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Alle quattro rivoluzioni anticristiane, per Plinio Corrêa de Oliveira, seguirà la rinascita cattolica

Quella di Plinio Corrêa de Oliveira (nato a San Paolo del Brasile il 13 dicembre 1908 e ivi deceduto il 3 ottobre 1995), filosofo e uomo politico ben conosciuto in America Latina, fondatore della Società Brasiliana per la Difesa della Famiglia, della Tradizione e della Proprietà, è una figura quasi sconosciuta in Europa, e la ragione non è certo difficile da capire. Egli è stato l’esponente di un cattolicesimo tradizionalista intransigente, avversario dichiarato della cultura moderna, figlia dell’Illuminismo e della mentalità da esso derivata, quella materialista, relativista e anticristiana che, a suo giudizio, ha conosciuto l’ultima, imponente manifestazione con la cosiddetta rivoluzione culturale del 1968.

Personaggio scomodo, quindi, addirittura ingombrante, già per la gerarchia della Chiesa cattolica brasiliana, che dichiarò la sua Associazione non-cattolica, accusandola di estremismo e di fanatismo; figuriamoci per i salotti buoni della cultura europea dei nostri giorni, la quale dell’agnosticismo, dell’indifferentismo religioso, del radicalismo e della cultura dei "diritti" a oltranza ha fatto i suoi dogmi intoccabili, e che vede in qualunque esponente della Tradizione, con la "t" maiuscola (e, spesso, anche con la minuscola), un nemico da combattere fino all’ultimo respiro, un esponente di quell’oscurantismo intollerante e reazionario che, a suo avviso, vorrebbe riportare indietro le lancette della storia.

Plinio Corrêa de Oliveira può apparire, nel mondo d’oggi, come un meteorite piovuto dallo spazio alieno o come un patetico personaggio alla Don Chisciotte, completamente smarrito dietro i suoi sogni di restaurazione religiosa; ma sarebbe un’impressione superficiale, ispirata dal pregiudizio e dettata dal conformismo culturale oggi ferocemente imperante. Di fatto, vi sono, nelle sue opere, delle autentiche perle di umanità e di saggezza, che — crediamo — potrebbero e dovrebbero essere meditate da qualsiasi uomo o donna di buona volontà e di retto sentire, indipendentemente dalle convinzioni filosofiche, politiche, sociali o religiose di ciascuno.

Questa, per esempio: «L’uomo deve porre la sua massima attenzione in un ordine di realtà superiore, formando una sorta di santuario interiore, dall’alto del quale egli poi guarda tutto in modo contemplativo. I due punti cardine nella vita dell’uomo sono: l’attrazione continua al sublime e il desiderio di cancellare l’orrendo.» O questa: «Nessun uomo è banale. Solo una cosa è banale: non saper vedere l’aspetto trascendentale delle cose. I cattolici si dividono in due tipi: coloro che sanno vedere la bellezza della Fede, e quindi splendono con una luce speciale, e coloro che restano nella banalità, diventando quindi grigi e inespressivi.» O, ancora, questa: «Vivere è contemplare. Finché non afferra la dimensione meravigliosa delle cose, l’uomo non vive. Per una persona intelligente, vivere è anzitutto contemplare. Il motivo perché siamo su questa terra non è per mangiare, né per vivere a lungo, né per fare una bella carriera. Noi esistiamo per contemplare. Il resto non è vita. Piuttosto si avvicina all’animalità.»

Nella sua opera più importante e più conosciuta, «Rivoluzione e Contro-rivoluzione», pubblicata nel 1959, Plinio Corrêa de Oliveira sostiene che, nei tempi moderni, si sono succedute quattro rivoluzioni di segno anticristiano: la pseudo Riforma protestante e il Rinascimento, sul piano religioso; l’Illuminismo e la Rivoluzione francese, su quello politico; il Comunismo e la Rivoluzione di Ottobre, su quello socio-economico; il 1968, su quello culturale. Alle forze oscure ispirate dall’antico Avversario del Cristianesimo, tuttavia, non arriderà la vittoria finale: vi sono già i segni di una gloriosa Contro-rivoluzione, vale a dire di un risorgimento cristiano che trionferà di ogni nemico, perché non è opera di mani esclusivamente umane, ma da Dio stesso, che agisce anche attraverso le apparizioni e i messaggi della Vergine Immacolata, al fine di incoraggiare, rianimare, sostenere i suoi e sconfiggere il Male.

Scriveva, dunque, Plinio Corrêa de Oliveira, in un articolo intitolato «La cornice iniziale del risorgimento controrivoluzionario», apparso sul n. 86, febbraio 1958, della rivista «Catolicismo» (in: Antonio A. Borelli, «Fatima: messaggio di tragedia o di speranza?»; titolo originale: «As aparições e a mensagem de Fátima conforme os manuscritos da Irmã Lúcia», tradotto dal portoghese sul trimestrale «Spunti», Roma, Associazione Luci sull’Est, 2004, n. 1, pp. 75-8):

«[L’Aurore tratta dei dogmi dell’Immacolata Concezione e dell’infallibilità papale, nonché delle misure adottate da San Pio X per favorire la comunione frequente.] Ma, ci si potrebbe domandare, che risultato ne derivò per la lotta della Chiesa contro i suoi avversari esterni? Non si direbbe che il nemico è più forte che mai, e che ci avviciniamo a quell’era, da tanti secoli sognata dagli illuministi, di un naturalismo scientifico crudo e integrale, dominato dalla tecnica materialista; di una repubblica universale ferocemente ugualitaria, di ispirazione più o meno filantropica e umanitaria, dal cui ambiente viene eliminato ogni residuo di religione soprannaturale? Non si tratta forse di comunismo, non è forse vero questo pericolo che slitta la società occidentale stessa, apparentemente anticomunista, ma che in fondo anch’essa si avvia alla realizzazione di questo "ideale"?

È proprio così. Questo pericolo incombe persino più di quanto immaginiamo. Ma nessuno prende in considerazione un fatto di importanza primaria. Ed è che il mondo, mentre si dispone ad essere plasmato secondo questo nefasto disegno, cade sempre più preda di un profondo, immenso, indescrivibile disagio. È un malessere molte volte inconscio, che si presenta vago e indefinito persino quando se ne è consapevoli, ma che nessuno oserebbe contestare. Si direbbe che l’intera umanità sta subendo violenza, come se venisse sospinta in uno stampo inadeguato alla sua misura, e che tutte le sue fibre sane si deformano e resistono. Vi è un’immensa brama di qualcos’altro, che ancora non si sa cos’è. Ad ogni modo, c’è un fatto nuovo da quando ebbe inizio, nel secolo XV, il declino della civiltà cristiana: il mondo intero geme nelle tenebre e nel dolore, precisamente come il figliol prodigo quando giunse agli estremi della vergogna e della miseria, lontano dal focolare paterno. Nel momento stesso in cui l’iniquità sembra trionfare, c’è qualcosa di vano nella sua apparente vittoria.

L’esperienza ci mostra che da un simile malcontento nascono le grandi sorprese della Storia. Man mano che le deformazioni si accentueranno, si acuirà il malessere. Chi mai potrà dire quali magnifici sussulti ne potranno scaturire?

Nell’estremo del peccato sta molte volte, per il peccatore, lì’ora della misericordia divina…

Quindi, questo sano e promettente malessere è, secondo me, un frutto del risorgimento della tempra cattolica dovuta ai grandi avvenimenti che ho già descritto; un risorgimento che si ripercuote in maniera favorevole su quel che rimane come residuo di vita e di salute in tutte le aree culturali del mondo.

Fu certamente un grande momento, nella vita del figliol prodigo, quello in cui il suo spirito appannato dal vizio acquisì una nuova lucidità, e la sua volontà un nuovo vigore, nel meditare sulla situazione miserabile in cui era caduto e su tutti gli scellerati errori che l’avevano condotto fuori della casa paterna. Toccato dalla grazia, si trovò più chiaramente che mai dinanzi alla grande alternativa: o pentirsi e ritornare, oppure perseverare nell’errore ed accettare le sue conseguenze sino al più tragico finale. Tutto ciò che di buono un’educazione retta aveva seminato in lui, rinasceva meravigliosamente in quel provvidenziale istante. Mentre, di contro, la tirannia delle cattive abitudini faceva sentire tutto il suo peso, più atroce che mai. Ci fu allora lo scontro interno. Egli scelse il bene. E il resto della storia lo conosciamo dal Vangelo.

Non ci staremo forse avvicinando a quel momento? Il futuro lo conosce solo Dio. Tuttavia, a noi, uomini, è lecito ipotizzarlo secondo le regole della probabilità.

Stiamo vivendo una terribile ora di castighi. Ma questa può essere pure ujna magnifica ora di misericordia, a condizione di rivolgere lo sguardo a Maria, Stella del Mare, che ci guida in mezzo alle tempeste. Nell’arco di cento anni, mossa dalla compassione verso l’umanità peccatrice, la Madonna ci sta ottenendo i più strepitosi miracoli. Questa compassione si sarà esaurita? Avranno forse fine le misericordie di una Madre, anzi, la migliore delle Madri? Chi oserebbe affermarlo? Se qualcuno dubitasse, Lourdes gli servirebbe da ammirevole lezione di fiducia. La Vergine Santissima dovrà soccorrerci.

Dovrà soccorrerci. Un’affermazione in parte vera e in parte falsa. Poiché, infatti, Lei ha già cominciato a soccorrerci. La definizione dei dogmi dell’Immacolata Concezione e dell’infallibilità papale, il rinnovamento della devozione eucaristica hanno il loro seguito nei fasti mariani dei pontificati successivi a San Pio X. La Madonna apparve a Fatima sotto Benedetto XV e precisamente nel giorno in cui Pio XII era consacrato vescovo, il 13 maggio del 1917, ci fu la prima apparizione. Sotto Pio XI, il messaggio di Fatima si diffuse dolcemente, ma decisamente, per tutta la terra. In quella stessa occasione, il 75° anniversario delle apparizioni di Lourdes fu commemorato dal Sommo Pontefice con notevole giubilo, per il tramite del suo legato alle celebrazioni, l’allora Cardinale Pacelli. Il pontificato di Pio XII passò alla storia per la sua definizione del dogma dell’Assunzione e per l’Incoronazione della Madonna come Regina del Mondo. Durante quel pontificato, il cardinale Masella, tanto caro ai brasiliani, a nome del papa Pio XII incoronò la statua della Santissima Vergine a Fatima. Sono luci che, dalla grotta di Massabielle ala Cova da Iria, costituiscono una brillante collana di eventi.»

Quello che emerge da un simile brano di prosa, fra le altre cose, è la capacità, ormai quasi dimenticata, anche fra gli stessi cristiani, di leggere gli eventi della stria umana esclusivamente in senso immanentista, laico e materialista; non come se fossero opera, sempre e soltanto, esclusivamente umana; non come se non vi fosse, nella storia, altro orizzonte che quello terreno, né altre forze in gioco, che quelle di quaggiù, ma, al contrario, in una prospettiva trascendente e in un orizzonte di senso aperto sul mistero del soprannaturale.

In realtà, quasi tutti i cristiani moderni, per non parlare dei non cristiani, hanno introiettato dal mondo moderno e della cultura moderna un modo di pensare la storia che è, in tutto e per tutto, quello razionalista e materialista inaugurato da Machiavelli, nel quale non vi è spazio alcuno né per il senso della trascendenza, né per i valori morali; al punto che, ormai, anche moltissimi cristiani, che si dicono e si ritengono sinceramente credenti, e non solo praticanti, proverebbero imbarazzo, se non addirittura vergogna, a leggere la storia con lo sguardo rivolto all’Infinito e all’Eterno e a cercarvi i segni del soprannaturale, per esempio della presenza mariana: come se le apparizioni di La Salette, di Lourdes e di Fatima non significassero proprio niente, tranne che nell’ambito ristretto della fede individuale; come se non vi fosse un continuo dispiegarsi, nelle dinamiche vive della storia, e anche della storia contemporanea, che si sta svolgendo sotto i nostri occhi e davanti alle nostre (sovente smarrite) coscienze, di un disegno sapiente, infinitamente buono e infinitamente giusto, che si chiama Provvidenza divina.

Ecco: un pensatore come Plinio Corrêa de Oliveira ha il grande merito, se pure non ne avesse altri, di richiamarci a una lettura non asfittica, non chiusa in se stessa, della storia umana, e quindi della nostra vicenda terrena; ci ricorda che la storia diventa una incomprensibile sequela di follie e nefandezze, se non abbiamo l’umiltà e la pazienza di leggerla in controluce, non solo per ciò che in essa appare, ma anche per ciò che, attraverso di essa, e quasi a dispetto di essa (cioè, a dispetto della volontà deviata ed egoistica degli uomini) si manifesta e si realizza. In breve, ci ricorda che la chiave di lettura del reale, propria della cultura moderna, è non solo insufficiente, ma decisamente fuorviante, perché ci sottrae alla vista quel che, in esso, vi è di più importante e di più significativo: vale a dire l’Invisibile.

Dobbiamo ritrovare la capacità dei nostri antenati e dei nostri nonni di vedere l’Invisibile; in altre parole, dobbiamo far rinascere in noi il dono della vista interiore, oltre a quello del discernimento spirituale. Non tutto quel che luccica, è oro, nella storia umana, così come nella società odierna; e non tutto quel che viene ignorato e disprezzato, è privo di valore. Qualcuno ha detto che quella pietra, che i costruttori avevano scartato, è diventata la pietra d’angolo, che regge l’intero edificio…

Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Chad Greiter su Unsplash

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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