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Nella venerazione mariana di Andrea di Creta è già in nuce l’Immacolata Concezione

Que soy era immaculada concepciou: con queste parole, il 25 marzo 1858, la misteriosa "signora" ch era apparsa già quindici volte alla contadina quattordicenne Bernadette Soubirous, a partire dall’11 febbraio, volle qualificarsi, nel dialetto occitano parlato ai piedi dei Pirenei francesi: Io sono l’Immacolata Concezione. Quattro anni prima, l’8 dicembre 1854, il papa Pio IX aveva solennemente proclamato il dogma dell’Immacolata Concezione, ossia della nascita di Maria senza la macchia del Peccato originale, unica fra tutte le creature umane, come unico sarebbe stato il suo destino di dire "sì" al concepimento del divino Redentore, il Verbo incarnato, e divenire così la Madre di Gesù Cristo e corredentrice dell’umanità. Ora, è estremamente improbabile che Bernadette, nell’isolamento della sua campagna, e nell’ignoranza in cui viveva, avesse mai sentito un’espressione del genere, che presuppone una certa cultura teologica: la ragazzina, che aveva conosciuto la fame e la malattia, e per aiutare la famiglia aveva fatto prima la pastorella, poi la cameriera nella taverna dei suoi, era analfabeta e del tutto digiuna di catechismo. Dunque la piccola Bernadette, che poteva vantare una sola fortuna nella vita, quella di essere cresciuta in una famiglia molto unita e amorevole, pervasa di una profonda fede religiosa, era stata messa al corrente, per via soprannaturale, di un concetto che il pensiero teologico cristiano aveva impiegato secoli per elaborare nella sua forma definitiva, e per affermare, per bocca del papa, pochi anni prima che la "signora" le apparisse nella grotta di Massabielle, presso Lourdes, segnando per sempre il suo destino ed esercitando un profondo influsso sulle successive generazioni dei cattolici di tutto il mondo. Da sempre i cristiani avevano tributato una speciale venerazione a Maria, la Madre di Gesù, ed erano stati portati a pensare che la donna destinata a svolgere una funzione così essenziale nel progetto divino di Salvezza non poteva essere uguale a tutti gi altri uomini, ma doveva avere qualche cosa di diverso, di assolutamente unico e speciale.

I primi a sviluppare la loro riflessione sulla eccezionalità di Maria, in quanto collaboratrice di Dio in una missione eccezionale, quella di divenire la Theotokos, la Madre di Dio, il suo e nostro Creatore, erano stati i Padri orientali. Sant’Andrea di Creata (nato a Damasco verso il 660 e morto nell’isola di Mitilene, mentre si recava a Costantinopoli dalla sua dicesi di Gortina, il 4 luglio 740) e il patriarca di Costantinopoli, Germano I (nato nel 634 e morto nel 733), scrissero pagine importanti sul mistero di Maria Vergine; e le loro riflessioni, ulteriormente sviluppate, furono la base su cui si sarebbe sviluppata l’elaborazione del concetto della Immacolata Concezione. Essi, e, prima di loro, Proclo di Costantinopoli (vissuto nel V secolo), misero in rilievo la purezza sovrumana della Panaghia, "Tutta santa", sicché le Chiese orientali le riconobbero ab antiquo tale caratteristica nella devozione e nella stessa liturgia. In Occidente il percorso fu più lungo, perché presso i Padri latini, influenzati da sant’Agostino (che aveva duramente polemizzato con l’eresia pelagiana) era più forte che nei Padri greci il timore d’indebolire il concetto della universalità e irrevocabilità del Peccato originale e, quindi, della sola e insostituibile missione redentiva svolta dal Verbo incarnato. Se Gesù è stato il solo ed unico tramite della Redenzione universale, ammettere l’esistenza di una eccezione non avrebbe potuto incrinare l’assolutezza e l’universalità della Redenzione medesima? Se Cristo è venuto al mondo per la salvezza di tutti gli uomini, com’è possibile che Maria non abbia avuto bisogno, anche lei, di essere redenta dal Peccato originale?

Per ovviare a questa contraddizione e uscire da questo dilemma, si sviluppò anche fra i Padri latini una vivace riflessione mariologica, che parte da Anselmo d’Aosta e poi, passando per Bernardo di Chiaravalle, arriva fino ad Alberto Magno, Tommaso d’Aquino e san Bonaventura. Ciascuno di essi, con differenti sfumature, elaborò la teoria secondo la quale Maria ricevette una speciale redenzione, "a parte", per così dire, dal resto del genere umano, ben prima che ella concepisse Gesù Cristo, proprio per poterlo fare senza la macchia del Peccato originale. Ma che ella fosse nata priva di quel peccato, anzi, che fosse stata concepita senza di esso, questa è un’idea che si affermò largamente solo a partire dalla riflessione di Giovanni Duns Scoto, insieme a quella che la sua redenzione non è stata anticipata rispetto agli altri uomini, ma è stata preventiva, ossia anteriore al suo stesso concepimento. La controversia peraltro non si risolse definitivamente, ma proseguì per secoli, coi domenicani, seguaci di san Tommaso, impegnati nella teoria "macolista" (Maria fu concepita con la macchia del peccato, ma venne subito redenta da Dio) e i francescani, seguaci di Duns Scoto, sostenitori della teoria "immacolista" (Maria nacque immune dalla macchia del peccato, per uno speciale privilegio concessole da Dio).

Ci furono gravi tensioni fra i due "schieramenti", con accuse e controaccuse di eresia, appelli al papa, polemiche roventi nelle facoltà teologiche, a cominciare dalla Sorbona di Parigi. Le tesi francescane, di fatto, prevalevano, ma, a livello teorico, la Chiesa esitava ancora a pronunciarsi ufficialmente e solennemente, temendo di sollevare un vespaio, riacutizzando antiche lacerazioni; inoltre, essa temeva di indebolire l’autorevolezza del tomismo, la corrente teologica più seguita e ammirata, e, più in generale, temeva d’indebolire l’approccio rigorosamente razionale alla scienza teologica, concedendo troppo spazio a un tipo di argomento, quello di Duns Scoto, che era, in effetti, umanamente indimostrabile, e quindi di tipo "fideistico" e sentimentale, piuttosto che strettamente e rigorosamente razionale. E fu in queste condizioni che si giunse fino alla seconda metà del XIX secolo. Antonio Rosmini, per esempio, riteneva come sicura moralmente la Concezione Immacolata di Maria, e tuttavia sconsigliava Pio IX dal proclamarla ufficialmente, perché non vedeva argomenti assolutamente sicuri per dimostrarla, e persuaderne tutti i credenti. Ma il pontefice aveva ormai deciso; e, dopo aver istituito, nel 1848, una commissione teologica per sciogliere definitivamente la questione, davanti alle esitazioni di questa, facendosi forte del parere dei vescovi procedette alla proclamazione solenne, l’8 dicembre 1858, con l’enciclica Ineffabili Deus, approvata da più dei nove decimi dell’episcopato: precisamente, da 546 vescovi su un totale di 603 che erano stati consultati.

Questi dubbi e scrupoli di ordine teologico non avevano peraltro impedito che anche in Occidente si sviluppasse una speciale devozione per Maria e che le fosse riconosciuto uno statuto ontologico particolare, corrispondente alla incomparabilità e incommensurabilità del "fiat" da lei pronunciato all’arcangelo Gabriele

Ha scritto Marcellina Pedico sulla genesi del dogma dell’Immacolata Concezione (in: Ascolta la Parola. Lectio divina per la liturgia domenicale e festiva, a cura di Mario Masini, Anno Liturgico A, parte 1a, Padova, Edizioni Messaggero 1989, pp.98-100):

Alle radici del dogma troviamo la riflessione della Chiesa sulla Scrittura. Riflettendo sulla parola di Dio — conservata, pregata, annunciata da una chiesa viva sorretta e guidata dallo Spirito che conduce alla pienezza della verità (cfr. Gv 16, 13) la chiesa cattolica è giunta a riconoscere che l’amore libero, sovrano, gratuito, redentivo e santificante di Dio è stato tale da rendere Maria sin dal principio del suo esistere la "Tuttasanta" in vista dell’ospitalità da offrire al "Tuttosanto".

La sublime redenzione di Maria dal peccato originale trova appoggio nei Padri della chiesa e si fa strada negli scrittori ecclesiastici che

"ebbero soprattutto a cuore di predicare ed esaltare la somma santità, la dignità, e l’immunità della Vergine da ogni macchia di peccato, e la sua piena vittoria sul crudelissimo nemico del genere umano" (cfr. A. Tondini, "Le encicliche mariane", Roma, 1954, pp. 42-43; 50-51).

Di Maria si deve dire, valorizzando soprattutto le autorevoli testimonianze dei Padri greci, che fu sempre adorna dei fulgori della santità più perfetta, fu la "Tuttasanta". I Padri considerarono la dimensione di questa santità come preparazione spirituale della Vergine all’incarnazione e nello stesso tempo avvertirono che tale preparazione non poteva essere comune, , ma singolare ed unica, e doveva investire tutta la vita, sin dagli albori. Si comprende pertanto perché siano sorte le festività liturgiche: la natività della Vergine, la sua presentazione al tempio, la concezione di Anna sua madre. Nel clima orante di queste celebrazioni cultuali grandi Padri — come Andrea di Creta e Germano di Costantinopoli — intuirono che la santità di Maria doveva essere già grande fin dalla nascita o dal grembo materno. Gli Apocrifi testimoniano questa intuizione raccontando che Maria all’età di tre anni fu introdotta nel "santo dei santi" per dimorarvi fino al giorno in cui sarebbe divenuta lei stessa il santuario dello Spirito e il tempio del Verbo.

Andrea di Creta († 740) in una predica sulla natività di Maria, la loda e considera diversa e più nobile da qualsiasi altra nascita di uomini:

"Intemerata è la tua nascita, o Vergine intemerata; ineffabili sono la tua concezione e il tuo parto; mirabile il tuo frutto, o Sposa non sposata, quel Dio intero che mi ha totalmente creato" (in "Nativitatem B. Mariae", I, PG 97, 811 ss).

E di fronte alla santità concessa da Dio a Maria fin dai suoi albori, egli canta in un suo canone:

"O Vergine Madre di Dio, tenda immacolata, purifica ora me che sono macchiato di peccati, con le purissime gocce della tua misericordia e dammi una mano d’aiuto, perché io possa gridare: "Onore a te, o pura,o glorificata da Dio " ("Canon in B. Mariae Natalem, 4, PG 97, 1321 s).

Anche Germano di Costantinopoli († 730) , intuendo il carattere assolutamente unico della santità di Maria prima dell’annunciazione, afferma:

"L’Altissimo, dopo aver scrutato l’intero universo senza trovare una madre simile .sicuramente, in base al suo volere e alla sua decisione e a causa del suo amore per gli uomini, come uomo sarà generato da te, già santificata" ("In Annuntiationem SS Deiparae Hom., PG 98, 327 s).

Ciononostante, l’immacolata concezione resta un fatto ecclesiale e corona una ricerca secolare: è maturata nella coscienza dei credenti lungo i secoli cristiani e si è imposta nella chiesa superando l’opposizione dei prestigiosi teologi medievali, che trovarono difficoltà a comporre l’immacolata concezione con la dottrina della redenzione universale da parte di Cristo. La soluzione è venuta da Scoto mediante il concetto di "redenzione preservativa", come modo di più perfetta salvezza e santificazione. (cfr. De Fiores–A. Serra, "Immacolata", in "Nuovo Dizionario di Mariologia", a cura di S. De Fiores e S. Meo, Cinisello Balsamo (MI), 1985, pp. 679-706)

Finalmente questa fede viva della chiesa universale è stata definita come verità rivelata da Dio e perciò da credersi fermamente e costantemente da tutti i cattolici, da Pio IX l’8 dicembre 1854 con la Bolla "Ineffabilis Deus". Ecco le parole della definizione papale:

"La beatissima Vergine Maria nel primo istante della sua concezione, per singolare grazia e privilegio di Dio onnipotente ed in vista dei meriti di Gesù Cristo, Salvatore del genere umano, è stata preservata immune da ogni macchia della colpa originale"(cfr. A. Tondini, "Le encicliche mariane"Roma, 1954, p. 55).

Il dogma della Immacolata Concezione di Maria, a cui si aggiunge, un secolo dopo, quello della sua Assunzione gloriosa in cielo, il 1° dicembre 1950, da parte di Pio XII (che, per la cronaca, è stato l’ultimo dogma proclamato dalla Chiesa cattolica), come si è visto, è giunto a coronare un lunghissimo cammino di devozione nei confronti di Maria, la Madre del Signore, per la quale il sommo Poeta ha scritto, nell’ultimo canto del Paradiso, i versi più belli, commoventi e profondi che mai siano stati scritti (cfr. anche il nostro articolo Gli apocrifi e i santuari mariani in Terra Santa attestano l’antichità del culto mariano, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 09/12/2013, e su Il Corriere delle Regioni il 10/12/2013). Abbiamo visto che il culto mariano non ha atteso che i teologi si decidessero a ratificare quel dogma, il quale era già vivo e stabilito nelle coscienze dei fedeli. Anche scrupoli e discussioni teologiche, peraltro, sono significativi, e non necessariamente in senso negativo: in fondo, attestano solo la serietà e lo zelo con cui la Chiesa ha sempre vagliato e soppesato il proprio Magistero. A torto si ironizza sui teologi che disquisiscono sul sesso degli Angeli, mentre Costantinopoli sta per cadere (frase ormai consacrata al politically correct); a noi pare, invece, che siano assai fortunate quelle società nelle quali è così vivo il sentimento religioso, che, anche mentre vivono gravi pericoli esterni, non cessano d’interrogarsi sul mistero di Dio…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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