
Fine delle guerre indiane: un popolo in ginocchio
31 Luglio 2006
I Paiute del Nevada alla vigilia della predicazione
6 Agosto 2006Questo articolo fa seguito a "La fine delle guerre indiane" e traccia un quadro complessivo del substrato religioso ove trovò terreno fertile la "Ghost Dance" ("Danza degli Spettri") verso il 1888, introdotta dal messia paiute Wovoka e terminata con il massacro perpetrato dall’esercito americano a Wounded Knee, nel 1890. Un prossimo articolo prenderà in esame i presupposti diretti dell’azione di Wovoka: le condizioni complessive della tribù Paiute verso il 1880; la diffusione del cristianesimo nel Nevada e, in genere, nell’Ovest degli Stati Uniti; le caratteristiche della società bianca e della politica americana al tempo delle ultime guerre indiane. Questi tre articoli formeranno una introduzione generale al fenomeno della "Ghost Dance", tipico esempio di sincretismo religioso a base animistico-cristiana e, al tempo steso, tipico movimento religioso di libertà e di salvezza sorto in una società tribale minacciata di completa distruzione culturale.
- [IL SUBSTRATO RELIGIOSO.**
È impossibile accostarsi al fenomeno della Danza degli Spettri senza gettare uno sguardo preliminare al substrato religioso degli Indiani del Nord America nel tardo XIX secolo. Due forze si contendevano il campo: i culti religiosi tradizionali e il cristianesimo predicato dai missionari bianchi. La Danza degli Spettri non fu semplicemente una danza rituale, come tante altre (la Danza del Sole, la Danza del Toro, ecc.). Essa fu una vera e propria religione nuova, che si esprimeva specificamente nella danza, ma che non si esauriva in essa. Aveva una propria etica ben definita, prospettava una escatologia di tipo apocalittico e si incentrava su di una predicazione di tipo messianico-profetico e millenaristico. Il suo obiettivo finale non era l’acquisto di qualche specifico vantaggio materiale, come di solito i culti indiani del passato, ma una salvazione di tipo spirituale.
Per comprendere il fenomeno della Danza degli Spettri è necessario chiarire fin dall’inizio e una volta per tutte che essa fu una religione nata e sviluppatasi nel particolare ambiente culturale delle riserve, così come si erano venute configurando verso la fine del XIX secolo, nell’Ovest americano. I suoi addentellati con i culti indiani tradizionali furono confusi, sporadici e in gran parte sotterranei. Essa, inoltre, non costituì un fenomeno culturale isolato, ma fu la punta estrema di un vasto movimento a carattere messianico che si manifestò, sotto forme diverse ma con una sostanziale unità d’intenti, presso differenti tribù degli Stati Unirti occidentali. D’altra parte, se è eccessiva la tesi secondo cui la Danza degli Spettri fu un fenomeno interamente cristiano (1), è evidente che dal cristianesimo essa trasse una gran parte della propria concezione ispiratrice. Si trattava, però, di un cristianesimo largamente rielaborato e reinterpretato secondo la sensibilità religiosa indiana del tempo, che non aveva molti punti di contatto con quello "ufficiale", predicato dai missionari bianchi fin da prima che le tribù venissero confinateall’interno delle riserve.
Quali erano dunque i caratteri salienti delle religioni indiane tradizionali? Quali furono le condizioni in cui venne recepito il messaggio cristiano dagli Indiani, prima e dopo la relegazione nelle riserve? Queste sono le due domande preliminari che dobbiamo porci.
Innanzitutto, la prima. È un fatto che gli Indiani non avevano concezioni religiose nettamente definite e che oltre alle differenze specifiche esistenti fra tribù e tribù, fra regione e regione, un serio ostacolo per l’indagine storica è costituito dalla natura stessa della mentalità religiosa indiana. Essa rifuggiva da concettualizzazioni astratte e, così come concepiva il fatto religioso in piena armonia con le varie manifestazioni della vita e con le forze della natura che la regolano, lasciava deliberatamente una zona d’incertezza e di mistero intorno ad esso. Vi è, secondo gli Indiani del Nord America, una forza magica che pervade tutto il cosmo e che è attributo della divinità, ma gli uomini possono accedervi e impadronirsene, in virtù di esperienze mistiche particolari, e volgerle ai propri fini. Il tempo, inoltre, era concepito come qualche cosa di eterno e di immutabile ed era simboleggiato dal cerchio, figura geometrica che esprime l’eterno ritorno di tutte le cose, secondo il ciclo perennemente uguale della natura. (2)
Erano monoteisti o politeisti, gli Indiani? Non è facile dare una risposta a una domanda posta in termini così perentori. Non è nemmeno chiaro se, per i popoli "primitivi", si possa parlare di monoteismo così come noi abitualmente lo intendiamo, anche se uno studioso come il Boccassino ha osservato chegli Indiani della California erano giunti al concetto di una creazione dal nulla, laddove lo stesso Aristotele non superò mai la necessità d’una materia prima. (3) In realtà, nelle religioni indiane prevaleva un diffuso animismo; tutto, in esse, era animato: gli animali, le piante, le fonti, i fiumi, gli astri; e ogni cosa – non solo, dunque, quelli che per noi sono esseri viventi – era pervasa da uno spirito. (4) Non politeismo, dunque, ma animismo. Il sole, la luna e le stelle erano oggetto di un culto particolare; fra i Pawnee vi era una importante cerimonia dedicata alla Stella del mattino, e, fra gli Skidi-Pawnee, essa era incentrata sul sacrificio umano. (5)
È vero che esisteva la credenza in un unico spirito creatore, ma i contorni di tale credenza erano incerti, ed essa non approdò mai a una rigorosa concezione monoteistica. Una notevole confusione fu poi dovuta al fatto che alcuni missionari personalizzarono erroneamente la forza magica diffusa nel cosmo e, identificandola inconsciamente con il proprio dio, la chiamarono Grande Spirito. Ma gli Indiani non credevano in un Grande Spirito nel senso che i bianchi, fin dall’inizio, attribuirono a questa espressione: credevano, invece, nella maggiore o minore potenza delle varie divinità. Non è affatto escluso che proprio i missionari, accentuando il concetto dell’unico dio creatore al fine propedeutico di avvicinare gradualmente gli Indiani al cristianesimo, abbiano finito per consolidare fra essi una concezione monoteistica del Grande Spirito che era estranea alle loro credenze originarie. In ogni caso, ciò dovette verificarsi in una fase piuttosto tarda del contatto fra bianchi e Indiani.
Come i popoli cacciatori della Siberia e dell’Estremo Oriente boreale, regioni delle quali erano originari, gl’Indiani d’America invocavano la divinità soprattutto ai fini della caccia e, nel caso delle tribù agricole del Sud-est, dell’agricoltura; oltre, naturalmente, che della guerra. E, proprio come nell’Asia settentrionale, caratteristica era la funzione dello sciamano quale intermediario fra la divinità e la comunità tribale. Il mondo soprannaturale, però, in virtù della forza magica di cui si è detto, e che nella lingua algonchina suona "Manito", poteva rivelarsi non solo allo stregone, ma anche all’uomo qualsiasi. Il veicolo di tale comunicazione diretta era, esattamente come nelle civiltà mediterranee del mondo antico, il sogno. Le visioni erano inviate dalla divinità più frequentemente nel sonno di coloro che si erano sottoposti a digiuni e sofferenze rituali. (6) In determinate aree culturali, ad esempio fra le piccole tribù della California meridionale, facevano parte integrante del culto l’ingestione di sostanze stupefacenti, il cui scopo era quello di stabilire un contatto intenzionale e diretto con la divinità. (7)
Più tardi, dopo la brusca fine della religione della Danza degli Spettri, si diffuse nel Sud-ovest americano e divenne la più importante manifestazione religiosa indiana il culto del Peyote, che è basato appunto sulla assunzione rituale a scopo mistico di un fungo con proprietà allucinogene. Ma di ciò, ci riserviamo di riparlare diffusamente a suo tempo.
Passiamo ora a considerare le modalità con le quali si diffuse il cristianesimo fra gli indiani del Nord America, particolarmente nel secolo XIX, talvolta precedendo, talatra accompagnando il grande flusso migratorio dei coloni bianchi dalla costa dell’Atlantico a quella del Pacifico. (8) In primo luogo, bisogna osservare che non era certamente una religione unitaria e coerente quella che i missionari europei e americani portavano fra le tribù indiane. Cattolici, metodisti, presbiteriani, battisti, episcopalisti si avvicendavano, spesso battezzando e ribattezzando i membri delle medesime tribù, senza valutare gli effetti negativi generati dal loro modo sbrigativo di procedere. (9)
La prima reazione degli Indiani davanti a tale confusione dottrinaria fu lo smarrimento; la seconda, lo scetticismo. La tribù dei Nez Percés, quando ancora vieva nella valle Wallowa in buoni rapporti coi bianchi, rifiutava la costruzione di chiese cristiane sul proprio territorio, affermando – per bocca di capo Giuseppe – che gli Indiani non desideravano imparare dall’uomo bianco a litigare riguardo a Dio. (10) Secondo la mentalità indiana, inoltre, un dio meritava di essere adorato solo fino a che si fosse mostrato capace di assicurare dei vantaggi concreti e immediati, altrimenti il suo culto veniva abbandonato a vantaggio di quello del suo più forte competitore. Questo favorì dapprima un superficiale spodestamento dei culti tradizionali da parte del cristianesimo; ma poi, di fronte alle penose divisioni che i suoi ministri rivelavano, finiva per rivolgersi contro di esso.
Un altro elemento importante che deve esser tenuto presente, quando si consideri la diuffusione del cristianesimo fra le tribù indiane del Nord America, è la particolare luce nella quale esso si presentò loro nella vita delle riserve. I pochi missionari spagnoli, francesi ed inglesi che avevano portato il messaggio di Cristo nelle vaste solitudini americane, nei secoli XVII e XVIII, erano stati visti con occhio diverso rispetto alle schiere di predicatori che imposero la conversione agli Indiani, dopo che questi ultimi erano stati sconfitti e chiusi nelle anguste riserve della seconda metà del XIX secolo. Quei predicatori, infatti, si presentavano loro come i rappresentanti della religione del vincitore.
Se l’ostilità ai primi missionari si era manifestata, talvolta, in forme violente (11), ora che la reazione armata non era più possibile essa si manifestò in forme sotterranee, spesso passive, identificandosi con la resistenza culturale allo strapotere dell’uomo bianco. Al tempo della Danza degli Spettri (1889-90) un Sioux istruito di nome Masse Hadjo scrisse francamente, in una lettera aperta al Tribune di Chicago che gli Indiani non avevano mai visto di buon occhio la religione cristiana, così come i bianchi la insegnavano e la praticavano. (12) Ma quando passava a chiarire le ragioni di questo atteggiamento negativo, ciò che prendeva di mira non erano la sostanza dottrinale dell’insegnamento cristiano né la sua morale, ma piuttosto l’arroganza con la quale i bianchi volevano imporlo e l’incongruenza fra le loro parole e il loro modo di agire. (13)
Gli Indiani non avevano alcuna inclinazione, né alcun interesse, per le sottili dispute teologiche, ma possedevano sufficiente sensibilità per notare il contrasto stridente fra la dottrina evangelica e il comportamento avido e brutale di coloro che si dicevano cristiani. Bisogna però notare che la figura specifica di Gesù, e, in particolare, di Gesù sofferente e crocifisso, aveva colpito profondamente l’immaginazione degli Indiani delle riserve. Essi paragonavano, forse inconsciamente, le loro sofferenze presenti con quelle di Cristo durante la Passione, e provavano una specie di amara soddisfazione nel notare che gli autori delle une come delle altre erano sempre gli stessi: i Wasichu, i malvagi uomini bianchi. È importante sottolineare questo aspetto, perché nella religione della Danza degli Spettri, così come verrà definita e praticata dal messia dei Paiute, Wovoka, la figura di Gesù occupa un posto assolutamente preminente. Il Grande Spirito, personalizzato, divenne il Dio padre della religione cristiana (14) e, di conseguenza, fu atteso un ritorno immimente del Messia, Gesù Cristo.
Anche nel culto del Peyote, affermatosi subito dopo la fine della Danza degli Spettri, Gesù era il personaggio principale, e veniva identificato sostanzialmene con il Peyote stesso (cfr. la dottrina cristiana della transustanziazione nell’eucaristia). Ciò dimostra che se il Cristianesimo, nel suo complesso, era stato accolto solo parzialmente e con riserva dagli Indiani nel XIX secolo, la figura di Gesù aveva trovato una migliore accoglienza, anche considerata indipendentemente dal contesto della predicazione dei missionari.
L’ultimo elemento importante che occorre rilevare circa la penetrazione del cristianesimo fra le tribù indiane è di natura più generale. Dopo l’istituzione e il consolidamento del sistema delle riserve, l’opera del missionario venne inquadrata dalle autorità nel più vasto disegno di "americanizzazione" degli Indiani. L’istruzione scolastica impartita da insegnanti bianchi e l’adozione di una polizia indiana reclutata dagli agenti e diretta a disgregare il senso di solidarietà tribale (15) erano altri aspetti della medesima politica. Tale politica era però sbagliata non solo sul piano teorico, perché presupponeva che la civiltà bianca fosse intrinsecamente superiore a quella indiana e che questo giustificasse automaticamente tutte le prevaricazioni che commetteva. Essa era errata anche sul piano della prassi, per il fatto che muoveva da un presupposto sbagliato: quello che gli Indiani d’America fossero un popolo palesemente destinato all’estinzione.
Lo stato d’animo dell’opinione pubblica bianca era quello di chi sia intimamente persuaso della inevitabilità della scomparsa di un popolo "inferiore". Per mettere a tacere i propri (giustificati) sensi di colpa, ci si dava un gran daffare – specialmente nell’Est – per "salvare l’anima" degli infelici selvaggi mediante una loro conversione accelerata al cristianesimo, nonché ad elargire loro i tesori della civiltà bianca, come un bambino ingozza d’erba un coniglio che suo padre, tra pochi istanti, ucciderà. Bisognava far presto a ingozzar d’erba gli Indiani, perché essi stavano rapidamente scomparendo.
Invece, nonostante tutto, gli Indiani non erano disposti a uscir di scena tanto discretamente. Affamati, tormentati dalle malattie, abbrutiti dall’alcool, demotivati all’esistenza, continuavano a sopravvivere a dispetto di tutto. In certi casi, crescevano perfino di numero. I dati statistici delle riserve, di cui ora si disponeva con precisione, parlavano chiaro. (16) Come nel caso dei Maori della Nuova Zelanda, l’opinione pubblica bianca si avvide di essersi preparata troppo presto a celebrare il funerale delle proprie vittime. Ma questa ripresa demografica delle tribù indiane, se pure era già un fatto verso il 1890, non si era ancora delineata abbastanza chiaramente e una gran parte dell’opinione pubblica bianca non se ne era ancora resa conto. La politica paternalistica del governo verso gli Indiani delle riserve, basata sul disegno di una rapida assimilazione culturale, non ebbe, per il momento, rallentamenti né incertezze. L’Indiano, si pensava, stava per estinguersi: che ciò avvenisse dopo averlo convertito e "civilizzato"; e il ricordo della sua malinconica fine avrebbe pesato in maniera meno inquietante sulla coscienza dell’uomo bianco.
NOTE.
1) L’affermazione è di D. BROWN, Op. cit., p. 439.
2) Questa concezione è illustrata in modo chiarissimo per bocca dello stregone dei Sioux Oglala, Alce Nero, in J. G. NEIHARDT, cit. Sullo sciamanismo in generale, vedi l’opera classica di M. ELIADE, Lo sciamanesimo e le tecniche dell’estasi, tr. it. Roma, 1988.
3) R. BOCCASSINO, La religione dei primitivi, in P. TACCHI-VENTURI, Storia delle religioni, Torino, 1944 (2 voll,), vol. 1.
4) Cfr. E. UCCELLO BUONO, Alla ricerca di una guida spirituale, in C. HAMILTON, Op. cit., p. 103.
5) Cfr. C. HAMILTON, Op. cit., pp. 107-110.
6) Ibidem, p. 103. Anche il giovane Alce Nero (J. G. NEIHARDT, Op. cit., pp. 56-75) e, più tardi, Wovoka, ebbero le loro rivelazioni nel sonno, durante una grave malattia.
7) R. BIASUTTI, Razze e popoli della Terra, Torino, 1967 (4 voll.), vol. 4, p. 418.
8) In entrambe le fasi furono attivi i missionari italiani. Per la prima ricordiamo il gesuita Francesco Bressani (1612-72), missionario nel Canada; per la seconda Pasquale Tosi (1835-98), pure gesuita, che fu per vent’anni sulle Montagne Rocciose e poi in Alaska. Ved. S. ZAVATTI, Dizionario degli Esploratori, Milano, 1967, p. 44, 278.
9) Cfr. le esperienze del capo Sioux, Coda Maculata, in C. HAMILTON, Op. cit., p. 311.
10) D. BROWN, Op. cit., p. 331.
11) F. PARKMAN rese celebre, in Pioneers of France in the New World, il martirio del gesuita francese Isac Jogues da parte dei Mohawk, nel 1646. Una parziale traduzione italiana è contenuta in H. WRIGHT- S. RAPPORT, Op. cit., pp. 401-21.
12) La lettera è citata in Life of Sitting Bull, di W. FLETCHER JOHNSON, cit., pp. 267-69, e tradotta in C. HAMILTON, Op. cit., pp. 266-68.
13) L’unico argomento propriamente teologico impugnato da Masse Hadjo contro il cristianesimo è quello relativo alla dottrina sull’inferno e il paradiso. Egli, peraltro, rinfaccia ai bianchi di aver crocifisso il proprio messia, e li accusa di voler fare altrettanto con il messia indiano, Wovoka.
14) Un caso probabilmente unico, fra le antiche religioni indiane delle Americhe, è quello degli Yàmana della terra del Fuoco, che si rivolgevano al dio creatore con l’appellativo di "Padre". Una tale terminologia sottintende un atteggiamento religioso di un genere sconosciuto agli Indiani del Nord America.
15) L’assassinio di Cavallo Pazzo fu affrettato dalla sua opposizione a che i Sioux si arruolassero nell’esercito americano per guidarlo contro i Nez Percés. Cfr. D. BROWN, Op. cit., p. 324.
16) Cfr. la nota 7 al capitolo 2, Gli Indiani delle riserve, in F. LAMENDOLA, La fine delle guerre indiane: un popolo in ginocchio, sul caso specifico dei Navajos. La crescita demografica, comunque, divenne un fenomeno diffuso solo all’inizio del XX secolo. Il censimento del 1910 contò 265.000 Indiani negli Stati Uniti, esclusa l’Alaska; nel 1930, erano 332.000; nel 1947, quasi 400.000. Da The American Peoples Encyclopedia, vol. 10, p. 204. Nel 1990, su una popolazione statunitense totale stimata in 260.340.990 abitanti, gli Amerindi risultavano essere (questa volta compresa l’Alaska) lo 0,8% di essa, cioè 2.080.000 individui: cfr. Calendario Atlante de Agostini, ediz. 1997, p. 586. Ma è un dato, quest’ultimo, che non convince: significherebbe che gli Indiani – pur comprendendovi qualche migliaio di Eschimesi o Inuit dell’Alaska – si sarebbero addirittura quintuplicati in meno di mezzo secolo.
- [MOVIMENTI MESSIANICI DI LIBERAZIONE.**
La Religione della Danza degli Spettri non sorse dal nulla. La predicazione di Wovoka non cadde sulle lande allucinate del Nevada come un fulmine a ciel sereno. È importante chiarire bene questo punto, per evitare fraintendimenti. Se si considera la religione fondata da Wovoka come un fatto isolato e improvviso, quasi sorto dal niente, facendo astrazione dalla concreta situazione storica in cui nacque, si commette un grave errore di valutazione. I grandi fenomeni storici non sorgono mai dal nulla e, nel caso della Danza degli Spettri, sono chiarissime le tracce lasciate dai precedessori di Wovoka.
L’ambiente culturale in cui ebbe origine e si sviluppò la nuova religione era saturo di un’ansia di riscatto nazionale e di attese messianiche (proprio come lo era stata la Palestina ai tempi di Gesù Cristo). Parecchi profeti indiani, in tempi e luoghi diversi, ma con sempre maggiore frequenza negli ultimi decenni dell’Ottocento, si erano avvicendati nel rinverdire le speranze di liberazione dei loro popoli. Quel che è caratteristico di tali movimenti, tuttavia, è il fatto che l’aspetto – per così dire – nazionalistico fu affiancato da esigenze di carattere spirituale, che erano sostanzialmente estranee alle religioni indiane del passato. Sotto lo stimolo potente del cristianesimo introdotto dai bianchi, i culti indiani si erano notevolmente spiritualizzati. Non si trattava più soltanto di chiedere vantaggi pratici a breve scadenza alla divinità, quali il successo nella caccia, nella guerra, in amore. La prospettiva si era alquanto allargata. L’occhio dell’Indiano si era spostato verso il mondo ultraterreno, e indugiava nell’attesa struggente di una vita dopo la morte nella quale tutte le contraddizioni terrene fossero conciliate in una suprema armonia. Poco a poco, si andò affermando l’idea che il riscatto nazionale dovesse necessariamente accompagnarsi a una generale purificazione spirituale, a un supremo ordine basato sull’amore. Liberazione politica e liberazione spirituale dovevano procedere di pari passo.
Nei primi movimenti messianci indiani, ad eccezione di quello di Handsome Lake, questa sintesi appare soltanto accennata, essendo ancora largamente prevalente l’aspetto politico e nazionalistico. La religione della Danza degli Spettri di Wovoka costituì il punto più alto di spiritualismo raggiunto da tali movimenti. In essa, le esigenze di rigenerazione morale appaiono prioritarie rispetto all’ansia di riscatto politico, e l’appagamento di quest’ultimo è visto come il naturale risultato della rivoluzione operata dalle prime. La non-violenza, caratteristica del genuino insegnamento di Wovoka, è il logico corollario di una tale impostazione.
Come nel caso del popolo ebreo ai tempi di Gesù Cristo, gli Indiani dell’Ovest americano raggiunsero la più alta vetta di spiritualità nel momento stesso del loro definitivo tracollo politico. E, proprio come in quel caso, la predicazione di Wovoka fu distorta da quegli Indiani che non si rassegnavano all’idea di una rivoluzione totalmente disarmata. La disfatta Sioux di Wounded Knee può, sino a un certo punto, essere paragonata alla disfatta ebraica del 70 d. C., culminata nella distruzione totale di Gerusalemme. Questa analogia può, in parte, essere spiegata col fatto che Wovoka aveva attinto largamente sia alla teoria che alla prassi del messaggio cristiano; in parte può esser messa in relazione con alcuni punti di contatto esistenti obiettivamente fra la situazione politica e culturale del popolo ebreo al tempo di Gesù e quella degli Indiani d’America al tempo di Wovoka.
Il primo movimento messianico di liberazione sorto fra le tribù indiane, al quale possiamo risalire con una certa ricchezza di dati storici, è quello diffuso fra i Delaware nel 1762. Esso fu iniziato da un profeta di Tusaraws, nel Michigan, il cui nome ci rimane ignoto, ma del cui programma sappiamo che si basava su metodi di guerra aperta ai bianchi e, contemporaneamente, alle usanze e ai modi di vita da loro introdotti fra gli Indiani. (1) Il motivo specificamente salvifico e religioso rimaneva in ombra; in compenso, erano accuratamente individuati i pericoli di uno sradicamento delle genti indiane dalle proprie tradizioni, sotto la spinta dei costumi europei, per tanti aspetti così seducenti. Questa intuizione, che così spesso è mancata agli uomini politici e di cultura dei Paesi che si autodefiniscono civili – anche nel nostro tempo – qualifica l’anonimo profeta Delaware come un capo dalle virtù intellettuali superiori, e lo pone degnamente alla testa della schiera dei profeti indiani che si succedettero, nel corso dell’Ottocento, con il medesimo intento.
Un altro aspetto della dottrina da lui predicata era la fratellanza universale fra tutti gli Indiani, e anche questo è un elemento rivoluzionario, se si considerano l’estraneità e, spesso, l’odio feroce che caratterizzavano, da sempre, i rapporti fra le varie tribù. Può darsi che l’obiettivo primario di una tale, auspicata fratellanza – che d’altronde rimase una mera aspirazione – fosse di natura strategica, in quanto le divisioni esistenti fra le varie tribù, strumentalizzate dai bianchi ai propri fini, avevano forse convinto il profeta Delaware della impossibilità di una azione vittoriosa contro i bianchi. In ogni modo, anche in questo caso egli additava alle coscienze dei suoi confratelli l’urgenza di un problema reale e, anzi, fondamentale: quello di costruire, superando le vecchie, malaugurose rivalità tribali, un sentimento di solidarietà e di comune appartenenza per la ricerca di una salvezza condivisa.
Un fenomeno per molti aspetti particolare fu quello del profeta Seneca chiamato Ganeoda’yo o Handsome Lake (1735 circa- 1815). Nel 1799 egli diede avvio alla religione del "buon messaggio" (cfr. la cristiana "lieta novella"), nota anche come "nuova religione degli Irochesi", un miscuglio singolare di tradizioni indiane e di cristianesimo quacchero. Oltre che con missionari quaccheri, pare che Handsome Lake abbia avuto contatti con i Fratelli Moravi, da tempo attivi nella Nuova Inghilterra. (2) Il culto da lui fondato si diffuse ampiamente nella lega delle Cinque Tribù irochesi e fu approvato ufficialmente dal presidente Thomas Jefferson (1801-09), conservandosi vitale sino ad oggi in alcune riserve del Canada e nello Stato di New York. Esso propugnava il ripudio dell’alcoolismo e dei vizi portati dall’uomo bianco, nonché della stregoneria, e prescriveva una particolare danza cultuale: la "Worship Dance".
Alcune cerimonie, come il sacrificio rituale di un cane bianco, presentavano evidenti filiazioni con quelle proprie della religione cristiana (cfr. l’agnello sacrificale di derivazione ebraica, e simboleggiato, nel cristianesimo, dal sacrificio di Gesù stesso). Il fatto che le autorità bianche vedessero di buon occhio questo movimento è una conferma indiretta del suo carattere conciliante e della sua aspirazione a una convivenza pacifica tra bianchi e Indiani, in un tempo in cui la massiccia invasione dei coloni verso l’interno del continente non era ancora iniziata e, quindi, i problemi razziali non erano esasperati, come accadde dopo la metà del XIX secolo, quando le guerre indiane entrarono nel vivo.
Il terzo movimento messianico importante nel quale c’imbattiamo, in ordine di tempo, è quello del profeta degli Shawnee, Tenskwatawa ("La porta aperta", 1768-1837), fratello del celebre capo Tecumseh. Nel 1805, dopo aver ricevuto una visione direttamente dal Grande Spirito (che è e non è, come abbiamo visto, il Dio creatore personale), egli predicò una religione basata sui seguenti punti fondamentali: lotta alla stregoneria; rigetto della cultura dei bianchi; ritorno alla vita indiana tradizionale. Il contenuto di codesto messaggio appare, per quel che possiamo dedurne – e a differenza di quello del profeta Delaware – prevalentemente di natura morale e culturale, ma subì una evoluzione per l’influenza della forte e combattiva personalità di Tecumseh.
Questi si adoperò per creare una confederazione militare indiana contro gli Stati Uniti, e nel 1808 fondò, insieme al fratello, un villaggio alla confluenza dei fiumi Wabash e Tippecanoe, ove attuare i loro progetti di restaurazione degli antichi costumi e di autosufficienza economica. Il movimento, quindi, assunse un carattere prevalentemente politico-militare, e quando subì il peso della disfatta sul campo di battaglia (3) non riuscì mai più a risollevarsi. Tecumseh e suo fratello tentarono di promuovere una ripresa della confederazione indiana, partecipando alla guerra anglo-americana del 1812-15, ma subirono una seconda disfatta e lo stesso Tecumesh fu ucciso. (4) Tenkswatawa rimase in Canada fino al 1826 come un pensionato del governo britannico, per il quale aveva combattuto; indi tornò negli Stati Uniti e vi morì, dopo avere assistito al crollo delle sue speranze.
Con il profeta Kanakuk (morto nel 1852) il messianismo indiano entra in una nuova fase. Kanakuk era il capo di una parte della tribù Kikapu stanziata nell’Illinois (il resto di essa era fuggito fino al Messico davanti all’avanzata dei bianchi). La dottrina da lui predicata, però, non aveva una specifica coloritura politica, come l’avevano avuta i movimenti dei Delaware e degli Shawnee. Kanakuk appartiene ormai all’èra delle riserve, ossia dell’impotenza militare indiana: la sua dottrina è, quindi, incentrata sulla condotta morale e, quel che è più interessante, sulle prospettive messianco-escatologiche. (5) Accanto alla prescrizione di non rubare, non mentire, non uccidere e ripudiare le pratiche della stregoneria e dell’alcoolismo, Kanakuk predicava l’avvento di un regno futuro sotto forma di una prateria ubertosa, ove gli Indiani avrebbero vissuto liberi e felici. (6)
È evidente, nelle linee generali di questo messaggio religioso, l’influsso del cristianesimo ("Allora io vidi un cielo nuovo e una nuova terra", Apocalisse, 21, 1), e lo è più ancora nei particolari del culto: la confessione comunitaria il venerdì; la predicazione domenicale; la predizione di Kanakuk morente che saebbe resuscitato il terzo giorno. (7) Sappiamo che i molteplici elementi della religione cristiana erano stati assorbiti dal profeta attraverso la predicazione di un pastore protestante della chiesa metodista, anche se Kanakuk – nella linea della tradizione indiana – aveva iniziato a predicare in seguito a una visione. (8)
Con lui vediamo affermarsi alcune caratteristiche tipiche del messianismo indiano posteriore, ma estranee alla primitiva cultura degli Indiani d’America. La prima e la più importante è la rinuncia alla lotta contro i bianchi, la cui superiorità numerica e tecnologica è apparsa ormai come un fatto incontrovertibile e schiacciante. Parallelamente, Kanakuk desiste dal condurre una politica ostile alle forme culturali dei bianchi, anzi le accoglie in larga misura all’interno del suo credo. Ciò che egli chiede ai bianchi, come capo della sua tribù oltre che come guida spirituale, è di poter vivere in pace in mezzo ad essi.
La seconda caratteristica importante è l’irruzione del cristianesimo nella sostanza e perfino nelle forme rituali del suo messaggio. Questo aspetto, come si è detto, diverrà fortissimo nella religione della Danza degli Spettri fondata da Wovoka, al punto da indurre qualche autore a considerarla più o meno come un adattamento indiano del cristianesimo.
La terza caratteristica dell’insegnamento di Kanakuk è, a ben guardare, l’effetto "incrociato" delle due precedenti: lo spostarsi dell’ansia di liberazione dall’orizzonte storico presente a quello religioso dell’escatologia. La sottomissione allo strapotere dell’uomo bianco era, dunque, più apparente che reale, o meglio, era divenuta un fatto di necessità pratica, ma non intaccava i sentimenti più profondi dell’Indiano. Egli chinava il capo per raccogliersi in sé stesso e nella propria spiritualità, in attesa di un ristabilimento ultraterreno dell’armonia turbata, della pace e dell’abbondanza. Le prospettive escatologiche della religione cristiana si accordavano benissimo con un tale stato d’animo. Vedremo come l’idea di un mondo nuovo, espressamente riservato alla felicità degli Indiani – con l’esclusione degli uomini bianchi – si sarebbe affermato col profeta Smohalla. Le esigenze di riscatto nazionale, cacciate dalla porta, tornavano ad affacciarsi dalla finestra. Ciò dimostra che lo spirito della "indianità" era ancora vitale nel XIX secolo; se non lo fosse stato, la religione di Wovoka non avrebbe potuto fare alcuna presa sul suo popolo.
A partire dal 1870 i movimenti religiosi indiani a carattere messianico e salvifico si moltiplicarono a ritmo incalzante. Alcuni di essi facevano perno attorno a danze rituali, talvolta riesumate dalla tradizione, talvolta completamente nuove, e da esse presero il nome: Danza del Sole, Danza del Profeta, Danza del Sogno, Danza degli Spettri (versione 1870).
Dal punto di vista del contenuto sociale e, in genere, dell’atteggiamento culurale nei confronti dell’antitesi Indiani-bianchi, questi movimenti sono stati raggruppati dagli studiosi in due categorie principali: di "risveglio" e di "adattamento"; o, secondo un’altra terminologia, di "trasformazione" e di "redenzione". Quelli del primo gruppo tendevano a cambiare le condizioni oggettive della situazione storica, talvolta predicando la guerra aperta contro i bianchi (Danza del Sole dei Kiowa), talaltra semplicemente profetando la totale distruzione di questi ultimi ad opera di agenti ultaterreni (Danza degli Spettri); sempre, comunque, nella prospettiva di un mondo futuro riservato unicamente agli Indiani. Erano quindi movimenti religiosi a carattere nazionalistico, e tendenzialmente xenofobo; potremmo anche definirli "irredentistici", nel senso che erano concentrati sul problema politico della liberazione dei popoli indiani.
Quelli del secondo gruppo, invece, si proponevano una conciliazione fra la cultura indiana e quella dei bianchi, coi quali appariva ormai giocoforza adattarsi a convivere, e accentuavano quindi l’aspetto religioso intimistico e redentivo. Il loro scopo, però, non era mai quello di una capitolazione davanti alla dilagante civiltà bianca, bensì la riconquista di una autonomia indiana che salvasse i caratteri peculiari delle culture indiane all’interno del nuovo e, ormai, irreversibile ordine di cose, caratterizzato in primo luogo dalla vita nelle riserve. Questa ambivalenza dei movimenti di "aggiustamento" nei confronti della cultura e della religione dei bianchi era particolarmente evidenziata dal loro atteggiamento nei confronti del cristianesimo, del quale assorbivano – spesso inconsapevolmente – svariati elementi, mentre altri li rifiutavano in forma sistematica.
Nella "nuova religione" degli Irochesi di Handsome Lake, per esempio, veniva accolto il messaggio dell’Antico Testamento, ma ignorato quello del Nuovo; la figura di Gesù vi era del tutto assente. (11) Viceversa, lo Shakerismo fondato da John Slocum fu ispirato al profeta indiano, secondo le sue affermazioni, direttamente da Gesù (12); e , nel Peyotismo, il Peyote stesso è inteso come strumento propedeutico alla beatitudine in Cristo, e in parte identificato con lui. (13)
Non ci è possibile addentrarci in tutti questi movimenti religiosi a sfondo messianco. Ci limiteremo perciò a tracciarne brevissimamente i tratti salienti, riservando una particolare attenzione alla Danza degli Spettri nella vesione del 1870, poiché da essa si originò direttamente la religione fondata da Wovoka diciotto anni più tardi. (14)
Quello che ebbe la genesi più lenta e faticosa fu anche quello che raggiunse, più tardi, la più grande diffusione, tanto da costituire ancor oggi la religione indiana numericamente e geograficamente più importante: il Peyotismo. Si tratta di un culto di origine molto antica (15), basato sull’assunzione di un piccolo cactus dalle proprietà stupefacenti: Lophophora Williamsi. Esso era diffuso fra le tribù attorno al Golfo del Messico e nella zona del Rio Grande, ma fu solo dopo il 1870 che cominciò a penetrare verso l’interno degli Stati Uniti. In quell’epoca si arricchì di elementi cristiani e si affermò fra i Kiowa e i Wichita, di dove – dopo il crollo della Danza degli Spettri verificatosi nel 1890 – si diffuse per tutte le Montagne Rocciose, fino al Canada e alla costa del Pacifico. (16) All’epoca precedente la predicazione di Wovoka, esso era ancora uno dei tanti culti religiosi a carattere locale e non sarebbe stato facile prevederne i futuri trionfi.
Un movimento religioso di breve durata fu quello fondato dal profeta Isatai fra i Comanche, nel 1873. Esso si basava sul recupero di un’antica danza rituale caratteristia delle Pianure, la "Danza del Sole" ("Sun Dance"), già caduta in disuso e soppiantata dai movimenti più recenti. Isatai proclamava la necessità di una guerra armata ad oltranza contro i bianchi, facendo suoi il programma del profeta Delaware e quello di Tenkswatawa, in un momento storico – però – in cui ciò era, e appariva, ormai del tutto utopistico.
Poiché gli stessi Comanche dovevano avvertire l’irrealizzabilità di una soluzione di forza del problema bianco, il profeta li rassicurò, affermando di possedere il potere di fermare i proiettili del nemico, e insistè per una spedizione di guerra immediata. (17) L’urgenza era dettata, secondo lui, dalla rapida estinzione del bisonte, base della cultura materiale e spirituale del suo popolo, da parte dei cacciatori bianchi. Questo era un dato di fatto incontestabile. Il declino delle tribù indiane delle praterie meridionali andava di pari passo con la caccia spietata che i bianchi facevano al bisonte. Per farsi un’idea della portata del fenomeno, basterà dire che nel solo perido 1872-74 furono uccisi 3 milioni e 700.000 bisonti, dei quali solo 150.000 ad opera degli Indiani. (18) Questi ultimi uccidevano il bisonte in quantità limitata, per vivere; i cacciatori bianchi ne facevano una strage così indiscriminata che ne sopravvivono oggi solo 20 o 30 mila esemplari in Canada e nei parchi nazionali degli Stati Uniti. (19) Dietro i cacciatori di bisonti c’erano le autorità politiche e militari di Washington, le quali avevano fatto conto precisamente sulla distruzione del bisonte per piegare ogni velleità di resistenza degli Indiani. Si trattò quindi, da parte dei bianchi, di una guerra ecologica totale, accuratamente pianificata. (20)
Significativamente, il primo obiettivo militare dei Comanche guidati da Isatai e dal capo Quanah Parker fu la base dei cacciatori di bisonti di Adobe Walls, nel Texas. L’attacco fu sferrato il 27 giugno del 1874 da circa settecento guerrieri, compresi alcuni gruppi di Kiowa, Arapaho e Cheyenne (21), e si risolse in un completo insuccesso. Nonostante le assicurazioni di invulnerabilità del profeta, il coraggio degli Indiani non potè nulla contro le carabine di precisione dei cacciatori, capaci di colpire il bersaglio ad una distanza di 2.000 metri.
Il disastro segnò la fine immediata del potere di Isatai e la scomparsa del suo effimero movimento. Era stata l’ultima volta in cui un capo religioso indiano aveva lusingato il suo popolo con la speranza di poter sconfiggere i bianchi con le armi in pugno.
Fra i Menomini del Wisconsin settentrionale nacque, nel 1879, la religione della Danza del Sogno ("Dream Dance"), nella quale è caratteristica l’assenza di un fondatore storico documentato, come per gli altri movimenti messianici dello stesso periodo. Secondo la tradizione, di probabile origine mitica, essa fu fondata nel 1878 da una donna Sioux, unica superstite dopo un massacro perpetrato dai bianchi. Fuggita fra le canne di un lago e in procinto di annegare, ella avrebbe avuto la rivelazione direttamente dal Grande Spirito, che la salvò e la mandò a predicare in primo luogo fra i Chippewa, cosa che ella fece. (22) Ciò che è caratteristico della danza del Sogno o "Powow": i Sioux e i Chippewa erano nemici tradizionali. (23) La nuova religione predicava la fratellanza fra tutte le tribù indiane e la convivenza pacifica con i bianchi, pur assumendo una posizione di relativa indifferenza nei confronti del cristianesimo.
Il cerimoniale era basato, anche in questo caso, sul recupero di una danza rituale assai più antica: la Danza della Medicina ("Medicine Dance"), un tempo diffusa anche fra i Winnebago e altre tribù settentrionali. (24) Il suo scopo era quello di stabilire un contatto immediato con la divinità, il Grande Spirito, e di favorire l’estasi mistica dei fedeli col suono del tamburo sacro e col fumo della sacra pipa o "calumet". La danza aveva luogo in ricorrenze stagionali , secondo l’antica tradizione, ma anche settimanalmente, per influsso cristiano. La religione della Danza del Sogno rimase un fenomeno locale: non andò oltre il Wisconsin e il Minnesota, ove fu accolta, oltre che dai Menomini, dai Chippewa e da alcuni gruppi di Sioux. La strada del sud e dell’ovest le venne preclusa dalla contemporanea diffusione della Danza degli Spettri (quella del 1870 in un primo tempo, indi da quella del 1889) e, più tardi, anche dal Peyotismo.
Era ancora vitale dopo la seconda guerra mondiale, ma oggi è quasi estinta. La ragione della sua mancanza di competitività nei confronti degli altri culti indiani è da mettersi in relazione, secondo alcuni studiosi, con la sua indifferenza verso il cristianesimo. (25) La religione dell’uomo bianco era il banco di prova per i nuovi culti messianici indigeni: sia che si volesse accoglierne alcuni spunti, sia che si intendesse differenziarsene polemicamente, con essa bisognava comunque fare i conti. Ma un’altra ragione è, secondo noi, l’assenza di una forte personalità di capo carismatico, che riuscisse a trasformarla in un messaggio universale per tutte le tribù del Nord America, o almeno una parte consistente di esse. Tali furono Wodzibow per la danza degli Spettri del 1870, Wovoka per quella del 1889, e John Wilson per il Peyotismo. (26)
Una buona parte dei successivi movimenti religiosi indiani a carattere messianico e salvifico possono essere messi in relazione con la Danza del Profeta ("Prophet Dance"). Questa fiorì negli anni 1834-35 nella regione del Puget Sound, che è la continuazione dello Stretto Juan de Fuca (Stato di Washington); ma si diffuse ampiamente su un vasto territorio fra le tribù del Nord-Ovest. Il suo fondatore fu un profeta indiano di nome Tolmic. (27) Egli si trovò ad agire in un terreno estremamente fertile. Le tribù del territorio dell’Oregon vivevano in uno stato di perenne insicurezza nei confronti della divinità.
Gli Okanogon (secondo un’altra grafia, Okanagan) , ad esempio, aspettavano la fine del mondo e la sua rinascita attraverso l’opera del trickster (28), tuffatosi in mare tanto tempo prima. Gli sconvolgimenti naturali erano da essi interpretati come preannunci della fine del mondo, e una volta – sembra nel 1870 – cessarono la raccolta del cibo per danzare e placare la divinità che aveva fatto piovere cenere vulcanica, venendo poi decimati dalla fame durante l’inverno. (29) La Danza del Profeta fu la precorritrice di un altro culto messianico del Puget Sound, lo Shakerismo (30), anzi, secondo il La Barre (uno dei più autorevoli studiosi di tali culti), essa diede origine a ben cinque movimenti successivi: di Smohalla, del culto del messia degli Athabaska (31), della Shakerismo e delle due, successive Danze degli Spettri.
Smohalla ("il Predicatore") era nato fra il 1815 e il 1820 a Priest Rapids (alla confluenza dello Snake e del Columbia, nel mezzogiorno dello Stato di Washington). Famoso nella zona come sciamano e guaritore, nel 1860 sostenne uno spietato duello con uno stregone rivale, certo Moses, dal quale fu sconfitto e tramortito. La corrente del fiume Columbia lo trascinò a valle, e Smohalla fu dato per morto. Salvato, invece, da un uomo bianco, egli non fece ritorno tra i suoi, ma viaggiò lungamente per il Sud-Ovest degli Stati Uniti e si spinse fino al Messico. Quando, infine, decise di tornare alla sua tribù, gli Shahptin, venne accolto come un resuscitato, e la sua religione fu adottata con entusiasmo. Egli sostenne di aver avuto la rivelazione, dall’Essere Supremo, della prossima cacciata dei bianchi, della resurrezione dei morti e della riappropriazione delle terre da parte degli Indiani. La cacciata dei bianchi, però, non doveva essere perseguita con metodi violenti: essa sarebbe avvenuta direttamente per opera della divinità. Ciò non impedì che alcune tribù del Nord-ovest cominciassero ad agitarsi, e, forse, non fu senza effetto sullo scoppio della guerra dei Nez Percés, nel 1877. (32)
Smohalla, dal canto suo, si limitava a insistere per il recupero integrale dei valori culturali originari, basati sulla raccolta e sulla caccia, e a propugnare il ripudio dell’agricoltura, che gli agenti del governo tentavano di introdurre nell’economia delle riserve. Il motivo di un tale rifiuto risiedeva unicamente su una base religiosa: l’agrocoltura era considerata sacrilega perché produceva ferite alla Madre Terra. (33) Quanto al cristianesimo, benchè Smohalla – da giovane – avesse frequentato una missione cattolica stabilitasi fra gli Yakima (34), il suo movimento sostanzialmente lo ignorava, come, qualche tempo dopo, quello dei Menomini, già da noi veduto.
Esso faceva perno su alcuni elementi tradizionali delle religioni indiane, specialmente sulle danze rituali stagionali: quella primaverile o "del Salmone", quella autunnale o "delle Bacche", ed altre. Smohalla, personalmente, era stato un soggetto visionario fin da prima della sua "morte" e "resurrezione", per cui era detto profeta visionario o sognatore ("dreamer"). Di conseguenza, i suoi seguaci furono conosciuti come dreamers, e il culto da lui fondato fu chiamato religione del Sogno. Tuttavia non deve essere confuso con la "Dream Dance" dei Menomini e dei Chippewa, con la quale può avere qualche rapporto di affinità, ma non di parentela. Dal punto di vista cosmogonico, l’aspetto più notevole della religione fondata da Smohalla consiste nella rivendicazione di una priorità nella creazione degli Indiani rispetto agli uomini bianchi. La logica conseguenza di una tale concezione era l’attesa di una espulsione degli intrusi che avevano perturbato la creazione, di per sé buona, dell’Essere Supremo.
Il lato realmente utopistico di questo atteggiamento consisteva nel rifiuto di tutto ciò che i bianchi avevano portato nella vita degli Indiani, compreso il cristianesimo, col quale ormai si confrontavano, in un modo o nell’altro, tutti i movimenti religiosi indigeni dotati di lungimiranza. Il presente non poteva essere semplicemente annullato, per quanto difficile e sgradito esso fosse; il passato non poteva essere fatto semplicemente ritornare, come nulla fosse successo. Questa era la debolezza fondamentale della concezione di Smohalla, così come lo fu nel caso della Danza del Sogno dei Menomini.
Dalla religione del Sogno e, in una certa misura, da quella della Danza del Profeta, ebbe origine un nuovo movimento, fiorito fra il 1870 e il 1880, e sopravvissuto fino al 1930, presso il confine tra lo Stato di Washington e la Columbia Britannica. Suo fondatore fu Kolaskin, una personalità contraddittoria, dispotica, ambigua, ma dalle indubbie doti sciamaniche. Dopo aver vissuto un’esperienza di "morte" e "risurrezione" simile a quella di Smohalla, egli predicò agli Spokane, ai Sanpoil e agli Okanogon il ripudio del’alcool, del furto, delle irregolarità sessuali e la necessità di una continua preghiera. (36) Il suo culto non si serviva né di danze, né di altri espedienti con finalità estatiche, ma di tranquille adunanze per la preghiera in un apposito edificio. In un secondo tempo, il messaggio di Kolaskin accentuò il tema apocalittico della fine del mondo, già tanto familiare a quelle popolazioni, al punto che Kolaskin – dopo una nuova rivelazione del creatore -fece iniziare i lavori per la costruzione di un’arca, in vista del diluvio che nuovamente si sarebbe abbattuto sull’umanità.
L’ultima importante religione messianica indiana del Nord-ovest, in ordine di tempo, fu quella cosiddetta dello Shakerismo ("Shakers", ossia "tremolanti", sono detti i suoi seguaci a causa dell’eccitazione rituale). Si tratta di una tipica religione da acculturazione, di una "risposta" degli Indiani del Nord-ovest – per usare la terminologia di Toynbee – alla "sfida" della trionfante civiltà bianca.
Nel 1846 Stati Uniti e Gran Bretagna si erano spartiti il Territorio dell’Oregon, ove si trovavano allora pochi cacciatori bianchi, senza che una sola delle numerose tribù indiane venisse minimamente consultata in proposito. (37) La vita di queste ultime fu sconvolta dall’arrivo di frotte di coloni e dal confinamento nelle riserve. I movimenti religiosi di Tolmic, di Smohalla e di Kolaskin ebbero tutti origine da questa situazione di tensione e di minaccia di disgregazione della vita tribale.
Lo Shakerismo fu fondato nel 1881 fra gli Squaxin del Puget Sound da un profeta di nome Squsacht-un, meglio conosciuto come John Slocum, nato nel 1838 circa. (38) Anche lui predicò la nuova religione dopo essersi ripreso da una grave malattia, e sostenenedo di essere resuscitato da morte. Durante lo stato di trance gli erano apparsi Gesù e gli angeli, rivelandogli la via della rigenerazione fisica e spirituale. Essa imponeva l’abbandono della medicina sciamanistica, alla quale sostituiva, nella cura delle malattie fisiche, l’influsso diretto dei riti basati sull’eccitazione psico-motoria e sull’esorcismo del sacerdote. (39)
Nello Shakerismo entrano molti elementi d’ispirazione cattolica, ragion per cui esso fu inizialmente perseguitato dalle autorità governative su pressione degli ambienti protestanti: la centralità della figura di Cristo e, in particolare, del Cristo sofferente (40); il segno di croce; e parecchi altri. Slocum, anzi, fin all’inizio – al contrario di Smohalla – aveva sottolineato la "cristianità" del suo messaggio e, dopo un inizio difficile, riuscì a rafforzare la sua posizione nei confronti delle autorità bianche. Dopo il 1892 la Chiesa Shakerista, tollerata dal governo, prese a rafforzarsi rapidamente, tanto che ancor oggi è ben viva tra gli Indiani del Nord America.
Questa rapida panoramica sui movimenti messianici di liberazione non deve trarre in inganno il lettore. La molteplicità e la varietà di questi culti è da porre in relazione con il frazionamento politico ed economico tribale da un lato, tipico della società indigena nord-americana; e, dall’altro, con l’urgenza del problema della sopravvivenza – materiale e culturale – davanti all’ondata dei coloni bianchi. Gli Indiani, nella maggioranza dei casi, si rendevano conto che il tracollo della loro indipendenza materiale e spirituale non poteva essere spiegato puramente e semplicemente con la superiorità numerica e tecnologica degli invasori. Vi erano delle deficienze, nella società indiana tradizionale, che si erano tradotte in gravissimi fattori di debolezza al momento del supremo cimento. Queste deficienze, agli occhi dei riformatori più avveduti, dovevano essere emendate alla luce delle recenti, tragiche esperienze. La lotta alla stregoneria, alla medicina magica degli sciamani, gli appelli alla solidarietà inter-tribale vanno letti in questa prospettiva di auto-correzione. La stessa civiltà dei bianchi non doveva essere ripudiata in blocco, poiché in essa v’era anche del buono. Se andavano respinti l’alccol, le malattie veneree, il vaiolo, la tubercolosi, talvolta l’agricoltura (come abbiamo visto, e per le ragioni anzidette), vi erano però degli aspetti, a cominciare dal cristianesimo stesso, che meritavano di essere presi in considerazione.
Non bisogna però esagerare l’influenza di questi movimenti religiosi sulla resistenza armata contro i bianchi. Talvolta essi si affermarono dopo la sconfitta militare e in sostituzione della lotta aperta; più raramente – almeno nell’ultima fase – tentarono di promuoverla. La resistenza armata e quella religiosa si trovano spesso affiancate per il fatto che la vita religiosa degli Indiani (come quella degli antichi popoli dell’area mediterranea) non era affatto distinta da quella politica e sociale. D’altra parte, l’invasione europea sconvolse tutto l’ordine tradizionale delle società indiane, in primo luogo distruggendone le basi economiche; e provocò delle discussioni anche nel campo religioso.
Dietro la resistenza armata, dunque, non vi fu sempre un esplicito sostegno di tipo religioso. In certi casi gli Indiani cercarono l’alleanza dei gruppi sociali emarginati nello stesso campo degli invasori. Così, i Seminole avevano accolto – all’inizio dell’800 – gli schiavi negri fuggiti dalle piantagioni della Georgia (41), per fare fronte comune contro l’avanzata dei bianchi. Così, nel 1885 gli Indiani Cree del Saskatchewan si allearono ai meticci di lingua francese e di religione cattolica, guidati da Louis Riel, i quali si opponevano al diluvio degli immigrati anglo-canadesi di religione protestante. (42)
Ma era una lotta disperata, perché condotta contro un nemico che disponeva "di tutti i tesori e di tutte le armi della terra" (43), e perché condannata dalla stessa geografia: la "corsa al Pacifico" era sentita dagli Statunitensi dell’Est come una vocazione irrinunciabile. Ed era naturale che, assottigliandosi le speranze di fronteggiare vittoriosamente l’invasione, gli Indiani dell’Ovest cercassero una via di salvezza nell’appello alla divinità, attingendo in parte al loro ricco patrimonio religioso, in parte modificandolo dopo l’esperienza del contatto con la religione degli stessi invasori.
NOTE.
1) V. LANTERNARI, Movimenti religiosi di libertà e di salvezza dei popoli oppressi, Milano, 1977, p. 133; A. M. DI NOLA, Profeti e profetismo, in Enciclopedia delle religioni, Firenze, 1972 (6 voll.), vol. 4, col. 1889. Il profeta Delaware ispirò la fallita insurrezione indiana di Pontiuac del 1763.
2) V. LANTERNARI, Op. cit., pp. 118-19.
3) Il governatore del territorio dell’Indiana, W. H. HARRISON, intuì la pericolosità del movimento e condusse una spedizione militare contro il villaggio sul Tippecanoe, distruggendolo (7 novembre 1811). Tecumseh e Tenkswatawa fuggirono in Canada.
4) Ciò avvenne nella battaglia sul fiume Thames (5 ottobre 1813). L’ultimo e nobilissimo dicorso del capo Shawnee al generale inglese Proctor è riportato in C. HAMILTON, Op. cit., pp. 208-211.
5) A. M. DI NOLA, Op. cit., vol. 4, col. 1889.
6) Concezioni analoghe esistevano già, ad esempio, presso gli Ojibway (o Chippewa). Cfr. la testimonianza di W. WARREN in C. HAMILTON, Op. cit., p. 132.
7) Questa predizione non si avverò e il vaiolo, che aveva provocato la morte di Kanakuk, per poco non distrusse l’intera tribù durante la veglia funebre collettiva.
8) W. LA BARRE, Movimenti religiosi di acculturazione nell’America del Nord, in H. C. PUECH, Storia delle religioni, tr. it. Bari, 1978, vol. 19, tomo 1, p. 22.
9) V. LANTERNARI, Op. cit., p. 116.
10) W. E. WASHBURN, Op. cit., pp. 242-243.
11) V. LANTERNARI, Op. cit., p. 122.
12) Ibidem, p. 126.
13) A. M. DI NOLA, in Enciclopedia delle religioni, vol. 4, col. 1894.
14) Quest’ultima è chiamata da alcuni studiosi (La Barre, Lanternari) "Danza degli Spiriti del 1890", per distinguerla da quella precedente.
15) A. M. DI NOLA, Op. cit., vol. 4, col. 1894.
16) W. LA BARRE in H. C. PUECH, Op. cit., p. 39.
17) V. LANTERNARI, Op. cit., pp. 131-32.
18) D. BROWN, Op. cit., p. 281.
19) H. W. SMOLIK, Enciclopedia illustrata degli animal, tr. it. Milano, 1982, p. 135. Questo Autore calcola che dopo il 1884 erano rimasti in vita solo circa 4.000 esemplari.
20) M. S. GARRETSON, The American Bison, New York Zoological Society, 1938; W. T. HORNADAY, The Extermination of the American Bison, Washington, 1889.
21) D. BROWN, Op. cit., pp. 282-83.
22) Sulla Danza del Sogno vedi lo studio ormai classico di S. A. BARRET, The dream dance of the Chippewa and Menomines Indians of North Wisconsin, in Bulletin of the Public Museum of the City of Milwaukee, 1911.
23) I Siox, dominatori dei vasti spazi aperti del Dakota, erano i più tipici rappresentanti della cultura delle praterie, i cui cardini erano la caccia al bisonte, i clan di tipo patriarcale, le ampie federazioni militari (Hunkpapa, Brulé, Oglala, Miniconjou). I Chippewa, gente delle foreste, erano cacciatori, pescatori, raccoglitori e agricoltori nomadi.
24) V. LANTERNARI, Op. cit., p. 113.
25) Ibidem, pp. 114-15 e 116-17.
26) Quest’ultimo è sato talvolta confuso (A. M. DI NOLA, Op. cit., vol. 4, col. 1894) con Wovoka, il cui nome europeo era Jack o John Wilson. Invece il John Wilson apostolo del Peyotismo era un sanguemisto di Anadarko, che fu pure – a suo tempo – fra i massimi collaboraori di Wovoka.
27) Sulla Danza del profeta vedi L. SPIER, The Prophet Dance of the Northwest and its derivatives, in General Series of Anthropology, Menasha, 1935.
28) Questo vocabolo inglese ("imbroglione") designa in antropologia un personaggio mitico astuto, ingannatore, talvolta imitatore, talaltra oppositore del dio creatore, al quale si attribuiscono tutti i disordini della creazione. Cfr. A. BRELICH, Introduzione alla sroria elle religioni, Roma, 1966, pp. 14-15. Vedi anche M. MARCHIORI, Stick dance. Festa dei morti deglli Indiani Koyukon d’Alaska, Genova, 1980.
29) W. LA BARRE, in H.C. PUECH, Op. cit., p. 24.
30) V. LANTERNARI, Op. cit., p. 127.
31) Di quest’ultimo non ci occuperemo, sia perché ancor oggi mal conosciuto, sia perché – data la lontananza geografica del fiume MacKenzie, ben difficilmente esso potè influenzare i movimenti religiosi degli Indiani degli Stati Uniti.
32) Vedi F. LAMENDOLA, La fine delle guerre indiane. Un popolo in ginocchio, p. 6 e nota 6.
33) V. LANTERNARI, Op. cit., pp. 145.
34) W. LA BARRE, in H. C. PUECH, Op. cit., p. 27; V. LANTERNARI, Op. cit., p. 144.
35) V. LANTERNARI, Op. cit., pp. 147-48.
36) Sull’argomento vedi lo studio di V. RAY, The Kolaskin Cult, in American Anthropologist, Menasha, 1936.
37) G. M. TREVELYAN, Storia dell’Inghilterra nel secolo XIX, tr. it. Torino, 1942, pp. 242-44 e 383-85.
38) H. G. BARNETT, Indian Shakers. A messianic cult of the Pacific Northwest, Carbondale, 1957.
39) V. LANTERNARI, Op. cit., p. 128.
40) Ibidem, p. 126.
41) Questa fu una delle cause principali della prima guerra contro i Seminole (1817-18), dopo che il generale E. P. Gaines aveva distrutto il forte sul fiume Apalachicola (1816), tenuto dai negri e da indiani Seminole. Vedi F. LAMENDOLA, Osceola (1800?-38) e la lotta dei Seminole per la libertà; M. MONTI, Le paludi del disonore, in Storia Illustrata, n. 369 (agosto 1988), pp. 78-89; E. C. MCREYNOLDS, Seminole, tr.it. Milano, 1994.
42) Sulla ribellione di Riel vedi C. WASSERMAN, Il Canada, tr. it. Milano, 1961, pp. 76-81, e F. LAMENDOLA, Louis Riel(1844-85) e la lotta per la libertà dei meticci del Canada.
43) W. MARKOV, Sommario di storia coloniale, tr. it. Roma, 1972, p. 442. Ma, nella sua tipica schematizzazione ideologica, l’Autore dimentica che aggessioni coloniali come quelle contro gli Indiani del Nord America non furono opera di una classe capitalistica, ma della società bianca nel suo complesso.
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