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S. Tommaso d’Aquino e la sfida delle leggi ingiuste

Il dramma di Antigone, che rifiuta di piegarsi alla legge che vieta di dare sepoltura ai nemici della patria e che colpisce suo fratello Polinice, ci ricorda che l’uomo da tempo immemorabile si sente fortemente coinvolto dal problema se si debba obbedire sempre alla legge, anche quand’essa è palesemente ingiusta o immorale, oppure se vi siano dei casi nei quali egli ha non solamente il diritto, ma perfino il dovere di ribellarsi, e comunque di non accettarla, e quali siano tali casi e come li si possa riconoscere.

Come sempre ci rivolgiamo ad una fonte sicura e attingiamo al pensiero di san Tommaso d’Aquino, il Dottore angelico, che possiede un’invidiabile chiarezza e lucidità di pensiero, unite ad una facoltà raziocinante e ad un istintivo senso dell’equilibrio e della misura, che ne fanno una guida ponderata, autorevole e pressoché inconfutabile allorché si tratta di porsi in maniera spassionata e di soppesare con la massima precisione i pro ed i contra di una determinata questione. San Tommaso fa una distinzione fra l’uomo come individuo, membro di una comunità — al pari, da questo punto di vista, degli animali e delle piante -, l’interesse della quale è prevalente rispetto a quello di quanti la compongono; e l’uomo come persona, la cui anima è creata direttamente da Dio e il cui fine è soprannaturale, e perciò ordinato ad un qualcosa che va assai oltre i doveri che egli ha nei confronti della società di cui è membro

Ora, Dio è il Bene, anzi è il Sommo Bene: di conseguenza, sarebbe intrinsecamente contraddittorio anche solo ipotizzare che Egli possa desiderare per l’uomo un fine che non sia buono, o pretendere da lui che obbedisca ad una legge che non sia buona. Ma come si riconosce una legge cattiva, e perciò illegittima, da una buona e quindi legittima? In primo luogo, dal riferimento al bene divino, cioè al bene voluto e comandato espressamente da Dio: è buona la legge che lo rispetta e lo asseconda, cattiva una legge che non lo rispetta e anzi lo contraddice. Quando invece si tratta di un bene puramente umano, in tal caso l’uomo ha la facoltà di disobbedire ed eventualmente di ribellarsi, ma non ne ha obbligo, come invece lo ha quando la legge calpesta il bene divino. Vi possono essere delle valide considerazioni di opportunità che consigliano l’uomo di non ribellarsi e di non rifiutare obbedienza, ma di sottomettersi a una determinata legge, benché questa sia illegittima perché malvagia in sé stessa, vale a dire non diretta al bene comune. Questa infatti è la discriminante fra leggi buone e cattive: le prime si pongono quale strumento al servizio del bene comune; le seconde servono solo a soddisfare gl’interessi di chi comanda, anche se danneggiano e distruggono il bene comune.

Ma come si riconosce il bene divino, incalzerà qualcuno, e come lo si può distinguere da un bene che sia legittimo in se stesso, ma solamente umano? In primo luogo il bene divino investe direttamente il bene delle anime: perché l’anima è stata creata quale mezzo per la salute eterna, e dunque una legge che ordini agli uomini di fare un male dal quale la loro anima riceverebbe un danno irreparabile, deve essere senz’atro rifiutata e respinta. Se passiamo in rassegna i Dieci Comandamenti, partendo dal primo, vediamo che Dio prescrive all’uomo innanzitutto di non adorare i falsi dei, ma di prestare a Lui solo il culto dovuto; ebbene: se un governo ordina ai suoi cittadini di rendere omaggio alle false divinità e rinnegare il vero Dio, tale atto si configura come una legge tale da mettere a repentaglio la salute dell’anima, e infatti per restare fedeli a Dio i martiri cristiani dei primi secoli affrontarono le persecuzioni, le torture, la confisca dei beni e la morte. Questo è proprio l’esempio storico che fa san Tommaso d’Aquino; e noi possiamo bene aggiungere che la stessa cosa fanno ogni giorno, nel silenzio assordante dei mass-media asserviti al globalismo massonico e anticristiano, migliaia di cristiani sparsi nel mondo, alle prese con governi che odiano la loro religione e li considerano con lo stesso sospetto e lo stesso odio coi quali erano guardati i primi cristiani al tempo degli imperatori romani pagani.

In seconda istanza, il bene divino riguarda tutti quei casi di coscienza nei quali l’uomo sente che sono in gioco il bene e il male non in senso relativo, ma in senso assoluto; tutti quei casi, pertanto, dai quali dipende ancora e sempre, la salute della sua anima, poiché obbedendo a una legge che gli chiede di far e il male e di calpestare il bene, egli andrebbe direttamente contro il fine per il quale è stato creato da Dio e dotato di un’anima immortale, oltre che della ragione per vedere il bene, e della volontà per impegnarsi a realizzarlo. E qui facciamo pure un esempio tratto dalla società odierna, ossia quello della legge sull’interruzione volontaria della gravidanza. Il medico il quale, obbedendo a tale legge, accetta di praticare l’aborto, non commette alcun reato e dal punto di vista dello Stato la sua condotta è irreprensibile; dal punto di vista del bene divino, però, egli si è reso complice di un crimine tremendo, tale da gridare vendetta al cospetto di Dio e da compromettere irreparabilmente, a meno che sopravvenga un profondo e sincero pentimento, la salvezza della sua anima immortale.

Scrive Sofia Vanni Rovighi nella monografia Tommaso d’Aquino (Bari, Editori Laterza, 1973, 1981, pp.127-129):

La legge umana (…) trae il suo valore dalla "lex naturalis"; quando dunque non è in contrasto con la legge morale obbliga moralmente ("in foro conscientiae"), ossia è una colpa morale il volarla, poiché la legge è condizione necessaria della vita sociale che è un valore caratteristico dell’uomo. Ma possono darsi leggi umane (leggi positive) che si oppongono alla legge morale, possono darsi leggi ingiuste; in tal caso esse sono brute imposizioni di forza e l’uomo può, talora deve, non osservarle. PUÒ non osservarle quando vanno contro il "bonun humanum" del cittadino, DEVE non osservarle quando vanno contro il "bonum divinum" ("Summa", Ia IIae, q. 96, art. 4). Dagli esempi che Tommaso fa si vede che il "bonum humanum" è il bene economico in largo senso, l’utilità individuale: vanno contro questo bene leggi che giovano solo alla cupidigia e alla gloria di chi comanda, e non al bene comune dei cittadini, leggi che impongono inegualmente i pesi da portare, leggi che vanno oltre i poteri di chi le impone. Credo che nella concezione tomistica anche imposizioni di "corvées", di partecipare a guerre fatte per ambizione del principe cadano sotto questo tipo di leggi ingiuste, alle quali l’individuo può ribellarsi, ma può anche subirle, per evitare scandalo o turbamento all’ordine sociale. Ma l’uomo DEVE ribellarsi alla legge ingiusta quando va contro il "bonum divinum". L’esempio classico di questo tipo di legge ingiusta è l’ordine di bruciare incenso agi idoli, ordine al quale si ribellarono i martiri cristiani; non il silo culto religioso è però "bonum divinum": è tale tutto ciò che è comandato dalla legge divina ("mandatum divinum") e la legge divina presuppone la legge morale. Viola dunque il "bonum divinum" tutto ciò che viola la personalità morale dell’uomo, il quale DEVE disobbedire ad un comando che gli imponga di compiere azioni immorali: Tommaso fa l’esempio delle leggi che imponevano l’idolatria, ma noi possiamo benissimo pensare ad ogni legge che imponga di uccidere o di denunciare un perseguitato innocente, di testimoniare il falso, ecc.

La distinzione tra il "bonum humanum" e il "bonum divinum" ci permette di risolvere un problema del quale si sono interessati gli studiosi del pensiero politico di Tommaso. Egli dice infatti a proposito del dovere di obbedire alla legge umana: «Poiché il singolo uomo è parte della società ["multitudinis"], ogni uomo appartiene alla società per quello che è e per quello che ha; si vede infatti che anche la natura permette il danno di una parte per salvare il tutto» (Summa, Ia IIae, q. 96, art. 4). Ma altrove dice: «l’uomo non è ordinato alla comunità politica per tutto se stesso e per tutto ciò che ha […], ma tutto ciò che l’uomo è ed ha deve essere ordinato a Dio» (Ia IIae, q. 21, art. 4, "ad tertium").Garrigou-Lagrange, Maritain e altri fanno leva sulla distinzione fra individuo e persona per conciliare questi passi apparentemente contraddittori. Il principio di individuazione è la materia "signata quantitate", e, come individuo, l’uomo è inseriti nella catena delle generazioni ed è subordinato alla società di cui fa parte; la personalità dell’uomo invece è dovuta alla sussistenza della sua anima spirituale, e come persona l’uomo ha un fine superiore a quello della società di cui fa parte. Confesserò che questa specie di dicotomia fra individuo e persona non mi persuade molto, perché Tommaso afferma che l’anima umana, sussistente, creata immediatamente da Dio, è individuata, è "haec vel illa", proprio perché ha da informare questo o quest’altro corpo ("Contra Gent.", II, capp. 75 e 819; "Summa", I, q. 76 art. 1, "ad sextum"; art. 2 "ad primum"), sicché, se come individuo l’uomo fosse totalmente subordinato alla comunità politica, sarebbe tale anche come persona.

Mi sembra piuttosto che nell’individuo umano si possano distinguere diversi aspetti e quindi diversi valori, e che per gli aspetti che ha comuni con tutti i viventi e con tutti gli animali l’uomo sia subordinato alla comunità politica e debba sacrificare il suo bene individuale alla comunità; mentre per l’aspetto umano, per la ragione, l’individuo ha da realizzare certi valori che non possono essere sacrificati per nessuna cosa al mondo. Tommaso ha fatto l’esempio, parlando della legge ingiusta, del diritto e del dovere che l’uomo ha di professare la religione in cui crede anche contro ogni legge dello stato; credo che questa considerazione si possa applicare ad ogni dovere che l’uomo riconosce in coscienza.

Ed ora veniamo al presente e proviamo ad applicare queste massime alla situazione che da circa un anno stiamo vivendo, con un governo che vuole costringere la popolazione a farsi iniettare a più riprese un siero spacciato per vaccino, ma vaccino non è, ricattandola con una serie di gravissime discriminazioni sociali, nonché con la perdita del posto di lavoro e dello stipendio per chi non si piega e quindi è sprovvisto della "carta verde" che dovrebbe consentire di svolgere una vita normale, frequentare i locali pubblici, salire sui mezzi di trasporto, ecc. Tutto questo con la motivazione dichiarata, e creduta dai più grazie alla massiccia propaganda dei mass-media, di voler preservare quel bene comune che è la salute pubblica. Che si tratti di una legge ingiusta e illegittima è già stato mostrato da insigni giuristi e costituzionalisti: basti dire che fa carta straccia di alcuni punti centrali della Costituzione: la libertà di decidere il trattamento sanitario cui sottoporsi (o non sottoporsi); il diritto allo studio senza discriminazione alcuna; il diritto al lavoro; il diritto di sciopero e di civile protesta e manifestazione del dissenso. Che si tratti, anche, di una legge malvagia, lo si vede dalle divisioni che provoca, dalle sofferenze che genera, dal clima di diffidenza, di paura e di odio vero e proprio che per mezzo di essa è stato instaurato, mettendo in crisi perfino le amicizie e i rapporti familiari; e ciò mentre si permette agli stranieri di venire in Italia senza dover sottostare a tale strumento vessatorio, il che rappresenta una vera e propria beffa per i cittadini italiani e lascia intendere ciò che i governanti pensino realmente circa il tremendo pericolo sanitario dal quale dicono di voler preservare la comunità. Se lo ritenessero davvero tale, non sarebbero di manica così larga nei confronti dei cittadini stranieri che entrano a migliaia nel nostro Paese; per non parlare degli eterni profughi, o sedicenti tali, dell’altra sponda del Mediterraneo, ai quali nessuno chiede se siano inoculati e se possiedano una qualche carta verde, anzi dubitiamo fortemente che venga presa alcuna precauzione sanitaria nei loro confronti, benché provengano da zone ove esistono gravi malattie endemiche, alle quali gli organismi della nostra gente non sono abituati, né possiedono gli anticorpi.

Infine la domanda è se quella legge vada contro il bene divino o se sia una legge cattiva, sì, ma pur sempre nella sfera del bene umano. Tenendo presente la definizione che abbiamo dato, sulla scorta delle riflessioni di san Tommaso d’Aquino, riteniamo si ossa dire che è una legge non solo ingiusta e cattiva, ma intrinsecamente malvagia in misura tale da porre in pericolo la relazione dell’uomo con Dio e i doveri che l’uomo ha nei confronti del Creatore e Signore.. La cosa è particolarmente evidente da quando il falso clero ha gettato alle ortiche ogni residuo di pudore e si è sfacciatamente posto al servizio dei poteri globalisti e dei loro strumento più efficaci, le multinazionali del farmaco. Da quando il sedicente papa ha proclamato, dall’alto della sua autorità, il dovere e l’amore cristiano di farsi inoculare con un siero nella cui composizione entrano linee cellulari di feti abortiti, e quindi tale da rendere chi lo assume un complice oggettivo dei quel crimine orrendo, le cose, se non altro, sono apparse in tutta evidenza, anche per quanti preferivano cercare di non vederle. E se le cose sono chiare è necessario che ciascuno si assuma la responsabilità dei propri atti; fermo restando che la responsabilità più grave è di chi, usando l’arma del ricatto, vuol costringere gli altri a fare il male.

Fonte dell'immagine in evidenza: Wikipedia - Pubblico dominio

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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