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26 Luglio 2013
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26 Luglio 2013Scrive Andrea Greco nel suo saggio Gli animali nel folklore, nel mito e nell’arte, nel volume collettaneo Messico, Guatemala, Belize (Bologna, Calderini, Bologna, 1986, pp. 153-56):
Nelle giungle e nelle paludi della costa meridionale del Golfo del Messico, in corrispondenza dell’Istmo di Tehuantepec, giacciono sparse alcune tra le più misteriose ed inquietanti sculture dell’America Centrale, attribuite alla cultura olmeca: dalle colossali teste di basalto de La Venta, nel Tabasco, rese in modo realistico, alle ricorrenti statue di giaguari ringhianti. Alcune sono chiaramente umane, ma altre mescolano in modo fantastico caratteri umani e felini, in vari gradi: uomini travestiti da giaguaro, o giaguari sul punto di diventare uomini?
Che significato poteva avere il giaguaro per tali popolazioni? Se prendiamo come punto di partenza l’arte di questa cultura, non possiamo non osservare una vera e propria ossessione del giaguaro, che cercheremo di comprendere con un piccolo sforzo di immaginazione: ci troviamo nella mistica solitudine della giungla, un intrico di alberi, di liane e di vegetazione fittissima ci sovrasta, sappiamo che il minimo rumore, ogni fruscio di foglie o crepitio di ramoscelli rotti può precedere l’aprirsi del fogliame verde e l’apparire del mangiatore d’uomini., "El Tigre" in lingua spagnola, "Fogliame macchiato di sole" nelle parole ispirate di Miguel Angel Asturias che leggiamo ne ""La leggenda del vulcano", una delle sue "Leyendas de Guatemala".
I quasi 2 metri di lunghezza del felino, gli 80 cm. di altezza, i 200 kg. di peso e le abitudini prevalente,ente notturne devono essere stati fattori più che bastanti per esercitare sugli indigeni un fascino terrificante, ancora oggi duro a morire presso certe popolazioni quali i Lacandoni del Chiapas o i Mazatechi degli stati messicani di Oaxaca e Puebla, Da un animale così silenzioso e veloce l’uomo, nel passato, con le sue deboli armi, non poteva difendersi; ne era in compenso sorpreso facilmente, e ad ogni istante, alla svolta di un sentiero o al termine di un campo di mais.
L’importanza primordiale del giaguaro, o piuttosto dell’essere ibrido umano-felino, i cui tratti caratteristici sono spesso ripresi dagli scultori e cesellatori olmechi, farebbe supporre che esso sia stato una grande divinità, forse la principale del pantheon olmeco. Ma il timore non è, forse, la sola spiegazione di un simile culto: il giaguaro doveva essere un simbolo di forze soprannaturali, non un semplice animale, ma un antenato o un dio, probabilmente la forma animale o semianimale di un dio.
Nel Museo Statale di Vera Cruz, un po’ fuori Jalapa, fa mostra di sé una statua del Dio Giaguaro., proveniente dalla sommità del Cerro San Martin, dove si innalzava una piattaforma,. Quest’opera magistrale è una figura rannicchiata che porta un pesante copricapo e un’impressionante maschera di giaguaro.
Deità-giaguaro di ogni tipo dominano l’arte di La Venta e ci inducono a cercare una qualche simbologia di cui fosse oggetto il felino. Ma quale? Forse le forze vegetative che sorgono dalla terra, vennero accostate alla figura dell’animale che emerge dalla fitta foresta o dalle caverne? Come escludere che il culto della fertilità della terra e il mistero della nascita – ritengono certi studiosi – inducesse gli Olmechi ad associare i lineamenti del neonato con quelli del giaguaro, divinità totemica embrionale, che si convertì nel dio tribale, simboleggiato da un bambino-giaguaro o uomo-giaguaro? Il nostro felino è sempre collegato con la pioggia, e quindi con la terra e l’agricoltura. Nell’altipiano del Messico era uno degli attributi animali del dio della pioggia, Tlaloc. Lo studioso messicano Miguel Covarrubias ritiene addirittura che il dio-giaguaro degli Olmechi sia l’antenato di tutti gli dei della pioggia e della vegetazione in Mesoamerica., dal Tlaloc degli Aztechi al Cocijo degli Zapotechi, al Chac dei Maya. La maschera del dio Chac,, sempre presente in tutti gli aspetti dell’arte maya, di fronte e di profilo, in tutti i gradi di stilizzazione, sarebbe derivata da una maschera di giaguaro olmeca, come suggerirebbero gli affreschi di Tepantitla, rappresentanti un dio della pioggia in veste di giaguaro.
Per i Maya era concepito come giaguaro anche il sole nel suo passaggio notturno attraverso il mondo sotterraneo, e il cielo stellato era a volte descritto metaforicamente come la pelle macchiata del felino.
Per le antiche popolazioni dell’altipiano, a testimonianza della sostanziale omogeneità culturale delle civiltà mesoamericane, Tezcatlipoca, il notturno, il dio mago-stregone- nemico dell’eroe culturale Quetzalcoatl, aveva come "nagual" o travestimento il giaguaro, qui animale della notte; spesso era anche il simbolo della stella solare dell’ovest.
La connotazione animale o "alter ego" rappresenta la forma magica posseduta da ogni divinità quando crea o distrugge. Ogni divinità è anche un mago, e come tale ha in sé la capacità di trasformarsi in un animale, il suo "nagual", per proteggere la sua comunità dai "naguales" dei villaggi vicini o, all’opposto, spaventare la gente, entrando nelle case per rubare o provocare malattie. Un tempo veniva forse attribuito a tutti gli uomini il potere di trasformarsi in animali, con i quali nessuno dubitava che si riuscisse a parlare; probabilmente perché non esisteva una linea di demarcazione netta tra ciò che doveva considerarsi umano e ciò che non lo era. In seguito, questo potere è stato ottenuto soltanto da coloro che sono in grado di oltrepassare i limiti della ragione umana e sentono che il cosmo è pervaso da una profonda unità, per cui non ha senso parlare di "altro": l’altro si trova in noi.
A Copàn, in Honduras, la Scalinata dei Giaguari è fiancheggiata in tutta la sua lunghezza da statue degli animali da cui deriva il nome. Colpisce vedere questi felini ritratti in modo quasi umoristico, tanto da avere un’aria grottescamente benigna. Forse, lo scultore avrà voluto sottolineare la vera natura di questo gattone, che di rado attacca l’uomo, in polemica con la pessima fama da cui è circondato. Certo, scorre per l’arte maya una vena umoristica che non è di carattere sacro.
Ma a Chichén-Itza, nello Yucatan, dove alla cultura maya si è soprapposto l’influsso tolteco dell’altipiano, i giaguari della piramide-tempio di Kukulkan, in procinto di slanciarsi sulla preda, sono ben diversi dalle pacifiche creature di Copàn, è molto simile ai feroci giaguari di Tula.
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