
È necessario riconsacrare il mondo a Dio
14 Aprile 2018
Vale la pena di combattere per la verità?
15 Aprile 2018Anche se una certa cultura progressista, anche di matrice cattolica, ha sempre cercato di sostenere il contrario, e cioè che il protestantesimo è un passo avanti rispetto al cattolicesimo nella edificazione del "vero" cristianesimo, la verità è che il protestantesimo è, logicamente e necessariamente, l’anticamera dell’ateismo, passando attraverso le fasi del razionalismo, dello storicismo e del naturalismo. Ne abbiamo già parlato in diverse occasioni e ora vogliamo tornare sopra l’argomento, visto che la gerarchia cattolica, di questi tempi, inclina più che mai verso un "fraterno" abbraccio con le chiese protestanti e dopo che la ricorrenza dei 500 anni dello scisma di Lutero è stata celebrata nella Chiesa cattolica come un eventi fausto e fruttifero, con tanto di emissione di uno "scandaloso" francobollo da parte delle Poste Vaticane, con Lutero e Melantone che adorano il Crocifisso, al posto della Madonna e l’apostolo san Giovanni.
Ci si chiede, inevitabilmente, quale significato, quali obiettivi, quale strategia abbia suggerito questa marcia di avvicinamento della Chiesa cattolica verso il protestantesimo. In effetti, non si tratta di una svolta improvvisa. È dal Concilio Vaticano II che il tema dell’ecumenismo viene impostato in questi termini: non come un rilancio del cattolicesimo nei confronti delle Chiese cristiane separate, ma come una specie di abbraccio generico, un incontro a mezza strada, un compromesso teologico e dottrinale. Pessima impostazione che sta dando ora i suoi frutti scellerati: perché non solo la dottrina cattolica, e lo vediamo sotto l’attuale pontificato, si "apre" ad accogliere aspetti e motivi tipicamente protestanti, ma, più ancora, perché la dottrina cattolica mostra di essere qualcosa di provvisorio, che può essere rivisto e corretto secondo le esigenze del momento; addirittura, come ha detto il signor Bergoglio, come una cosa cattiva se provoca "divisioni", senza affatto distinguere fra divisioni inutili e dannose, e divisioni necessarie, come quelle che separano la verità dall’errore. Adottando un simile punto di vista, in pratica relativista, la Chiesa cattolica mostra di non credere in se stessa, di non credere in ciò che il Magistero ha sempre insegnato, e, peggio ancora, di non credere nella sua funzione di unica interprete legittima della Rivelazione cristiana: Tradizione e Scritture. I protestanti hanno liquidato la Tradizione e affidato l’interpretazione della Scrittura al singolo credente, ragion per cui hanno rifiutato la Chiesa cattolica e la sua funzione docente e magisteriale. Come è possibile che ora la Chiesa cattolica corteggi i protestanti e celebri come un fatto positivo lo scisma luterano? Ciò equivale a sminuire e disprezzare se stessa; è come se la Chiesa dicesse che, in fin dei conti, aveva ragione Lutero, non su questo o quel punto della dottrina, ma nella sua pretesa che ciascun credente si ponga da se stesso di fronte a Dio, senza mediazione alcuna da parte della Chiesa. Pertanto, è come se la Chiesa cattolica riconoscesse la propria sostanziale inutilità, la propria insignificanza. Se il suo ruolo non è più quello di interpretare la Rivelazione e insegnare fedelmente la dottrina, custodendo intatto il Deposito della fede; se la Chiesa dà a intendere che chiunque può accostarsi direttamente a Dio saltando la propria mediazione, semplicemente con un atto di fede, leggendo a suo modo le Scritture e ignorando la Tradizione, a che cosa serve la Chiesa stessa? Non è forse un ente inutile, quasi una zavorra sul cammino della fede? Questa era precisamente l’idea di Lutero. Ma allora il cosiddetto ecumenismo si risolve in una resa a discrezione della Chiesa cattolica di fronte alle chiese protestanti, in un tardivo riconoscimento che Lutero, Calvino e Zwingli avevano ragione; in definitiva, si risolve in un suicidio assistito, in una eutanasia del cattolicesimo.
Ma c’è di più. Le Chiese protestanti sono ovunque in via di estinzione per la scomparsa dei fedeli. In tutti i Paesi protestanti si assiste allo stesso fenomeno, almeno in Europa: le chiese si svuotano, la società si è totalmente secolarizzata. Solo nell’America Latina si assiste al fenomeno opposto: lì le Chiese protestanti sono in espansione, non perché cresca il numero dei cristiani, ma perché cresce, in misura esponenziale, il numero dei cattolici che passano al protestantesimo. Il fenomeno è molto complesso e richiederebbe un discorso a parte, anche perché ad esso non sono estranee le manovre di alcune centrali politiche statunitensi, interessate a "colonizzare" ideologicamente i Paesi latino-americani, attraverso la penetrazione del protestantesimo, per ragioni strategiche le quali non hanno nulla a che fare con il vero sentimento religioso. In ogni caso, il fenomeno esiste ed è talmente imponente che dovrebbe imporre al clero cattolico latino-americano, specialmente all’episcopato, una seria riflessione su ciò che sta sbagliando per aver reso possibile una emorragia di tali dimensioni. Ma nulla di tutto ciò sta accadendo, anzi, assistiamo allo spettacolo di un cardinale argentino che, dopo essere stato eletto papa, sta tentando in ogni modo d’imporre alla Chiesa cattolica, partendo dal suo vertice romano, quelle stesse strategia pastorali e liturgiche che hanno provocato il disastro nel Messico, nel Brasile, in Colombia, in Venezuela, nel Perù, in Cile e nella stessa Argentina. Si potrebbe paragonare questa strana situazione a quella di un amministratore di una grande azienda il quale, dopo averla portata al fallimento, venga promosso alla direzione di un’azienda ancor più grande, e replichi in essa le stesse strategie aziendali che già hanno provocato la rovina. I casi perciò sono due: o costui è un pazzo, oppure sa molto bene quello che sta facendo, e lo sta facendo in piena intenzionalità e consapevolezza. Resta la domanda su come sia stato possibile che proprio lui sia stato chiamato a dirigere la grossa azienda, dopo aver dato una così cattiva prova di sé nel suo incarico precedente. Il che ci porta a una riflessione del tutto analoga a quella or ora fatta: il consiglio di amministrazione che lo ha eletto doveva essere formato da dei pazzi, oppure da persone che intendevano provocare deliberatamente il fallimento dell’azienda, per delle ragioni loro, evidentemente inconfessabili. Del resto, come giudicare un papa che, al principio del suo pontificato, si accanisce contro uno dei pochissimi ordini religiosi che godono una notevole fioritura di vocazioni, quello dei Francescani dell’Immacolata? E che sostituisce l’arcivescovo di Bruxelles, Léonard, con De Kesel, discepolo del discusso Danneels e subito promosso cardinale, il quale liquida – con un pretesto banale, che non inganna nessuno – la Fraternità dei Santi Apostoli, altra realtà ecclesiale in piena fioritura, e questo proprio in un Paese come il Belgio, dove le vocazioni sono scese praticamente a zero, e in una città, la capitale dell’Unione Europea, dove i seminari sono rimasti tristemente vuoti e non si ordinano più nuovi sacerdoti? Non è uno strano modo di procedere, questo? Non è simile a quello dell’amministratore di una grande azienda, che pare faccia di tutto per affossare l’azienda che gli è stata affidata, invece di curare i suoi interessi e, quindi, la sua espansione?
Ma tornando a Lutero, ci resta da capire perché la neochiesa dei nostri giorni ci tenga tanto ad arrivare a una riconciliazione con queste chiese protestanti anemiche, moribonde, disossate, disertate da quasi tutti i loro fedeli. I suoi ammiratori sostengono che il signor Bergoglio ha un fiuto eccezionale per tutto ciò che riguarda il bene della Chiesa. Come mai, allora, ha scelto di sacrificare la dottrina, di sacrificare la tradizione cattolica, per abbracciare un cadavere? Di nuovo, siamo costretti a rispondere: o è un pazzo, oppure sa molto bene quel che sta facendo. Evidentemente, non rientra nei suoi piani curare il bene della Chiesa che gli è stata affidata. Se poi ci domandiamo che cosa abbia portato il protestantesimo verso l’estinzione (non sembri esagerata l’espressione: in Paesi come la Svezia, la frequenza alla vita ecclesiale dei protestanti si aggira su percentuali minime, poco sopra l’1% della popolazione), troveremo la risposta nella natura stessa della "protesta" luterana. Distruggendo l’autorità della Chiesa e rivendicando la libera interpretazione delle Scritture, Lutero e i suoi seguaci hanno creato le premesse per la discesa verso l’ateismo. Se ciascuno, infatti, può leggere e interpretare liberamente la Bibbia, ne discende che la Bibbia non è un libro divino, la cui verità risplende evidente e uguale per qualsiasi lettore, ma è un libro sostanzialmente umano, che ciascun lettore può leggere e comprendere a suo modo. Se è un libro umano, allora non contiene una verità soprannaturale. E se è un libro umano, allora è giusto e doveroso leggerlo con gli strumenti della ragione e della scienza, più o meno come si legge e si studia un libro di storia antica. Il linguista, il filologo, il papirologo, prendono il posto del credente. Sono gli specialisti a dire che cosa c’è scritto nella Bibbia, che cosa ha voluto dire Gesù pronunciando quella frase, che cosa ha voluto intendere compiendo quel determinato gesto. Lo specialista giudica e sentenzia, il credente ascolta e si rimette al suo giudizio. Alla fine, il "credente" è colui che crede allo specialista, non colui che crede a Gesù Cristo. Ed era inevitabile che così accadesse: alla Chiesa quale unica interprete, si sono sostituiti gli esperti: i Rahner, i Kasper, i Sosa, i Bergoglio: quelli che dicono che al tempo di Gesù non c’erano i registratori, quindi non si sa cosa Egli abbia realmente detto; quelli che dicono che il diavolo non esiste, che l’inferno non esiste; quelli che cambiano la dottrina e la rovesciano come se fosse un guanto, perché loro "sanno".
Scriveva il cardinale Geremia Bonomelli a questo proposito, circa un secolo fa (in: Seguiamo la ragione. La Chiesa, Sesto San Giovanni Madella Editore, 1915, pp. 230-231).
Il periodo di lotta sì vivo eppure sì fecondo, tra la Chiesa cattolica e il Protestantesimo dura circa due secoli e dà luogo ad una nuova evoluzione dell’errore da una parte e della verità dall’altra appena preveduta e annunziata da poche intelligenze privilegiate come Bossuet e Leibniz. In tutto questo periodo dall’una e dall’altra parte per consenso tacito anzi espresso, si ammetteva l’origine divina della rivelazione e l’autorità incontestabile del Libro che la conteneva intera per i Protestanti, per la massima parte quanto ai cattolici. Ma avendo il Protestantesimo escluso l’interprete PERPETUO ed INFALLIBILE del Libro divino e sostituita la ragione individuale, era cosa più che evidente, che questo giudice fallibile non solo ma sì incostante, sì fallace e soggetto a tante passioni, avrebbe finito col ridurre il Libro stesso alle proprie meschine proporzioni, eliminandone lentamente tutto l’elemento SOVRANNATURALE. E così fu. Ed ecco che al periodo PROTESTANTE, che vorremmo dire BIBLICO succede rapidamente il periodo RAZIONALISTICO.
Tutto ciò che nella Bibbia presenta l’aspetto SOVRANNATURALE in un modo od in un altro, viene inesorabilmente eliminato e perciò tra il PROTESTANTESIMO, divenuto NATURALISMO o RAZIONALISMO (le gradazioni sono moltissime) e la Chiesa cattolica la lotta muta forma e si porta necessariamente sul campo della sola ragione. Non si tratta più di vedere se la Bibbia insegna questa o quella verità, ma se la ragione ammette questa o quella verità , Dio, l’anima, e via, via tutto quel complesso di dottrine che sono il patrimonio della Chiesa Cattolica.
E adesso la Chiesa cattolica va incontro al protestantesimo sul suo terreno, accoglie le sue istanze bibliche, fa propria la sua prospettiva storicista. E il credente cattolico viene "accompagnato" alla scuola della teologia protestante, cioè viene abituato all’idea che non deve più fidarsi di quel che c’è scritto nel Vangelo e di quel che la Chiesa ha sempre insegnato, ma deve fidarsi degli esperti, degli eruditi, di quelli che conoscono il greco, il latino, l’ebraico e l’aramaico, che hanno studiato la storia delle religioni e che sanno quale significato reale si deve attribuire ai gesti e alle parole di Gesù Cristo, che non sono quelli apparenti, e quindi non sono quelli creduti dal semplice credente, alla sua maniera "ingenua".
In tal modo lo gnosticismo, cacciato a suo tempo dalla porta, rientra dalla finestra: la religione cristiana torna ad essere appannaggio di pochi, di quelli che conoscono il suo "vero" significato, diverso da quello creduto dalle masse. Quanto disprezzo per la fede dei piccoli e dei semplici, in questo atteggiamento: è l’atteggiamento dei Rahner, dei Kasper, dei Sosa e dei Bergoglio. Ed ecco che si comincia a intuire la ragione vera dell’avvicinamento, a tappe forzate, della neochiesa verso il protestantesimo: portare anche i cattolici là dove sono arrivati i protestanti, cioè alla razionalizzazione e alla storicizzazione della fede, alla naturalizzazione del cristianesimo, per cui non è vero ciò che ha detto e fatto Gesù Cristo, ma ciò che la ragione, la scienza e le leggi naturali rendono possibile e verosimile; il resto deve essere eliminato, perché indimostrabile e quindi, probabilmente, non vero. Peccato che quel "resto" sia proprio l’essenziale: la soprannaturalità della Rivelazione, miracoli inclusi e Resurrezione compresa. Se si elimina questo, se si mette in dubbio questo, Gesù cessa di essere il Figlio di Dio e torna ad essere solo un semplice uomo, un profeta, magari un riformatore politico-sociale. E il credente, accompagnato dolcemente da una"chiesa" siffatta, e cullato da una tale dottrina", si scopre ateo un bel mattino, cioè senza più fede in Dio, e ciò quasi in maniera inavvertita, tanto è stata graduale, abile e sapientemente condotta la manovra da parte dei pastori del gregge. I quali, forse, non erano dei veri pastori, dopotutto, ma dei lupi feroci travestiti da pastori, la cui intenzione non era difendere le pecorelle, ma piuttosto divorarle…
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