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28 Luglio 2015Gabriel Garcia Moreno: chi era costui?
Nel panorama della cultura moderna, specialmente europea, il nome di questo notevole personaggio è conosciuto solo entro una ristretta cerchia di cultori della storia latino-americana o di storia del cristianesimo nel XIX secolo; eppure siamo certi che, se fosse stato esponente di una diversa ideologia politica e se ad assassinarlo fossero stati sicari al soldo di altre organizzazioni, il suo nome sarebbe oggi conosciuto da tutti, sbandierato ai quattro venti come quello di un uomo politico saggio e illuminato, nonché di un martire dei più nobili ideali.
Il fatto è che Gabriel Garcia Moreno, nato a Guayaquil nel 1821 e morte a Quito nel 1875, presidente della Repubblica dell’Ecuador per ben tre volte, al principio del terzo mandato venne assassinato, con pistole e coltelli, da uomini della Massoneria, all’uscita della cattedrale ove aveva assistito alla Messa; si può dire che fu, quella – parafrasando il titolo di un romanzo dello scrittore colombiano Gabriel Garcia Marquez – la cronaca di una morte annunciata, perché era cosa di pubblico dominio che egli fosse odiato dai radicali e dagli anticlericali, a causa della sua dichiarata fede cattolica e della sua personale amicizia con i Gesuiti; e che la Massoneria, in particolare, avesse deciso di eliminarlo fisicamente, vedendo in lui il principale ostacolo alla diffusione delle logge in quel Paese sudamericano, e della loro strategia di scristianizzazione.
Era un uomo coraggioso, tutto d’un pezzo; non faceva sconti a nessuno, non risparmiava se stesso; e, pur essendo un conservatore dichiarato, non era affatto, come ci si potrebbe aspettare, se si desse retta ai soliti cliché della storiografia "progressista" e di sinistra, un oscurantista e un reazionario, se per oscurantista si intende un nemico della civiltà e, per reazionario, un oppositore di qualsiasi genere di riforma ispirata al bene della società. Certo non amava la rivoluzione, né quella del 1789, né quelle del 1848; e, personalmente, per l’Ecuador avrebbe preferito la forma di governo monarchica, con la corona offerta ad un principe spagnolo. Ma, detestando ulteriori spargimenti di sangue in un Paese che aveva già vissuto il dramma della guerra civile, aveva rinunciato alle sue pregiudiziali monarchiche ed era diventato un fedele servitore dello Stato repubblicano, pur adoperandosi per il rafforzamento dei poteri presidenziali.
Di sicuro non fu un oscurantista, nel senso di nemico dello sviluppo intellettuale; al contrario. In particolare, Garcia Moreno fu un paladino della pubblica istruzione e della diffusione della cultura; condusse una infaticabile campagna per l’alfabetizzazione del popolo, ispirandosi ai modelli scolastici francesi e servendosi anche di personale fatto venire appositamente dall’Europa; riuscì a dare un tale impulso alla vita culturale del suo Paese, da fare di quest’ultimo, per qualche anno, il principale polo d’attrazione dell’intera America latina. E questo in un continente dove i "caudillos", sia liberali che conservatori, molto spesso, al di là dei bei discorsi, erano assai più interessati alla guerra, ai colpi di stato e all’uso disinvolto del pubblico denaro, che non a promuovere l’emancipazione intellettuale e il progresso sociale dei loro concittadini.
Garcia Moreno, comunque, era un cattolico non timido; si adoperò per il rientro dei Gesuiti, che erano stati cacciati, e ne tenne alcuni nascosti, durante la persecuzione anticlericale. Fedelissimo della Chiesa, protestò ufficialmente — unico capo di governo al mondo — per l’azione di forza condotta dal re d’Italia nel 1870, con la presa di Roma; e, nel 1872, votò il suo Paese al Sacro Cuore di Gesù. È degno di essere ricordato il fatto che l’arcivescovo di Quito che officiò la solenne cerimonia, José Ignacio Checa y Barba, venne assassinato a sua volta, il 30 marzo 1877, meno di due anni dopo la morte del Presidente: le specie eucaristica del vino, che egli aveva bevuto durante la Messa del Venerdì Santo, era stata avvelenata.
Secondo la Costituzione del 1869, fatta approvare da Garcia Moreno, il Parlamento ecuadoriano decretò il cattolicesimo quale religione ufficiale dello Stato e sancì che sia gli eletti che gli elettori dovessero appartenere a tale religione. Fu questa, senza dubbio, la ragione per cui gli assassini del Presidente, mentre lo crivellavano di colpi, gli gridarono: «Muoia il nemico della libertà!»; al che il morituro ebbe ancora la forza di replicare: «Ma Dio non muore!». Nella tasca della giacca, dopo che un sacerdote gli ebbe somministrato l’estrema unzione, si trovò un piccolo libro: era «L’imitazione di Cristo».
Dicevamo che la cultura moderna lo ha pressoché ignorato.
La "voce" a lui dedicata dalla «Enciclopedia biografica universale» della Biblioteca Treccani se la asciuga con pochissime righe:
«Uomo politico ecuadoriano (Guayaquil 1821-Quito 1875); fu, con J., Carron e M. Gomez de la Torre, membro del triumvirato costituitosi alla caduta di F. Robles (1859); da allora dominò la vita politica dell’Ecuador fino alla morte, come presidente eletto dal 1861, come dittatore nel 1864 e, dopo le effimere presidenze di J. Carrion (1865-67) e J. Espinosa (1868-69), di nuovo, rovesciato quest’ultimo, come dittatore. Era appena stato eletto ancora una volta, quando fu assassinato. Stipulò (1862) un concordato con la Chiesa, facendo del cattolicesi mola religione di stato, e promulgò due nuove costituzioni restrittive delle libertà politiche nel 1861 e nel 1869.»
Quel che capisce il comune lettore, insomma, è che fu una specie di nemico della libertà; da chi e perché sia stato assassinato, nemmeno una parola. Eppure, secondo Maxwell Scott e Mary Monica (che ne parlano nella loro biografia, edita a Londra nel 1914, «Gabriel Garcia Moreno, Regenerator of Ecuador», p. 152, la Massoneria tedesca aveva decretato la sua morte fin dal 1872, dopo la consacrazione pubblica del Paese al Sacro Cuore di Gesù. E lui ne era perfettamente al corrente, tanto che, pochi giorni prima di morire, scrisse al papa, Pio IX, denunciando la campagna di odio e di istigazione all’omicidio condotta contro di lui dalle logge massoniche dei Pesi vicini, Perù e Colombia, istigate dalla centrale tedesca.
Qualche notizia più circostanziata si trova nella «Enciclopedia Cattolica» (Città del Vaticano, 1950, vol. v, 1935-6), a firma di Silvio Furlani, corredata da una brevissima nota bibliografica:
«Uomo politico sudamericano, nato il 24 dicembre 1821 a Guayaquil, morto il 6 agosto 1875 a Quito. Studiò all’Università di Quito ed ancora giovane partecipò attivamente alla vita politica dell’Ecuador. Amico del presidente Noboa, fece riammettere nel paese i Geuiti, che ne erano stati cacciati ai tempi di Carlo III, re di Spagna. Perseguitato da Urbina, capo dei radicali, i quali erano insorti ed avevano dichiarato decaduto Noboa e ricacciato i Gesuiti, Garcia Moreno rimase lontano dall’Ecuador per vario tempo.
Ritornato in patria, dopo una dura lotta fui eletto Presidente della Repubblica. Profondamente cattolico, si preoccupò dell’educazione e dell’assistenza popolare, e fece venire dalla Francia ecclesiastici di vari Ordini, maschili e femminili, a fondare scuole ed ospedali. Concluse pure un concordato con la S. Sede (20 novembre 1863) che assicurò alla Chiesa una giusta posizione giuridica. Fra il silenzio di tutte le potenze, unico l’Ecuador protestò con energica nota contro l’occupazione di Roma nel 1870. La sua esistenza fu una continua battaglia contro le forze politiche avverse tendenti alla scristianizzazione, e per questo Garcia Moreno fu oggetto di odio profondo da parte dei nemici, che lo fecero assassinare all’ingresso della cattedrale di Quito. Morto, dal congresso gli u decretato il titolo di rigeneratore della patria e di martire della civiltà cattolica.»
E martire, Garcia Moreno, lo fu davvero, nel significato tecnico e incontrovertibile della parola: venne assassinato, infatti, non genericamente per motivi politici — pratica allora abbastanza diffusa, nella realtà sudamericana — bensì «in odium fidei», in odio al suo essere cristiano e cattolico.
Non ci sembra esagerato o fuori di posto domandarci se il silenzio, calato sulla memoria di questo importante personaggio della storia sudamericana, sia da porre in relazione con la vasta e capillare influenza che la Massoneria esercita tuttora in gran parte del mondo occidentale. Un esperto di storia del cristianesimo, proveniente da una università di quel continente, ebbe a dichiarare, nel corso di una conferenza tenutasi in Italia, due anni fa (per la precisione, presso l’abbazia di Fanna, in Friuli-Venezia Giulia, nel corso di un convegno organizzato dal prof. Danilo Castellano) che, se è ancora possibile, in Europa, raggiungere posizioni eminenti nel campo della politica, della cultura e dell’economia, senza essere iscritti alla Massoneria, però solo a prezzo di una grandissima fatica, e difficilmente raggiungendo i livelli decisionali più alti, questo è semplicemente impossibile negli Stati Uniti e in molti altri Paesi del continente americano, ove nessuno potrebbe mai fare carriera senza passare per l’iscrizione alle logge.
Quanto al fatto che la Massoneria pratichi l’assassinio come strumento di lotta politica, stupisce che il pubblico ne sia poco e male informato. In genere, l’opinione pubblica europea e americana s’immagina che questo tipo di azioni siano state appannaggio di gruppi politici estremisti, come i terroristi anarchici, i quali, alla fine del XIX secolo e al principio del XX, si resero responsabili dell’uccisione di alcuni capi di stato e di governo dei due continenti, ivi compreso il re d’Italia, Umberto di Savoia, e il presidente statunitense, Mc Kinley. I delitti politici della Massoneria non sono stati meno impressionanti, ma, sicuramente, sono assai meno conosciuti, proprio per la natura segreta della Massoneria e per la fitta rete di complicità che le ha sempre consentito di intorbidare le acque quanto basta per far sparire la tracce del proprio coinvolgimento in simili azioni (e non si dimentichi la sorte toccata a personaggi divenuti scomodi per le logge, come il finanziere Roberto Calvi o il giornalista Mino Pecorelli).
Dicevamo che Gabriel Garcia Moreno non fu il solo uomo politico a cadere sotto i colpi di sicari della Massoneria. Si potrebbero ricordare parecchi altri: per esempio, il generale francese François-Jean-Baptiste de Quesnel (1765-1819), che combatté nelle campagne della Rivoluzione, poi sotto il Direttorio e infine agli ordini di Napoleone: il suo cadavere fu rinvenuto mentre galleggiava sulle acque della Senna e, benché si parlasse di suicidio, l’ombra della Massoneria si delineò dietro la sua morte misteriosa. Oppure si può ricordare il generale e uomo politico spagnolo Joan Prim (1814-1870), presidente della Giunta rivoluzionaria del 1868 e del governo provvisorio del 1869, colui che offrì la corona spagnola al figlio di Vittorio Emanuele II di Savoia, Amedeo, il quale fu effettivamente re di Spagna dal 1870 al 1873. Prim fu membro della Massoneria e, al termine di una brillante carriera militare e politica, cadde sotto il fuoco di alcuni sicari il 27 dicembre 1870 e spirò dopo tre giorni di agonia: forse qualcuno volle punirlo per il sostegno dato ad Amedeo di Savoia, oppure impedirgli di fare delle rivelazioni. Infine si potrebbe ricordare Luigi Filippo II di Borbone, duca d’Orléans, e soprannominati "Filippo Égalité" (1747-1793):, che fu Gran Maestro della Massoneria fin dal 1771, ma poi, divenuto delatore di essa, venne giustiziato dal Tribunale rivoluzionario di Parigi il 6 novembre del 1793.
Come si vede, ci muoviamo su di un terreno assai sdrucciolevole: mentre gli anarchici "firmavano" i loro delitti e se ne assumevano tutta intera la responsabilità, le società segrete, per la loro stessa natura e per la loro stessa logica, non agiscono in maniera scoperta, e, se decidono di eliminare qualcuno, tentano, quando possibile, di farlo sembrare un incidente o un suicidio; mai, comunque, dichiarano la paternità di un delitto: l’inevitabile inchiesta potrebbe gettare una luce indesiderata sulle loro attività, che devono rimanere occulte. È così che, nel 1815, un agente di polizia francese di nome Saint-Blamont, che si era presentato all’iniziazione massonica per sventare i complotti della setta, venne murato vivo, con la bocca bendata per impedirgli di chiamare aiuto (cfr., in rete, www.germanvictims.com alla voce Freimaurerischer Imperialismus Und Welterrschaft).
Crediamo, comunque che la vicenda di Garcia Moreno, e quella dell’arcivescovo Checa, servano a dissipare l’idea che le teorie complottiste relative ad alcune società segrete (come quelle sostenute da David Icke) siano completamente campate per aria. Una base storica c’è, invece; e vi sono indizi inquietanti che arrivano fino ai giorni nostri. Si tratta, evitando generalizzazioni ed esagerazioni, di valutare caso per caso: ma senza perdere di vista la possibilità che esista una trama complessiva…
Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio