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Fu l’odio di Frau Goebbels a perdere Mafalda di Savoia?

Il destino di Mafalda di Savoia, secondogenita di Vittorio Emanuele III ed Elena del Montenegro (era nata il 19 novembre 1902) avrebbe potuto essere diverso, se la principessa non fosse incorsa nell’odio di Joseph Goebbels, il ministro della propaganda di Hitler, e, più ancora, in quello di Frau Goebbels, Magda, i quali, per ragioni molto personali e assai poco nobili, l’avevano segnata sul loro "libro nero" e spiavano l’occasione favorevole per esercitare su di lei la loro vendetta? È una possibilità assai vaga, ma da considerare. Sappiamo che tali antipatie esistono nella vita di quasi tutte le persone; e quanto potente fosse il ministro Goebbels alla "corte"del dittatore tedesco; ugualmente sappiamo quanto tenace posa essere l’odio di una donna verso un’altra donna, dalla quale si sente, a ragione o a torto, disprezzata, com’era il caso di Frau Goebbels verso Mafalda.

Magda Goebbels non era una donna qualsiasi: era un’avventuriera che aveva sfruttato la sua bellezza per entrare nell’entourage più intimo di Hitler e che non si era certo innamorata di suo marito per i suoi begli occhi; una donna ambiziosa e spietata, che, pur di arrivare alla meta, non si faceva scrupoli di sorta; inoltre, una fanatica nazista, che, nel bunker della Cancelleria di Berlino, quando ormai tutto era perduto e le truppe dell’Armata Rossa erano arrivate a poche centinaia di metri, ebbe cuore di avvelenare i suoi sei figli, prima di togliersi la vita lei stessa insieme al marito. Jospeh Goebbels, a sua volta, era un uomo indubbiamente intelligente e molto versatile, che celava un cuore tenebroso e profonde frustrazioni; sempre in cerca di avventure con le belle attrici che la sua carica gli metteva continuamente a disposizione, non accettava un rifiuto e sapeva essere molto vendicativo. All’epoca dell’incontro con Magda, il Partito nazista non era ancora salito al potere e Goebbels svolgeva, con molto zelo, le funzioni di Gauleiter di Berlino, in attesa di assurgere a più alti destini. Il loro era stato un matrimonio di convenienza o, per meglio dire, un matrimonio deciso dall’alto: Hitler, che in queste cose era un puritano, aveva voluto così, per normalizzare una situazione che avrebbe potuto creargli qualche imbarazzo; ma c’è chi pensa che si sia trattato di un matrimonio-schermo, per nascondere una relazione fra lo stesso Hitler, che non intendeva sposarsi, e la bella Magda. È una possibilità da non escludere, magari in un senso platonico: è certo che Magda, inizialmente, con la sua bionda venustà, aveva colpito Hitler e che, a sua volta, ne era rimasta affascinata; Goebbels, quindi, per lei sarebbe stato solo un ripiego, per poter restare sempre nelle vicinanze del futuro dittatore. Il quale, dopo il matrimonio della coppia, fu molto intimo a casa Goebbels, tanto da potersi presentare, ospite sempre gradito, a qualsiasi ora, anche della notte, e da intrattenersi volentieri in compagnia dei figli della coppia, vezzeggiando i più piccoli, come potrebbe fare uno zio particolarmente affettuoso.

Mafalda aveva conosciuto Filippo, langravio di Assia-Kassel, a Roma, dove questi si era recato dopo una serie di vicende tumultuose, che lo avevano visto anche, per poche settimane, sovrano titolare di un Regno di Finlandia creato dai Tedeschi come Stato fantoccio, nel 1918; e si erano sposati nel 1925, a Racconigi, dopo di che erano nati quattro figli. Filippo aveva aderito al nazismo nel 1930 ed era stato nominato governatore dell’Assia-Nassau; era, inoltre, un ufficiale delle SS. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, la posizione di entrambi divenne insostenibile: lui venne internato nel campo di Flossenburg e lei venne catturata con l’inganno, a Roma, il 23 settembre, e deportata nel campo di Buchenwald, sotto falso nome. È degno di nota il fatto che, al momento dell’armistizio dell’Italia, Mafalda avrebbe potuto facilmente sottrarsi alla rappresaglia tedesca: si trovava infatti a Sofia, in visita alla sorella Giovanna, moglie dello zar Boris III di Bulgaria, per assisterla nella malattia del marito. Né alla partenza, né dopo, per telefono, i suoi familiari le dissero mai, o le fecero capire, che presto il governo Badoglio avrebbe firmato l’armistizio con gli Anglo-americani, certo per non insospettire gli "alleati" tedeschi: così Mafalda, in un certo senso, venne mandata al macello, sacrificata sull’altare della ragion di Stato da suo padre e dallo stesso Badoglio. Quanto a Boris di Bulgaria, egli si era improvvisamente sentito male dopo un drammatico incontro con Hitler, in Germania, durante il quale si era rifiutato, per l’ennesima volta, di dichiarare guerra all’Unione Sovietica e di consegnare ai tedeschi gli ebrei residenti nel suo Paese. Boris era morto il 28 agosto, probabilmente avvelenato, non si sa da chi: esistono almeno tre piste, quella comunista, quella hitleriana e una terza, ipotizzata dallo storico inglese David Irving, che prende per buoni i sospetti di Hitler circa una congiura che avrebbe coinvolto la stessa Mafalda e suo marito Filippo d’Assia: quest’ultima, diciamolo subito, la più improbabile. È pur vero che fra il governo di Horthy, a Budapest, quello di re Michele, a Bucarest, e quello di Boris, a Sofia, e fra tutti questi e certi ambienti del fascismo italiano, erano in corso febbrili contatti e confusi progetti per trovare il modo di uscire dall’Asse prima che le cose precipitassero, con l’inesorabile avanzata sovietica sul fronte orientale e quella, imminente, degli angloamericani dal Nordafrica, attraverso il Mediterraneo; ma evitando di suscitare, o di suscitare anzitempo, i sospetti e le probabili rappresaglie tedesche. Un clima teso fino allo spasimo, dunque, quello che esisteva all’interno dell’Asse e dei suoi alleati minori, nell’estate del 1943: per la principessa Mafalda, il momento peggiore per mettersi in viaggio attraverso l’Europa danubiana e balcanica, anche se ella ignorava, partendo dall’Italia per recarsi a Sofia, che il dado era già tratto e Badoglio stava già manovrando per arrivare a un armistizio. Durante il viaggio di ritorno, che si svolse in treno fino a Budapest, e poi in aereo, fino a Pescara, Mafalda seppe dell’armistizio italiano e fu sconsigliata di proseguire dalla regina Elena di Romania, che fece fermare il treno su cui viaggiava, di notte, appositamente per metterla in guardia dal pericolo e tentare, ma invano, di dissuaderla dal proseguire alla volta dell’Italia. La ragione di tanta ostinazione stava nei figli di Mafalda, che si trovavano a Roma (tranne il maggiore, in Germania col padre), e ai quali ella voleva assolutamente ricongiungersi. Fece appena in tempo a rivederli; il giorno dopo il suo arrivo nella capitale, con il pretesto di una telefonata dal marito — che, invece, era già detenuto a Flossenburg -, le autorità tedesche di occupazione la arrestarono e la spedirono in Germania. Regista dell’operazione fu il colonnello Herbert Kappler, che agì in base ad ordini precisi di Himmler. Il resto della vicenda è piuttosto noto: Mafalda rimase gravemente ferita durante un bombardamento alleato del campo di Buchenwald, il 24 agosto 1944: fu operata per fermare la cancrena dovuta alle ustioni e le venne amputato un braccio, ma morì dissanguata, il 28 agosto, dopo quattro giorni di agonia. Esistono forti sospetti che l’operazione sia stata condotta in maniera volutamente negligente, per sbarazzarsi di una presenza ritenuta ormai troppo ingombrante, cosa tutt’altro che improbabile. Gli storici, comunque, hanno speso molto inchiostro per addebitare la sua morte ai nazisti, ma non si sono domandati per quale ragione gli Alleati abbiano deciso di bombardare proprio un campo di concentramento come quello di Buchenwald, affollato di prigionieri, fra i quali moltissime donne e bambini.

E ora torniamo al nostro assunto: l’arresto e la deportazione di Mafalda in un lager nazista erano proprio inevitabili? Fra le ragioni che indussero la principessa a credere, ingenuamente, di non correre alcun pericolo rientrando in Italia, alla metà di settembre del 1943 e cioè subito dopo i drammatici eventi dell’armistizio e dell’occupazione tedesca, c’era anche la convinzione che ella, essendo moglie di un principe tedesco, peraltro nazista e con cariche ufficiali nel Terzo Reich, e madre di quattro figli avuti da lui (cosa che le era valsa la Croce al merito da Hitler, come era prassi per le madri di una prole numerosa), non sarebbe stata considerata alla stregua di una "nemica". Aveva vissuto a lungo in Germania e intrattenuto rapporti cordiali con diverse personalità del regime, fra i quali Hermann Göring e sua moglie Emma, detta Emmy, una nota attrice, con cui aveva stretto amicizia. Non aveva stretto amicizia, invece, nei salotti eleganti di Berlino, con la moglie di Goebbels, Magda, che ricambiava la scarsa simpatia della principessa italiana; e neppure con il marito di lei, il quale pare avesse tentato di corteggiarla, ma, essendo stato respinto, se n’era risentito. Entrambi i Goebbels, dunque, avevano ragioni per detestarla.

Ecco come sono stati ricostruiti questa atmosfera e questi risvolti, non sempre noti alla grande storia, dal saggista Osvaldo Pagani nella sua biografia Mafalda di Savoia (Milano, Alberto Peruzzo Editore, 1985, pp. 192-195):

È in questo periodo che si incrociano le strade di Marta e della principessa. Il Gauleiter di Berlino è Josef Goebbels Un tipo che ha tentato la strada della letteratura, del teatro, del giornalismo ed essendo del tutto privo di scrupoli, sguazza nella melma pseudopolitica del nazismo, per il suo servilismo riesce a dar la scalata al potere intero, agguanta una "sedia" vicina al vertice del partito.

In questa posizione lui cerca sostenitori per poter salire ancora di più. Fino a quel momento vive ai margini dell’alta società di Berlino.

Ma ecco Magda, ancor più ambiziosa di lui, e dotata dei mezzi per poter sfondare, che gli offre una mano: lo introduce nel mondo dei banchieri e ambasciatori, dei generai vicini a Hitler e dei principi prussiani.

Bisogna dire che già all’inizio del suo impiego negli uffici del Gauleiter, la bella Magda ha avuto modo di conoscere Hitler, di ottenere la sua confidenza e anche di fruire di un certo, strettamente personale, tipo di convegni

Lei è una donna intelligente: ci vuol poco a capire che non può irretire Hitler, quindi ripiega sullo "zoppo". Goebbels valuta subito la convenienza di un’unione con Magda, la quale gli porta in dote persino un fastoso palazzo come abitazione. In quanto alle voci che circolano sul conto della "biondissima", lui sorvola agevolmente, anche perché ritiene che un domani, raggiunta la posizione che si prefigge, lui la farà pagare a tutti.

La prima persona della "lista nera" nella sua testa, è la principessa Mafalda. Lei, "grande amica" di Emy Goering, dicono tutti, "snobba" apertamente Magda, come ritengono i Goebbels. Mai una volta che Mafalda ha invitato Magda (la quale, va notato, in quell’epoca nonostante la sua fama di vamp, era semplicemente una delle tante segretarie del Gauleiter berlinese, e non si capisce perché debba andar ospite di riguardo nel castello di una principessa del sangue), né mai ha neanche risposto con un misero biglietto agli inviti della "biondissima". Incontrandola per caso in qualche salotto berlinese (a esempio, in quello della contessa Attolico, che in fatto di inviti e chiacchierio era gran diplomatica), tutte le volte Mafalda gira la faccia da un’altra parte.

Mafalda è al corrente delle vicissitudini, diciamo, della bionda Magda. Ma non è vero che la "snobba". Soltanto, non sente alcun desiderio di stare con lei, di discorrere con una persona con la quale non sa di che cosa parlare.

C’è dell’altro. A un ricevimento offerto dai von Ribbentrop, nei primi tempi che Mafalda si trova in Germania, precisamente nella casa del ministro a Berlino, Goebbels ha voluto danzare un valzer con la principessa. E ha cercato di corteggiarla… Lei lo ha messo subito a posto, gelidamente; lui, come al solito, se l’è legata al dito come fosse un’ingiuria sanguinosa. (L’episodio, di cui non s’è mai saputo nulla, è stato confidato dalla principessa a frau Emy Goering. Questa cerca invano di persuadere Mafalda a parlare del fatto con Hitler. La principessa vi rinuncia. Dice che senz’altro basta la sua reazione, in quel momento. Forse, se avesse parlato con Hitler, che non tollerava assolutamente le "prodezze" maschiliste dei suoi collaboratori. Mafalda sarebbe ancora viva. Ossia, non sarebbe stata proprio alla mercé dei Goebbels.)

Inoltre, occorre proprio dirlo, Mafalda non poteva soffrire Magda, né questa mostrava del tenero verso la principessa. Una di quelle antipatie reciproche, di cui non esiste una tangibile ragione. Esiste. È come un fluido che colpisce nello stesso istante due persone. Non c’è niente da fare. Magari, una delle due tenta di ammansire l’altra parte. Ma c’è sempre qualcosa di mezzo che impedisce la conciliazione,

Ad esempio, la moglie dell’ambasciatore italiano a Berlino, la contessa Attolico, si mette di mezzo per appianare le piccole, del resto, differenti veduti di Mafalda e di Magda. (Lo fa, perché ormai è notorio che Magda e Joseph sono prossimi alle nozze, volute da Hitler soprattutto. Perciò ella ritiene che vada bene un buon accordo generale.) Un incontro deve avvenire nell’abitazione degli Attolico, con il pretesto di discutere sull’inaugurazione di una mostra d’arte. Tutto è fissato, tutto deve filare liscio ormai.

Il giorno prima dell’incontro, nel pomeriggio, la principessa accetta di andare con Emy Goering a vedere un film. Vanno al cinema "Schaunburg", locale di lusso con tanto di palchetti come un teatro, che fa parte d’una catena di proprietari nazisti.

Mentre si svolge il film (la sala di proiezione è semivuota), si odono suoni un po’ strani e voci sospirose provenire da un palchetto. Quando si accendono le luci, la principessa e Emy vedono nel palchetto la biondissima Magda, con la chioma scompigliata e l’insieme scomposto, insieme a un giovanottone biondo dagli occhi azzurri, forse un "SS"della guardia di Joseph. Il loro aspetto è alquanto scombussolato, ma allorché vede Emy e Mafalda, lì in platea, che la fissano, Magda si sprofonda più in basso del parapetto. Torna il buio. La principessa e frau Goering se ne vanno, e davanti ad esse sgattaiolano furtivamente la "biondona" e il giovanottone.

Emy è raggiante di gioia. Ne ha dette tante Magda su di lei, che ella non sta più nella pelle dal desiderio di mettersi in giro a spifferare quella faccenda. Con molta fatica riesce a placarla Mafalda.

"Frau Magda sta ormai per sposarsi" dice la principessa. Non mettiamoci di mezzo noi, tanto non servirebbe a nulla".

Dicembre 1930 [in realtà, 1931]. Giovedì 19 a Berlino si sposano Frau Magda e Joseph Goebbels, "Reichspropagandaminister" del prossimo governo, diretto da Hitler.

Ora, è chiaro che il destino di Mafalda difficilmente avrebbe potuto essere diverso da quello che è stato, una volta che i suoi genitori, nell’agosto del 1943, non le dissero nulla circa l’intenzione del re e di Badoglio di addivenire a un armistizio con gli Allearti, e la lasciarono partire alla volta di Sofia con un senso d’illusoria scurezza; e, più ancora, dopo che ella decise di rientrare ugualmente a Roma, pur dopo che Elena di Romania l’aveva infornata dell’armistizio e vivamente sconsigliata di proseguire. A ciò la spinsero i suoi sentimenti di madre, ma è chiaro che recandosi a Roma, così precipitosamente, ella si espose alla cattura. I bambini, in quel momento, erano al sicuro: erano stati affidati, dopo la fuga di Pescara, a monsignor Montini, il futuro Paolo VI e allora sostituto della Segreteria di Stato vaticana (ove agiva anche come agente segreto in favore degli americani). Si può comprendere, e anzi ammirare, il suo nobile slancio materno, ma non si può non deprecare che nessuno l’abbia fatta ragionare e le abbia mostrato come, una volta in mano ai tedeschi, sarebbe stata comunque separata dai suoi figli, e che il suo sacrificio, pertanto, sarebbe stato inutile. La decisione di farla arrestare e tradurre in Germania, dove fu sottoposta, per settimane, a pesanti interrogatori, venne presa al più alto livello. Hitler era furioso contro Vittorio Emanuele III per il tradimento dell’8 settembre, ed estendeva la sua ira a tutti i membri della famiglia reale italiana; neanche Filippo d’Assia poté sottrarsi all’arresto e all’internamento in un campo di concentramento, pur essendo cittadino tedesco, principe e nazista, oltre che ufficiale delle SS. Il fatto di essere un principe giocò semmai a suo sfavore, perché Hitler era convinto che la nobiltà tedesca complottasse contro di lui e aveva proibito che i suoi membri ricoprissero cariche nel partito. Nell’aprile del 1943 Filippo era stato trasferito al quartier generale di Hitler, segno che il dittatore doveva già diffidare di lui e preferiva averlo presso di sé, per controllarlo meglio. Quanto a Mafalda, durante gli interrogatori ai quali venne sottoposta disse forse qualcosa che Hitler interpretò come complicità nell’avvelenamento dello zar Boris; a meno che si sia trattato di una cortina fumogena ideata dallo stesso Hitler per allontanare da sé i pesanti sospetti circa la misteriosa morte di Boris, dopo un tempestoso colloquio avuto con lui, il 9 agosto 1943 al quartier generale di Rastenbug, nella Prussia Orientale. Una volta internata a Buchenwald, il destino di Mafalda era segnato; anche se non si poteva prevedere che a segnarlo sarebbero state le bombe dei "liberatori" dell’Europa.

Resta uno strano, curioso interrogativo. Se Mafalda, dopo l’incidente narrato all’amica Emy Göring, avesse denunciato al Führer l’insolenza di Goebbels, le cose sarebbero andate diversamente, dodici anni dopo? Quasi certamente no. Per quanto Frau Goebbels e suo marito la potessero odiare, la decisione di "punirla" per il tradimento del re, suo padre, sarebbe stata presa da Hitler in ogni caso…

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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