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Psicologia delle tenebre
17 Febbraio 2017Stavolta è toccata a monsignor Luigi Negri, arcivescovo di Ferrara, uomo di Chiesa troppo all’antica e, quindi, politicamente scorretto, almeno secondo i canoni del nuovo corso bergogliano, per quanto misericordioso esso sia; a chi toccherà la prossima volta? Uno ad uno, il papa Francesco sta eliminando tutti gli oppositori; in un modo o nell’altro, li riduce al silenzio. Il domenicano padre Cavalcoli, solo per aver espresso un concetto teologicamente tradizionale, e cioè normale, che collega le catastrofi naturali con il richiamo di Dio all’umanità peccatrice, è stato letteralmente segregato in convento, con tanto di proibizione di scrivere, rilasciare interviste, eccetera: un vero e proprio caso Galilei alla rovescia. Anzi, risulta che Galilei, nella sua "segregazione" ad Arcetri (che poi era un soggiorno dorato in una villa confortevolissima) scriveva, eccome; teneva corrispondenza e compilava altre opere destinate alla pubblicazione, in barba alla proibizione — e alla discreta sorveglianza – del Santo Uffizio; mentre la segregazione di padre Cavalcoli è veramente ferrea, e non troppo misericordiosa. Di padre Manelli, il fondatore dei Francescani dell’Immacolata, e di quel che è toccato a quei religiosi, non val la pena di parlare: lo sanno tutti, o, almeno — ciò che importa — lo sanno quelli che han voglia di saperlo, e non si accontentano delle "veline" di regime. Non merita neanche di ricordare la vicenda dei Cavalieri dell’Ordine di Malta, delle dimissioni del loro Gran Maestro, e della strana coincidenza che l’alto patrono dell’Ordine fosse proprio, guarda caso, quel cardinale Burke che è considerato, nella Curia romana, come il principale ispiratore dei dubia riguardo alla Amoris laetita. Già, perché chiedere spiegazioni e domandare che i fedeli siano illuminati sui punti oscuri di un documento ufficiale del Magistero, a quanto pare, è diventato un reato di lesa maestà. Dal mese di settembre, quando i quattro cardinali — oltre a Burke, c’erano Caffarra, Brandmüller e Meisner — hanno inoltrato la loro lettera alla Congregazione per la Dottrina della Fede, sono passati, se il calendario non è una opinione, cinque mesi: e non è arrivata alcuna risposta. Eppure, erano quattro cardinali, non quattro scalzacani; quattro cardinali di Santa Romana Chiesa. Persone che meriterebbero almeno un cenno di risposta; senza contare il piccolo particolare che essi hanno chiesto chiarimenti anche a nome di migliaia di sacerdoti e milioni di fedeli. I divorziati risposati, discernimento a parte, possono accedere alla sanata Comunione, sì o no? Silenzio assoluto. L’unica "risposta", se così volgiamo chiamarla, è stata la truculenta minaccia del decano della Sacra Rota, monsignor Pinto, il quale ha detto chiaro e tondo che i quattro meriterebbero di essere privati del cappello cardinalizio. Ebbene, nessun papa, a memoria d’uomo, e anche assai oltre, si era mai mostrato così autoritario, così arrogante, così vendicativo, come sta dimostrando di essere il "misericordioso" Bergoglio; nessuno aveva mai mostrato una così aperta intolleranza, un fastidio così gretto, un’avversione così viscerale nei confronti di chi non la pensa come lui, di chi non condivide sino in fondo le sue idee, di chi mostra una diversa sensibilità ecclesiale, pastorale, teologica.
Ma torniamo a monsignor Negri. Allievo di don Giussani, è stato per anni un punto di riferimento per Comunione e Liberazione, ai cui meeting era una presenza fissa. Dal 2015, però, non è stato più invitato: come mai? Al vertice di Comunione e Liberazione, in effetti, c’è stato un vero e proprio cambio della guardia: il nuovo numero uno, don Julián Carrón, ha virato decisamente a sinistra la barra del timone, in perfetta sintonia con papa Francesco, un po’ meno con tutta la storia di Cl e, soprattutto, con il suo autentico Dna, che di sinistra non è mai stato davvero. Per il nuovo vertice di Cl, Negri è troppo conservatore, e ciò appare evidente sui tre temi sensibili del nuovo corso in atto nella Chiesa cattolica dopo l’elezione di papa Francesco: i migranti, l’islam e le coppie omosessuali. Negri è politicamente scorretto su tutti e tre questi temi-chiave. Sui migranti, mette in guardia, da sempre, contro il trionfalismo dell’accoglienza illimitata e ricorda, assai fastidiosamente, che non si potrà mai integrare chi non vuole affatto essere integrato. Per giunta, ha avuto la sfrontatezza inaudita di ricordare che non esistono solo gli stranieri poveri da assistere, ma anche gli italiani poveri: oibò, come si fa a dire una cosa tanto tremenda, e, soprattutto, così poco cristiana? Sull’islam, orrore degli orrori, non condivide affatto l’embrassons-nous di papa Francesco: ha avuto il fegato di dire, con la massima chiarezza, che l’islam, non che essere una religione poco pacifica, è la sola religione oggi esistente che si ispiri dichiaratamente alla violenza nei confronti degli "infedeli". Cioè che non solo la pratica, ma che la teorizza, per cui essa gli è consustanziale. Quasi una risposta alle note posizioni di papa Francesco, il quale più volte ha detto e ribadito che "in tutte le religioni ci sono i fondamentalisti, e anche in quella cattolica". Quanto alle unioni omosessuali, Negri non condivide per niente l’idea che, prima o dopo, bisognerà dare ad esse una qualche forma di riconoscimento, anche da parte della Chiesa cattolica. E ha avuto l’audacia di dichiarare che equiparare il matrimonio alle unioni gay è una cosa che va contro i valori umani. Non ha detto, e già sarebbe stato grave, gravissimo: una cosa che va contro i valori cristiani, o i valori cattolici. No, ancora peggio: ha detto che è una cosa che va contro i valori umani. E con questo riferimento all’etica naturale, che può essere condivisa da qualunque laico, e non solo dai credenti, si è posto definitivamente fuori dal solco del politicamente corretto; anzi, per dirla tutta, fuori dal solco del politicamente tollerabile.
Detto, fatto: niente più inviti al meeting di Cl, dopo la bellezza di ottantacinque presenze negli anni passati. Uno schiaffo in pieno viso al vescovo conservatore: così impara a non volersi allineare. Logico, in fondo: ora che i cattolici progressisti e modernisti si sono presi anche Cl, ossia una delle roccaforti storiche dei quella concezione del cattolicesimo che, peraltro a torto, viene di solito indicata come "tradizionalista", mentre è cattolica e basta, senza aggettivi; ora che si sono presi questo ennesimo pezzo dell’universo cattolico (e già han messo le mani su quasi tutto il resto, e hanno ridotto al silenzio qualche altro oppositore, attuale o potenziale, come potevano ancora invitare monsignor Negri, per sentirgli dire degli spropositi così grossi, e consentirgli di diffondere delle idee così antiquate, così retrograde, così biecamente reazionarie? Dire che ci sono anche degli italiani poveri, e che andrebbero assistiti, e che, del resto, gli immigrati islamici non hanno la minima intenzione d’integrarsi; dire che l’islam è una religione che teorizza la violenza; dire che le unioni gay sono inconciliabili con l’idea del matrimonio, tutto questo è veramente degno di un seguace di Pio IX e del Sillabo; ma come si può ammettere che ci siano ancora dei monsignori che dicono simili cose? No, giammai; bisogna impedirlo; bisogna chiuder loro la bocca, portar via loro il microfono, spegnere i riflettori quando si presentano. La gente, i fedeli, non devono neppur sapere che esistono. Se lo sapessero, forse comincerebbero a pensare con la loro testa; forse comincerebbero a riflettere di più sul significato eterno del Vangelo; forse si lascerebbero trasportare un po’ meno per quei preti e da quei teologi chiacchieroni che hanno il progresso sempre sulla bocca, che parlano sempre di rinnovamento della Chiesa e di approfondimento della fede alla luce delle realtà del mondo moderno. Forse comincerebbero a capire il grande inganno di cui è vittima il popolo di Cristo, e ad opera dei suoi stessi pastori: non quelli come Luigi Negri, ma gli altri, quelli come Claudio Cipolla, il "prete di strada" divenuto vescovo di Padova (come son divenuti vescovi, per volontà di papa Francesco, gli attuali titolari di Palermo e di Bologna; a proposito: due vecchie cittadelle di Cl); e tanti peggio se nelle loro diocesi, mentre loro si occupano dei massimi problemi mondiali, e viaggiano in America latina per fare un bagno di teologia della liberazione, scoppiano scandali ignominiosi, come quello di don Andrea Contin e dei suoi degni amici preti, compagni di orge e porcherie. Se una simile grana fosse scoppiata nella diocesi di un vescovo considerato conservatore, non crediamo che sarebbe finita così: qualcuno gli avrebbe chiesto di render conto del fatto di non aver visto, di non aver saputo, di non aver parlato prima che le cose arrivassero all’intervento della magistratura. Ma i monsignor Cipolla possono dormire sonni tranquilli: sono amici, anzi fedelissimi del papa (perché, per avere amici, bisognerebbe saper accettare anche le critiche; e non è questo il caso di Francesco), dunque le loro cattedre episcopali sono blindate. Non come i berretti cardinalizi dei Burke o dei Caffarra: quelli no, che non sono blindati; quelli sì, pertanto, potrebbero anche volar via, al primo soffio di vento.
E poi, oltraggio supremo, Luigi Negri aveva fatto una cosa ancor più scandalosa: era stato l’unico vescovo italiano a invitare l’arcivescovo di Mosul, in esilio, a una veglia di preghiera per le vittime dell’Isiss, e poi, sempre nel 2015, a far suonare le campane a morto per ricordarle. Né a questo si era limitata la sua islamofobia: dopo l’assassinio di padre Hamel in una chiesa della Normandia, per mano di fanatici musulmani, aveva criticato apertamente la decisione di invitare e accogliere nelle chiese cattoliche degli imam musulmani, ai quali, in parecchi casi, è stato offerto anche di prendere la parola. E non basta ancora: monsignor Negri scrive su due riviste cattoliche, Il Timone (cartacea) e La Nuova Bussola Quotidiana (on line), entrambe d’indirizzo "tradizionalista". Per colmare la misura, infine, una intervista su Il Fatto Quotidiano aveva riportato una sua aperta critica alla decisione di papa Francesco di insediare i due nuovi "vescovi di strada", Zuppi e Lorefice, rispettivamente nelle diocesi di Bologna e Palermo.
Intendiamoci: in apparenza, non è successo nulla di eccezionale, e soprattutto nulla d’irregolare. Luigi Negri aveva compiuto i canonici settantacinque anni lo scorso 26 novembre, e dunque il suo pensionamento era, teoricamente, automatico. Diciamo "teoricamente" perché è prassi che un vescovo il quale abbia lavorato bene, e goda della fiducia del pontefice, rimanga un altro poco nell’esercizio delle sue funzioni, nella sua diocesi. Aver accettato prontamente le dimissioni "dovute", per raggiunti limiti di età, equivale ad un licenziamento in tronco. Detto, fatto: a tempo di record il papa misericordioso ha trovato il successore ideale di monsignor Negri, sulla cattedra ferrarese: l’attuale direttore della Fondazione Migrantes, don Giancarlo Perego. E che cos’è la Fondazione Migrantes? Per chi non lo sapesse, cominciamo col dire che è una emanazione diretta della Conferenza Episcopale Italiana. Capito? Dire C.E.I., oggi, vuol dire monsignor Galantino: quel tale che si sta adoperando in ogni maniera possibile per stravolgere la dottrina cattolica in ambito morale (ha sostenuto, falsificando la Parola di Dio, che Dio non distrusse, ma perdonò i sodomiti) e che sta usando i poteri di cui dispone per imporre, d’accordo con il papa, la linea dell’accoglienza indiscriminata di qualsiasi quantità di sedicenti profughi, cioè, se si vuol chiamare le cose con il loro nome, la linea dell’auto-invasione e dell’auto-islamizzazione dell’Italia per mano, e con il volonteroso contributo, dei cattolici e della Chiesa. Fra parentesi, indovinate su quale autore si è laureato Galantino e a quale teologo italiano più si ispira? Sono, rispettivamente, Bonhoeffer e Rosmini: un luterano, teorico della teologia negativa (fare come se Dio non ci fosse) e un cattolico liberale in odor di eresia, che i panni sporchi della Chiesa preferiva lavarli in pubblico.
Poi, per chi volesse vederci più chiaro, riportiamo l’articolo uno dello Statuto: La Fondazione Migrantes è stata costituita dalla Conferenza episcopale italiana per accompagnare e sostenere le chiese particolari nella conoscenza, nell’opera di evangelizzazione e nella cura pastorale dei migranti, italiani e stranieri, per promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti e opere di fraterna accoglienza nei loro riguardi, per stimolare nella società civile la comprensione e la valorizzazione della or identità in un clima di pacifica convivenza, con l’attenzione alla tutela e alla promozione della cittadinanza responsabile dei migranti. Belle parole, vero? Parole che riempiono la bocca: per esempio, "pacifica convivenza" e "cittadinanza responsabile"; parole che fanno gonfiare il petto d’orgoglio a chi le pronuncia. Peccato che siano, in gran parte, un capolavoro d’ipocrisia e di doppiezza gesuitica. Che cosa significa dire che si vuol promuovere nelle comunità cristiane atteggiamenti e opere di fraterna accoglienza nei confronti dei migranti (quando già chiamarli "migranti" è un falso in atto pubblico), se non che i cattolici italiani, e gli italiani tutti, devono rassegnarsi ad ospitare una quantità indefinita di stranieri, altrimenti saranno giudicati brutti e cattivi, e, comunque, devono rassegnarsi al fatto che nessuno domanderà mai il loro parere a proposito delle migrazioni/invasioni/sostituzioni di popolazione di cui son fatti oggetto?
Fra parentesi: Perego ha cinquantasei anni, non settanta: ciò significa che, a Ferrara, la continuità della linea bergogliana è garantita per i prossimi vent’anni. Così non si correrà più il rischio che venga invitato di nuovo quel guastafeste dell’arcivescovo di Mossul, e qualcuno torni a parlare dei massacri di cristiani in Medio Oriente, rompendo le uova nel paniere del dialogo inter-religioso. Non male, come politica di normalizzazione e rimozione del ricordo dei monsignori scomodi. Questo sì che significa impostar le cose sul lungo periodo; questo sì che è saper pensare in grande…
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