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Floriana De Marchi, una storia semplice

Quella di Floriana De Marchi, ex suora delle Missionarie Francescane del Sacro Cuore, nata a Cavasagra di Vedelago, una frazione di neanche 2.000 abitanti in provincia di Treviso, e morta nel 2004, dopo essere stata praticamente costretta a uscire dall’ordine religioso e aver fondato il movimento dei Cenacoli Serafici, tuttora vivo e vegeto, specialmente in Lazio, dove era stata trasferita dalle autorità, è una storia relativamente semplice e, a nostro parere, altamente istruttiva riguardo a certe contraddizioni esistenti nella realtà ecclesiale odierna. La storia di suor Floriana, infatti, e dei suoi non pochi seguaci, i quali, a Borgo Grappa (Latina), con la collaborazione di un’altra sorella, suor Nicolina, che l’aveva seguita dalla casa di Castagnole (Treviso), e di un frate cappuccino di Centocelle (Roma), padre Egidio Loi, hanno creato un centro di spiritualità, l’Eremo di Bassiano, in provincia di Latina, che tuttora stampa una piccola rivista bimestrale a diffusione nazionale, è la storia di una scelta drammatica tra la fedeltà a Dio e la fedeltà alla Chiesa: o, per essere più precisi, tra la fedeltà a delle apparizioni soprannaturali non riconosciute dalla Chiesa cattolica, ed una Chiesa "ufficiale" che fatica a conciliarsi con i fenomeni del soprannaturale, con i veggenti, con la pietà popolare, specialmente se orientati nel senso di un cattolicesimo rigoroso e perciò non in linea con i nuovi indirizzi "ecumenici" e modernizzanti che si sono diffusi dopo il Concilio Vaticano II.

Si ha l’impressione, infatti, studiando la vicenda che ha al centro le apparizioni e le rivelazioni di suor Floriana, che il vero nodo irrisolto, la vera pietra d’inciampo fra il movimento da lei fondato e la Chiesa gerarchica e visibile, non sia rappresentato principalmente dalla questione della veridicità e della effettiva soprannaturalità dei messaggi dei quali la religiosa si è fatta portatrice, ma un po’ tutto l’insieme della sua spiritualità, del suo atteggiamento verso il mondo moderno, delle sue convinzioni in materia di morale e di come la Chiesa stessa dovrebbe porsi nei confronti della società laicista e secolarizzata. In breve, si ha l’impressione che, in piccolo, la storia di suor Floriana riproduca quel che è accaduto, e sta tuttora accadendo, su una scala molto più vasta, con le apparizioni soprannaturali di Medjugorje. Là si tratta di un movimento di religiosità spontanea che coinvolge, ormai, milioni di fedeli; qui, di un gruppo relativamente ristretto, con alcune migliaia di seguaci, ma le due situazioni sembrano avere in comune soprattutto un elemento: il fastidio, l’insofferenza, il disappunto di una Chiesa ormai decisamente volta a dialogare comunque con il mondo moderno, anche a costo di transigere su alcuni principi fondamentali e di mettere in secondo piano la dimensione della spiritualità e il rigore nella coerenza di vita, nei confronti di un tipo di religiosità popolare che non è disposto a subire passivamente una simile "svolta antropologica" della teologia, un simile tipo di ecumenismo, ma, al contrario, vuol tornare alle sorgenti della fede, così come la Chiesa le aveva sempre coltivate fino al Vaticano II, insistendo sul dovere della coerenza sul piano della vita personale, della preminenza della dimensione spirituale su quella sociale, della assoluta fedeltà ai principi eterni e immutabili stabiliti in secoli e secoli di storia della Chiesa, ribaditi dal Concilio di Trento e confermati dal Concilio Vaticano I: senza dimenticare tutti i documenti papali, come il Sillabo di Pio IX o l’enciclica Pascendi di san Pio X, i quali, pur se dispiacciono ai cattolici progressisti, hanno affermato con estrema chiarezza quale sia la posizione del Magistero nei confronti delle varie manifestazioni della civiltà moderna che si pongono in evidente e stridente contrasto con la lettera e con lo spirito del Vangelo.

Quanti si sono presi la briga di accostarsi al movimento dei Cenacoli Serafici, anche solo per studiarlo da un punto di vista storico e antropologico, non hanno evitato d’incorrere in una serie di stereotipi e pregiudizi tipicamente progressisti e modernisti, ad esempio laddove hanno evidenziato i contenuti "tradizionalisti" e "preconciliari" del movimento stesso, oppure dove hanno sottolineato l’estrazione socio-culturale, definita "medio-bassa", degli aderenti ai Cenacoli, quasi che il modesto livello d’istruzione o la modesta condizione economica siano, di per sé, dei fattori tali da squalificare la serietà e la credibilità di un orientamento religioso. Si tratta di un approccio che tradisce la supponenza e la presunzione con cui certi cattolici progressisti si accostano alle manifestazioni della religiosità popolare e alle visioni soprannaturali non riconosciute ufficialmente dalla Chiesa, magari proprio perché hanno un sapore non moderno e appaiono poco inclini all’accomodamento con gli stili di vita della società contemporanea, e assai rigorosi in fatto di comportamento etico personale. Per esempio, nella rivista dei Cenacoli Serafici si insiste molto sulla virtù cristiana della pudicizia e si definiscono le spiagge estive, con il loro brulicare di corpi seminudi e di atteggiamenti erotizzanti, come altamente contrari alla morale cristiana, laddove la stampa cattolica politically corretct, come il diffusissimo settimanale Famiglia cristiana o come il mensile Madre, non ha problemi ad inserire pubblicità nelle quali il succinto abbigliamento balneare viene mostrato come perfettamente normale e compatibile con la vita cristiana. Questo è solo un esempio; ma, ripetiamo, l’impressione è che quel che veramente dispiace, nel movimento creato da suor Floriana, non sia la disobbedienza nei confronti delle autorità superiori (le quali, in pratica, le avevano chiesto di tirare un rigo sopra le sue visioni e di non parlarne più con anima viva), ma il fatto di essersi posto di traverso in un momento storico, gli anni Sessanta del ‘900 – e, naturalmente, anche in seguito – in cui la Chiesa post-conciliare cercava una sorta di modus vivendi con il mondo moderno e con la società secolarizzata, volendo farsi accettare e legittimare dalla stessa cultura laicista, allora (come oggi) dominante, anche a costo di sacrificare quei credenti, sia religiosi che laici, i quali non condividevano tale "svolta" ed erano ben decisi a rimanere fedeli al Magistero pre-conciliare, cioè alla Chiesa cattolica di sempre.

La parte più controversa delle apparizioni di suor Floriana riguarda la misteriosa vicenda delle profanazioni e dei miracoli eucaristici che sarebbero avvenuti nella chiesa parrocchiale di Castagnole, fra il 1955 e il 1961, allorché la religiosa si trovava nella comunità di suore esistente in quel paese. I due vescovi aventi giurisdizione sulla vicenda, quello di Treviso, Antonio Mistrorigo, e quello di Latina, Enrico Romolo Compagnone, avviarono ciascuno una propria inchiesta sui fatti di Castagnole riferiti da suor Floriana, e giunsero entrambi a un giudizio negativo, ossia di non soprannaturalità delle visioni — che si sarebbero protratte per ben sette anni, per poi coinvolgere, nel 1968, a Borgo Grappa, anche la Madonna, con il suo incoraggiamento a creare i Cenacoli Serafici – e di non dimostrabilità delle profanazioni da lei denunciate. Ma poiché il cappuccino padre Loi continuava prestare assistenza spirituale al nascente movimento, e poiché un numero considerevole di persone credeva a suor Floriana e alle sue visioni, e domandava una qualche forma di riconoscimento "ufficiale", nel 1982 si scomodò addirittura l’Osservatore Romano (come già accaduto per stroncare l’attendibilità delle visioni di un’altra mistica incompresa, Maria Valtorta), diffidando i fedeli dal riunirsi intorno a suor Floriana e ammonendoli che la Chiesa non riconosceva affatto né le sue visioni, né i Cenacoli stessi.

Di che cosa si sarebbe trattato? La religiosa sosteneva che, a partire dal 1955, avrebbe scoperto delle gravissime profanazioni notturne del Santissimo nella chiesa di Castagnole, per odio verso il parroco e con una evidente ispirazione diabolica; che Gesù le sarebbe poi apparso, nell’arco di sette anni, per trasmetterle messaggi in cui la esortava a creare i Cenacoli Serafici, quali presidi spirituali contro il dilagare del male nel mondo moderno e per preservare la società dai castighi inevitabili; che l’allora vescovo di Treviso, Egidio Negrin (che rimase in diocesi meno di due anni, essendo morto improvvisamente nel gennaio del 1958), sarebbe stato da lei informato delle profanazioni e delle apparizioni, e che la sua malattia sarebbe stata appunto il risultato dell’essersi offerto come vittima volontaria in espiazione per quei sacrilegi. Fra parentesi, anche questo è un concetto ben in linea con la spiritualità dei Cenacoli, così come lo è con la Chiesa pre-conciliare, ma non lo è con gli orientamenti pastorali odierni, i quali parlano sempre meno del peccato, e quasi per niente del concetto di "sacrificio riparatore". Chi ha più di cinquant’anni, infatti, ricorda benissimo che, da bambino, al catechismo, gli veniva insegnato a recitare una giaculatoria e ad offrire a Gesù un fioretto, ogni volta che udiva una bestemmia o assisteva a una offesa a Dio o alla Madonna, in base al concetto che ogni peccato esige una riparazione, se non da chi l’ha compiuto, da qualunque anima cristiana ne sia testimone e sia in grado di farlo.

Riportiamo il brano in cui suor Floriana ha raccontato la vicenda di Castagnole in uno dei suoi libri, errori sintattici compresi (da: Ritornate alla fonte, Eremo di Bassiano, Latina, 1989, pp. 51-54):

Da più mesi un odio nascosto covava in alcune persone, le più vicine al nuovo sacerdote [don Egidio Capoia, morto nel 1967]; odio contro la sua opera diritta e forte. Il bisogno di agire così era urgente; la popolazione era stata un po’ troppo quieta per tanti anni, essendo guidata da un vecchio Sacerdote. Non garbavano i suoi insegnamenti; ed alcune persone, accecate dal demonio, commisero una serie di dispetti-sacrilegi, affinché lui, addolorato e disperato, se ne partisse. Cominciarono con l’oltraggiare le sacre vesti (paramenti), pestandole nello sterco. Lasciate per terra vicino la porta, le trovai una mattina (Quaresima 1955), inciampando. Nessuno era presente. Le raccolsi e le portai di corsa in un angolo nascosto di casa nostra. Le Suore stavano rifacendo il letto e non mi videro. Per lo spavento non avevo notato il prezioso piviale, tutto sporco, dietro la porta della chiesa; solo ritornando lo vidi, e mi piegai per raccoglierlo. Loro, i responsabili, si fecero avanti… Con forza mi spinsero verso gli scalini della balaustra, sbattendomi la bocca e i denti; riuscii con l’aiuto del Signore a portarlo a casa. Ancora una settimana dopo, sempre alla solita ora (6), attraversata la porta della chiesa, trovai il S. Crocifisso sporcato vergognosamente: lo pulii piangendo e pregando. Speravo sempre che tutto questo bastasse, e univo ai piccoli del’asilo le mie povere suppliche.

Il lunedì dopo l’ottava di Pasqua (1955), entrando e genuflettendomi, mi accorsi che il S. Tabernacolo era aperto, la sacra pisside era rovesciata sugli scalini dell’Altare e alcune sacre Particole sporcate vergognosamente. Sebbene fossi spiata, cadendo in ginocchio, le pulii consumandole. Tremando e piangendo, raccolsi le altre e le deposi nella sacra pisside chiudendola. Neppure mi orizzontavo più, sembrandomi che la giustizia di Dio dovesse annientarci. Lo pregai con i piccoli, e, nella mia miseria, cercai di riparare con il lavoro e con il sacrificio. La diocesi era senza vescovo; Mons. Mantiero era morto alla fine di gennaio, Mons. Negrin entrò il 15 agosto. Non si poteva parlare al Parroco per timore che facessero peggio, perché il Parroco se ne accorgesse. Passò una settimana, e il mercoledì successivo si ripeté l’orrendo sacrilegio. Trovai ancora alla stessa ora il sacro tabernacolo aperto e la Pisside rovesciata. Poche (tre) sacre Particole erano giù degli scalini, sul pavimento, ma neppure si potevano distinguere dal tappeto risso, perché erano inzuppate di sangue. Non saprò mai dire ciò che provai. Mi pareva che la terra si aprisse perlo spavento. Mi gettai sopra, quasi coprendole con la mia povera persona. Lo adorai piangendo, da farmi quasi sentire, pur non volendolo. Mi sentii toccare, alzando la testa verso l’Altare, e la Persona, la figura santissima del Signore (ai piedi dei gradini). Non saprei dire come, ma era Lui, un po’ piegato verso di me, mi ordinò: "Consumale. Non parlare a nessuno. Non abbandonarMi. Io ti guiderò". Egli mi avrebbe sempre guidata. Furono brevi istanti, ma tanto grandi, da cambiare quasi natura. Pur facendomi tanta violenza, non poeti essere più tanto scherzosa e vivace,. sembrò che questo avvenimento mi avesse annientata, tanta fu la tristezza di quel Volto sacro e la potenza di quelle parole. La mattina seguente cominciai a vedere sul purificatoio, sull’animetta e sul corporale macchie vive di sangue — questo per sette anni -, ma non so se il Parroco vedesse ciò, perché non mi ha mai detto niente. Nell’aprile del 1962 — settimana dopo Pasqua — non vi di più nulla. Ogni giorno, quando potevo, portavo a casa i sacri Lini e li lavavo con poca acqua, che gettavo nel fuoco, oppure per non farmi vedere , conservavo per qualche giorno in una bottiglia, e poi gettavo nel fuoco.

Più avanti suor Floriana descrive come ella mise a parte del suo segreto il vescovo Negrin, il quale, dal letto di morte, l’avrebbe incoraggiata a fare quanto Gesù le aveva chiesto: circostanze non confermate dalle successive inchieste diocesane. Resta il fatto che sia don Capoia, il parroco di Castagnole, sia il vescovo Negrin, avevano fama d’essere uomini di Chiesa tutti d’un pezzo, poco inclini a compromessi col mondo e la mentalità modernista postconciliare. Semplice coincidenza?

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi.
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