Gesù e Israele visti dall’ex rabbino Eugenio Zolli
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2 Maggio 2022L’enciclica di san Pio X Pascendi Dominici gregis dell’8 settembre 1907, che faceva seguito, come noto, al decreto della Sacra Inquisizione romana Lamentabili sane exitu del 3 luglio precedente, è il testo magisteriale fondamentale per capire il modernismo, i suoi principi, le sue tecniche di penetrazione tra il clero e i fedeli, e i nitidi e persuasivi argomenti coi quali lo si può riconoscere, pur nelle sue cento forme e travestimenti, per quel che realmente è: una grave e ramificata eresia che investe ogni aspetto della dottrina e della fede cattolica. Meglio ancora: la sintesi ed il bacino collettore di tutte le eresie, antiche e nuove, tanto più pericoloso, quanto più i suoi esponenti sono abili nel presentarsi in vesti mansuete e con intenzioni apparentemente lodevoli, limitandosi ad avanzare con un certo garbo la richiesta di stabilire un dialogo tra ciò che insegna la Chiesa sulla base delle Sacre Scritture (mentre ciò che viene dalla Tradizione è pressoché ignorato, come fanno i protestanti) e ciò che è divenuta la cultura moderna, alla luce delle più recenti acquisizioni, ad esempio il rinnovamento degli studi storico-critici e la teoria biologica dell’evoluzione naturale attraverso la selezione delle specie.
Il risultato dell’approccio modernista alle verità di fede, improntato ad uno storicismo radicale (erano anni nei quali la storia andava fortissimo, e, sulla scia di Hegel, molti filosofi erano propensi a vedere in essa la vera scienza dello spirito, se non anche lo Spirito Assoluto) inevitabilmente conduceva, fra le altre cose, ad uno sdoppiamento della Persona di Gesù Cristo: da una parte il Cristo della storia, che si poteva e si doveva indagare con gli strumenti storici come qualsiasi altro personaggio, scandagliarne le azioni e i discorsi alla luce della psicologia e della sociologia, vagliarne ogni atto tenendo conto del contesto sociale e culturale di quel luogo e di quel tempo; e il Cristo delle fede, smaterializzato, quasi evanescente, senza un forte aggancio alla dimensione concreta dell’esistenza: oggettivo e verificabile il primo, soggettivo e meramente possibile il secondo. E in ciò vi era un riflesso delle tendenze della teologia liberale di marca protestante, la quale si era posta così decisamente sulla via della storicizzazione del Cristo da non aver paura, se necessario, di abbandonare l’idea stessa della storicità di Cristo, per conservare solo il Cristo della fede, come un oggetto mentale staccato da ogni possibilità di verifica e di conferma (vedi il nostro articolo: Che cosa accadrebbe al cristianesimo se dovesse rinunciare alla storicità di Gesù?, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 22/02/08 e ripubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 16/01/18).
La Pascendi è un’opera magnifica, ampia, ben strutturata e ottimamente argomentata. Concepita da san Pio X, fu redatta da monsignor Vincenzo Sardi di Rivisondoli, utilizzando dei materiali preparatori che erano stati elaborati dal procuratore generale degli Oblati di Maria Immacolata, J. B. Lemius, e dal cardinale cappuccino José da Calasanz Félix Santiago de Vives y Tutó. Proprio per la sua ampiezza e per la sua scrupolosità teologica e dogmatica, tuttavia, è un testo di non facilissima lettura per il semplice credente, privo di conoscenze specifiche in ambito dottrinale e sostenuto solo dalle conoscenze elementari provenienti dal Catechismo. Proprio per renderla più facilmente fruibile al lettore comune, pertanto, alla fine dello stesso 1907 ne venne diffusa anche una versione "popolare", scritta da padre Lemius e fondata sullo schema didattico del Catechismo di San Pio X, con brevi e chiare domande e precise, puntuali risposte, concepite con tale nitidezza da fugare ogni dubbio e ogni possibile confusione dalla mente dei fedeli; versione che ebbe una breve lettera introduttiva del cardinale Merry del Val, il Segretario di Stato di Pio X.
Per dare un’idea del suo stile e per invogliare chi ci sta leggendo a prenderne visione completa, abbiamo pensato di presentare il passaggio che si riferisce alle conseguenze dei principi e dei metodi storici modernisti nella concezione della figura di Gesù Cristo (da: J. B. Lemius, Catechismo sul modernismo secondo l’enciclica "Pascendi dominci gregi" di Sua santità Pio X, a cura di Carlo Di Pietro, Ed. Sursum Corda, 2018, pp. 82-86):
245. QUALI SONO I TRE PRINCIPI FILOSOFICI DAI QUALI GLI STORICI MODERNISTI DEDUCONO LE TRE LEGGI DELLA STORIA?
I primi tre canoni di questo tali storici o critici sono (…) L’AGNOSTICISMO, il teorema della TRASFIGURAZIONE delle cose per la fede e (…) e dello SFIGURAMENTO.
246. QUAL È LA LEGGE STORICA CHE, SECONDO I MODERNISTI, DERIVA DAL PRINCIPIO FILOSOFICO DELL’AGNOSTICISMO?
Dall’agnosticismo si ha che la storia, non meno che la scienza, si occupa solo dei fenomeni.
247. CHE CONCLUSIONE DERIVA IMMEDIATAMENTE DA QUESTA PRIMA LEGGE STORICA DDOTTA DALL’AGNOSTICISMO?
Conclusione: Dunque tanto Dio quanto un interventi qualsiasi divino nelle cose umane deve rimandarsi alla fede come di esclusiva sua pertinenza.
248. SE NELLA STORIA S’INCONTRANO FATTI IN CUI IL DIVINO S’INCONTRA CON L’UMANO, QUALE SARÀ LA CONDOTTA DEI MODERNISTI?
Se trattasi di cosa in cui s’incontri un duplice elementi, divino ed umano, come Cristo, la Chiesa, i Sacramenti e simili, dovrà dividersi e sceverarsi in modo che ciò che è umano si dia alla storia, ciò che è divino alla fede.
249. BISOGNERÀ, DUNQUE, DISTINGUERE DUE SPECIE DI CRISTO, DUE SPECIE DI CHIESA, ECC?
Di qui quella distinzione comune nei modernisti fra un Cristo storico ed un Cristo della fede, una Chiesa della storia e una Chiesa della fede, fra Sacramento della storia e Sacramenti della fede, e via dicendo.
250. PER RAPPORTO A QUESTO ELEMENTO NUOVO CHE L’AGNOSTICISMO SI PERMETTE DI RITENERE UNICAMENTE PER LA STORIA, CHE CI DICE IL SECONDO PRINCIPIO FILOSOFICO, O PRINCIPIO DI TRASFIGURAZIONE, DA CUI S’ISPIRA LO STORICO MODERNISTA?
Questo stesso elemento umano che vediamo lo storico prendesi per sé, quale esso si porge nei monumenti, deve ritenersi sollevato dalla fede per trasfigurazione: al di là delle condizioni storiche.
251. QUALE SARÀ, ALLORA, IN VIRTÙ DEL PRINCIPIO DI TRASFIGURAZIONE, LA SECONDA LEGGE CHE REGGERÀ LA STORIA MODERNISTA?
Conviene perciò separare di nuovo tutte le aggiunte fattevi dalla fede, ed abbandonarle alla fede stessa ed alla storia della fede.
252. CONSEGUENTEMENTE QUALI COSE ELIMINERÀ LO STORICO MODERNISTA DALLA STORIA DI GESÙ CRISTO?
Trattandosi di Gesù Cristo eliminerà tutto quello che passa la condizione dell’uomo sia naturale, quale si dà dalla psicologia, sia risultante dal luogo e dal tempo in che visse.
253. QUAL È LA TERZA LEGGE ALLA QUALE SI OBBLIGA LO STORICO MODERNISTA IN VIRTÙ DEL PRINCIPIO STORICO CHIAMATO SFIGURAMENTO?
Per il terzo principio filosofico, pur quelle cose che non escono dalla cerchia della storia, le vagliano quasi e ne escludono, rimandando parimenti alla fede, tutto ciò che, secondo quanto dicono, non entra nella logica dei fatti o non era adatto alle persone.
254. DA QUESTA TERZA LEGGE, QUALE CONCLUSIONE DEDUCONO RELATIVAMENTE ALLE PAROLE ATTRIBUITE DAGLI EVANGELISTI A NOSTRO SIGNORE?
In tal modo, vogliono che Cristo non abbia detto le cose che non sembrano essere alla portata del volgo. Quindi dalla storia reale di Lui cancellano e rimettono alla fede tutte le allegorie che si incontrano nei suoi discorsi.
255. CON QUALI REGOLE SI COMPIE QUESTA CERNITA?
Con quella del carattere dell’uomo, della condizione che ebbe nella società della educazione, delle circostanze di ciascun fatto.
256. QUESTA È UNA NORMA OGGETTIVA COME LO ESIGEREBBE UNA STORIA SERIA?
È una norma, se bene intendiamo, che si risolve per ultimo in mero soggettivismo.
257. DIMOSTRATE CHE QUESTA È UNA NORMA SOGGETTIVA.
Essi si peritano di prendere, e quasi rivestire, la persona di Gesù Cristo: ed a Lui ascrivono ciò che, in simili circostanze, avrebbero fatto essi stessi.
258. IN NOME DEI TRE PRINCIPI FILOSOFICI CHE SONO IL CARDINE DELLA LORO STORIA, IN CHE MODO I MODERNISTI TRATTANO IL CRISTO-DIO?
Così a propri, come suol dorsi, e dai principi di una filosofia ch’essi ammettono, ma asseriscono d’ignorare: nella storia che chiamano reale affermano Cristo non essere Dio né aver fatto nulla di divino,
259. ELIMINATO OGNI CARATTERE DIVINO DAL CRISTO DELLA STORIA REALE, LASCIANO ALMENO INTATTO IL CRISTO UOMO?
Dicono che come uomo Lui ha fatto e detto quel tanto che essi, riferendosi al tempo in cui visse, gli consentono d’avere operato e detto.
Crediamo che il lettore odierno sarà rimasto impressionato dalla precisione impeccabile dell’analisi di come il modernismo si pone di fronte alla figura di Gesù Cristo, e dall’aver riconosciuto nelle parole di padre Lemius concetti analoghi espressi ora in tutta tranquillità, ma non per denunciarli, bensì per proporli ai fedeli, da parte dei massimi esponenti della Chiesa. Quando, ad esempio, Bergoglio afferma che la morte in croce di Gesù è materia di storia, e quindi certezza, mentre la sua Resurrezione è materia di fede, e quindi persuasione soggettiva, fa eco, con una inquietante corrispondenza, all’approccio modernista, descritto nella Pascendi, circa lo sdoppiamento della verità in una verità storica e oggettiva ed una verità fideistica e soggettiva. E quando il generale dei Gesuiti, Sosa Abascal, contestando che Gesù Cristo abbia affermato l’indissolubilità del matrimonio, dichiara che quelle parole di Gesù devono essere collocate in un contesto preciso e quindi staccate da un presunto significato assoluto e universale, e che lo stesso procedimento va fatto per ogni altra cosa detta e fatta da Lui, anzi addirittura che in fin dei conti nessuno sa con certezza cosa Gesù abbia detto, poiché ai suoi tempi non c’erano registratori per catturarne la parola viva, non fa altro che rendere esplicite le idee che con tanta acutezza san Pio X aveva riconosciuto nel modernismo, dietro l’apparente mitezza dei suoi esponenti, primo fra tutti Alfred Loisy, il fondatore del movimento.
Ricordiamo, per comodità dei lettori, che i punti essenziali del modernismo (che ne facevano realmente un movimento e non una costellazione di posizioni accostabili fra loro solo al prezzo di una forzatura, come allora i modernisti vollero rimproverare a san Pio X, e come fa tuttora la maggior parte degli storici, anche di area cattolica) erano i seguenti:
– La ragione umana deve limitarsi allo studio dei fenomeni perché non ha la forza di penetrare la cosa in sé, dunque nemmeno la verità in se stessa (principio di origine kantiana che padre Lemius giustamente definisce agnosticismo);
– la religione non viene da una Rivelazione esterna all’uomo, ma è una sorta di richiamo interno, il che riduce il cristianesimo ad una specie di sentimentalismo e che fatalmente conduce a vedere nel fatto religioso una semplice risposta naturale ad un bisogno soggettivo e puramente umano;
– poiché sia nel mondo della natura che in quello della storia tutto muta e si trasforma (principio di origine evoluzionista), così deve avvenire anche nell’ambito della Chiesa: le stesse verità di fede devono essere riviste e aggiornate in base alla cultura e alla sensibilità dell’uomo moderno, il quale non crede più ai miracoli, né concepisce una religione che rimanga fissa e immutabile sulla base dei suoi dogmi stabiliti una volta per sempre.
La conclusione, ovvia e inevitabile, cui si giunge confrontando la Pascendi con le reiterate affermazioni dei massimi esponenti della Chiesa odierna, è che quest’ultima è caduta nelle mani dei modernisti, ovvero che il modernismo è andato al potere nella Chiesa cattolica: un modernismo, si noti, cento volte più aggressivo e radicale di quello dei Loisy dei Tyrrell e dei Buonaiuti, i quali, al confronto, appaiono dei timidi e incerti pionieri. È una conclusione terribile, sconvolgente: significa che la Chiesa è caduta in ostaggio degli eretici, quelli che oltre cent’anni fa il solenne magistero aveva condannato nella maniera più esplicita. Davanti a un tale fatto non resta che supplicare l’aiuto del Signore e combattere la buona battagli per il trionfo della Verità e la sconfitta della menzogna.
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