
«Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine»
3 Febbraio 2017
«A France’, ma ‘ndo sta la tua misericordia?»
4 Febbraio 2017«E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio»

C’è una parola che ricorre sempre meno, anzi, che quasi non ricorre, nel linguaggio di tanta teologia contemporanea, e, purtroppo, anche nella catechesi e nella pastorale di tanta parte del clero cattolico, in realtà infiltrato ed inquinato dal veleno modernista: la parola "peccato". Può darsi che, un tempo, i sacerdoti ne parlassero anche troppo; può darsi, anche se la sana e vera dottrina cattolica non ha mai minimamente modificato questo punto essenziale: la natura peccatrice dell’uomo e la sua inclinazione al male. Non già la sua natura originaria, così come era uscita dalle mani del Creatore, infinitamente sapienti e amorevoli, ma la sua natura decaduta, e decaduta a causa del Peccato originale, ossia della volontaria, maligna disobbedienza a Dio dei nostri antichissimi progenitori. E anche di questa espressione, in verità, si sente parlare pochissimo: eppure non ci risulta che la dottrina sia cambiata, che il Magistero sia stato modificato. La dottrina del peccato originale non è un elemento secondario o accessorio: è, in un certo senso, la chiave di volta di tutto l’edificio. Se si toglie quella, crolla anche il resto. Pelagio volle toglierla, se non apertamente, surrettiziamente: e giustamente Agostino insorse contro le sue false dottrine, ricordando a tutti che , se non c’è il Peccato originale, non c’è neppure bisogno del Battesimo, né della redenzione: libero dalla eredità di Adamo, l’uomo può trovare da solo, o con un lieve aiuto di Dio, la strada della bontà e della saggezza. Ma tutto questo è eretico, è la quintessenza dell’eresia; e, se accettato, magari in forma larvata, in forma blanda o possibilista, quel che resta non è altro che un umanesimo malamente camuffato da cristianesimo, Oggi, infatti, va di moda, fra i teologi che si sono posti nel solco della "svolta antropologica", parlare del cristianesimo come di un umanismo: hanno ragione, nel senso che, almeno, mettono le carte in tavola, e mostrano apertamente ciò che sono: dei falsi cattolici che stanno rovesciando impunemente le basi stesse della Rivelazione
Prendiamo allora il catechismo della Chiesa cattolica (Libreria Editrice Vaticana, 1999) e, alla voce Peccato originale, leggiamo
L’uomo, tentato dal diavolo, ha lasciato spegnere nel suo cuore la fiducia nei confronti del suo Creatore e, abusando della propria libertà, ha disobbedito al comandamento di Dio. […] Con questo peccato, l’uomo ha preferito se stesso a Dio, e, perciò, ha disprezzato Dio: ha fatto la scelta di se stesso contro Dio, contro le esigenze della propria condizione di creatura e conseguentemente contro il suo proprio bene. […] La Scrittura re la Tradizione della Chiesa richiamo continuamente la presenza e l’universalità del peccato nella storia dell’uomo […]. Tutti gli uomini sono coinvolti nel peccato di Adamo. […] Sulle orme di san Paolo la Chiesa ha sempre insegnato che l’immensa miseria che opprime gli uomini, la loro inclinazione al male e l’ineluttabilità della morte non si possono comprendere senza il loro legame con la colpa di Adamo e prescindendo dal fatto che egli ci ha trasmesso un peccato dal quale tutti nasciamo contaminati e che è "morte dell’anima". Per questa certezza di fede, la Chiesa amministra il battesimo per la remissione di peccati anche ai bambini che non hanno commesso peccati personali. […] Il peccato originale, sebbene proprio a ciascuno, in nessun discendente di Adamo ha un carattere di colpa personale. Consiste nella privazione della santità e della giustizia originali, ma la natura umana non è interamente corrotta: è ferita nelle sue proprie forze naturali, sottoposta all’ignoranza, alla sofferenza e al potere della morte, e inclinata al peccato (questa inclinazione al male è chiamata "concupiscenza"). […] In conseguenza del peccato originale, il diavolo ha acquistato un certo dominio sull’uomo, benché questi rimanga libero. […] Le conseguenze del peccato originale e di tutti i peccati personali degli uomini conferiscono al mondo nel suo insieme una condizione peccaminosa, che può essere definita con l’espressione di san Giovanni "il peccato del mondo" (Gv 1, 29)
Il catechismo, dunque, non è affatto cambiato: è quello che abbiamo ricevuto da bambini, che hanno ricevuto i nostri nonni e bisnonni; sostanzialmente, lo stesso che hanno ricevuto innumerevoli generazioni di cristiani, sotto l’attenta cura del Magistero della Chiesa, sin dalle sue origini, duemila anni fa: su questo, teologi modernisti e pastori progressisti non sono riusciti ad agire, per il momento. Essi, però, hanno trovato un altro modo, più astuto, più sottile, per alterare la verità della Rivelazione cristiana: dire alcune cose, ma tacerne altre; insistere su certi aspetti, ma sorvolare, o fare appena un rapido accenno, ad altre, non meno importanti, non meno essenziali. Così, pur senza mentire, pur senza andare apertamente contro il magistero, pur senza mettersi a litigare con le Scritture e con la Tradizione, essi stanno ugualmente perseguendo, e, in parte, raggiungendo il loro scopo: trasformare la Chiesa cattolica in qualcosa di nuovo e di diverso da ciò che essa è sempre stata; mutare, alla chetichella, e quasi impercettibilmente, la sana dottrina cattolica, e portarla a far credere ciò di cui essi sono convinti, ma che è ben lontano dalla Parola di Dio: che l’uomo è una creatura eccellente; che forse, dopotutto, non è proprio una creatura, che, in qualche modo, è anch’egli un creatore, magari di se stesso, e dunque il padrone del creato, non il suo custode: e che, come tale, può farsi da sé le proprie leggi, inorgoglirsi e insuperbire dei suoi successi, e manipolare senza alcun limite le altre creature, riguardo alle quali egli ritiene di non dover rendere conto a nessuno.
Il Catechismo, infatti, ricorda l’immensa miseria che opprime gli uomini e la loro inclinazione al male. Ma questo linguaggio è divenuto troppo duro, per i delicati orecchi del clero e dee dei fedeli modernisti; meglio lasciarle chiuse fra le pagine di un libro, e, di fatto, andare avanti come se non esistessero: meglio far finta di niente. Perché sciupare la festa del modernismo, il quale presenta la condizione dell’uomo tutta rose e fiori, e il suo rapporto con Dio come basato sulla misericordia illimitata di Lui, con o senza il nostro pentimento? Perché guastare ogni cosa ricordando l’immensa miseria della realtà umana, la tremenda inclinazione al male dell’uomo, la sua invincibile concupiscenza? Strano: ammiratori di Lutero quasi in tutto, specie nella libera interpretazione delle Scritture, su questo punto decisivo di modernisti non ci stanno con quel piagnone di Lutero, e preferiscono cercarsi un altro santo patrono: Pelagio. Con Pelagio sì, che s’intendono a meraviglia. Non negano il peccato di Adamo; negano che esso si sia trasmesso a tutti gli uomini. Negano cioè, la dottrina del Peccato originale, né più, né meno; ma preferiscono farlo implicitamente, vale a dire non parlandone mai. Si tutti i "teologi della liberazione", per esempio; si sfoglino i loro libri, si ascoltino le loro conferenze: fanno un gran parlare della giustizia, ma in senso umano, non quella divina; si sfiatano a trattare delle cose di quaggiù; ma sul Peccato originale, neanche una parola.
Gesù stesso, parlando del prossimo avvento del Paraclito, ricordò questi tre punti essenziali della Rivelazione: il peccato, la giustizia e il giudizio. Lo fece nella maniera più solenne, durante l’Ultima Cena, ossia quando stava affidando ai suoi discepoli, nell’imminenza del distacco, il suo testamento spirituale, la sintesi suprema del suo divino insegnamento (Giovanni, 16, 1-15; traduzione dalla Bibbia di Gerusalemme):
Vi ho detto queste cose perché non abbiate a scandalizzarvi. Vi scacceranno dalle sinagoghe; anzi, verrà l’ora in cui chiunque vi ucciderà crederà di rendere culto a Dio. E diranno ciò, perché non hanno conosciuto né il Padre né me. Ma io vi ho detto queste cose perché, quando giungerà la loro ora, ricordiate che ve ne ho parlato. Non ve le ho dette dal principio, perché ero con voi. Ora però vado da colui che mi ha mandato e nessuno di voi mi domanda: Dove vai? Anzi, perché vi ho detto queste cose, la tristezza ha riempito il vostro cuore. Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò. E quando sarà venuto, egli convincerà il mondo quanto al peccato, alla giustizia e al giudizio. Quanto al peccato, perché non credono in me; quanto alla giustizia, perché vado dal Padre e non mi vedrete più; quanto al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà del mio e ve l’annunzierà.
Due cose, in questa sede, vorremmo sottolineare. La prima è che lo Spirito Santo, che è Spirito di verità, convincerò gli uomini riguardo al peccato, alla giustizia e al giudizio: tre parole che ricorrono sempre più di rado sulla bocca dei sacerdoti e sui libri dei teologi "cattolici"; e che si sentono pochissimo anche nelle pur frequenti, quotidiane omelie di papa Francesco, per non parlare delle interviste che rilascia a getto continuo e delle frequentissime dichiarazioni estemporanee, parlando di tutto e di più, anche e specialmente di politica, per esempio per intromettersi nelle faccende interne di altri Stati e per additare come nemico pubblico un presidente degli Stati Uniti che è stato liberamente e consapevolmente eletto dai suoi concittadini, a dispetto di un immenso establishment finanziario e mediatico che ha fatto di tutto per impedirlo. Ma di un papa che non ricorda ai fedeli la realtà e la serietà del peccato, della giustizia e del giudizio, e che, in compenso, parla incessantemente di cose che non hanno niente a che fare con la Rivelazione e con la sua finzione di custode del sacro Magistero, francamente non sappiamo che farcene, anzi, dobbiamo dire, sia pure con immenso disagio e con profonda sofferenza, che egli ci è di scandalo, perché non aiuta la nostra fede, non si comporta da pastore del gregge, né si preoccupa delle pecorelle che vanno perdute perché non riconoscono, nella sua, la voce del vero pastore, ma si preoccupa di cose che non attengono alla sua funzione religiosa, di cose mondane, che creano divisione e sconcerto, perché, al di fuori del Vangelo e della Rivelazione, il papa non dovrebbe permettersi di andare, tanto meno esprimendo opinioni altamente personali e soggettive, opinioni che valgono quanto quelle di chiunque altro e che sviliscono, perciò, la sua altissima funzione spirituale.
La seconda cosa è che lo Spirito santo, che Gesù manda ai suoi fedeli, è la guida sicura che aiuta questi ultimi a riconoscere la verità tutta intera, e non solo, come umanamente è fatale che accada, una parte di essa. La verità tutta intera è quella che viene da Dio, e che l’uomo deve accogliere con fede, con devozione, con assoluto abbandono: cosa che egli può fare solo se si spoglia del suo ego e si riveste di umiltà. Non importa se si tratta di una mente eccelsa, di un grande studioso, un biblista, un teologo, un erudito che conosce l’ebraico, l’aramaico, il greco e il latino, o che conosce i filosofi antichi e moderni: quel che importa, da cristiano, è che egli si faccia piccolo e semplice come un bambino, nell’atto di accogliere la Verità. Allora, e soltanto allora, la sua intelligenza gli verrà in aiuto per meglio comprendere quel che prima non aveva inteso in maniera adeguata; allora, e soltanto allora, la sua cultura sarà uno strumento di ulteriore progresso nella comprensione di ciò che Dio vuole da noi, di ciò che Dio vuole da lui, e non uno strumento d’intralcio, una palla al piede, un elemento di confusione, distrazione e perdizione. Infatti l’intelligenza umana, quando s’inorgoglisce di sé, conduce alla rivolta contro Dio e alla perdizione dell’anima; e la cultura, quando non è posta sotto l’ala protettrice dello Spirito Santo, si tramuta in un ostacolo, in una nemica, in un fattore di separazione da Dio e di accecamento, di errore, di peccato. Tuttavia, se i teologi e i sacerdoti non parlano più del peccato, e neppure del Peccato originale; se non parlano più della giustizia di Dio, ma solo della sua misericordia, come se questa potesse esistere senza di quella; e se non parlano più del giudizio, sia del giudizio particolare di ciascuna anima, sia del giudizio universale che chiuderà il tempo della storia umana, resta il fatto che ne ha parlato, come di cosa importantissima, Gesù Cristo; che il Vangelo ci ha fedelmente tramandato queste sue parole; e che le sue parole, come Egli non si stancò mai di ribadire, così come le sue azioni, non venivano da Lui stesso, perché Egli non è venuto a rendere testimonianza a se stesso, bensì dal Padre, al quale Egli riservò la più perfetta obbedienza e a nome del quale disse e fece tutto quello che disse e che fece. Gesù, dunque, è stato, fino all’ultimo, maestro di perfetta umiltà nel fare la volontà del Padre. Ma quanta umiltà c’è in quei teologi e in quei pastori che parlano sempre del vangelo secondo loro?
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash