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La salvezza secondo Karl Rahner

Scrive Karl Rahner nei Nuovi Saggi (traduzione dal tedesco di E. Martinelli, Roma, Edizioni Paoline, 1968, vol. I, p. 760):

Il cristiano ha la convinzione che l’uomo, per conseguire la sua salvezza, deve credere non soltanto un Dio, ma anche in Cristo. È fermamente persuaso che questa fede non è soltanto un precetto positivo da cui per qualsiasi ragione si possa venir dispensati. Crede che l’appartenenza alla vera chiesa non comporta solo una costrizione esteriore, che non si possa imporre a qualcuno semplicemente perché non sa nulla, né di essa né della sua necessità. Questa fede è invece necessaria in se stessa, e quindi incondizionatamente richiesta: non solo come condizione, ma come unica via transitabile. Sì, perché la salvezza dell’uomo non è altro che la pienezza, la maturità e lo stadio finale appunto di QUESTO inizio, il quale perciò non può venir sostituito da null’altro.

In questo senso, fuori della Chiesa effettivamente non c’è salvezza, come diceva l’antica formula teologica.

Tuttavia, può forse il cristiano credere, anche solo per un istante, che una innumerevole schiera di suoi fratelli vada perduta? Può forse ammettere che l’immenso stuolo di creature, non solo vissute prima della venuta di Cristo sin dalla più remota antichità (i cui orizzonti vengono sempre più spostati indietro dalla paleontologia), ma anche viventi nel presente e destinate a venir al mondo nel futuro, sia per principio ineluttabilmente escluso dalla pienezza della vita e spietatamente condannato ad una eterna assurdità?

No certo. Egli deve rifiutare un’idea del genere. E la sua stessa fede gli dà ragione. Nella Scrittura si dice infatti esplicitamente: Dio vuole che tutti gli uomini si salvino (1 Tim. 2,4); l’Alleanza di pace stipulata da Dio con Noè dopo il diluvio non è mai stata revocata, anzi il Figlio stesso di Dio l’ha voluta suggellare con l’incontestabile autorità del suo amore offertosi in sacrificio, che tutti abbraccia.

Orbene, dovendo noi tener presenti assieme entrambi i principi: la necessità della fede cristiana e l’universale volontà salvifica dell’amore e dell’onnipotenza divina, ci riesce di farlo unicamente in un modo. Il modo è il seguente: tutti gli uomini devono sotto un certo aspetto poter appartenere alla chiesa; e questa loro facoltà non può venir intesa nel senso d’una possibilità soltanto logica ed astratta, bensì reale e storicamente concreta.

A sua volta, ciò vuol dire che debbono esistere vari gradi di appartenenza alla chiesa. Debbono esistere in senso ASCENDENTE, a partendo dall’esser battezzati, passando alla piena professione della fede cristiana e al riconoscimento del governo visibile della chiesa, per giungere poi sino alla comunione di vita nell’Eucarestia, andando infine a sboccare nella santità realizzata.

Non solo. Ma debbono esistere anche in senso DISCENDENTE, partendo ancora dal fatto esplicito di aver ricevuto il battesimo, per arrivare sino ad un Cristianesimo non-ufficiale, per l’appunto anonimo, il quale però nonostante tutto può o dovrebbe persino venir lecitamente designato col nome di Cristianesimo, quand’anche esso non possa o non voglia chiamarsi così.

È un fatto che l’uomo cui si rivolge l’afflato missionario della chiesa è ancora in precedenza, o almeno potrebbe essere, un uomo che già si muove verso la salvezza, e in certi casi l’ha magari già conseguita anche senza venir raggiunto dall’evangelizzazione della chiesa. Ma al contempo, è altrettanto assodato che la salvezza da lui conseguita è la salvezza procurataci da Cristo, perché altra salvezza non esiste. Ora, se tutto ciò è vero, deve poter esistere non solo un "teista" anonimo, ma anche un CRISTIANO anonimo. E deve esistere (dato che la chiesa di Cristo non è una realtà meramente interiore) non solo come fatto unicamente interiore, inafferrabile all’esterno, bensì come fatto che presenta un CERTO INDICE di visibilità e percettibilità di rapporti.

Dunque il Rahner, bontà sua, concede che, per conseguire la salvezza, non basta la fede generica in un dio qualsiasi, e magari nella Pachamama, bensì è necessaria la fede specifica in Gesù Cristo, il quale dice di Sé: Io sono la via, la verità e la vita. Di fatto però quest’affermazione impegnativa e risolutiva viene oltremodo annacquata, e per così dire depotenziata, dalla definizione quanto mai personale che egli dà del concetto di salvezza: la salvezza dell’uomo non è altro che la pienezza, la maturità e lo stadio finale appunto di QUESTO inizio, vale a dire in Gesù Cristo, anche indipendentemente — lo dice in maniera esplicita – dalla Chiesa da Lui fondata, e dalla quale il singolo "credente" potrebbe anche non sapere alcunché, né della sua esistenza, né della sua necessità. Una strana situazione da immaginare: che qualcuno, pur non avendo mai saputo nulla della Chiesa, possa conoscere Gesù Cristo e capite che la salvezza passa solo attraverso di Lui. Ma ammettiamo per un momento che ciò sia possibile, per quanto sommamente improbabile: per quale intuizione potrà capire una tale cosa? Notiamo, di sfuggita, che già qui c’è l’idea protestante del sacerdozio universale dei fedeli: a Chiesa non è più il tramite necessario fra ‘uomo e Dio, ma è soltanto un fattore di agevolazione, una marcia in più del motore. Ad ogni modo, la salvezza non consiste più, come ha sempre insegnato la Chiesa, nella vita beata presso Dio, dopo la morte; no; la salvezza è una cosa tutta immanente, e consiste nella "pienezza", nella maturità" e nello "stadio finale" (quest’ultima espressione è particolarmente criptica) della fede stessa. O si tratta di un circuito vizioso, o d’un gioco di parole: altro significato non riusciamo a scorgervi, pur con tutta la buona volontà.

Pertanto, a fronte di una tale "salvezza", ribadire che non ce un’altra, fuori della Chiesa (della quale ultima ha appena dichiarato la non essenzialità) appare una specie di scherzo, un gioco di prestigio destinato a gettare fumo negli occhi dei cattolici in buona fede, ma ingenui; tanto più che, subito dopo, Rahner s’ingegna a suscitare nei suoi lettori un fremito d”orrore all’idea che anche una sola anima possa rimanere esclusa da essa: può forse il cristiano credere, anche solo per un istante, che una innumerevole schiera di suoi fratelli vada perduta? Insomma la salvezza è per tutti e tutti sono destinati a salvarsi; anche se non credono nella Chiesa (parole sue) e anche se non credono in Gesù Cristo (perché il cristiano non può accettare neppure per un istante l’idea che i non cristiani ne rimangano esclusi: e a quanto pare ciò che credono i fedeli è legge per Nostro Signore, pronto esecutori dei deliberati della maggioranza democratica). Ma allora, come mette d’accordo i due postulati che solo con la fede in Gesù Cristo ci si "salva", e che tutti gli uomini, nessuno escluso, devono potersi salvare, evidentemente anche se non ne vogliono sapere? Semplice: escogitando il trucco innocente secondo cui ci son varie maniere di appartenere alla Chiesa (necessità che a questo punto rientra in campo, anche se poche righe sopra era stata negata), e ne esiste almeno una che permette di salvare capra e cavoli: cristiani sì, ma anche di fatto senza esserlo, o almeno senza sapere di esserlo: tutti gli uomini devono sotto un certo aspetto poter appartenere alla chiesa. Perché se così non fosse, non tutti si salverebbero: e l’importate non è stabilire cosa è vero e cosa è falso, ma non deludere le premesse di Karl Rahner e di tutti i modernisti travestiti da cattolici, per i quali è intollerabile che qualcuno resti escluso, il che smentirebbe le loro convinzioni in fatto di ecumenismo e dialogo interreligioso.

Fonte dell'immagine in evidenza: RAI

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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