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«Nuova pentecoste» del Concilio? No, grazie

C’è qualcosa di esagerato, di propagandistico, di sospetto, nel modo in cui è stato presentato, sin dal primo istante, il pontificato di Giovanni XXIII: è come se qualcuno avesse già "costruito" il personaggio prima ancora dell’esito ufficiale del Conclave del 1958, indetto dopo la morte di Pio XII. Il papa buono; e venne un uomo di nome Giovanni; la nuova Pentecoste del Concilio, sono solo alcune delle espressioni iperboliche con le quali è stata accreditata dai mass-media la figura del neoeletto Angelo Roncalli, un papa che pochi fra la gente comune si aspettavano, per le evidenti caratteristiche di discontinuità con la linea tenuta da tutti i papi del XX secolo, in un momento storico che vedeva la Chiesa cattolica più che mai sotto attacco, presa in mezzo fra il dilagare del comunismo sponsorizzato dall’Unione Sovietica e il protestantesimo a sfondo consumista e modernista sponsorizzato dagli Stati Uniti d’America, cioè dalle due superpotenze uscite vittoriose dalla Seconda guerra mondiale (mentre le potenze cattoliche, a cominciare dall’Italia, ne erano uscite virtualmente liquidate), per non parlare delle pericolosissime trame interne tessute dalla massoneria ecclesiastica.

Vale la pena di riportare alcuni passaggi di una delle prime biografie di Angelo Roncalli apparse subito dopo la sua morte: Giovanni XXIII, un uomo chiamato Giovanni del giornalista americano Alden Hatch (titolo originale: *A Man Named John. The Life of Pope John XXIII, New York, Havtorn Books, 1963; traduzione dall’inglese di Gastone Toschi, Milano, U: Mursia & C:, 1964, pp. 173), la cui edizione italiana è uscita con la prefazione di un gesuita, padre Giuseppe Valentini:

Infine, il giorno prima di entrare in Conclave, scrisse al vescovo di Bergamo, monsignor Piazzi: «Una parola sul punto del mio entrare in Conclave: È come una invocazione… a tutto ciò cher è più caro al cuore mio di buon bergamasco. Ripensando alle tante immagini venerate e care di Maria sparse in tutta la diocesi e al ricordo dei nostri santi patroni, e vescovi e sacerdoti illustri e santi, religiosi e religiose di distintissima virtù, il mio animo si conforta nella fiducia della nuova Pentecoste che potrà dare alla Santa Chiesa nel rinnovamento del Capo, e nella ricostituzione dell’organismo ecclesiastico, un nuovo vigore verso la vittoria della verità, del bene e della pace.

Poco importa che il nuovo Papa sia bergamasco o non bergamasco. Le nostre comuni preghiere devono ottenere che sia un uomo di governo saggio e mite, che sia un santo e un santificatore. Eccellenza, so che Ella mi comprende…».

Una nuova Pentecoste: ma è un concetto cattolico, questo? O è un’eresia vera e propria?

E ancora, a proposito del fatto che Roncalli era certo di uscire papa dal Conclave del 1958, benché esistesse una forte corrente conservatrice che avrebbe voluto eleggere il cardinale Giuseppe Siri, e che forse realmente elesse quest’ultimo, il quale però sarebbe stato costretto a rinunciare nel giro di qualche ora, dopo avere inizialmente accettato e assunto il nome di Gregorio XVII (ne abbiamo parlato nell’articolo Lo strano conclave del 1958, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 07/02/21; Hatch, p. 181):

La terza mattina del Conclave, martedì 28 ottobre, l’eccitazione provocata dal prolungarsi dell’attesa era al suo massimo, quando i Cardinali si radunarono nella Cappella Sistina. Molti di loro certamente apparivano stanchi, dopo una notte insonne trascorsa nella preghiera, però nella maggior parte di essi doveva essersi accresciuta la speranza che quel giorno lo Spirito Santo li avrebbe illuminati.

Questa supposizione trova un certo fondamento in una frase che papa Giovanni pronunciò molto più tardi: «Io sapevo — disse — per certi segni, che sarei stato eletto», e che si dovrebbe interpretare come un’allusione al fatto che, dopo lo scrutinio della mattina del lunedì, gli scrutatori cominciassero a leggere sempre più spesso il suo nome, anche se non riusciva ancora ad ottenere la maggioranza prescritta. (…)

Inutile girarci intorno: Roncalli sapeva che sarebbe stato eletto; lo sapeva in anticipo; lo sapeva a dir poco da un mese. Il che è come dire che una cosa equivalente alla mafia di San Gallo esisteva già negli ultimi anni del pontificato di Pio XII: una segreta 8ntesa fra i cardiali ultraprogressisti, ben decisi a far sì che la linea tracciata da Pio X, da Pio XI e da Pio XII venisse abbandonata in favore di una clamorosa "apertura al mondo", vale a dire al relativismo, all’indifferentismo religioso e al falso dialogo coi protestanti, con gli ebrei, coi musulmani, coi massoni, coi comunisti e, di lì a poco, coi radicali, cioè con i peggiori nemici della Chiesa e del vero Vangelo di Gesù Cristo. E che Roncalli sapesse che sarebbe stato eletto era il segreto di Pulcinella.

Riportiamo solo un paio di citazioni contenute nella biografia Paolo VI. L’audacia di un papa di Andrea Tornielli (Milano, Mondadori, 2009, p. 235):

[Giovanni XXIII] appare tutt’altro che ignaro di ciò che si prepara. (…) Per due volte prima del conclave, Roncalli incontra monsignor Tardini. Secondo il cardinale Siri, quegli incontri servirono per "promuovere l’elezione di Roncalli al pontificato e di Tardini a Segretario di Stato" (Benny Lai, "Il Papa non eletto: Giuseppe Siri cardinale di Santa Romana Chiesa", 1993, p. 142).

"Roncalli entrò in conclave ben sicuro di diventare Papa", racconterà il cardinale Silvio Oddi "e non esitò a comunicare questa sua quasi certezza ad alcuni amici" (L. Brunelli e S. Oddi, "Il tenero mastino di Dio", 1995, p. 114)

Ancora dal libro di Alden Hatch (p. 185):

Fin dal primo momento del suo pontificato, l’ex cardinal Roncalli si discostò dalla tradizione. Infatti, richiesto dal cardinale Tisserant quale nome volesse assumere,, il nuovo Pontefice rispose: «Mi chiamerò Giovanni». Un nome dolce, soave e nello stesso tempo solenne.

Un momento di sorpresa si levò tra i Padri elettori, poiché da cinquecento e cinquant’anni nessun Papa si chiamava più Giovanni: l’ultimo di tal nome era stato l’antipapa Giovanni XXIII, la cui elezione pertanto non era stata convalidata. Da allora nessun pontefice aveva voluto chiamarsi Giovanni XXIII. Ma il nuovo Pontefice aveva previsto la sorpresa dei cardinali e spiegò la sua scelta.

«Questo nome Ci è dolce — disse — perché è il nome di Nostro Padre. Ci è soave perché titolare dell’umile parrocchia in cui ricevemmo il battesimo; è il nome solenne di innumerabili cattedrali… ed in primo luogo della sacrosanta Basilica Lateranense, cattedrale nostra (come vescovo di Roma).

È il nome che nella lunghissima serie dei romani pontefici gode di un primato numerico; infatti sono enumerati ventidue pontefici di nome Giovanni di legittimità indiscutibile; quasi tutti ebbero un breve pontificato. Abbiamo preferito coprire la piccolezza del nostro nome dietro questa magnifica successione di romani pontefici».

Il nuovo Pontefice, ricordando che San Marco si chiamava anch’egli Giovanni, continuò dicendo «che questi nome era il duplice appellativo di Giovanni Battista e dell’altro Giovanni, discepolo ed evangelista, prediletto da Cristo e dalla sua dolcissima Madre… Faccia Iddio che entrambi i Giovanni gridino in tutta la Chiesa e per l’umilissimo nostro ministero pastorale… E Giovanni Evangelista e Maria Madre di Cristo assecondino la medesima esortazione che concerne la vita e il gaudio della Chiesa Apostolica e Cattolica, ed altresì la pace e la prosperità di tutti i popoli. Figlioli mie, amatevi l’un l’altro, amatevi l’un l’altro perché questo è il grande precetto del Signore

Conceda benignamente Iddio, venerabili fratelli, che noi… possiamo con l’aiuto della grazia divina, avere la stessa santità di vita e la fortezza d’animo [del primo di questa serie di sommi pontefici], fino anche a raggiungere, se a Dio piacerà, lo spargimento del sangue».

Come si vede, le giustificazioni addotte da Roncalli per spiegare la scelta di quel nome, il nome di un antipapa, sono molto elaborate: difficile credere che le abbia improvvisate, e ancor più difficile credere che non vi avesse pensato per tempo, prevedendo le sin troppo logiche obiezioni, sicché quando prese il treno per Roma è difficile credere che non avesse già una cartellina con gli appunti che gli sarebbero serviti, dopo essere stato eletto e aver assunto quel nome, per dissipare le legittime perplessità dei cardinali. Cade così la leggenda di un patriarca di Venezia che non immagina di andare a Roma per essere eletto successore di Pio XII, un po’ come un altro Patriarca di Venezia, san Pio X (papa però che è meglio non nominare nemmeno ai cattolici progressisti) era salito sul treno provvisto del biglietto di andata e ritorno.

Quanto alla scelta del nome riportiamo quanto citato da una fonte non sospetta, la voce di Wikipedia dedicata a Giovanni XXIII (paragrafo La scelta del nome):

La decisione di non assumere il numerale XXIV valeva da conferma dello stato di antipapa del primo Giovanni XXIII. La scelta venne presa, in un certo senso, sabato 27 settembre 1958 a Lodi dove il cardinale, in veste di legato pontificio per le celebrazioni dell’ottavo centenario di rifondazione della città, accolto dal vescovo Tarcisio Vincenzo Benedetti, visitò la quadreria della Sala Gialla del palazzo vescovile soffermandosi alla presenza di un quadro che ritraeva un papa in posa benedicente. Avendo chiesto di chi si trattasse e sentendosi rispondere "Giovanni XXIII", Roncalli fece notare in modo bonario che non era conveniente tenere in un palazzo vescovile il quadro di un antipapa. Poi, di fronte all’imbarazzo dei presenti (primo tra tutti il vescovo Benedetti), soggiunse: "Fu un antipapa, ma ebbe il merito di indire il Concilio di Costanza, che restituì l’unità alla Chiesa dopo lo Scisma d’Occidente". Nessuno immaginava che un mese dopo sarebbe toccato proprio a Roncalli troncare definitivamente la questione scegliendo l’ordinale XXIII accanto al nome da papa. Anni dopo si scoprì che quel quadro, tuttora conservato nel palazzo vescovile di Lodi, ritraeva in realtà papa Pio VI e non Baldassarre Cossa-Giovanni XXIII.

Da questa circostanza si evincono alcuni fatti interessanti. Primo: un mese innanzi il Conclave del 1958, Roncalli s’imbatte "casualmente" in un ritratto dell’antipapa Giovanni XXIII e inusitatamente tesse le lodi di questo imbarazzante personaggio: talmente imbarazzante che nessun papa, da allora, e cioè da oltre cinquecento anni, aveva mai più osato assumere il suo nome. Secondo: Roncalli aveva già sperimentato l’imbarazzo dei presenti all’udire tali lodi e dunque era perfettamente consapevole che un simile stupore si sarebbe ripetuto, in misura anche maggiore, al termine del Conclave. Terzo, fra tutte le ragioni addotte ai cardinali per giustificare la scelta di quel nome, Roncalli avrebbe poi taciuto quella che si ricava dall’episodio di un mese prima: l’ammirazione per Giovanni XXIII il quale, pur essendo stato un antipapa, aveva avuto il merito di convocare il Concilio di Costanza (non un merito qualunque: quello di aver convocato un Concilio!). Dunque siamo in presenza di una decisione presa da tempo e di una scelta tutt’altro che casuale da parte di un romano Pontefice che, a detta un suo agiografo, ancor prima di iniziare il proprio pontificato, decide di scostarsi dalla tradizione. Espressione che può avere un suono neutro, o addirittura una sfumatura ammirativa, solo ad orecchi completamente assuefatti al modo di pensare moderno, ma che tradotta nel linguaggio della Chiesa di sempre significa, né più né meno: un papa rivoluzionario, essendo la custodia fedele e intransigente della Tradizione il compito primo di un romano pontefice.

E come interpretare quell’accenno al fatto che quasi tutti i pontefici di nome Giovani ebbero un pontificato breve? Lo si potrebbe interpretare come una sottile captatio benevolentiae nei confronti dei cardinali e di quei settori della Chiesa che avrebbero voluto una continuità con il pontificato di Pio XII e che quindi avrebbero preferito vedere eletto un uomo come il cardinale Siri, il quale avrebbe impersonato perfettamente una simile continuità. Come dire: «Non abbiate paura, il mio pontificato sarà breve, lo sanno tutti che sono malato»; e quindi, sottinteso: «Rassicuratevi: non ho l’età, né le forze, per compiere bruschi cambiamenti di rotta rispetto al pontificato di Pio XII. In fondo è per questo che mi avete eletto, no? Perché sono un papa di transizione»; e invece aveva già pronti i piani per convocare un Concilio ecumenico, del quale non v’era alcuna necessità o urgenza sul piano dogmatico e dottrinale, tranne forse che per ribadire la condanna formale e irrevocabile del comunismo e della massoneria, che però era l’ultimo dei suoi pensieri, di lui e di tutti i vescovi progressisti.

Notiamo, en passant, che questa sorta di auto-previsione mancata circa la brevità del proprio pontificato (e quindi dei propri giorni terreni) l’abbiamo udita anche assai recentemente: per la precisione, dalla bocca di Bergoglio, il quale, per meglio ingannare i suoi oppositori e tutti quei cattolici che a stento hanno sopportato il suo indirizzo, si fa per dire, pastorale, ossia la sua violenta politica anticattolica e anti-dogmatica, al principio di marzo 2015, cioè a due anni dalla propria elezione, dichiarò ad una televisione messicana, e subito la notizia fu ripresa dai giornali di tutto il mondo, sia cattolici che laici e laicisti: «Ho la sensazione che il mio pontificato sarà breve»; e anche quella mossa, con il senno del poi, può essere interpretata come parte di un’astuta strategia volta a prevenire e smorzare eventuali opposizioni: «Portate pazienza, voi tutti che vedete in me un nemico implacabile del cattolicesimo, della vera Chiesa e della santa Messa di sempre: morirò presto; perché mai dovreste cominciare una battaglia contro un papa che vi annuncia, lui stesso, la sua imminente dipartita?»

Retorica, ridondante e fuori di luogo, poi, l’esortazione di Giovanni XXIII ad amarsi l’un l’altro, facendo proprie le parole di Gesù (cfr. Gv 15,12) e quindi ponendosi, implicitamente, sullo stesso livello di autorevolezza del Figlio di Dio. Il che, quanto a immodesti, ma fa il paio con l’espressione "nuova Pentecoste" per definire il proprio pontificato e ciò che egli teneva in serbo per la Chiesa, cioè la convocazione del Concilio; e anche con l’espressione E venne un uomo chiamato Giovanni, che pare voglia porlo sul medesimo piano di Giovanni il Battista (Gv 1,6-7): Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce. Quanto a mancanza di modestia, di nuovo, c’è un solo parallelo possibile: quello con Bergoglio, il quale ha assunto per sé il nome del santo di Assisi che nessun altro papa, sui duecentosessantacinque che lo hanno preceduto (e lui comunque, in quanto gesuita, non avrebbe mai dovuto essere eletto, cosa sulla quale hanno sorvolato tutti) per ragioni di umiltà aveva osato assumere.

E infine che dire dell’affermazione che egli, Giovanni XXIII, è pronto a dare la sua stessa vita per la Chiesa, se le circostanze lo richiederanno? Parole, vuote e altisonanti parole. Di fatto, egli è stato il primo dei papi "moderni" che hanno fatto di tutto per piacere al mondo (ricordiamo l’istrionica frase: fate una carezza ai vostri bambini, e dite loro che quella è la carezza del papa) e che non è arrossito davanti alla propaganda che lo ha presentato al mondo come il papa buono, quasi che i papi regnanti prima di lui non fossero stati veramente buoni, o almeno non altrettanto buoni. E poi cos’è questo insistere sulla richiesta a Dio di avere una perfetta santità di vita? È questa la cosa più importante che un pontefice deve chiedere a Dio, nel momento in cui si accinge a prendere sulle spalle il suo duro fardello di successore di Pietro e vicario di Cristo in terra? O non sono piuttosto la lucidità, il coraggio e la perseveranza nel difendere contro ogni nemico, esterno ed eventualmente interno, la sola, vera dottrina ricevuta dai padri, a beneficio delle anime e a gloria della santa Chiesa cattolica? Quanta demagogia in questo sottolineare la propria aspirazione alla santità di vita! Un papa infatti non è chiamato alla santità, bensì ad avere la forza e la coerenza di custodire immacolata la fede nella sola Verità di Gesù Cristo! Vi sono stati dei pessimi papi sul piano della vita privata, dei pessimi papi sul piano morale: nessuno dei quali, però, si è macchiato di delitti contro la fede, nessuno dei quali cioè ha tentato di cambiare la dottrina, spacciando per cattolici insegnamenti che non sono tali. Con Giovanni XXIII e con il Concilio, un simile processo di auto-demolizione è stato iniziato: e al giorno d’oggi lo vediamo farsi sempre più devastante, come una valanga che s’ingrossa mano a mano che precipita giù dalla montagna, acquistando forza e velocità…

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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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