
Il limite antartico della vegetazione arborea
19 Aprile 2006
Arbogaste, Eugenio e la fine del paganesimo (392-94)
23 Aprile 2006(Articolo pubblicato sul numero del 12 giugno 1988 del settimanale "Umanità Nova", giornale fondato da Errico Malatesta).
A dispetto del fatto che l’Enciclopedia Italiana, alla voce "Anarchismo", reciti (anche nell’edizione del 1949), che tale ideologia politica aveva attirato "i cervelli più infiammabili e i cuori meno generosi", la storia del movimento libertario nel XIX secolo vanta, accanto alla schiera dei lavoratori sfruttati, alcuni dei più bei nomi della scienza e dell’arte. Uomini dalla cultura così profonda e dalla sensibilità tanto acuta da avere compreso, prima e meglio di tanti loro colleghi accademici parrucconi, quanto urgente fosse una svolta sociale in senso libertario, quanto precario un ordine politico che continuava a basarsi, in piena era scientifica e industriale, su una visione burocratica e centralistica della vita sociale. Non è un caso che diversi di loro venissero dallo studio della geografia, la più "umanistica" delle scienze, anzi, il vero anello di congiunzione tra cultura scientifica e artistico-letteraria. La geogragfia che, nella prima metà del XIX secolo, sulla scorta dell’insegnamento di von Humboldt e Karl Ritter, si avviava a una visione complessiva, "organica", del rapporto uomo-natura, a una concezione dinamica dell’interazione fra società e ambiente, fra Storia e Natura.
Elisée Réclus nasce a Sainte-Foy-la-Grande, nella Gironda, nel 1830, secondogenito di una nidiata di dodici fratelli. Il padre è un pastore protestante, il fratello maggiore, Michel-Elie (nato nel 1827) sarà anch’egli attratto dagli studi geografici, ma prevalentemente a indirizzo etnologico (sciveràLes primitifs, étude d’ethnologue comparée, 1885). Altri due fratelli diverranno celebri: Onésime, nato nel 1837, lui pure geografo di valore e viaggiatore (La Terre a vol d’oiseau, 1877); e Paul, nato nel 1847, che sarà famoso chirurgo e ricercatore nel campo dell’anestesia e nella cura di varie malattie.
Elisée viene mandato a studiare in Germania col fratello Elie. A quei tempi, di solito, accadeva il contrario: i giovani tedeschi, cioè, venivano mandati a studiare in Francia. Ma il padre voleva metterli a studiare in un istituto protestante dei Fratelli Moravi. Dopo un breve ritorno in Francia, Elisée frequenta l’Università di Berlino, dove ha per maestro il famoso Ritter, che gli comunica un amore inestinguibile per la geografia.
Rientrato in Francia, frequenta i primi circoli socialisti-anarchici e vi aderisce pieno d’entusiasmo, superando l’originale, generico repubblicanesimo. Ma passata l’illusione rivoluzionaria del 1848, Luigi Napoleone Bonaparte realizza il colpo di Stato nel 1851, e Reclus è costretto all’esilio. Viaggia molto, in Europa e fuori; è, tra l’ altro, negli Stati Uniti e in Colombia, sinché nel 1857 un’ amnistia non gli riapre le frontiere della Francia. Si dedica allora a un’intensissima attività di scrittore, pubblicando libri di geografia divulgativa (Histoire d’un ruisseau, Storia di un ruscello, nel 1876; La terre, description des phénomènes de la vie du globe, nel 1867-68), studi scientifici relativi ai suoi viaggi in Sud America, articoli per numerose riviste. Il suo stile scorrevole e piano, ricco d’immagini e riflessioni filosofiche, avvince ed entusiasma; esso ricorda ad un tempo la grande tradizione enciclopedistica dell’Illuminismo e l’ardente fantasia e generosità del Romaticismo, cui egli cronologicamente appartiene.
Intanto intensifica la sua militanza anarchica, pur senza mai abbandonare del tutto gli studi geografici e l’insegnamento. S’incontra con Bakunin in Svizzera, e nel settembre 1867 partecipa al Congresso democratico internazionale della pace. Parteggia ovviamente per Bakunin nel dissidio, sorto in seno alla Prima Internazionale, rispetto a Marx e ai suoi seguaci. Un valido aiuto gli viene, anche in campo politico, dai fratelli Elie, Onésime e Paul, anch’essi conquistati dalla bellezza dell’ideale anarchico.
La sua vita di militante è senza macchia, addirittura puritana secondo Kropotkin che lo conobbe e l’ebbe amico e collaboratore- una derivazione sin troppo evidente dell’educazione paterna, improntata a una moralità rigorosa. Unico neo, a nostro avviso, quel suo accorrere volontario nel 1870 sotto le bandiere dell’esercito francese, l’esercito di quel Napoleone III che aveva riportato la Francia in pieno clima reazionario, che aveva moltiplicato le aggressioni coloniali — dal Messico all’Indocina -, e che lo aveva personalmente mandato in esilio. Come potè un internazionalista convinto, un uomo di così ampie vedute, aderire con entusiasmo a una guerra fra Stati, da cui nulla i lavoratori potevano aspettarsi? Certo, nel 1870 la Francia parve paese aggressore, mentre l’abile politica di Bismarck aveva fattoi di tutto per indurre Napoleone III a una dichiarazione di guerra. Ma se anche il vero aggressore era la Prussia, la difesa del suolo patrio non poteva costituire un valido argomento per un anarchico convinto. Il fatto è che Reclus, in questa occasione, si lascia trasportare dalle stesse motivazioni emotive che saranno di Kropotkin nel 1914: pensare che tra i vari imperialismi ve ne sia uno peggiore degli altri – il tedesco – e che occorra preservare l’Europa democratica dal tallone del militarismo e dell’assolutismo prussiano.
Comunque, quando la disfatta di Napoleone strappa il velo della falsa grandeur francese, Reclus è tra i primi ad accorrere sotto le bandiere rosse della Comune di Parigi. Imbraccia un fucile e va a combattere come uno qualsiasi (mentre il fratello Elie è nominato direttore della Biblioteca Nazionale). Durante uno scontro con le truppe del governo di Versailles, vien fatto prigioniero a Chatillon. Thiers, con l’aiuto dei veterani fatti prigionieri dai tedeschi e generosamente "restituiti" da Bismarck, "ristabilisce l’ordine" a Parigi con un memorabile bagno di sangue, e spedisce migliaia e migliaia di comunardi alla deportazione oltremare. Anche Reclus, in un primo tempo, subisce questa condanna, ma le molte voci di protesta levatesi dal mondo della cultura inducono Thiers a commutargliela nell’esilio (1872).
A quarant’anni, Elisée Reclus è di nuovo un esule. Si stabilisce in Svizzera, prima a Lugano e poi a Clarens, sul Lago di Ginevra, dove collabora con numerose testate anarchiche e si dedica contemporaneamente alla sua monumentale Nouvelle Géographie Universelle in 19 volumi (1875-94). Ancor oggi sembra quasi incredibile che un sol uomo abbia potuto compiere un’impresa così ciclopica. Se, com’è naturale, essa appare oggi largamente superata dal punto di vista scientifico, non cessa però di stupire per la bellezza dello stile, la vastità della concezione, l’unità profonda che la pervade, la ricchezza della cartografia e delle magnifiche incisioni che la illustrano. Fu tradotta in Italia, a cura di A. Brunialti, fra il 1883 e il 1904, e mai più ripubblicata. Poche biblioteche possono vantare la fortuna di possederla, e fra queste segnaliamo, per i lettori di Umanità Nova, quella Comunale di Conergliano, in provincia di Treviso.
Ancora più sorprendente della sua possente opera di studioso è il fatto che Reclus, in quegli stessi anni, trova il tempo di dedicarsi efficacemente alla propaganda anarchica, viaggiando fra la Svizzera, Londra e Bruxelles, dove si stabilisce nel 1894 come insegnante, e partecipando nel 1894 alla fondazione della "Alliance Internationale Ouvrière"; è pure in Italia e in altri paesi d’Europa. All’interno del movimento anarchico, egli – insieme a Kropotkin e a Paul Brousse – capeggia la fazione comunista-anarchica, la cui influenza giungerà presto anche in Italia, dove già opera in tal senso Errico Malatesta, e, prima di lui, aveva operato il povero Carlo Cafiero, poi internato in manicomio.
Lavoratore instancabile, terminata la Geografia Universale intraprende un’altra opera notevole, L’Homme et la Terre, che risente la lezione del Ritter circa la stretta e costante connessione fra uomo e ambiente, e che terminerà di scrivere pochissimi giorni prima della morte, avvenuta il 4 luglio 1905. Essa uscirà postuma in due volumi, nel 1905-06. Terminato l’esilio, aveva fatto qualche ricomparsa in Francia, ma ormai aveva designato il Belgio qulae sua patria d’elezione, e là chiude gli occhi, a Thourout presso Ostenda. Vale la pena di ricordare che sua è la bellissima espressione: "L’anarchismo è la forma più alta di ordine", che ci dà al tempo stesso la misura del suo generoso idealismo.
Ma com’era l’ uomo Reclus, com’era lo studioso Reclus nella vita di ogni giorno? Così lo descrive, commosso, l’amico Kropotkin nelle sue celebri Memorie di un rivoluzionario (Londra, 1899; trad. it. Feltrinelli, 1976, pp. 288-89): "Uomo che animava gli altri, ma che non ha mai comandato nessuno, né mai lo farà. È l’anarchico la cui fede è l’essenza della sua conoscenza vasta e profonda della vita umana in tutte le sue manifestazioni, in tutti i paesi e a tutti i gradi di civiltà, i cui libri sono fra i migliori del secolo; il cui stile, di notevole bellezza, colpisce la mente e la coscienza; che quando entra nella redazione di un giornale anarchico dice al direttore – che di frontea lui è forse un ragazzo: "Ditemi che cosa devo fare", e siede, come un collaboratore qualunque, a scrivere poche righe per riempire una lacuna sul numero che si sta stampando. Durante la Comune di Parigi si armò di un fucile e prese il suo posto fra i combattenti. Se invita qualcuno a collaborare alla sua Geografia di fama mondiale, e il collaboratore chiede timidamente: "Che cosa devo fare?", egli risponde: "Ecco i libri, ecco una tavola. Fate quel che volete."
Una disponibilità, una fiducia, una modestia oggi veramente rare, anche nel campo anarchico, dove persiste il vecchio vizio borghese di pensare: "Io sono un intellettuale, che siano gli altri a sporcarsi le mani."
BIBLIOGRAFIA.
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