
Per chi o per cosa dipingeva, l’uomo preistorico?
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1 Aprile 2014Come aveva notato lo scrittore francese Roger Caillos, l’uomo è sempre stato attratto dal mondo delle pietre: non solo da quelle preziose, ricercate per il loro valore economico, ma anche da quelle strane, curiose, insolite, vuoi per la forma, vuoi per il colore: un’attrazione misteriosa, arcana, eppure fortissima e così radicata da scavalcare, sempre intatta, epoche e civiltà.
È forse perché in esse l’uomo vede e riconosce dei simboli primordiali? Noi viviamo in un universo che non è soltanto naturale, ma anche simbolico, vale a dire connotato di senso; e le pietre speciali, quelle che ci colpiscono per il loro aspetto particolare, sembrano gettare un ponte fra le due dimensioni, quella della natura e quella del simbolo.
Sarà per questo che Sergio Boiago, un imprenditore in pensione che non si era mai interessato al mondo dell’arte, un giorno, camminando sul greto del Piave, ha avuto la sua personale folgorazione, la sua "ierofania", ossia la rivelazione del sacro in mezzo al quotidiano? Lui stesso lo racconta: è stato come se, d’un tratto, le pietre avessero incominciato a parlargli; come se, ad un tratto, le avesse realmente viste, e non solo guardate, ed esse gli avessero parlato, gli avessero mostrato il magico portone che dà accesso ad una dimensione "altra".
Che cosa può esservi, infatti, di più comune, di più ordinario, che passeggiare in riva al Piave, per una persona che, nata e vissuta nei paraggi, considera il grande fiume che nasce dal Monte Peralba come un elemento familiare del paesaggio, tanto familiare come può esserlo il volto della madre per un bambino che non si è mai allontanato di casa? Eppure è stato proprio lì, nel bel mezzo di una esperienza così comune, che lo straordinario ha battuto alle porte della sua anima: ed è nato lo scultore della pietra grezza.
A partire da quel momento, per anni, giorno dopo giorno, Sergio Boiago si è lasciato afferrare e condurre da quella rivelazione; come se una benda gli fosse caduta dagli occhi, per lui è incominciata quella che si può ben dire una seconda vita: ha imparato non solo a vedere, ma anche ad ascoltare il silenzioso linguaggio delle pietre, a lasciarsene docilmente accompagnare, ispirare, guidare, illuminare.
Le pietre, per lui, parlano: in esse egli vede ora una Madonna che culla il divino Bambino con ineffabile tenerezza; ora un volto tratteggiato di profilo, assorto nei suoi reconditi pensieri; ora un pesce, che guizza veloce nelle chiare onde del fiume; e così di seguito, figure innumerevoli di uomini, di donne, di bambini, di animali: tutte animate da una loro vita segreta, ciascuna portatrice di una parola primigenia, come se il mondo emergesse per la prima volta dalle ombre della notte cosmica e si aprisse a ricevere il sole, la luce e la vita.
Ogni giorno, con fede e con pazienza, con umiltà e amore, Sergio Boiago lavora alle "sue" pietre: le assembla, le salda, le dispone a formare creature ed atmosfere, evocando magicamente pensieri ed emozioni, lasciando che da esse si sprigioni quella forza antichissima che già esisteva prima dell’uomo e davanti alla quale l’uomo può solo farsi suo rispettoso e stupito ammiratore, suo interprete servizievole e tenace, per lasciare che si effonda ovunque e parli a tutti coloro che la sanno ascoltare, si riveli a chiunque sia capace di vederla e riconoscerla.
Un’arte senza tempo, dunque; un’arte, per così dire, magica, sempre allusiva, talvolta lievemente ironica, spesso accompagnata da un sorriso benevolo; un’arte "povera" ed "ecologica", nel senso che non pone l’artista in primo piano, ma concepisce l’artista come il docile strumento di una forza più grande di lui e di noi: una forza che sgorga dalle sorgenti profonde dell’essere e che rivela, ma solo a chi possiede un animo puro e gentile, le segrete meraviglie del quotidiano, così difficili da apprezzare per chi ha sempre creduto che le cose belle debbano per forza venire da lontano o costare molto denaro.
Eppure, in un certo senso, è pur vero che le suggestive sculture di Sergio Boiago vengono da lontano; da lontano non nello spazio, ma nella dimensione interiore: perché la bellezza che esse evocano trova una’arcana rispondenza nelle nostre stesse profondità, nella segreta geografia della nostra stessa anima.
Così, dopo tutto, ha ragione il nipotino di Sergio Boiago, il quale, vedendo il nonno immerso fra le sue innumerevoli composizioni — non solo in pietra, ma anche in legno e in ogni altro materiale naturale -, non ha potuto trattenersi dall’esclamare: «Quanti amici hai qui!»: perché i bambini sono più vicini alla verità delle cose di quanto non lo siamo noi adulti, con tutta la nostra facoltà raziocinante. Essi, in genere, sanno vedere meglio di noi i segreti legami che uniscono cose apparentemente diverse e quel profondo, impalpabile flusso vitale che scorre perfino nelle striature dei sassi raccolti sul greto d’un fiume, come se quest’ultime fossero le vene e le arterie entro le quali pulsa inesausto il meraviglioso fenomeno dell’esistenza.
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