Levavi oculos meos in montes
8 Dicembre 2016
Didaché: la via della vita e la via della morte
10 Dicembre 2016
Levavi oculos meos in montes
8 Dicembre 2016
Didaché: la via della vita e la via della morte
10 Dicembre 2016
Mostra tutto

I sette doni dello Spirito Santo: la Sapienza

I sette doni dello Spirito Santo sono, nell’ordine tradizionale, la Sapienza, l’Intelletto, il Consiglio, la Fortezza, la Scienza, la Pietà e il Timor di Dio.

Eravamo partiti dall’ultimo, spiegando il perché di quella scelta; ora ripartiamo dal principio e parliamo della Sapienza.

La Sapienza, come virtù teologica, non è una prerogativa umana, non può essere raggiunta mediante degli sforzi puramente umani; è la Sapienza Santa, un dono divino, che vene concesso all’uomo se e quando egli apre la sua mente e il suo cuore al riconoscimento della propria piccolezza e inadeguatezza, e all’infinita luminosità e gratuità dell’azione della Grazia.

Ma che cos’è, in definitiva, codesta Sapienza, se non è una prerogativa umana e se essa viene soltanto e unicamente da Dio, quale dono gratuito a coloro i quali lo cercano con ardore e con amore sincero?

Riportiamo qui la definizione del teologo Gregorio Manise, che fu docente presso l’antica Abbazia di Affigem-Hekelgem, nel Brabante fiammingo (in: Dizionario di Teologia Morale, diretto da Francesco Roberti, Roma, Editrice Studium, 1955, 1961, p 487):

Per mezzo del dono della sapienza, lo Spirito Santo ci dà una conoscenza amorevole e quasi sperimentale di Dio, il quale, producendo mirabili effetti nell’anima (Rom., 8, 16), si fa quasi toccare da essa, quale Principio che le dà vita, e quale Essere sommamente amabile e infinitamente superiore a tutti i nostri concetti, un po’ come l’anima nostra, che, sebbene non la vediamo, si fa sentire a noi, nelle nostre azioni: questa conoscenza, benché rimanga oscura, è tuttavia molto superiore alla conoscenza di Dio, che si può avere con la sola fede e della nuda ragione; ci dà anche del creato del creato e dell’opera delle redenzione una conoscenza superiore, che parte da Dio che tutto dispone con paterna bontà e somma sapienza, per la sua gloria e il nostro bene.

E San Paolo, nella Lettera ai Romani, rifacendosi anche al profeta Isaia (11, 33-36):

O profondità della ricchezza, della sapienza, e della scienza di Dio! Quanto sono imperscrutabili i suoi giudizi e inaccessibili le sue vie!

"Infatti, chi mai ha potuto conoscere il pensiero del Signore?

O chi gli ha dato qualcosa per primo,

sì che abbia a riceverne il contraccambio?"

Poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose. A lui la gloria nei secoli! Amen.

Ma un vero trattato teologico sulla Sapienza, che è anche un prezioso gioiello di saggezza, è contenuto nel libro dell’Antico Testamento che ad essa è intitolato, il Libro della Sapienza, noto anche, un tempo, come La Sapienza di Salomone; libro deuterocanonico, perché non incluso nel canone della Bibbia ebraica L’Autore (specialmente in 6, 12-21, e 7, 7-31) fa capire chiaramente che la Sapienza non è una qualità umana e che non viene dall’uomo, ma da Dio; e che, per riceverla in dono, la si deve domandare con cuore semplice e con molta umiltà, dato che essa non viene concessa agli orgogliosi e ai superbi (6, 12-19; 9, 10-18):

Luminosa è la sapienza e il suo splendore non viene meno; si lascia trovare facilmente da chi le vuol bene e la cerca con ardente desiderio Quando uno ama la sapienza, è lei che si fa conoscere per prima. Ci si alza presto per cercarla non dovrà faticare, la troverà seduta alla porta di casa. Se ti innamori di lei, raggiungi le vette della saggezza, se stai sveglio per lei, i tuoi affanni finiranno presto. Perché la sapienza stessa va in giro alla ricerca di quelli che la meritano, la incontri per strada tutta sorridente e ti corteggia con mille stratagemmi.

La sapienza comincia proprio allora quando uno desidera essere istruito da lei. Applicarsi a questo studio vuol dire amare la sapienza, amarla significa osservare le sue leggi. Ubbidire ad essa è garanzia di vivere per sempre, e questa vita ti permette di stare vicino a Dio. […]

Dal cielo, che è la tua dimora, mandami [o Dio] la sapienza, perché sia sempre al mio fianco e fatichi con me: allora io imparerò quel che ti piace. Lei sa e capisce ogni cosa, mi guiderà con intelligenza nel mio lavoro, e mi proteggerà con la sua presenza. Così tutto quel che faccio ti sarà gradito. Governerò il tuo popolo con giustizia e sarò degno del trono di mio padre.

Chi tra gli uomini potrà mai conoscere la volontà di Dio? Chi potrà sapere quel che il Signore vuole? Noi siamo fragili, ragioniamo tra mille dubbi e incertezze. Il nostro corpo è mortale, è fatto di terra e grava sull’anima. È come una tenda che pesa e che opprime una mente già carica di pensieri. A stento possiamo immaginare le cose del mondo, anche quelle che sono a nostra portata, le scopriamo a fatica. Ma le cose del cielo, chi mai ha potuto esplorarle? Nessuno ha conosciuto la tua volontà se non eri tu a dargli la sapienza, se dal cielo non gli mandavi il tuo spirito santo. Solo così gli abitanti della terra han potuto correggere il loro modo di vivere, hanno imparato quel che ti piace e furono salvati per mezzo della sapienza.

Dunque, anche per Salomone, la Sapienza è un dono dello Spirito Santo: è una forma superiore di consapevolezza, che premia gli uomini meritevoli e va loro incontro, aiutandoli a discernere il vero dal falso, il bene dal male, il giusto dall’ingiusto, e preparando le loro menti ed i loro cuori a non pensare secondo ciò che è umano, ma secondo la volontà di Dio.

Da Dio è la nostra origine, Dio è il nostro fine: siamo come una freccia lanciata fra l’inizio di noi stessi, che viene da Dio, e la nostra meta, che è ancora e sempre Dio: infatti, quale altra meta potrebbe esserci per noi, all’infuori del nostro Creatore e della relazione d’amore che Lui per primo ha istituito con noi, e alla quale noi siamo chiamati a rispondere? Amor, ch’a nullo amato amar perdona, vale anche, e a maggior ragione, nel rapporto fra il Creatore e le sue creature: Egli le ama, ed esse lo amano, perché non possono non ricambiare l’amore che le ha originate, e che costantemente si dirige verso di loro. Eppure, talvolta lo fanno: questo avviene perché, traviate dalle cose del mondo, credono di aver trovato degli oggetti che soddisfino il loro bisogno d’amore, più di quanto lo potrebbe soddisfare la fonte stessa dell’Amore, il che è assurdo: sarebbe come presumere che un fuocherello di sterpi, acceso nel cuore della notte invernale, possa sprigionare un calore e una luce più grandi del calore e della luce che emana il Sole. Oppure accade perché le creature, accecate dall’invidia e dalla presunzione, vogliono fare, deliberatamente, quel che fecero Adamo ed Eva nel Paradiso terrestre: disobbedire alla legge d’amore di Dio e tentare di rendersi eguali a Lui, loro che, senza di Lui, non esisterebbero neppure, e che tutto quel che possiedono, a cominciare dall’intelligenza, lo possiedono unicamente perché Lui lo ha donato ad esse. Evidentemente, non è questa la vera sapienza, la Sapienza santa: perché nessun sapere potrà mai escludere il primato di Dio sulla nostra anima, o potrà far sì che noi ci scordiamo di Lui, gli neghiamo l’amore e l’onore dovuti, e restiamo tuttavia in pace con noi stessi. Tradendo Dio, noi tradiamo noi stessi, ossia tradiamo la parte migliore, e la più vera, della nostra anima; e l’anima lo sa, lo sente, e ne soffre immensamente. È qui il dramma dell’infelicità dell’uomo moderno.

Dio è la Verità, e la nostra anima aspira naturalmente a Lui. Ora, finché essa cerca il vero senza la necessaria umiltà, e senza riconoscere la propria fragilità creaturale, lo cercherà invano; quel che troverà, non sarà altro — nel migliore dei casi — che qualche frammento di verità, qualche verità parziale, incompleta e insoddisfacente: ma non sarà mai la Verità. Come potrebbe soddisfarci quel che è privo della sua completezza e della sua perfezione? Ogni cosa, infatti, reca una immagine, più o meno sbiadita, dell’Artefice di tutte le cose; ma sono perfette solo le cose che lasciano trasparire in sé pienamente, come vetri tersi e trasparenti, la Verità che brilla in esse, non tuttavia da esse, bensì attraverso di esse. La verità di ogni cosa dipende dal suo grado di prossimità a Dio.

La Sapienza santa è, dunque quella forma di sapere che, donatoci da Dio, ci permette di vederlo, riconoscerlo, amarlo, adorarlo e servirlo nella maniera conveniente; mentre una falsa sapienza è quella che pretende di fare a meno di Lui, quella che a Lui non ricorre o che, addirittura, pretende di ignorarlo e di contraddirlo. Alla vera Sapienza, dunque, si contrappone la sapienza del mondo, la sapienza secondo la carne, che disprezza lo spirito e che crede di sapere e di potere spiegare tutto, o quasi tutto, un po’ alla volta, con l’aiuto della tecnica e con le scoperte scientifiche. La sapienza del mondo si manifesta attraverso il sorrisetto sprezzante dei philosophes illuministi del XVIII secolo, così come in quelli di oggi: inutile fare i nomi, li conosciamo tutti, anche perché appaiono sempre alla televisione e firmano i loro articoli sui giornali a maggiore tiratura; ma anche solo nominarli sarebbe rendere loro troppo onore, dato che il loro livello intellettuale è prossimo a quello di un bruto, e la loro sfrontatezza e cialtroneria, allorché osano parlare di cose serie, delle quali non possiedono nemmeno una vaghissima idea, non meritano altro che il silenzio: non ragioniam di lor, ma guarda e passa.

Resta il problema che la cultura moderna, costruita sulla sapienza del mondo e in contrapposizione deliberata alla Sapienza santa, che viene da Dio, predispone e forgia, per così dire, le persone, e specialmente i giovani, a porsi in un atteggiamento intellettuale, spirituale e morale completamente sbagliato, incoraggiando la superbia, la presunzione, l’incontinenza e tutti i vizi che derivano da un uso spregiudicato della ragione, senza timor di Dio e senza il senso del proprio limite di creature. Gli intellettuali, la scuola, l’università, tutto va nella direzione sbagliata; e la Chiesa stessa, che era un tempo la roccaforte della visione spirituale della realtà e la fedele custode dei principi perenni della morale cristiana, da circa mezzo secolo ha abbandonato, uno dopo l’altro, i capisaldi del cattolicesimo per abbracciare la sapienza del mondo; e, per giunta, molti suoi esponenti hanno presentato un simile stravolgimento come la cosa più bella, più ispirata e autenticamente evangelica che potesse fare, sconfessando, implicitamente, e talvolta anche esplicitamente, duemila anni di storia della Chiesa. Difficile non vedere, in tutto questo, il risultato di un piano premeditato e lungamente studiato, portato avanti con astuzia sopraffina e con pazienza incrollabile; un piano che non può nascere, per la sua ampiezza e per la sua sconfinata temerarietà, da menti umane, ma che deve trovare la sua ispirazione ultima direttamente nel Nemico di Dio e degli uomini, in colui che gode a seminare scandalo e confusione, e che dedica ogni suo sforzo a distruggere, se possibile, ciò che Gesù Cristo è venuto a costruire, e che gli apostoli e i loro successori si sono prodigati per espandere, rafforzare e mantenere fedele al suo divino fondatore.

Che fare, dunque? Siamo giunti ad uno snodo cruciale nella storia del mondo: al momento in cui nere nuvole di tempesta si sono addensate sulla terra per fuorviare gli uomini e sovvertire in essi ogni principio morale, traviandoli con le lusinghe di una falsa sapienza e di una empia razionalità, dirette non alla emancipazione dell’uomo, come pomposamente viene affermato e ripetuto dagli organi d’informazione, quasi tutti asserviti al diabolico disegno cui sopra abbiamo accennato, ma alla sua definitiva riduzione in schiavitù: una schiavitù tanto più temibile e senza rimedio, in quanto i moderni schiavi non si rendono conto d’essere tali e mostrano con orgoglio le loro catene, convinti che si tratti di preziosi gioielli, di collane e di braccialetti tali da suscitare ammirazione e invidia nel prossimo. Chi dovrebbe esortare ed aiutare gli uomini a cercare la Sapienza santa, che illumina la vita con la sua luce armoniosa e che li metterebbe in grado di affrontare con serenità ogni prova e ogni ostacolo, non solo non lo fanno, ma danno proprio essi il cattivo esempio: vescovi e sacerdoti bestemmiano contro lo Spirito Santo, sostenendo cose che sono palesemente contrarie al Vangelo e all’insegnamento di Gesù, mentre gli intellettuali laici paiono coalizzati in una gigantesca campagna di traviamento morale e spirituale dell’umanità, nella quale essi, per smania di onori e di successo, recitano la parte dei cattivi maestri e spargono a piene mani i semi malefici di pessimi esempi e ideologie, contribuendo alla confusione e allo smarrimento generali.

Umanamente parlando, cioè con impietoso realismo, non sembra si possa ormai far molto — a parte l’impegno, la dedizione, la buona volontà e lo spirito di sacrificio di ciascuno – per porre rimedio a una situazione così compromessa: la degenerazione intellettuale e morale è andata troppo in là. Resta, tuttavia, l’arma formidabile della preghiera: perché, se si ha fede, nulla è impossibile a Dio…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.