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8 Aprile 2017Gli immigrati musulmani presenti in Italia chiedono più moschee: logico, visto che il loro numero continua a crescere. Per contro, il numero dei cattolici continua diminuire vertiginosamente, e per due ragioni che si sommano: perché diminuisce il numero delle nascite degli italiani, e perché aumenta il numero delle persone che scelgono di non battezzare i loro figli e di non crescerli cristianamente, o che, già adulte, si fanno "sbattezzare", per manifestare esplicitamente il loro radicale rifiuto della identità cattolica.
Ora gli islamici chiedono una moschea nel centro storico di Venezia; attualmente non ce l’hanno, in compenso ne hanno decine e decine sparse sul territorio della regione, spesso mascherate da "centri culturali", spesso dei semplici garage adattati alla meglio, e qualche volta – i recentissimi fatti di cronaca lo mostrano – centri d’indottrinamento degli estremisti islamici che si arruolano nell’Isis o preparano attentati nel nostro Paese e in altri Paesi d’Europa.
Contemporaneamente, giunge l’annuncio del patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, che delle 200 chiese esistenti a Venezia, una trentina verranno chiuse a stretto giro e messe in vendita, per la scarsità dei sacerdoti e degli stessi fedeli, e per l’alto costo di manutenzione. Lasciamo stare, in questa sede, l’aspetto storico-artistico, che pure è d’immensa rilevanza culturale: stiamo parlando di gioielli dell’architettura, della scultura e della pittura, di opere splendide che rischiano la dispersione, nonché di luoghi altamente simbolici, anche solo dal punto di vista "laico" della storia e della civiltà di questa città straordinaria, unica al mondo. Si tratta di una vera e propria amputazione delle proprie radici. Dal punto di vista religioso, poi, è il segno della catastrofe che si sta abbattendo sul cattolicesimo e la manifestazione visibile del degrado e dello sfascio della fede cristiana. Aprono i fast-food, i McDonald’s, i Lidl, i Bennet, le nuove filiali delle banche, ma chiudono le chiese. Stiamo assistendo alla liquidazione della nostra religione e alla messa all’incanto del nostro patrimonio spirituale, cioè di quello che ha fatto dell’Italia, l’Italia, e dell’Europa, l’Europa. Andiamo verso qualcosa di nuovo, di radicalmente diverso: una società schizofrenica, per un verso fanaticamente laicista, e, per un altro verso, sempre più velocemente colonizzata e islamizzata dall’esterno.
L’Europa moribonda, odiatrice di se stessa, invecchiata demograficamente e spiritualmente, relativista fino al delirio, divorata dal cancro del secolarismo illuminista che, dopo tre secoli, impazza più che mai, questa Europa della decadenza e del tramonto, punisce con il codice penale con sanzioni amministrative l’esposizione, da parte di istituzioni pubbliche e di cittadini privati, del più piccolo simbolo religioso: al punto che una annunciatrice televisiva, in Norvegia, viene licenziata perché ha osato presentarsi davanti alle telecamere indossando una collanina con una minuscolo pendente a forma di croce; mentre ormai non fa più notizia un professore che decide di essere donna e si presenta in classe, per far lezione ai suoi alunni, vestito da donna, con la parrucca, la minigonna, le calze di seta e i tacchi a spillo. Ma che stiamo dicendo? Non fa più notizia che il capo del governo del Lussemburgo venga in visita ufficiale in Italia e sia ricevuto, con perfetta cortesia diplomatica, dal cattolici presidente Mattarella e dalle (cattoliche?) autorità vaticane, insieme al marito. O, almeno, come tale lo ha presentato, fra sorrisi e strette di mano. Per chi non l’avesse ancora capito, il capo del governo del Lussemburgo è un uomo: ed è venuto in visita ufficiale con suo marito. Dunque, lui è la moglie. Ma nessuno ha fatto una piega: al contrario, tutti hanno sfoggiato la più perfetta nonchalanche. Anzi, qualcuno avrà pensato, dalle parti del Quirinale, che era giunta finalmente l’occasione per far vedere che i politici italiani, benché cattolici, o proprio perché cattolici («chi siamo noi per giudicare?»), si sono liberati, e sia pure con qualche secolo di ritardo, dagli assurdi pregiudizi dell’educazione cattolica di un tempo, e possono reggere benissimo il confronto, quanto a fair play e disinvoltura, con i più laicisti uomini politici del Nord Europa. Quel che il buon Zapatero ha fatto, una dozzina d’anni fa, contro la volontà della Chiesa cattolica spagnola, Mattarella, Renzi, Gentiloni, lo stanno facendo con la piena, entusiastica collaborazione della Chiesa cattolica italiana e sotto l’alto patronato di papa Francesco. Noi italiani, dai tempi del neoguelfismo di Vincenzo Gioberti, abbiamo sempre preferito le soluzioni soft, che permettono di salvare le capre del laicismo e i cavoli del cattolicesimo. Infatti: a che scopo provocare strappi, fratture, tensioni, quando si può risolvere tutto con un po’ di buon senso, mettendo insieme Dio e Pannella, la massoneria e le Quarant’ore? Non abbiamo visto monsignor Paglia tessere l’alto elogio del defunto leader radicale, e papa Francesco ricevere con grandi feste, baci e abbracci, il suo amico argentino omosessuale Yayo Grassi e il suo "compagno", benedicendo così il loro legame?
Dunque: mentre l’Europa, che ha elaborato il concetto e gli statuti della libertà religiosa da alcuni secoli, è giunta alla fase estrema del relativismo etico e al furore contro i simboli del sacro, forse perché le ricordano quegli aspetti della vita sociale (divorzio, aborto, eutanasia, unioni omosessuali, fecondazione artificiale, utero in affitto) che essa considera altrettante gloriose conquiste di civiltà, ma che la Chiesa, almeno fino a pochi anni or sono, disapprovava e condannava, nei Paesi islamici dai quali provengono le masse di migranti/invasori vige ancora la totale intolleranza religiosa, o, al massimo, si stanno aprendo, qua e là, alcuni timidi spiragli di tolleranza verso il culto di altre fedi, diverse dall’islam. Vi è, quindi, una sfasatura totale fra il livello culturale dell’Europa e quello dei Paesi dai quali provengono i nuovi arrivati: ed essi, mentre chiedono, reclamano, pretendono, la costruzione di nuove moschee in nome del concetto, laico ed europeo, della libertà religiosa e dei diritti individuali, nei loro Paesi trovano perfettamente normale che un cristiano non abbia alcun luogo di culto, né il diritto di manifestare in alcun modo la propria fede, e che debba uniformarsi ai precetti del Corano fin negli aspetti più spiccioli della vita privata (anche avere una birra in frigorifero è un grave reato religioso, nell’Arabia Saudita); che un prete cattolico, il quale converta un musulmano, e quello stesso musulmano che si è convertito al cristianesimo e si è fatto battezzare, siano entrambi meritevoli della pena di morte.
Del resto, basta dare un’occhiata alla costituzione di quasi tutti gli Stati a maggioranza islamica, per rendersi conto di quanto essi siano lontani dall’idea della libertà religiosa; senza dimenticare che anche là dove essa è, teoricamente, garantita, come nel Pakistan, o in Egitto, o in Indonesia, o in Turchia (dove nel 2010 è stato ucciso un vescovo cattolico, l’italiano Luigi Padovese), la situazione di fatto è molto, ma molto, diversa da ciò che le loro costituzioni farebbero pensare: perché essere cristiani, in quei Paesi, significa comunque soffrire continue discriminazioni, essere esposti a violenze quotidiane, e, in non pochi casi, andare incontro al martirio.
Diamo una rapida scorsa ad alcune di queste situazioni (da: A.A. V.V., Rapporto 2000 sulla libertà religiosa nel mondo, Quaderni della Chiesa che Soffre, Roma, 2000):
ARABIA SAUDITA.
«Stato islamico la cui religione è l’Islam e la costituzione il santo Libro di Dio e la Sunnah del suo Profeta», il Regno trae la sua autorità, come recita l’art. 7 dello statuto fondamentale del potere, dal Libro di Dio e dalla Sunnah del suo Profeta, ai quali sono o restano subordinate tutte le regole fondamentali dello Stato, che ha l’incarico di tutelare la fede musulmana, di applicare e la shari’a, di ordinare il Bene e di vietare il Male, oltre che diffondere l’islam e assicurare la da’awa, cioè la pratica del proselitismo islamico. L’art. 26, che regola i diritti dell’uomo, li intende applicabili limitatamente all’ambito della shari’a. I cittadini sauditi sono obbligatoriamente musulmani.
La legge religiosa proibisce ai non musulmani di riunirsi per motivi legati alla propria fede religiosa. Nel territorio del Regno, secondo l’agenzia "Compass" del 17 gennaio 2000, vi sono almeno sei milioni sei milioni di immigrati non musulmani ai quali è negato ogni diritto a praticare la propria fede, pur essendovi eccezioni per gruppi numericamente insignificanti. Negli ultimi due anni, almeno 130 immigrati cristiani sono stati messi in prigione, privati del lavoro ed espulsi dal Paese sulla base di accuse di "attività cristiane".
IRAN.
Fondata sulla credenza in Dio, l’Unico, sulla rivelazione divina, sulla giustizia divina, sull’imamato e sulla sua direzione continua, sulla dignità umana e sulla libertà dell’uomo che è parallela con la sua responsabilità verso Dio, la Repubblica islamica d’Iran, come recita la sua carta fondamentale del 1979, trae origine "dalla credenza del popolo iraniano al governo del diritto e della giustizia previsto dal Corano". Tutte le leggi, tutti i regolamenti di ordine civile, penale, finanziario, economico, amministrativo, militare, politico o altro", pertanto, afferma l’art. 4, "siano stabiliti sulla base delle norme islamiche". L”islam è definito religione di Stato all’art. 12 […].
La Repubblica e l’insieme dei musulmani devono teoricamente trattare i non musulmani con buone maniere, sulla base dell’equità e della giustizia, islamica e devono tenere conto dei loro diritti umani, a esclusione di quanti complottano contro l’islam o la Repubblica. La libertà religiosa non è tuttavia nemmeno menzionata. L’apostasia dall’islam è punibile con la more, sia per l’apostata sia per chi lo induce ad abbandonare l’islam.
QATAR.
La Costituzione dello Stato del Qatar afferma che il diritto musulmano è la fonte principale di legislazione. È formalmente proibita la pratica di ogni altra religione al di fuori dell’islam wahabita, anche se il governo ha consentito alle comunità di cattolici, ortodossi, anglicani e ad altre denominazioni protestanti di riunirsi in privato per attività di culto, previa comunicazione alle autorità. L’apostasia è punibile con la pena di more e il proselitismo da pare di non musulmani è strettamente proibito.
Si potrebbe continuare a lungo e citare il caso di molti altri Stati islamici, i quali impongono a tutti i propri cittadini, e anche agli stranieri residenti sul loro territorio, in forma esplicita o implicita, di obbedire alle leggi e alle consuetudini islamiche, e puniscono severamente, anche con la morte, l’apostasia dall’islam: il che significa che convertirsi al cristianesimo, per esempio, in quei Paesi equivale a una sentenza di morte, e che se la conversione avviene in Europa, da parte di cittadini musulmani colà emigrati, pur non essendovi sempre un pericolo immediati di morte, il pericolo nondimeno esiste, non appena quel cittadino decida di rientrare, anche solo temporaneamente, nel proprio Paese di origine, dove, ovviamente, registrato come musulmano. Inoltre i figli di un eventuale matrimonio misto sono automaticamente musulmani e la famiglia di origine dello sposo, se lo vuole, ha il pieno diritto — per non dire: il dovere – di trattenerli presso di sé, in caso di una rottura del matrimonio e di una separazione degli sposi, o, se ciò sia possibile, anche di rapirli in Europa e riportarli con la forza nel Paese del padre.
A questo punto, qualcuno si potrebbe chiedere come mai i governi europei, che hanno accolto milioni d’immigrati islamici "regolari", e ne stanno accogliendo altri milioni d’irregolari – i quali si presentano tutti, immancabilmente, come dei profughi e vittime di situazioni sociali e personali pericolosissime – non abbiano mai pensato di contrattare, anche solo minimamente, un qualche margine di liberà religiosa per i cristiani, o, comunque, per i non musulmani, con i governi africani e asiatici dai cui Paesi gli immigrati provengono. Interrogativo ingenuo, senza dubbio: se nessun governo europeo ha mai aperto un tavolo di trattative con il Marocco, il Senegal, il Gambia, la Costa d’Avorio, la Somalia, l’Eritrea, lo Yemen, il Pakistan, il Bangla Desh, non diciamo per parlare della reciprocità di trattamento di membri delle rispettive religioni, ma almeno di una minima tolleranza religiosa, così che i cristiani abbiano dei luoghi di culto adeguati, e che i musulmani che si convertono al cristianesimo non rischino la condanna a morte, una ragione sicuramente c’è. Se non lo hanno fatto e non si sognano di farlo, è perché non sono minimamente interessati alla difesa dei cristiani e alla eventuale diffusione del cristianesimo fuori dell’Europa. Al contrario: per gli esponenti della cultura laicista, radicale e massonica oggi dominante in Occidente, la prospettiva di un cristianesimo che si estingue in Europa, ma che rinasce negli altri continenti, è estremamente inquietante: farebbero carte false per scongiurarla, figuriamoci se sono disposti a favorirla. Ecco perché essi sono favorevoli all’accoglienza dei falsi profughi islamici, alla costruzione di sempre nuove moschee in Europa, ma totalmente indifferenti alla sorte dei cristiani nei Pesi a maggioranza islamica – e, infatti, hanno voltato la testa dall’altra parte quando milioni di cristiani sono stati messi in fuga e spazzati via dal Medio Oriente, in questi ultimi anni: perché il loro obiettivo dichiarato è seppellire per sempre il cristianesimo, e specialmente il cattolicesimo, che è, o era, per le loro idee e i loro progetti, un nemico assai più pericoloso del protestantesimo (ridotto ormai a religione civile usa e getta).
Quando ci saranno riusciti, e sono ormai a buon punto dell’opera, dovranno vedersela con l’islam. Come pensano di regolarsi, quando il loro nemico non sarà più il cattolicesimo, ma l’islam? Quel che è accaduto ai membri della redazione di Charlie Hebdo è stato un segnale: i musulmani, davanti alle offese e alle bestemmie, non porgono l’altra guancia. E come la pensino in fatto di divorzio, aborto, omosessualità, lo si sa molto bene. Si sa bene come si regolerebbero davanti alla pretesa di un cittadino omosessuale di farsi fare un bambino a pagamento da una donna, e poi portarselo a casa, per accudirlo insieme al proprio "compagno". Possibile che i nostri intellettuali e i nostri uomini politici laicisti e libertini non ci abbiano mai pensato? Possibile che le nostre femministe, tutte di sinistra e quindi tutte immigrazioniste convinte, non abbiano riflettuto al ruolo che vene riservato alla donna nella società islamica? Sarebbero disposte a rimanere in casa, col velo, e a non poter guidare nemmeno l’automobile, come accade nell’Arabia Saudita? Potrebbero ancora denunciare, non diciamo gli stupri che dovessero subire, ma anche soltanto le offese o le molestie di tipo sessista? Da chi andrebbero a chiedere giustizia e la dovuta riparazione: dai tribunali islamici? E non stiamo parlando di scenari ipotetici e futuri, ma di cose in parte già accadute: le signore Boldrini di casa nostra si sono già scordate gli stupri di Colonia del Capodanno 2016, allorché furono aggredite 500 donne tedesche, molte delle quali subirono oltraggi e violenze, per la strada, sotto il naso delle autorità e della polizia?
Fonte dell'immagine in evidenza: Image copyright © Archivio Luciano e Marco Pedicini