islamici. E non lo fanno in nome di passioni private, ma in nome di un ideale religioso: il loro. Mandano una bambina di sette anni al mercato, a farsi saltare in aria, oppure la fanno saltare in aria con un telecomando, mentre si trova in mezzo alla folla, in modo che muoia quanta più gente è possibile: trenta, cinquanta, ottanta persone alla volta. Tanto, non sono persone: nella cultura di chi agisce così, non esiste il concetto di "persona", o, se esiste, esiste solo per gli islamici. Agli studenti dell’università di Garissa, in Kenya, i carnefici ordinavano di leggere qualche verso del Corano, in lingua araba naturalmente: i ragazzi islamici lo sapevano fare ed erano salvi, i ragazzi cristiani non lo sapevano fare e venivano trucidati sul posto. In pochi minuti ne hanno ammazzati cento e cinquanta, in parte decapitandoli.
Il papa ha ritenuto di dover precisare che i ragazzi "belgi" della strage di Zaventem erano "ghettizzati" e "non integrati"; come dire che la colpa delle loro azioni ricade anche sulle vittime. Nel suo buonismo ideologico, non lo ha mai sfiorato l’idea che, per integrarsi, la prima cosa necessaria è la volontà dell’immigrato. Chi non si integra, in Europa, non è solo perché viene ghettizzato, ma, specie nel caso degli immigrati islamici, e specie per quelli provenienti da certe culture, non vuol saperne d’integrarsi. Non ama né rispetta l’Europa, le sue tradizioni, la sua civiltà; al contrario, le detesta e le disprezza, e considera gi europei dei miscredenti boriosi e moralmente spregevoli, dei pagani molli e depravati, condannati all’estinzione e meritevoli solamente di essere distrutti e sostituti dai nuovi arrivati, i veri "credenti". Non solo: il papa ha specificato che l’intolleranza, le semplificazioni, la xenofobia, alimentano l’odio e favoriscono la strategia del terrorismo; ma la parola "terrorismo islamico" lui non l’ha pronunciata; non ha potuto farlo, visto che aveva premesso che "il terrorismo islamico non esiste". Incredibile: è riuscito a parlare del terrorismo islamico, a indicare i rimedi per prevenirlo, ma senza nominarlo e, addirittura, negando esplicitamente che esista. Dunque, si vede che ha parlato di un sogno, di un’allucinazione; ha parlato di qualcosa che, effettivamente, non c’è. Complimenti.
A questo punto, visto che né i fatti, né il semplice buon senso sono sufficienti a scalfire la durissima scorza ideologica del papa, buonista e relativista, non resta che un estremo sistema: quello di guardare. Guardare e non chiudere gli occhi, non girare la testa dall’altra parte: anche se si tratta di una esperienza dura, sconvolgente. Guardare le foto, che parlano da sole, senza tanti arzigogoli e sofismi buonisti: per esempio, le foto dei combattenti e delle combattenti curde che sono stati decapitati dagli uomini dell’Isis, al tempo della battaglia di Kobane, alla fine di ottobre del 2014. Le foto giravano in rete da un pezzo, e anche i giornali le hanno mostrate, quando papa Francesco diceva, a più di due anni di distanza, che "il terrorismo islamico non esiste", offendendo tutte le sue vittime, offendendo i bambini fatti saltare in aria, offendendo le ragazze stuprate e decapitate, e offendendo, da ultimo, il puro e semplice buon senso, la pura e semplice decenza. E allora ci piacerebbe che le guardasse, ma che le guardasse bene, sua santità, quelle foto, quelle immagini, nonostante la loro crudezza, nonostante la loro disumanità: che se le imprimesse nella mente e che ciò le servisse a riflettere, a ponderare bene le parole, prima d’improvvisare discorsi sconclusionati e deliranti, addirittura folli, irresponsabili e vergognosi, che equiparano tutte le religioni e tutti i popoli, che negano il male, che fanno di tutta l’erba un fascio, che mettono Gesù Cristo e la Chiesa da lui fondata sullo stesso piano dei predicatori di odio, di crudeltà e sopraffazione. Gesù, mentre veniva inchiodato sulla croce, pregava con queste parole: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. Con quali parole pregano, i signori dell’Isis, o di Boko Haram? E con quali parole pregavano i fondatori delle religioni non cristiane, ben poco somiglianti al profeta disarmato dei cristiani, ben poco disposti a farsi crocifiggere per amore degli uomini?
La ragazza della foto si chiamava Rehana (nome di battaglia), aveva ventotto anni ed era un simbolo del coraggio e della volontà di lotta del popolo curdo: rappresentava la fierezza di tutte le donne curde che preferiscono combattere al fianco dei loro uomini piuttosto che fuggire dalla loro terra o lasciarsi sgozzare come capretti inermi. La sua testa mozzata parla da sola; così come parla da sola l’espressione del criminale che la mostra al fotografo, sghignazzante ed esultante. Questi sono i fatti, queste sono le cose; il resto è solamente chiacchiera. Santità, che ne dice di questa foto, e di tante altre simili a questa? Che cosa ci verrà a dire: che è un fotomontaggio? Magari lo fosse: i fatti sono stati confermati, risalgono agli ultimi giorni di ottobre del 2014, ne ha parlato la stampa di tutto il mondo; dunque, anche lei non poteva non esserne a conoscenza. Eppure, a due anni da quei fatti, lei ha ritenuto giusto e opportuno dichiarare pubblicamente che il terrorismo islamico non esiste. E allora le vorremmo domandare, santo padre, se la cosa non le sembra troppo impertinente: di che cosa è morta, la giovane Rehana? È mora di raffreddore? Oppure qualcuno le ha tagliato la testa? A lei risulta che i mariti italiani, quando litigano con le mogli o con le suocere, e poi le uccidono (come lei ha tanto amabilmente, e opportunamente, ricordato), taglino anche loro la testa? Oppure le risulta che la mostrino come un trofeo, e si facciano fotografare tenendole per i capelli? Oppure, ancora, le risulta che essi sogliano gridare: Gesù Cristo è il più grande!, mentre lo fanno? A lei risulta questo, santo padre? A noi – vede – no, non risulta.
E come Rehana ce ne sono tante, e tanti. I Curdi, peraltro, sono in maggioranza musulmani sunniti; e questo, forse, le darebbe il pretesto per aggrapparsi alla sua idea cardine, che non esiste un terrorismo islamico, visto che dei musulmani fanno tali cose ad altri musulmani. Il punto è che essi le fanno in nome di Allah: ci corregga se sbagliano, ci smentisca se questo non è vero. Uccidono e decapitano in nome di Allah; e in nome di Allah hanno scacciato e costretto all’esodo centinaia di migliaia di cristiani. In Egitto, i copti sono oggetto di continui attentati, vivono nel terrore. Lei queste cose le sa benissimo, santo padre; dunque, se non vuole ammettere che, nel mondo, è in atto una guerra del terrorismo islamico contro i cristiani e le altre minoranze religiose, e anche contro alcuni gruppi islamici considerati eretici, ma sempre in nome di Allah, è solo per la sua testardaggine ideologica, per il buonismo e progressismo che le impediscono di chiamar le cose con il loro nome, le vietano di dire che il cristianesimo è una religione di pace, mentre altre sono religioni di odio. Lei questo non lo dirà mai: ha deciso di votarsi alla causa del relativismo, ha deciso di sostenere a oltranza che tutte le religioni sono buone, che tutte portano a Dio, tanto Dio è Dio, non è mica cattolico, come lei si è premurato di precisare a scanso di malintesi; dunque è anche il Dio di Daesh. Con il che non stiamo affatto dicendo che tutti i musulmani sono dei terroristi, ci mancherebbe; ma semplicemente che i terroristi islamici esistono, eccome. Anche se lei non sarà mai disposto ad ammetterlo, a rimangiarsi le sue frasi assurde.
Il fatto è che lei, santità, non è degno di essere papa. Lei non si è mai comportato da papa, cioè da capo della Chiesa cattolica: mai, fin dal primo istante. Fin dal primo istante, lei ha voluto salutare la folla che l’acclamava, in Piazza San Pietro, a Roma, con un laicissimo: Buonasera, come poteva fare un Mike Bongiorno, o un Pippo Baudo; tanto per far vede come la pensa, che lei è laico e moderno, che lei non è clericale, anzi, che detesta il clericalismo. E infatti, giammai l’abbiamo sentita dire: Sia lodato Gesù Cristo; e nemmeno l’abbiamo vista inginocchiarsi davanti al Corpo di Nostro Signore Gesù Cristo. Diremo di più: lei non vuole, non ha mai voluto, fare il papa, comportarsi da papa; e dunque, perché ha accettata di essere eletto? Se fare il papa non le va, perché non ha declinato la nomina? Perché ha voluto occupare il seggio di san Pietro, subito dopo che il suo predecessore, Benedetto XVI, l’aveva lasciato vuoto in maniera così repentina e traumatica, così misteriosa e inquietante? Se le piace tanto l’applauso dei massoni, se si vanta dell’amicizia di Pannella e Bonino, perché non si iscrive al Partito Radicale? Lei ha gettato lo scompiglio fra le pecorelle del gregge di Cristo: la cosa non la tuba? Non è un suo problema, se ci sono di quelli che se ne vanno, che si fanno ortodossi, o che perdono la fede, proprio a causa dello stile ecclesiale che lei ha promosso e incentivato? Ah, sì, a lei interessa cercare la pecorella smarrita. Benissimo: ciò è nello spirito del Vangelo. Tranne per un piccolo particolare: ossia che il Buon Pastore va a cercare la pecorella smarrita solo dopo essersi assicurato che le altre novantanove siano al sicuro, nel recinto, ben protette dai lupi e dai briganti. Lei fa esattamente il contrario: non si cura dei cattolici, preferisce correr dietro ai luterani, ai giudei, ai musulmani, ai buddisti, a tutti, e specialmente ai massoni, ai radicali e agli atei che odiano Cristo e la sua Chiesa. E non li va a cercare per convertirli, ma per godere dei loro applausi, delle loro parole di apprezzamento. Lei gode di essere la star dei nemici di Cristo. No, lei non è degno di essere il papa.
E, a proposito di terrorismo che non esiste, un’ultima cosa. Lei dov’era e cosa faceva, mentre la giunta militare argentina attuava il sequestro, la tortura, l’assassinio e l’occultamento dei cadaveri di circa trentamila persone? Era il superiore provinciale dei gesuiti dell’Argentina, vero? Sì, certo. Ed era anche un avversario dichiarato della teologia della liberazione, che ora le piace tanto. E che cosa ha fatto, all’epoca, oltre a lasciare che venissero arrestati due sacerdoti, poi torturati dalla polizia?
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