
Come si devono leggere le Sacre Scritture?
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19 Aprile 2022Ecco come reagì don Rosario Esposito, sacerdote paolino da sempre fautore instancabile del dialogo fra Chiesa e Massoneria e della perfetta conciliabilità tra la fede cattolica e l’iniziazione alle logge dei liberi muratori, davanti alla conferma della scomunica dei frammassoni sotto Giovanni Paolo II (cit. in: Michele Moramarco, La Massoneria oggi. Cronaca, realtà, idee, Milano, Giovanni De Vecchi Editore, 1981, pp. 222-225):
Sostanzialmente questa dichiarazione non si discosta dalla lettera del 19 luglio 1974, diretta dal Cardinale Seper, prefetto della S. Congregazione per la Dottrina della Fede, al cardinale Krol, presidente della Conferenza episcopale statunitense. I punti comuni fondamentali sono: persistente validità del canone 2335 e affini, e quindi riaffermazione della scomunica, richiamo al principio delle «grazie da amplificare e degli odî da restringere nei casi penali». Altro punto comune: il rimettersi, senza giudicarne il lavoro, al nuovo Codice di Diritto Canonico, che è in fase di rielaborazione da questo punto di vista, possiamo dire che il problema non è presentato come definitivo ma come interlocutorio.
Si riafferma cioè la fedeltà alla legislazione attualmente vigente, con l’aggiunta del richiamo alla graziosità ermeneutica nel giudizio sui casi penali.
Bisogna ammettere che si postula un arresto nei passi, forse troppo frettolosi, che abbiamo compiuto nel corso del dialogo Chiesa-Massoneria degli ultimi anni. Tra i più frettolosi nell’affermare la decadenza della scomunica, credo di esserci proprio io. Prendiamo atto disciplinatamente di questo colpo di freno. Ci fermeremo su questa strada, approfondiremo le ricerche e gli studi comuni.
Va notato frattanto che, contrariamente a quanto in alcuni circoli si andava affermando, la lettera del 19 luglio 1974 aveva un carattere giuridico, e non era da considerare un documento privato fra due persone private; quindi è un documento di valore normativo, che ora viene autorevolmente interpretato.
Resta intatto l’impegno del dialogo, il quale è cominciato nella Chiesa fin dal 1928, in Aachen, ad opera di un dottissimo storico di cose massoniche, il p. Hermann Gruber, gesuita. È poi proseguito sotto i più diversi cieli: Austria, Francia, Paesi Bassi, Belgio, Filippine, Paesi Baltici Stati Uniti, Argentina, Brasile, ecc. In Italia fu avviato verso la fine del 1968 ed è proseguito ininterrottamente.
Il dialogo: questo è il senso della presenza cristiana nel mondo, questo è il senso del Concilio e del dopo-Concilio. In questo senso non possiamo dimenticare il messaggio dell’enciclica "Ecclesiam suam" di Paolo VI, che ha per argomento appunto il dialogo. Per fare un solo caso, al n. 53 afferma: «Nessuno è estraneo alla Chiesa, nessuno le è indifferente, per il suo ministero. Nessuno le è nemico, che non voglia egli esserlo». Se è incoraggiato il dialogo coi non-credenti, cioè con gli atei, tanto più lo è il dialogo coi Massoni, che per costituzione sono credenti. Salvo alcuni gruppi irregolari, i Massoni che non manifestano — mediante la prestazione di un giuramento — la loro credenza in Dio, non possono essere ammessi nell’Ordine massonico. I Rituali dei funerali massonici, redatti in tempi di polemica furibonda tra Chiesa e Massoneria, sono stati una continua affermazione della fede nel’immortalità dell’anima, come postulano gli Antichi Doveri e le Costituzioni di Anderson del 1723.
Del resto l’opera della Chiesa e della Massoneria in moltissimi campi è comune: la pace, l’intesa supernazionale, la lotta alle malattie, all’analfabetismo, alla disoccupazione, alla tortura, la proclamazione dei diritti dell’uomo, che portata innanzi dalla Massoneria fin dal 1789, è stata nel 1945 assunta anche dalla Chiesa.
La regolamentazione dei problemi relativi all’assistenza ai feriti e ai prigionieri di guerra, e tutte le altre attività umanitarie messe in opera dalla Croce Rossa, postulata da uomini e istituzioni di matrice massonica sulla scia di Henri Dunant, è condivisa profondamente dalla Chiesa, la quale negli ultimi due conflitti ha svolto un’opera d’assistenza e di informazione di prim’ordine, sovente proprio in collaborazione con la stessa Croce Rossa. Nei fatti, le due Società lavorano insieme a favore dell’uomo.
Si pensi poi che la Società delle Nazioni, cioè la prima istituzione supernazionale intesa a garantire la pace internazionale, fu decisa proprio per solennizzare il secondo centenario della fondazione della Massoneria simbolica, o moderna, succeduta alla Massoneria dei costruttori di Cattedrali e di Monasteri.
L’atto di fondazione porta infatti la data del 24 giugno 1717, festa di S. Giovanni Battista. La società supernazionale che è succeduta alla S. d. N. di Ginevra, cioè l’ONU di New York, è figlia degli stessi principi e intenti: garantire la pace all’umanità, e favorire il progresso umano. Le organizzazioni in cui l’ONU si dirama (Unesco, Oms, Bit, Unicef, Fao, ecc.) mostrano di gradire la presenza della Chiesa, perché di fatto svolgono un’opera di carità che — al di là dei diversi modi e metodi — è comune a tutte e due le organizzazioni, Chiesa e Massoneria.
Le idee e le attività nelle quali anche nei momenti di maggior tensione polemica la Chiesa e la Massoneria si sono trovate concordi, sono ancora tante. Il movimento europeistico avviato dalla Massoneria fin dal secolo XVIII e poi postulato nella formula di Stati Uniti d’Europa
nell’Ottocento, a un dato momento è stato assunto in pieno nella stessa Chiesa, al punto che nel secondo dopoguerra sono stati proprio tre statisti cattolici che l’hanno postulato (De Gasperi, Adenauer, Schumann), insieme ai normali politici massoni o d’altre tendenze, come pure a teoreti di altri continenti.
Il movimento scoutistico, nato in ambiente e mentalità massonica, ad opera del Massone Baden-Powell, vivificato dallo pera letteraria del Massone Rudyard Kipling, è stato ritenuto buono anche dalla Chiesa, la quale ha fondato, alcuni anni dopo, il movimento scoutistico cattolico.
Di strada se n’è già percorsa dunque tanta, insieme.
Due Papi sono stati ospiti sia degli uffici di New York che di quelli di Ginevra: Paolo VI e Giovanni Paolo II, che dal podio dell’ONU hanno potuto lanciare al mondo messaggi di pace e di buona volontà. Le Conferenze dell’Aja, avviate alla fine dell’Ottocento con intenti anticlericali, si sono poi sempre più avvicinate alla Chiesa: la "Corte internazionale" che n’è venuta fuori, risolve a sua volta problemi di pacificazione, di arbitrato, di diritto che non raramente anche la Chiesa affronta.
Di strada comune da percorrere, ce n’è davvero tanta.
Da dove cominciare in questo miscuglio d’ignoranza storica, sfrontatezza dottrinale e simulata ingenuità umanitaria? Si stenta a credere che questa pagina di prosa possa essere stata scritta da un sacerdote, all’inizio degli anni ’80 del secolo scorso; pare incredibile che a tanto sia arrivata la protervia della massoneria ecclesiastica nel pieno del pontificato di Giovanni Paolo II. E ciò dovrebbe bastare a far riflettere quanti si ostinano a vedere nell’opera del papa polacco una fedele difesa dei valori cattolici, mentre è vero il contrario: che sacerdoti come don Esposito hanno potuto prosperare e proclamare apertis verbis le loro teorie eretiche e massoniche, evidentemente del tutto certi che non sarebbero stati puniti, né corretti, ma che anzi la loro piena vittoria sarebbe stata solo questione di poco tempo.
Don Esposito comincia riconoscendo che la Chiesa, ancora una volta, ha ribadito la condanna di sempre contro la Massoneria (lo avrebbe fatto, per l’ultima volta e quasi pro forma, cioè per salvare la faccia, con la Dichiarazione Quaesitum est, pubblicati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede il 26 novembre 1983 e approvato da Giovanni Paolo II); e tuttavia si affretta a soggiungere che il problema non è presentato come definitivo ma come interlocutorio. Ma di quale "problema" stiamo parlando? Stiamo parlando non già di un problema, ma di una solenne scomunica, ribadita dalla Chiesa nell’arco di duecentocinquanta anni in numerose occasioni, a partire da quel 28 aprile 1738 in cui Clemente XII pubblicò la bolla In eminenti apostolatus specula.
Poi egli prende atto che la Chiesa ha stabilito un arresto nei passi, forse troppo frettolosi, che abbiamo compiuto nel corso del dialogo Chiesa-Massoneria degli ultimi anni, introducendo comunque il perfido concetto di "dialogo" laddove dialogo non può esservi, perché Gesù in Persona non ha mai insegnato ai suoi Discepoli a dialogare col mondo, bensì ad ammaestrarlo e convertirlo; e meno che mai li ha esortati a dialogare coi mortali e dichiarati nemici del Vangelo, come si legge in Matteo, 10, 11-15):
11 In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza. 12 Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. 13 Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi. 14 Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. 15 In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sòdoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città.
E che i massoni siano nemici mortali e irriducibili del Vangelo, non vi è il minimo dubbio: bisogna essere completamente ciechi o peggio, bisogna essere pessimamente intenzionati, per pensare e affermare il contrario. Forse che i Papi che hanno solennemente condannato la Massoneria per 250 anni, hanno scambiato lucciole per lanterne e si sono accaniti contro un nemico inesistente? O forse che la massoneria del tardo XX secolo è divenuta più morbida, più buona, e soprattutto più animata da sincero spirito di amicizia per la Chiesa cattolica? O non è forse vero proprio il contrario: che la Massoneria, al presente, è più che mai decisa a distruggere l’opera della Chiesa, vale a dire l’autentico Vangelo di Gesù Cristo, preferibilmente infiltrando il clero e contaminando dall’interno le sue dottrine, servendosi di cavalli di Troia come il Concilio Vaticano II, in modo da far passare appunto la teoria e la pratica del falso dialogo e del falso ecumenismo, nonché il concetto massonico della fratellanza universale, che nulla ha a che fare con quello cristiano della comune figliolanza divina?
Poi con finta umiltà don Esposito dichiara candidamente: Prendiamo atto disciplinatamente di questo colpo di freno. Ci fermeremo su questa strada, approfondiremo le ricerche e gli studi comuni. Cioè, fra le righe: «Restiamo sul posto, coi motori accesi, pronti a riprendere la marcia in avanti: è solo questione di avere un po’ di pazienza». Altro che umiltà: la vera umiltà è tutt’altra cosa; per esempio, è prende atto che se la Chiesa, per 250 anni, ha sempre condannato la Massoneria, e rinnovato di Papa in Papa tale condanna, qualche motivo ci sarà pur stato, e dunque quel che deve fare un buon sacerdote non è attendere il momento propizio per modificare tale linea di condotta, ma osservarla lealmente e incondizionatamente. Definire un colpo di freno l’ultimo pronunciamento ufficiale del Magistero è a dir poco irriguardoso; e quanto ad approfondire le ricerche e gli studi comuni, è tutto un lussureggiare di parole ed espressioni fraudolente. Che vuol dire approfondire? Il Magistero può essere disatteso, aggirato o contraddetto, e sia pure nel corso del tempo e col favore di nuove circostanze storiche: perché il Magistero non si pone sul piano della storia, cioè del contingente e del relativo, ma su quello della dottrina, cioè delle verità assolute e perenni. E poi, approfondimenti e studi comuni: ma "comuni" a chi? Ai massoni? Eppure la Chiesa ha appena rinnovato la condanna e la scomunica nei loro confronti, e don Esposito ha appena dichiarato di voler obbedire disciplinatamente a quanto stabilito dalla Chiesa. Allora come va che prima ancora di posare la penna già rinnova un proponimento che è in radicale contrasto con ciò che gl’imporrebbe il suo dovere di prete?
Subito dopo, ecco il triplo salto mortale: sì, la condanna c’è stata ed è stata una condanna formale, dal pieno valore giuridico; però non ha neanche finito di ammetterlo e già si affretta a dire che resta intatto l’impegno del dialogo, asserendo che esso è iniziato nel 1928, ponendo le tesi private di un singolo sacerdote sullo stesso piano dei numerosi e reiterati documenti del Magisteri solenne. No, don Esposito, così non va: lei non può mettere gli studi e le conclusioni private di un certo padre Gruber, gesuita (un altro gesuita: sempre loro!) a pari dignità e con pari valore di ciò che molti Papi hanno insegnato per due secoli e mezzo: questo è un truccare le carte!
Il dialogo: questo è il senso della presenza cristiana nel mondo, questo è il senso del Concilio e del dopo-Concilio. Ecco dunque come interpretano il concetto del "dialogo" questi figli del Concilio e del post-concilio: per arrivare a dire il contrario di ciò che la Chiesa ha sempre insegnato. Fino a quel capolavoro dell’inversione dialettica, che farebbe invidia ad un sofista dell’antica Grecia, di citare un’enciclica, come la Ecclesiam sua, per assolutizzare il concetto di dialogo e adattarlo anche al dialogo coi massoni, ripetutamente condannati e scomunicati. Difficile immaginare una malafede più evidente di questa; difficile anche solo concepire un gesuitismo più subdolo, tortuoso e machiavellico, più indifferente ai mezzi pur di giungere ad un fine intrinsecamente falso e perciò disonesto.
Segue una parte pressoché intollerabile nella quale, dopo aver magnificato la fede massonica in Dio e nell’immortalità dell’anima (già: ma bisogna vedere che Dio e quale immortalità), snocciola tutta una serie di obiettivi comuni che farebbero, a suo dire, della Chiesa e della Massoneria due istituzioni parallele e quasi gemelle, naturalmente chiamate ad incontrarsi, a collaborare e quasi a sostenersi l’una con l’altra. La sola cosa che ci sentiamo di osservare su questa parte è che da essa traspare o una totale ignoranza, o, come è più probabile, un voluto fraintendimento radicale di tutta una serie di valori cristiani, presentati come speculari e addirittura come tardive "imitazioni" dei sacri principi dell’89.
Eccoli qui, i valori massonici sui quali la Chiesa può e deve trovarsi in perfetta sintonia: la pace, l’intesa supernazionale, la lotta alle malattie, all’analfabetismo, alla disoccupazione, alla tortura, la proclamazione dei diritti dell’uomo.
La pace? Ma la pace dei massoni non ha niente a che fare con la pace di Cristo. Il Quale dice (Gv 14,27): Vi lascio la pace, vi do la mia pace; ve la do, non come la da il mondo.
L’intesa supernazionale? Se la si deve interpretare alla maniera massonica, come appunto è stato fatto dalla Società delle Nazioni e poi dall’ONU e dalle sue emanazioni, che tanta ammirazione strappano a padre Esposito (Unesco, Oms, Unicef, Fao, ecc.: e ai nostri dì possiamo vedere e toccare con mano chi aveva ragione e chi aveva visto giusto nel diffidare profondamente di esse), non ha niente a che vedere coi valori cristiani, semmai coi tenebrosi disegni satanici: aborto, eutanasia, cambio di sesso, gender, e così via.
La lotta alle malattie? Ma oggi vediamo che cosa significa questo concetto, nelle mani della massonica Organizzazione Mondiale della Sanità: uno strumento per asservire gli esseri umani, falsificando indegnamente i dati scientifici reali.
La lotta all’analfabetismo? È quello che i missionari cattolici hanno sempre fatto, e che i bravi salesiani hanno sempre fatto nei Pesi di tradizione cattolica: e tuttavia senza mai considerarla un valore a sé. Nessuna di quelle cose, per la Chiesa cattolica, è un valore in sé, perché nessun "diritto umano" è cosa buona e giusta se staccato completamente dalla relazione con Gesù Cristo, solo Re e Padrone della storia e dell’universo.
Lotta alla disoccupazione, lotta alla tortura? Vale lo stesso concetto: la Chiesa combatte ciò che è male e difende ciò che bene, ma sempre tenendo ferma la propria verità, che poi è la Verità di Gesù Cristo e nulla di diverso da essa.
La proclamazione dei diritti dell’uomo? E quando mai, di grazia, la Chiesa ha fatto sua questa dottrina massonica dei diritti dell’uomo? Ce lo spieghi, per favore, don Esposito; ce lo dica, illumini la nostra grossolana ignoranza, perché noi non ne sappiamo nulla. Ci siamo forse persi qualcosa? È accaduto qualcosa, negli ultimi decenni, che a noi semplici fedeli non è stato detto da color che sanno? Noi, guardi un po’, abbiamo sempre saputo, o creduto di sapere, che la dottrina cattolica insegna e ricorda agli uomini i diritti di Dio, non i diritti dell’uomo; i diritti di Dio proclamati da Colui che immolò Se Stesso sulla croce per amore nostro, non quelli proclamati dal popolaccio ebbro di sangue che scorrazzò per le vie di Parigi esibendo, in cima ad una picca, la testa decapitata del governatore della Bastiglia. Perché se è questa la sua dottrina cattolica, caro padre, allora non possiamo fare più un solo metro di strada, noi e quelli come lei: uno è di troppo. O noi non abbiamo capito nulla del Vangelo di Gesù Cristo, oppure lei e quelli come lei state barando al gioco e spacciate come cattoliche delle dottrine che non sono per nulla tali. L’una o l’alta: tertium non datur.
Fonte dell'immagine in evidenza: RAI