
Vogliono celebrare il Diavolo? Contenti loro…
28 Ottobre 2016
Se i rigidi sono cattivi e ipocriti, anche Gesù Cristo era rigido?
29 Ottobre 2016I falsi profeti ci sono sempre stati e sempre ci saranno; e così pure i falsi maestri: anzi, negli ultimi tempi questa mala razza è destinata ad aumentare ancor di più, perché nei tempi di grande confusione la gente è assetata di novità e di parole che lusinghino le umane passioni e giustifichino ogni sorta di licenza e di turpitudine, e i falsi maestri insegnano proprio tali cose.
È scritto, infatti, nella Seconda lettera di Pietro (2, 1-22; traduzione della Bibbia di Gerusalemme):
Ci sono stati anche falsi profeti tra il popolo, come pure ci saranno in mezzo a voi falsi maestri che introdurranno eresie perniciose, rinnegando il Signore che li ha riscattati e attirandosi una pronta rovina. Molti seguiranno le loro dissolutezze e per colpa loro la via della verità sarà coperta di improperi. Nella loro cupidigia vi sfrutteranno con parole false; ma la loro condanna è già da tempo all’opera e la loro rovina è in agguato.
Dio infatti non risparmiò gli angeli che avevano peccato, ma li precipitò negli abissi tenebrosi dell’inferno, serbandoli per il giudizio; non risparmiò il mondo antico, ma tuttavia con altri sette salvò Noè, banditore di giustizia, mentre faceva piombare il diluvio su un mondo di empi; condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente. Liberò invece il giusto Lot, angustiato dal comportamento immorale di quegli scellerati. Quel giusto infatti, per ciò che vedeva e udiva mentre abitava in mezzo a loro, si tormentava ogni giorno nella sua anima giusta per tali ignominie. Il Signore sa liberare i pii dalla prova e serbare gli empi per il castigo nel giorno del giudizio, soprattutto coloro che nelle loro impure passioni vanno dietro alla carne e disprezzano il Signore.
Temerari, arroganti, non temono d’insultare gi esseri gloriosi decaduti, mentre gli angeli, a loro superiori per forza e potenza, non portarono contro di essi alcun giudizio offensivo davanti al Signore. Ma costoro, come animali irragionevoli nati per natura a essere presi e distrutti, mentre bestemmiano quel che ignorano, saranno distrutti nella loro corruzione, subendo il castigo come salario dell’iniquità. Essi stimano felicità il piacere d’un giorno; sono tutta sporcizia e vergogna: si dilettano dei loro inganni mentre fan festa con voi; han gli occhi pieni di disonesti desideri e sono insaziabili di peccato, adescano le anime instabili, hanno il cuore rotto alla cupidigia, figli di maledizione! Abbandonata la retta via, si sono smarriti seguendo la via di Balaam di Bosor, che amò un salario di iniquità, ma fu ripreso per la sua malvagità: un muto giumento, parlando con voce umana, impedì la demenza del profeta. Costoro sono come fonti senz’acqua e come nuvole sospinte dal vento: a loro è riserbata l’oscurità delle tenebre. Con discorsi gonfi e vani adescano mediante le licenziose passioni della carne coloro che si erano appena allontanati da quelli che vivono nell’errore. Promettono loro libertà, ma essi stessi sono schiavi della corruzione. Perché uno è schiavo di ciò che l’ha vinto.
Se infatti, dopo aver fuggito le corruzioni del mondo per mezzo della conoscenza del Signore e salvatore Gesù Cristo, ne rimangono di nuovo invischiati e vinti, la loro ultima condizione è divenuta peggiore della prima. Meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuto la via della giustizia, piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltar le spalle al santo precetto che era stato loro dato. Si è verificato per essi il proverbio:
"Il cane è tornato al suo vomito
e la scrofa lavata è tornata ad avvoltolarsi nel brago".
Ritorna, in questo brano, un solenne ammonimento: quello a non confondere la "libertà", come la dà il mondo, con la libertà in senso cristiano: che è la sola, vera e legittima forma di libertà. I falsi maestri faranno un gran parlare di libertà; presenteranno il Vangelo come la dottrina della libertà (ma in senso puramente umano); e, di conseguenza, si permetteranno d’interpretare liberamente le parole e le azioni di Gesù. Niente di nuovo sotto il sole: è quel che fanno, da sempre, le cento e cento eresie che accompagnano la storia della Chiesa; ed è quello che hanno fatto, in particolare, i protestanti, traviati da Lutero e Calvino, i due grandi cattivi maestri della cristianità moderna; e poi, di nuovo, giusto un secolo fa, i modernisti: i vari Tyrrell, Loisy, Buonaiuti, salvo poi atteggiarsi a povere vittime, ingiustamente perseguitate da una Chiesa bigotta e oscurantista, e salvo poi prendersi una rivincita, postuma, sì, ma pressoché totale — e proprio ai nostri giorni – con una certa chiesa post-conciliare, culminata nell’attuale pontificato di papa Francesco. E infatti è ancora papa Francesco, in una delle sue omelie nella Chiesa di Santa Marta, a parlare di libertà, dicendo che i cristiani "rigidi" non camminano nella libertà del Signore; laddove, per rigidi, egli intende tutti quei cattolici, e non sono pochi, che non capiscono, con condividono e non approvano la sua linea pastorale, o, per dir meglio, il suo aperto tentativo di cambiare la Chiesa cattolica in qualcosa di radicalmente diverso: una neochiesa modernista e progressista, l’esatta antitesi della Chiesa cattolica di ieri e di sempre, confermando i timori di san Pio X che vide per tempo l’avvicinarsi del pericolo e prese immediati ed energici provvedimenti, scomunicando il modernismo con l’enciclica Pascendi Dominici gregis, nel 1907.
Del resto, da sempre le false dottrine abusano del concetto di libertà: lo agitano davanti alla gente come una bandiera, come un simbolo di progresso e addirittura di felicità; lo assolutizzano, senza mai specificare che ad ogni libertà corrisponde una responsabilità, e che la libertà assoluta non esiste; che non esiste – e non sarebbe neppure desiderabile – una libertà radicale, perché la vera libertà deve sempre esprimersi all’interno di un limite e perché la vera libertà non è la facoltà di fare quel che si vuole, ma quello che è giusto. Per il cristiano, fare quello che è giusto significa uniformarsi alla volontà di Dio: nessun bene, infatti, e neanche la libertà, è concepibile separatamente o contrariamente alla volontà di Dio, che è il Bene in senso assoluto. E come potrebbe darsi l’esistenza di un singolo bene, se fosse contrario al Bene in sé? E come potrebbe una singola libertà, essere contraria alla libertà del cristiano, che è uniformarsi in tutto all’amore di Dio?
L’idea cristiana del Bene implica, fra le altre cose, un atteggiamento del tutto nuovo nei confronti della sofferenza. Per il cristiano, la sofferenza non è un male da evitare ad ogni costo; nella misura in cui essa viene da Dio (e non da cause umane che si possano eliminare, perché ingiuste in se stesse), la sofferenza, ossia la croce, diventa una realtà da assumere volontariamente e fiduciosamente, non uno spauracchio da cui fuggire. Si può essere liberi, anche su un letto d’ospedale, anche in un polmone d’acciaio; viceversa, si può essere schiavi anche in una reggia o nel’ufficio di presidenza di una grande banca. La libertà del cristiano non è la libertà dalla sofferenza, o dalle costrizioni esterne: è la libertà del figlio di Dio, che riconosce la voce del Padre e che risponde, con l’offerta di sé, alla offerta d’amore di Lui.
Ora, i falsi profeti e i falsi maestri abusano dell’idea di libertà, e la presentano come un fine in se stessa, mentre per il cristiano la libertà non è il fine, ma il risultato dell’abbandono a Dio, che, dal punto di vista del mondo e della carne, coincide con la crocifissione della propria libertà egoistica e distruttiva, in nome di una libertà più alta, ossia della vera comunione con l’amore del Padre. Il primo falsificatore del concetto di libertà è stato il serpente nel Giardino dell’Eden, quando spinse Eva (e, attraverso di lei, Adamo) a voler conquistare una libertà illusoria, intesa come libertà totale, anche da Dio, cioè, in pratica, come rifiuto del vincolo amorevole e fiducioso nei confronti di Lui. Anche Lucifero, quando era un angelo, fu spinto nella sua ribellione a Dio dal fantasma di una libertà assoluta, e quindi dal rifiuto di riconoscersi creatura e di accettare i limiti che comporta la condizione creaturale.
Una vola che nella Chiesa si sia introdotto lo spirito sedizioso di una libertà egoistica e puramente negativa, cioè come libertà da qualcosa e non per fare qualcosa, ha inizio un fatale processo di disgregazione e dissoluzione: perché una libertà così intesa porta a rivendicare tutta una serie di ulteriori libertà, sempre più individualistiche e sempre più pretenziose, quasi che il mondo intero debba inchinarsi alla rivendicazione di libertà soggettiva da parte del singolo individuo. In pratica, non c’è fine alle sempre rinnovate richieste di libertà, alla pretesa di una incessante libertà ulteriore, perché è venuto meno il senso del limite e, insieme ad esso, il senso del misero: che sono i due presupposti necessari e le due condizioni preliminari perché si dia un atteggiamento religioso nei confronti della vita. La pretesa della libertà assoluta, pertanto, coinvolge necessariamente la sfera dell’etica e tende ad abolire ogni limite alla piena fruizione della libertà soggettiva, ad abbattere qualsiasi ostacolo le si frapponga. Così, dall’uso improprio del concetto di libertà in teologia, si passa inevitabilmente ad una interpretazione lassista, permissiva, utilitarista del Vangelo: non è più il Vangelo a costituire una salda norma di vita per gli uomini ma sono gli appetiti, gli istinti e i desideri degli uomini, intesi nel senso più soggettivo, ad ispirare sempre nuove e "moderne" letture del Vangelo. Nessuna meraviglia che, un poco alla vola, divorzio, aborto, eutanasia, matrimonio omosessuale, siano stai visti, dai cattolici modernisti e progressisti, come realtà con le quali anche il credente deve confrontarsi, senza giudicarle in partenza, anzi, sforzandosi di vedere in esse un riflesso di ciò che Dio stesso desidera per l’uomo, ossia il pieno esercizio della sua libertà. L’assolutizzazione della libertà umana porta all’edonismo e al capovolgimento del Vangelo, che si fonda, non bisogna mai dimenticarlo, sull’accettazione volontaria della croce, per l’amore di Dio e del prossimo.
Questo concetto è ben illustrato nella vicenda storica dei Paesi protestanti: i primi a rivendicare la libertà d’interpretazione del Vangelo (e ciò, curiosamente — ma neanche tanto – mentre Lutero negava con la massima energia l’esistenza del libero arbitrio); i primi a mercificare completamente il lavoro dell’uomo e ad instaurare la dittatura della finanza; i primi ad attuare in pieno il laicismo, il secolarismo, e a scoprire e diffondere il Vitello d’Oro del consumismo; i primi a liberalizzare il sesso, la droga, l’aborto, l’eutanasia, i matrimoni omosessuali, l’utero in affitto. Essi, dunque, si distinguono per essere stati i primi che hanno fatto dell’affermazione esasperata dei diritti individuali lo scopo e la ragion d’essere della società umana, la quale a null’altro servirebbe, se non a garantire il godimento della massima libertà al singolo individuo (salvo poi, all’atto pratico, sfociare in una qualche forma di vero e proprio sfruttamento della maggioranza da parte di alcune élites particolarmente abili e spregiudicate). E non paghi di aver perseguito questo obiettivo, fatalmente distruttivo perché intimamente anti-sociale e, in fondo, anti-umano – se è umano, come crediamo, conservare il senso del limite e il senso del mistero -, ora essi hanno preteso di esportare il loro modello culturale, giuridico e morale, in tutto il mondo, dando per scontato che ogni popolo e ogni società dovranno seguire la strada da loro percorsa, e riconoscere che quella, e soltanto quella, conduce verso la "civiltà" ed il migliore dei mondi possibili.
Molti cattolici nutrono un senso d’inferiorità nei confronti delle culture protestanti; le vedono come più "avanzate", più "moderne" e, sopratutto, più efficienti; ma sbagliano, perché si limitano a vedere una sola faccia della medaglia. Se guardassero meglio, si accorgerebbero che non c’è nulla da invidiare e che, in quei Paesi, non c’è proprio nulla di cui la cultura protestane possa andare fiera. Le chiese sono vuote, e nella società civile dominano tristezza, solitudine, depressione, tendenza al suicidio. Sono i frutti avvelenati di una cultura (non solo luterana, ma anche calvinista) della "libertà" puramente soggettiva, e che si disperde e si auto-distrugge nell’inseguimento di innumerevoli piccole libertà, mentre va fatalmente perduta la sola che conti: la libertà di essere figli di Dio. Pertanto, che cosa ci sia da festeggiare nella ricorrenza dei cinquecento anni da che ebbe inizio questa malattia mortale del cristianesimo, e che cosa vada a fare in Svezia il vescovo di Roma, che assai a stento e a malincuore si è rassegnato a promettere che celebrerà una Santa Messa anche per i cattolici di quel Paese, nessuno lo sa.
Cari preti neomodernisti, avete compreso? Rileggetevi la Lettera di Giuda: Dio…condannò alla distruzione le città di Sodoma e Gomorra, riducendole in cenere, ponendo un esempio a quanti sarebbero vissuti empiamente. Non le risparmiò, monsignor Galantino, come lei ha detto, ma le distrusse. In nome della "libertà", i cattivi maestri vorrebbero abolire la nozione stessa del peccato…
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash