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1 Aprile 2022Viviamo all’epoca della massima confusione e del massimo sbandamento intellettuale, morale e religioso: i cattolici lo stanno sperimentando non meno di tutti gli altri, con la non lieve differenza che essi, in teoria, una dottrina chiara e definita, alla luce della quale regolarsi in ogni circostanza e giudicare le cose di quaggiù, ce l’hanno e l’hanno sempre avuta, antica di duemila anni e continuamente ribadita e tramandata con cura dal Magistero ecclesiastico, sia attraverso i documenti ufficiali, sia mediante la pastorale ordinaria dei sacerdoti.
Prendiamo il caso della cremazione dei morti. Fino a qualche decennio fa, a nessuno veniva in mente una cosa del genere; e quei pochissimi che sceglievano un tale trattamento per il proprio cadavere o per quello dei propri congiunti, quasi sempre lo faceva in polemica aperta col cattolicesimo e con la Chiesa. Come dicesse: «So che non c’è nulla dopo la morte, quindi il destino del mio corpo mi è indifferente; ma poiché voi, cattolici, credete nella resurrezione dei corpi, facendo cremare il mio corpo o quello di mio padre o di mia madre, vi voglio mandare un messaggio: sappiate che non c’è alcuna resurrezione, la vostra speranza è vana; se siete persone moderne e ragionevoli, fate come me, e così semplificherete le cose anche dal punto di vista pratico, perché ormai i cimiteri sono troppo affollati».
Questo, fino a una trentina d’anni fa. Poi si è diffusa in misura sempre crescente la cultura neo-malthusiana che, legata a una cattiva ecologia e ad un pessimo ambientalismo, ha cominciato ad instillare nella mente di tanti che gli uomini sono troppo numerosi e costituiscono un problema sia da vivi, perché consumano cibo ed energia, sia da morti, perché lo spazio dovuto alla sepoltura costringe le autorità comunali ad effettuare continui ampliamenti delle aree cimiteriali, col risultato di aggravare i problemi urbanistici dovuti al sovraffollamento, oltre a far salire i prezzi immobiliari. Ma non solo. In maniera quasi sempre subdola e sotterranea, è stata fatta passare anche l’idea (da chi? dai soliti noti: i mass-media asserviti al potere finanziario) che il "buon" cittadino, il cittadino "virtuoso" — bello questo ritorno di fiamma del concetto di Virtù, che Robespierre aveva sempre in bocca quando la santa ghigliottina lavorava giorno e notte: si pensi all’automobilista virtuoso contrapposto a quello scorretto e alla relativa patente a punti, che premia l’uno e castiga l’altro — è colui che si preoccupa delle generazioni future e non vuol lasciare l’inutile fardello dei propri resti mortali, e fa risparmiare loro spazio e quattrini (il costo della sepoltura e poi quello per il rinnovo della concessione comunale). Tanto la tomba, con buona pace del Foscolo (che non era neppure un credente!) non serve a nulla, è solo un simbolo, cioè una manifestazione di sentimentalismo superfluo, insomma un lusso che ci si potrebbe tranquillamente risparmiare. E questi ormai sono tempi di crisi, non di lussi.
Infine c’è un elemento sempre sottinteso o appena suggerito a mezza voce, relativo all’igiene. Il cadavere, secondo le leggi biologiche, va in putrefazione: e immaginare tale processo entro la bella cassa di legno imbottita e foderata ha un che di macabro e nauseabondo, che ripugna alla coscienza, o almeno ripugna alla coscienza di molti uomini dei nostri giorni. Non ripugnava affatto, però, alla coscienza dei nostri genitori, dei nostri nonni e dei nostri avi: il che dovrebbe già di per sé far riflettere. Erano essi più superficiali, meno intelligenti della generazione odierna? Erano teste dure e animi rozzi, che non capivano, non afferravano al volo una cosa tanto elementare ed evidente: che il cadavere si disfa, emette un odore terribile, e la sua conservazione non serve a nulla, perché tanto è solo un guscio vuoto?
Sta di fatto che da alcuni anni a questa parte a molte persone, e anche numerosi cattolici, scelgono la cremazione del cadavere e nessuno se ne stupisce, nessun sacerdote ha nulla da dire, tanto meno i papi, benché questi siano divenuti quanto mai loquaci, ad esempio, in materia di trapianti e di "donazione" degli organi. Tutto questo è normale?
Scriveva il professor Giuseppe De Ninno una sessantina d’anni or sono, dopo aver valutato i pro e i contro delle due pratiche, la cremazione e la sepoltura, sul piano strettamente igienico, su La cremazione dei cadaveri (in: Autori Vari, Cento problemi di coscienza, Assisi, Edizioni Pro Civitate Christiana, 1963, pp. 257-259):
Se praticamente indifferenti sono gli argomenti tratti dall’igiene a favore della cremazione o dell’inumazione, neppure assoluti sono quelli portati sul piano morale e religioso per il sotterramento.
Il cadavere, ormai materia priva dell’elemento spirituale che sostanzialmente gli dava forma, non è più da considerarsi una "persona" essenzialmente inviolabile nei suoi attributi, per cui nessun motivo intrinseco ne vieterebbe l’incenerimento. Si può affermare che la cremazione di per sé non è in contrasto con nessun precetto, sia delle legge naturale che di quella positiva divina. Infatti la Chiesa stessa, in determinate circostanze ha tollerato e tollera la cremazione, come nel caso di vaste morie (guerre,epidemie), di ben provate e gravi ragioni di pubblica utilità, di prudente accettazione di usi sociali, come nel caso dei neofiti dell’India i cui parenti pagani ne volessero bruciare i cadaveri sul rogo per salvare il prestigio di casta; come pure di incenerimento di arti amputate dal corpo per ordine formale del medico (S. Uffizio, 3 agosto 1897).
Quali, dunque, i motivi per preferire una pratica all’altra e quale la ragione per cui il Cristianesimo, fin dai primi tempi, volle che il corpo del defunto fosse seppellito in luoghi consacrati (chiese o cimiteri), piamente composto, come se fosse immerso nel sonno? Perché la Chiesa è stata ed è tuttora così avversa alla cremazione, pur trattandosi di atto in sé non intrinsecamente illecito?
La violenta distruzione col fuoco della salma della persona che ci fu cara, come si trattasse ormai di cosa di nessun valore o oggetto di ripugnanza, già sul piano della semplice sensibilità umana è tale da urtare il nostro animo. Pur non dubitando di ciò che, nel giro di pochi anni, si compierà nel segreto della sepoltura, la nostra fantasia ama riposarsi nell’immaginare i trapassati in quella veste umana in cui vissero al nostro fianco o, come dormienti, li vedemmo per l’ultima volta, piuttosto che positivamente collaborare al violento annientamento del loro corpo.
Sul piano religioso, il rito della conservazione della salma in seno alla madre terra ha valore di simbolo, sta a indicare come, secondo il concetto della fede cristiana, la morte per il corpo non è distruzione, ma come un sonno da cui l’uomo si risveglierà con la resurrezione finale. Si ripete che rimaniamo qui sul piano puramente simbolico, poiché, in realtà, indiscutibilmente la nostra polvere, nella vicenda dei secoli, sarà dispersa ai venti, senza che ciò possa costituire un ostacolo all’onnipotenza di Dio nella resurrezione finale dei corpi.
Sulla via di un tale simbolismo e nel rispetto cristiano del corpo destinato alla resurrezione e che già fu oggetto materiale della grazia, la Chiesa cattolica, sin dai primi tempi, circondò il cadavere di religiosa pietà, custodendolo in sepolture, giungendo fino alla venerazione del corpo dei martiri, in contrapposto e quasi per riparare lo strazio fattone dai persecutori.
L’opposto uso pagano o cristiano della cremazione o della sepoltura assunse in seguito il valore di un’affermazione di ateismo o di religione, per l’incenerimento del cadavere fu sostenuta e propagandata, sin dai temi della Rivoluzione francese, da liberi pensatori, anticlericali, atei, sotto il pretesto dell’igiene e della convenienza sociale; mentre la Chiesa esplicitamente e costantemente la condannava sotto pena di gravi sanzioni canoniche.
Ecco il punto. La cremazione non è moralmente illecita e non contrasta con la dottrina cattolica, e tuttavia la Chiesa l’ha sempre avversata, fin dai primi tempi: si ricordi che le catacombe, a Roma e in altre città recentemente cristianizzate, erano in primo luogo dei cimiteri. Gesù è stata sepolto, non cremato; il suo amico Lazzaro era stata sepolto e il suo corpo già mandava cattivo odore quando Gesù lo riportò in vita: particolare raccapricciante, che tuttavia l’Evangelista ha voluto tramandarci con piena fedeltà ai fatti (cfr. Gv 11,39). Tranne che in caso di guerre particolarmente sanguinose o di pestilenze sterminatrici, la Chiesa ha sempre insegnato che il corpo degli estinti va sepolto, non bruciato: se non altro per una forma di umano rispetto e per reazione al contegno dei pagani, che non credevano alla resurrezione, nonché per il ricordo della cura posta nel comporre il corpo dei martiri, sovente conservato nelle chiese e divenuto oggetto di culto. Tutto qui, chiederà qualcuno? Sono queste le ragioni per le quali la Chiesa ha considerato intollerabile la cremazione dei cadaveri, salvo in casi eccezionali? Si tratta solo di umano rispetto, di tradizioni umane, di senso del decoro, che è comunque — si dice — qualcosa di soggettivo? Perché se si tratta solamente di questo, pare che non vi siano obiezioni sostanziali alla cremazione ed è logico che la Chiesa, adattandosi ai tempi, assuma un atteggiamento diverso da quello passato nei confronti di una pratica che, dopotutto, riguarda la sensibilità individuale.
Per l’appunto: a forza di adattarsi al mondo moderno, il cristiano ha finito per introiettare la sua mentalità materialista, laicista e pragmatica: va dritto al sodo e non ha tempo per ciò che non gli dà un vantaggio concreto. E dunque non ragiona più dall’interno della propria fede, ma dal punto di vista del mondo, non solo sulla questione dei morti, ma su tutto. Se è arrivato, in molti casi (si pensi alla posizione di tanti cattolici progressisti sul tema dell’aborto) a vedere nel nascituro null’altro che un grumo di cellule che si possono eliminare e gettare nella spazzatura, perché dovrebbe farsi tanti riguardi nei confronti di un corpo senza vita? In verità, noi crediamo che già sul piano meramente umano, e dunque non solo per il credente, la cremazione dovrebbe rappresentare una pratica barbara e orripilante. Quelli che lo negano e parlano di scrupoli senza senso e d’inutile sentimentalismo, evidentemente non vi hanno mai assistito: vogliamo dire, non hanno mai assistito al processo della cremazione. Lo spettacolo di quel corpo che si contorce sotto la pressione di temperature elevatissime, crepita e si disintegra emettendo un suono spaventoso, è quanto di più impressionante si possa immaginare: e stiamo parlando del corpo di una persona amata, non di quello di un animale e neppure di uno sconosciuto. Tuttavia non si tratta solo di questo: c’è dell’altro, e perfino un non cattolico come Foscolo lo aveva compreso benissimo, tanto da trarne ispirazione per il suo capolavoro Dei sepolcri:
All’ombra de’ cipressi e dentro l’urne
Confortate di pianto è forse il sonno
Della morte men duro? (…)
Ma perché pria del tempo a sé il mortale
Invidierà l’illusion che spento
Pur lo sofferma al limitar di Dite?
La via e la morte, per il cristiano, formano un tutt’uno, come il bruco e la farfalla. Bruciare il corpo dei morti e conservarne le ceneri, come facevano i pagani, significa spostare il baricentro di quel tutto dalla vita ultraterrena alla vita terrena, e abbassare lo sguardo dal Cielo alla terra. Il cattolico crede nella resurrezione dei morti, primizia della quale è stata la Resurrezione di Cristo. Certo, Dio può resuscitare anche un corpo distrutto dal fuoco sino all’ultima cellula, perché a Lui nulla è impossibile. Ma perché l’uomo dovrebbe concludere la sua vicenda terrena con un atto che sa di orgoglio, di scetticismo, di disprezzo della tradizione; perché dovrebbe voler affermare la propria signoria assoluta su quel corpo che invece ha dovuto abbandonare quando non lui, ma Dio, ha deciso che i suoi giorni erano terminati (cfr. Mt 6,27)? Se davvero il credente pensa e tiene per certo che il Signore è padrone di tutto, della vita e della morte, perché voler rimarcare la vana pretesa di esercitare ancora un controllo su ciò che non gli appartiene più, anzi, che non gli è mai realmente appartenuto? La vita viene da Dio, e anche il corpo viene da Dio, perché da Dio viene tutta la persona umana, di cui il corpo è la parte visibile e materiale: dunque l’una e l’altro vanno restituiti a Colui che ce li ha dati. Ora, il modo in cui si restituisce un dono esprime l’apprezzamento che si è fatto di esso, quando lo si è ricevuto e fin tanto che se n’è goduto il beneficio. Restituire a Dio le proprio corpo mortale implica l’apprezzamento del dono che Dio ci ha fatto per mezzo di esso. E quale apprezzamento sarà mai, quale espressione di riconoscenza distruggere quel povero corpo che ci ha dato tante gioie e ci ha permesso di fare tutto ciò che abbiamo fatto nel corso della nostra vita?
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