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19 Maggio 2011Gli scienziati sono il nemico?
Scriveva Alain Hervé nel suo saggio dell’ormai lontano 1979, «L’homme sauvage» (Paris, Editions Stock; traduzione italiana di Andreola Vettori «L’uomo selvaggio», Firenze, Sansoni, 116-119):
«Che cos’è l’industria?
È la forma esacerbata o se preferite cancerosa di del modoi di produzione umano. Non solo l’industria deve produrre, ma deve produrre sempre di più per poter neutralizzare gli elementi controproducenti che le sono connaturati.
L’industria sollecita la propria legittimità morale dalla scienza, di cui si definisce il braccio secolare. L’industria sollecita continuamente la scienza a proporle nuovi modi di estrazione, di produzione, di vendita, di distribuzione.
L’industria moderna finanzia la scienza. Senza l’industria moderna la scienza moderna non esisterebbe. Tutto quello che la scienza moderna produce è destinato prima o poi al servizio dell’industria moderna.
Analizziamo il mito secondo cui la scienza sarebbe indipendente dai mezzi di produzione. Non esiste da una parte il buon scienziato, filantropo, disinteressato, distratto, aureolato di canizie, e dall’altra l’industriale cattivo che inonda il mercato di prodotti inutili o nocivi, che si fa iniziatore di progetti grandiosi, costosi o micidiali.
I due fanno tutt’uno.
L’anniversario della morte di Einstein mi ha fatto pensare. Si celebrava il buon sapiente dal sorriso tanto dolce. Quell’uomo tanto dolce, così pieno di scrupoli morali, si è tuttavia lasciato utilizzare docilmente.
Ha trovato quello che gli si chiedeva di cercare e che era destinato a uno scopo preciso.
In un suo racconto Dino Buzzati immagina gli ultimi giorni della vita di Einstein e narra come il diavolo lo ringraziasse calorosamente per i suoi servigi quando infine i due s’incontrarono.
Non voglio fare la morale agli scienziati. Voglio solo precisare come, data la loro attuale posizione, io non possa non considerarli i primi responsabili della disastrosa evoluzione della società industriale e della desertificazione del Terzo Mondo. Se nemico è colui che prepara la vostra morte, gli scienziati sono nostri nemici.
Sono dei nemici camuffati. Sono i ricercatori e si fanno chiamare sapienti: coloro che sanno. Come se gli altri non sapessero nulla. È l’industria che li paga, anche quando lo fa attraverso l’università.
Quando presumono di dedicarsi a ricerche che, direttamente o indirettamente, non rechino beneficio all’industria, vengono licenziati, esclusi.
Con quale diritto si ammantano di un appellativo romanico, per non dire religioso, destinato a incutere rispetto?
Con quale diritto pretendono d’imporre la dittatura del fatto scientifico, che sarebbe per definizione indiscutibile, irrefutabile, inappellabile, incorruttibile? La scienza, così come viene praticata oggi, si costituisce in religione. Dal culto religioso prende la pompa, la segretezza, l’infallibilità, l’obbligo di fede, di speranza (ma non di carità). Fanatizza le folle con dei "gadgets" a mio’ di medagliette e le invita arecarsi in pellegrinaggio sui luoghi delle sue gesta. Non disdegna d’entrare in concorrenza con i miracoli della tradizione e di farli apparire superati e ridicoli in confronto alle sue spettacolari invenzioni che sprofondano il profano nel timore e l’inducono all’ammirazione.
Io metto in causa la maggior parte della scienza cosiddetta moderna e degli uomini che la servono, qual (forse senza rendersene conto) sono gli accaniti artefici della distruzione della biosfera.
Presto la loro avventura avrà fine, e noi ci ritroveremo in una distesa di rovine. Già respiriamo i veleni che essi sprigionano nell’aria, beviamo i veleni che diluiscono nell’acqua, mangiamo i veleni che introducono nei nostri cibi.
Per loro il sistema d’organizzazione originale della biosfera non va bene. La scienza moderna sarebbe la smentita dell’intelligenza della natura. La fantastica combinazione che ha permesso l’emergere delle forma di vita che noi mammiferi umani rappresentiamo, per loro non va bene. Vogliono sostituirla con una nuova organizzazione, la loro. Vogliono costringerci a respirare la loro aria, a bere la loro acqua, a mangiare il loro cibo, a pagar loro un tributo per questo e a rispettarli ed elogiarli per avercelo imposto.
Ad una architettura del mondo vivente che ha impiegato milioni di anni per venir su, hanno voluto sostituire nell’irrisorio spazio di un secolo un ambiente interamente nuovo, di cui controllano e coniano tutti gli elementi.
Si devono mandare al rogo gli scienziati? Secondo un metodo antico. O – usando un metodo da loro inventato – vanno spediti su qualche pianeta vicino?
Non credo. Intanto, perché noi siamo solidali con le loro azioni. E poi, perché noi stessi – tutti, voi ed io – siamo degli scienziati corresponsabili dello sviluppo della tecno sfera che, fino ad ancora pochi anni fa, abbiamo auspicato, chiesto, applaudito, convinti di poterne godere. L’umanità è solidalmente responsabile delle sue imprese e non può risolvere le difficoltà dando la caccia alle streghe. Tutto quel che possiamo fare è riflettere assieme, assumere insieme nuove responsabilità. Non resusciteremo un passati agreste e selvaggio. Non abbiamo, ch’io sappia, np desiderio né possibilità di ritornare a modi di vita arcaici. Dobbiamo soltanto discuterre gli scopi assegnati alla scienza, da cui dipende la nostra sopravvivenza. Perché la scienza, se può condurci alla morte, può e deve incaricarsi di restaurare i sistemi che rendono possibile la vita. Può, forse, tentare di ottimizzarli, studiandoli con prudenza.
Tutto l’investimento scientifico che ha contribuito a sviluppare tecnologie di morte dev’essere applicato a sviluppare tecnologie di vita. Lo si voglia o no, bisogna impegnarsi in un sovrappiù di scienza. Come? Non lo so. Non ho né titoli né conoscenze che mi permettano di dare delle risposte. Oso soltanto formulare delle domande nella mia qualità di essere vivente, preoccupato della propria sopravvivenza, desideroso di vivere bene, desideroso di vivere meglio.
Credo che il controllo della scienza debba avvenire mediante la sua politicizzazione. Vale a dire attraverso l’informazione e la discussione pubblica, collettiva, popolare delle scelte scientifiche e tecnologiche. Ricordiamo ci che "esperti" sono al nostri servizio, e non noi al loro.
È aberrante che queste scelte siano state fino a poco tempo fa appannaggio di gruppi ristretti di uomini, fuori da ogni controllo popolare.
In Europa, la scelta a favore del nucleare è stata decisa da un gruppo che conta meno di dieci uomini, e che non ne ha riferito a nessuno. Questa scelta vincola generazioni e generazioni di europei, li asservisce a modelli tecnologici aberranti.
E intanto, i nostri parlamenti ddicano le loro sedute a questioni irrisorie, irrilevanti.
Non c’è scienza possibile n augurabile che non sia il risultato di una partecipazione collettiva, di un consenso di coloro che le sono soggetti. Questa scienza deve ovviamente diventare accessibile, cioè applicarsi a risolvere i problemi di gruppi umani circoscritti. Sono stati inventati, per questi, i termini di tecnologie dolci e tecniche dolci. Bisogna ormai applicarsi a dar vita a una "scienza dolce", di cui noi tutti saremo gli scienziati.»
Fonte dell'immagine in evidenza: Foto di Hal Gatewood su Pexels