Se la Marina italiana si fosse autoaffondata nel 1943, o almeno nel 1947…
21 Agosto 2016
Teologi che cercano Dio o che servono il Diavolo?
23 Agosto 2016
Se la Marina italiana si fosse autoaffondata nel 1943, o almeno nel 1947…
21 Agosto 2016
Teologi che cercano Dio o che servono il Diavolo?
23 Agosto 2016
Mostra tutto

Fanno male a scherzarci sopra…

Avverto diverse presenze in questa casa. Ce n’è una in particolare che mi è ostile, una volontà malvagia che cerca di spezzare la mia e sopraffarmi. Non devo assolutamente permetterlo, ma devo combatter con tutte le forze per resisterle. È indicibilmente malefica, e decisamente non umana. Credo che sia alleata con potenze ultraterrene… potenze di un altro spazio oltre il tempo ed oltre l’universo. Torreggia come un colosso, convalidando gli scritti di Aklo. Mi dà la sensazione di essere talmente grande che mi chiedo come possano queste pareti contenere la sua massa… anche se la sua massa non è visibile. Deve avere un’età inimmaginabile, indescrivibile…

Queste frasi sono ricavate da un racconto dello scrittore americano H. P. Lovecraft (Providence, Rhode Island, 1890-ivi, 1937), Il diario di Alonzo Typer, che è un classico esempio di letteratura del terrore soprannaturale: genere letterario nato nel cima culturale del Pre-romanticismo e culminato, con il supporto dei cinema e dei fumetti, nel XX secolo, mantenendosi ben vivo e attrattivo per un vastissimo pubblico, fino ai giorni nostri.

Sarà una coincidenza — ma noi crediamo poco alle coincidenze -, sta di fatto che, proprio mentre, nell’Europa del tardo XVIII secolo, irrompe una ventata di secolarizzazione, sulla doppia spinta della Rivoluzione industriale e della Rivoluzione francese (la quale ultima ebbe, fra i suoi obiettivi, la radicale scristianizzazione della società, calendario compreso), alle vecchie credenze religiose che se ne andavano, e fra le quali vi era anche il timore del Diavolo, subentrarono nuove forme di attenzione e d’interesse per il soprannaturale, sovente nei suoi aspetti più inquietanti e tenebrosi, a suon di maledizioni, magia nera, fantasmi, mostri, vampiri e lupi mannari: proprio come se Satana, cacciato dalla porta, avesse trovato il modo di rientrare indisturbato, anzi, addirittura invocato dal pubblico, attraverso la finestra.

In effetti, i lettori dei romanzi e dei racconti gotici della fine del 1700 e dei primi anni del 1800, avendo, in genere, scarsa familiarità (almeno così presumiamo) con la letteratura religiosa e devozionale, non potevano immaginare che le stesse emozioni "forti", basate sul terrore soprannaturale, che essi cercavano nelle storie di M. G. Lewis, John Polidori, Horace Walpole, Mary Shelly, E. T. A. Hoffmann e tanti altri, avrebbero potuto trovarle non in opere di fantasia, ma in un genere di letteratura perfettamente seria e realistica, anche se pervasa da una profonda spiritualità: quella relativa alle vite dei santi. In essa avrebbero trovato la presenza del demoniaco in una misura tale da accontentare i gusti dei più intrepidi lettori, con la sola differenza che non si trattava di situazioni e personaggi d’immaginazione, ma di fatti e persone assolutamente reali, anche se quelle esperienze non erano suscettibili di una chiara conferma scientifica, né potrebbero esserlo anche al giorno d’oggi, trattandosi di una sfera di realtà che, per definizione, si sottrae al potere del Logos strumentale e calcolante, e coinvolge, semmai, per chi ha la prerogativa di possederla, la fede. Non si vuole, con ciò, porre sullo stesso piano la letteratura fantastica e le biografie dei santi; quel che intendiamo dire è che i santi, nella concretezza della loro vita, fanno l’esperienza di ciò che gli scrittori del soprannaturale, di regola, possono solo immaginare, o conoscono per sentito dire, oppure, al massimo, "vedono" in sogno, come appunto accadeva — come risulta dal suo ricchissimo epistolario – a Lovecraft.

Ora, sempre a titolo di esempio, si confronti questa pagina scritta da un santo dei nostri giorni, padre Pio da Pietrelcina, con il brano sopra riportato, e se ne traggano le opportune deduzioni (da: Enrico Malatesta, La vera storia di Padre Pio, Casale Monferrato, Alessandria, Edizioni Piemme, 1999, pp. 44-45):

"Quanta guerra mi muove Satana!… Quante lacrime, , quanti sospiri indirizzo al Cielo per essere per essere liberato!… Ma non importa, io non mi stancherò mai di pregare Gesù. Alla fine si muoverà a pietà, o col togliermi dal mondo o col liberarmi; se nessuna di queste grazie vorrà concedermi, spero almeno che mi vorrà concedere la grazia di non cedere alla tentazione".

E ancora: il demonio seguita a terrorizzarmi… mi va intimorendo col dirmi che mi deve distruggere. Glielo permetterà Gesù? Sono pronto a tutto: ma spero che non glielo darà Gesù questo permesso".

Ecco il segreto: "Dio però è con me e le consolazioni che sempre mi fa gustare sono tanto dolci da non poterle descrivere. Gesù non cessa di visitarmi amorevolmente e di incoraggiarmi alla pugna contro il nostro comune nemico".

Ma il nemico non desiste, anzi raddoppia le arti e i modi di battaglia; ora ricorre alle forme dello spavento : "Le visite di quei soliti personaggi seguitano sempre più frequenti… Il demonio non cessa di apparirmi sotto le sue orride forme e di percuotermi in modo veramente spaventoso… Si approssima la Pasqua… In questi giorni santi più che mai sono afflitto oltremodo da quel Barbablù… Questo cosacci non cessano di percuotermi, di perseguitarmi e di sbalzarmi alle volte dal letto, giungendo a volte persino a togliermi la camicia e percuotermi in tale stato".

Il tremendo duello non finisce mai, anzi si fa sempre più estenuante.

È la notte che le anime dei dannati gli fanno visita,per intimorirlo, fiaccarlo, arrivano addirittura a percuoterlo a sangue, pur di distoglierlo dalla sua missione.

Lui in risposta invoca Maria: "Vorrei che la Madonna mi prendesse con sé, oppure anche vivendo essere cambiate per me le amarezze in consolazioni della terra, purché non mi faccia più vedere le facce patibolari di quei cosacci".

Ma ecco che a una notte infausta si sostituisce un’alba radiosa: "Quel cosaccio, da verso le dieci che mi misi a letto fino alle sei del mattino non fece altro che picchiarmi continuamente… Credevo che quella fosse l’ultima notte della mia esistenza… Alle cinque del mattino allorché quel cosaccio andò via, un freddo s’impossessò della mia persona da capo a piedi come una canna esposta ad impetuosissimo vento!… Infine venne il Pargoletto Gesù, al quale dissi di voler fare la sua volontà! Oh Dio!, come batteva il mio cuore, come ardevano le mie guance presso il Celeste bambino!".

In queste lettere dirette al suo padre spirituale, san Pio raccontava, con evidenza e immediatezza, le sue esperienze a tu per tu con il Maligno: non aveva bisogno di creare atmosfere tenebrose o di scegliere con accortezza le parole, perché non stava esercitandosi in racconti di fantasia, ma esponeva dei fatti reali e delle esperienze concrete, da lui personalmente vissute. Egli non credeva all’esistenza del Demonio, se per "credere" si intende una fede in ciò che non si conosce; bensì la conosceva per diretta esperienza, e tanto gli bastava. Non era uno studioso, né un teologo; non aveva bisogno di trovare conferme nelle Scritture — le quali, peraltro, parlano ampiamente sia di Satana, sia della possessione e degli esorcismi che Gesù stesso praticava -; non era gravato dalla necessità di spiegare agli altri tali esperienze, e meno ancora di sottoporle al vaglio della scienza (si pensi all’atteggiamento negativo che tenne allorché padre Agostino Gemelli pretese di "visitare" le sue stimmate, partendo da un pregiudizio di scettica malevolenza nei suoi confronti e delle sue esperienze mistiche). I fenomeni del soprannaturale non rivestono alcun interesse, per il mistico che li vive, se non nella loro dimensione spirituale e religiosa; a lui non interessa spiegare alcunché, né convincere gli altri: a lui basta ciò che vede, sente, odora.

Nel parlare del Diavolo che lo tormenta quasi ogni notte, san Pio lo definisce "quel cosaccio", così come il santo curato d’Ars, Jean-Marie Vianney, che ne aveva fatto delle esperienze altrettanto drammatiche e dolorose, lo chiamava Chiappino; e non si attarda a descrivere i particolari, sapendo che nessuna mente umana può penetrare certi segreti; si limita a dire che è stato battuto, gettato giù dal letto, perfino spogliato della camicia. Non cerca, tuttavia, testimoni; anzi, tiene gelosamente nascoste, per quanto possibile, le sue drammatiche esperienze notturne. I frati del convento odono uno strepito improvviso, un rumore di mobili rovesciati, colpi, tonfi, grida, provenienti dalla sua cella; ma lui non chiede aiuto, non esce a domandare soccorso: sa che quella è una battaglia fra lui e il Diavolo, e che deve combatterla da solo; che il Diavolo troverà sempre il modo di venire a tormentarlo, quand’anche egli domandasse il soccorso di tutti gli altri frati; e sa, soprattutto, che il solo aiuto possibile e veramente efficace non può venirgli che dalla fede, dalla preghiera, dall’intervento misericordioso di Gesù e di Maria Vergine. Esperienze simili le hanno fatte molti altri santi, a cominciare da Jean-Marie Vianney: anche in quel caso, dei parrocchiani coraggiosi si offrirono di passare la notte insieme a lui, per proteggerlo dalle misteriose e inspiegabili aggressioni notturne; ma finirono per fuggire terrorizzati, ed egli si risolse ben presto ad affrontare da solo, con l’aiuto di Dio, quella prova spaventosa e sconcertante.

Oggi va di moda, fra le persone "di mondo", e specialmente fra gl’intellettuali e quelli che amano ritenersi tali, scherzare su queste cose, come si trattasse di residui di un passato superstizioso e di credenze assolutamente irrazionali e prive di valore. Migliaia di persone ci costruiscono sopra dei giochi o dei passatempi, ora intavolando delle sedute spiritiche attorno alle tavolette Ouija, ora, addirittura, improvvisandosi ministri di magia nera ed invocando Satana nei loro blasfemi rituali: e non sanno di scherzare col fuoco. Non si rendono conto dei pericoli tremendi che corrono: spalancano quelle porte che dovrebbero rimanere ben chiuse e che sono state chiuse fin dal Battesimo; ed evocano l’irruzione di forze capaci di travolgere per sempre le loro vite. Non si sa se parlare d’incoscienza o di follia; ma è indubbio che il Diavolo approfitta di questi varchi che gli vengono offerti per esercitare un’azione straordinaria nel mondo terrestre, che si aggiunge alla sua malefica azione ordinaria, fatta di tentazioni e di cattive ispirazioni.

Quanti delitti efferati, orrendi, e apparentemente gratuiti, inspiegabili, possono trovare qui la loro vera radice? Quale parte svolge il Demonio nelle azioni malvagie, crudeli, distruttive e spietate di cui sono piene le cronache quotidiane e di cui è intessuta anche la storia umana? Quante anime sono state possedute, quante menti sono state ottenebrate dagli orribili fantasmi creati dal Demonio per sospingere gli uomini alla cattiveria, alla violenza, alla efferatezza? Vi sono innumerevoli delitti senza movente, o dal movente così sproporzionato, così esiguo, rispetto alla reazione cui hanno dato esca, da riuscire quasi incomprensibili se non si ammette l’influsso di una malizia superiore all’umana, una malizia infernale, della quale neppure gli uomini più perversi, quanto a se stessi, sarebbero capaci anche solo d’immaginare, non che di porre in esecuzione.

Tuttavia, l’azione straordinaria del Demonio – l’infestazione, la vessazione, la possessione – non è implicata che in una minima percentuale dei casi nei quali si manifesta la malvagità umana; molto più sottile e capillare, molto più diffusa e, quindi, più temibile, sul piano della società e della storia, è la sua azione ordinaria, astuta, occulta, estremamente insidiosa. Mentitore fin dall’inizio, il Diavolo cerca d’ingannare gli uomini: non si presenta apertamente per quello che è, ma li lusinga e li seduce con vane apparenze e falsi ragionamenti. In ciò, trova un potente mezzo di penetrazione nella superbia umana, specialmente nella superbia intellettuale. Gli uomini, da sempre, ma gli uomini moderni più di qualunque altra generazione, sono sensibili alla presunzione di oltrepassare il loro statuto ontologico di creature: vorrebbero non dipendere da niente e da nessuno, e farsi le loro leggi da se stessi, magari santificando il vizio e proscrivendo il bene e la giustizia. In questo senso, è legittimo sospettare quanto meno una subdola ispirazione diabolica nelle opere del pensiero, negli scritti di molti poeti e romanzieri, nei film e negli allestimenti teatrali di parecchi registi, nelle musiche e nei concerti di numerosi cantanti osannati dalle masse giovanili, nelle teorie e nei sistemi di molti filosofi e teologi moderni; per non parlare dell’opera, sovente nefasta, che svolgono psicanalisti, guru di varia estrazione e innumerevoli, sedicenti maestri spirituali, i quali di spirituale non hanno nulla, ma sono mossi unicamente dall’avidità economica, dalla brama di manipolazione delle menti altrui e dalla ricerca della gloria mondana, quando non da fini ancor più ignobili, come la lussuria o una qualche forma di magia nera o di satanismo.

Ora, la cittadella della spiritualità è assediata da ogni parte; e il cuore di essa, costituita dalla fede e dalla tradizione cattolica, è minacciato non solo dall’esterno, ma anche dall’interno, mediante la diffusione di dottrine temerarie, erronee, fuorvianti, le quali, senza averne l’aria, anzi facendo le viste di voler rinnovare e rivitalizzare la fede, di fatto la stravolgono e l’uccidono. Che cosa si dovrà pensare di quei sedicenti teologi, di quei sedicenti pastori, i quali si prestano ad un’opera cosiffatta?

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
Hai notato degli errori in questo articolo?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

This site uses Akismet to reduce spam. Learn how your comment data is processed.