
Alle soglie dell’infinito
26 Luglio 2013
La grazia e la bellezza sono la manifestazione della salute psico-fisica?
26 Luglio 2013Il fisico Max Born, ebreo tedesco come lui e, come lui, fisico di fama internazionale, sebbene infinitamente superiore come genialità scientifica, così rievoca la figura di Lindemann, che conobbe personalmente, e l’influenza da lui esercitata su Churchill nella decisione di bombardare dal cielo indiscriminatamente le città tedesche (in: M. Born, «Autobiografia di un fisico»; titolo originale. «My Life. Recollections of a Nobel laureate», London, Taylor & Francis Ltd., 1978; traduzione dall’inglese di Paolo Camiz, Roma, Editori Riuniti, 1980, 1980, pp. 376-80):
« [Lindemann] era, secondo me, un mediocre fisico, ma anche un personaggio notevole e molto snob; era un assiduo frequentatore dell’alta aristocrazia inglese e si vantava in modo particolare delle sue amicizie nobiliari. […] La sua amicizia con Winston Churchill aveva favorito il legame con il duca di Marlborough e con la famiglia Churchill. Le biografie di Lindemann descrivono l’inizio di questa storia: durante la prima guerra mondiale gli aerei inglesi subivano spesso funesti incidenti, entrando in avvitamento e precipitando. Lindemann riuscì a determinare con i calcoli le cause del fenomeno ed inventò un rimedio; poi, per verificarne l’efficacia, imparò a volare, e davanti ad un gruppo di ufficiali del’aviazione dimostrò che era in grado di uscire dall’avvitamento e di atterrare sano e salvo.
Churchill rimase colpito da questa prova di intelligenza e di ardimento e lo nominò suo consigliere per tutte le questioni scientifiche; e poiché queste giocarono un ruolo dominante nella seconda guerra mondiale, Lindemann diventò uno degli uomini più potenti del ministero della guerra di Churchill. […]
Ero a conoscenza del fatto che LInemann durante la guerra si fosse trovato in una posizione politica dominante, ma non avevo idea di quale fosse stata la sua effettiva partecipazione agli avvenimenti. Ammiravo la sua energia, la sua arguzia, talvolta la sua opinione m, non tanto su fatti o teorie scientifiche quanto sulle persone. […]
Lindemann era stato innalzato nei ranghi del’alta aristocrazia che adorava, con la concessione del titolo di Lord Cherwell. Durante tutti quegli anni , prima, durante e dopo la guerra avevamo sempre avuto ottimi rapporti: ogni volta che capitavo a Oxford andavo a trovarlo nel suo laboratorio, il Clarendon, per una chiacchierata. Una volta che mi erro trattenuto per una sola giornata fu lui a venire a casa di Simon, pensando di trovarmi lì. Discutere con lui di fisica era però esasperante, perché era convinto di possedere una conoscenza del mondo fisico migliore di tutti noi, non escluso lo stesso Einstein; io non lo prendevo sul serio, ma cercavo sempre di trattarlo amichevolmente. Le cose sarebbero andate ben diversamente se avessi saputo che cosa aveva fatto durante la guerra in veste di consigliere scientifico del governo. Fu lui a raccomandare con insistenza i bombardamenti e la distruzione totale delle città per spezzare la resistenza del popolo tedesco. A quel’epoca credevamo che un erto maresciallo dell’aria, "Bomber Harris", avesse la responsabilità di quella scelta strategica: e può ben darsi che, nell’ambito militare, sia stato questo il suo ruolo, ma adesso è chiaro, al di là di ogni dubbio, che l’idea era di Lindemann, e che era lui il responsabile per questo genere di guerra, che considero meschina, disprezzabile ed abominevole. […] Ho raccontato della mia opposizione a Fritz Heber, a causa dell’invenzione da lui fatta dei gas venefici per uso bellico. In seguito ho avuto la soddisfazione di trovare Rutherford in pieno accordo con e su questo argomento. Quando arrivai a Cambridge come rifugiato, anche Haber fece la sua comparsa, malato, solo, depresso, l’ombra dell’uomo che era stato. Mi faceva pena e desideravo introdurlo nell’ambiente scientifico, ma quando invitai Rutherford a casa mia ad un tè per incontrarlo, si rifiutò, dicendo con molta franchezza che non voleva stringere la mano all’inventore dei gas asfissianti.
Eppure si trattava ancora di un’arma rivolta alla distruzione degli eserciti; perfino durante la prima guerra mondiale era ancora ben radicata l’idea che la guerra dovesse essere combattuta tra gli eserciti e che le popolazioni civili dovessero essere protette, benché i blocchi navali, con la conseguente carenza di viveri, fossero tollerati dalle convenzioni internazionali, e messi in opera da ambo le parti secondo la loro potenza (navi di superficie contro sommergibili).
Ma la distruzione sistematica delle zone abitate delle città, con lo scopo di fiaccare la volontà di resistenza delle popolazioni civili, è tutt’altra cosa. Lo sviluppo del’aviazione come strumento di guerra era inevitabile; eppure c’è una differenza tra il bombardamento di un esercito, o anche di una fabbrica che lavora per le forze armate, e quello dei civili inermi e delle loro case, per non parlare delle chiese, dei musei, degli edifici d’interesse storico e di altri tesori insostituibili. Era stato Hitler per primo, naturalmente, a servirsi di questi metodi terroristici: Varsavia, Anversa, Coventry non sono che alcuni esempi. Ma l’Inghilterra era entrata in guerra proprio per opporsi a questa barbarie. È possibile liberare il mondo da un peccato, commettendo lo stesso peccato , in forma ampliata e pianificata? Io credo di no. I bombardamenti dell’aviazione alleata mi parvero, fin dall’inizio, moralmente sbagliati; che fossero anche strategicamente sbagliati, questo è stato verificato senza ombra di dubbio. È strato provato che le previsioni di Lindemann circa l’efficacia distruttiva degli attacchi aerei erano largamente errate (credo di un fattore dieci); un diverso uso dell’aviazione avrebbe potuto portare molto più rapidamente alla vittoria. Tutte queste cose durante la guerra io non le sapevo, ma ero profondamente disgustato quando, giorno per giorno, leggevo le notizie che riferivano la distruzione delle città tedesche. Eppure non ero un pacifista, allora. Anche se lo ero stato, almeno in linea di principio, prima della comparsa di Hitler, avevo mutato questo atteggiamento durante la guerra contro Hitler, perché ritenevo che il regime nazista fosse il più grosso malanno capitato all’umanità e, desiderando di tutto cuore la sua distruzione, riconoscevo che solo la forza bruta avrebbe potuto abbatterlo. Perciò misi a tacere tutte le obiezioni contro la guerra maturate precedentemente; ma a tutto c’era un limite. È vero che il popolo tedesco si era lasciato stupidamente imbrogliare concedendo potere a Hitler; e sapevo che, una volta ottenuto il potere, l’unico modo di liberarsi di lui era di sconfiggerlo militarmente. Ma l’idea di abbattere Hitler uccidendo la gente, donne e bambini, e distruggendo le loro case mi sembrava assurda e deprecabile. Ed era proprio questa idea che Lindemann aveva suggerito ed imposto, contro l’opposizione degli uomini migliori.»
Come si vede, al di là del fatto che Max Born credesse alla favoletta creata da Winston Churchill, secondo la quale l’unico motivo per cui la Gran Bretagna aveva dichiarato guerra alla Germania nel settembre 1939 era stato il nobile desiderio di distruggere un regime politico brutale e immorale, resta il fatto che l’ebreo Lindemann fu il principale responsabile della strategia di bombardamenti indiscriminati sulle città tedesche pianificata da Londra, così come l’ebreo Morgenthau, a guerra appena finita, sarà propugnatore di un macabro piano di "pastoralizzazione" della Germania sconfitta, che prevedeva il suo smembramento politico, la sottrazione dei principali centri industriali a favore delle nazioni vicine, lo smantellamento totale dell’industria pesante, sì da sospingere forzatamente il Paese verso un’economia pre-moderna e da impedirne per sempre la resurrezione materiale e morale.
Il fatto che il sinistro Piano Morghentau non sia stato attuato, non almeno secondo le modalità originarie, non dipese dalla volontà del suo ideatore, ma semmai da considerazioni di opportunità politica da parte degli Stati Uniti, i quali si resero conto molto presto che non era nel loro interesse, nel quadro della nascente "guerra fredda", doversi fare carico della difesa di una Germania divisa, prostrata e tenuta artificialmente in uno stato di cronica debolezza, ma, al contrario, che avevano tutto da guadagnare da una sua ripresa industriale e, in prospettiva – e sia pure parzialmente – anche finanziaria, politica e militare.
Hitler aveva affermato che la seconda guerra mondiale era stata essenzialmente una lotta per la vita e per la morte fra la Germania e l’ebraismo internazionale. Ora la circostanza che uno scienziato ebreo tedesco abbia svolto un ruolo decisivo nella distruzione materiale delle città tedesche e nel massacro deliberato dei suoi indifesi abitanti (mentre un altro ebreo tedesco realizzava, per conto delle Forze armate statunitensi, la prima bomba atomica, che non lo si dimentichi, era stata realizzata in vista di un suo impiego contro la Germania, che poi non ebbe luogo solo perché la resa di quest’ultima avvenne prima del previsto), e che un politologo ebreo tedesco abbia progettato la distruzione scientifica dell’economia tedesca nel dopoguerra, non può non suggerire qualche riflessione circa le parole di Hitler; senza che ciò significhi in alcun modo chiudere gli occhi davanti al carattere criminale della "soluzione finale" e senza che significhi, anche solo indirettamente, una tacita giustificazione dell’antisemitismo nazista.
Si potrebbe pensare che la presa di posizione anti-tedesca di uomini come Lindemann, Einstein e Morgenthau fosse dovuta a una reazione per la politica antisemita hitleriana; ma non sempre è stato così. Se Einstein e Morgenthau erano emigrati dalla Germania a causa delle persecuzioni razziali dopo l’avvento al potere del Partito nazista, Lindemann era il figlio di un ebreo tedesco immigrato in Gran Bretagna e naturalizzato inglese verso il 1871, e di una madre americana; e, come si è visto, già durante la prima guerra mondiale aveva messo il suo talento di scienziato al servizio della causa bellica inglese. E non bisogna pensare solo a scienziati o intellettuali, ma anche a uomini d’affari, banchieri, industriali, giornalisti.
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