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Perché agli anticattolici piace tanto il Libro di Enoch

Parlare del Libro di Enoch suscita strane reazioni: di vivo interesse nei non cattolici e negli anticattolici, specialmente nella variegata legione degli ufologi (poi vedremo perché); d’imbarazzo e reticenza fra i cattolici, i quali all’udire quel nome si comportano come i membri di un’antica e stimata famiglia presso la quale un conoscente in visita, ignaro o incauto, faccia il nome della pecora nera di famiglia, il parente bizzarro e forse un po’ losco che tutti preferirebbero ignorare, come se non esistesse neppure. L’interesse e la curiosità dei primi, invece, i quali subito alzano le orecchie udendo quel nome, si spiega col fatto che la cultura oggi dominante, secolarizzata, massonica e anticristiana, ha superato la fase della contrapposizione frontale al cristianesimo e specialmente al cattolicesimo: verso il nemico vinto e aggiogato, come il cardinale Bergoglio che si fa intervistare da Fabio Fazio, non ha più senso accanirsi con la veemenza d’un tempo, quand’era ancora ritto in piedi e in qualche modo temibile. Oggi gli si può riservare qualche ironico sorrisetto di compatimento, perché la sua stessa sopravvivenza è patetica, a meno che decida, come ha fatto il signore vestito di bianco, di passare armi e bagagli alla cultura vincente (e, pecunia non olet, accedere ai relativi vantaggi finanziari: vedi la disinvolta sponsorizzazione dei vaccini Pfizer da parte del Vaticano); oppure gli si può rivolgere contro pezzi della sua stessa tradizione.

Quanto agli ufologi, la loro fascinazione nei confronti del Libro di Enoch si spiega perché Enoch, accompagnato dagli angeli del Signore, fa una specie di viaggio cosmico per ammirare tutte le meraviglie del creato, e nel frattempo viene edotto circa le origini del male e dell’inferno: alcuni angeli, chiamato Vigilanti, disobbedirono a Dio, perché s’innamorarono delle donne terrestri, le sposarono e fecero loro partorire dei veri e propri mostri, i Giganti, uomini famosi, ma non nel bene, dei tempi più antichi. Per punire gli angeli ribelli, Dio mandò contro di loro gli angeli buoni e fedeli, che li vinsero, li incatenarono e li rinchiusero nell’abisso infernale, in attesa del giudizio finale; quanto all’umanità degenerata, e qui i conti tornano col racconto del Libro della Genesi, mandò contro di loro il diluvio universale, che li sterminò e permise solo a Noè di sopravvivere insieme alla sua famiglia e a una coppia di ciascuna specie animale e vegetale, per poter ripopolare il mondo alla fine del tremendo flagello. Ebbene, gli ufologi hanno sempre interpretato questo racconto come la vicenda di una guerra galattica fra due specie o razze di extraterrestri: gli uni, scesi sulla terra per trasmettere agli uomini le loro conoscenze tecniche e scientifiche, compresa la contraccezione onde poter godere le gioie del sesso senza la preoccupazione di mettere al mondo e allevare la prole, sarebbero gli angeli cattivi, disobbedienti a Dio e puniti da Lui con il castigo eterno; gli altri sarebbero gli alieni della razza uscita vittoriosa dallo scontro, e decisa a far vivere gli uomini in condizioni di sudditanza, con la paura dei castighi. Sicché gli extraterrestri realmente buoni, in questa prospettiva rovesciata, sarebbero gli angeli "cattivi", mentre gli angeli buoni, cioè fedeli a Dio, sarebbero gli extraterrestri spietati, ai quali è stato dato il compito di punire i loro "colleghi" rei di aver trasmesso all’umanità le loro conoscenze superiori, un po’ come fece Prometeo allorché volle rubare il fuoco a Zeus per farne dono agli uomini. Ed ecco spiegato il motivo di tanto interesse: l’ufologia, a questo punto, diventa una specie di religione alternativa, naturalmente laica e immanente, nella quale gli extraterrestri prendono il posto degli esseri celesti e l’uomo appare come il vero protagonista della propria storia e della propria evoluzione; né potrà mai sentirsi sicuro e felice se non spezzando ogni catena, anche psicologica, che lo tiene legato a Dio e all’idea, evidentemente sorpassata e superstiziosa, del Peccato originale e della pretesa di stabilire lui stesso la natura del bene e del male.

Scrive il saggista Giordano Berti nel libro Enoch, l’entronauta (Milano, Gruppo Editoriale Armenia, 2000, pp. 42-44):

Qui, come nel Genesi (6:1-4), il Signore decise di sterminare l’umanità. Però, diversamente che nel testo biblico, in cui Dio si serve delle forze della natura, nel "Libro di Enoch" invia i suoi angeli a combattere contro i ribelli. Qualcuno, come per esempio Mario Pincherle, ha interpretato questo brano spiegando che gli angeli ribelli non sono altro che l’espressione dei pensieri umani, idee che si trasformano in scoperte scientifiche, invenzioni e azioni materiali, mentre gli angeli del Signore rappresentano le forze della natura che si ribellano all’uomo e portano morte e distruzione; è un’intuizione interessante che andrebbe sviluppata meglio con opportuni riferimenti agli scritti biblici, in tal senso ricchissimi.

4, Da parte mia ritengo utile notare che la tradizione enochica introdusse nel giudaismo una grande novità parlando di un inferno destinato ai malvagi in attesa del giudizio divino. In precedenza gli ebrei credevano che dopo la morte tutti gli esseri umani precipitassero in un mondo sotterraneo, lo Sheol, e che laggiù i buoni e i cattivi vivessero assieme sotto forma di larve fino al giorno della resurrezione, quando i morti sorgeranno a nuova vita e il Signore giudicherà tutti; allora i giusti si riuniranno nel grande banchetto del Messia, mentre i malvagi saranno distrutti e con essi verrà ucciso anche l’angelo della morte. Invece il "Libro di Enoch" parla di un’anima disincarnabile che, subito dopo la morte, viene destinata a un luogo specifico del’aldilà à di delizie, se buona, di tormenti, se malvagia — in attesa del giudizio finale di Dio. Alcuni studiosi sostengono che questa novità introdotta nel "Libro di Enoch" sia entrata nel mondo giudaico in seguito alla permanenza Babilonia, tra il 585 e il 568 a.C., epoca a cui risale la redazione del "Libro di Ezechiele" ove è contenuta la prima visione, in ambito ebraico, della resurrezione dei morti (37:1-14). Ma è una spiegazione semplicistica che non tiene conto delle tradizioni egizie e greche sulla sopravvivenza dell’anima "post mortem", ben note agli ebrei.

La rivelazione di Enoch influì senza alcun dubbio sul nascente cristianesimo, come si riscontra nelle parole di Gesù quando accennò alle fiamme della Gheenna (Matteo 5:22 e 18:9; Marco 9:43), alla separazione dei buoni dai malvagi (Matteo: 25-31-42), alle tenebre del mondo dei morti, allo stridore di denti e al pianto dei dannati (Matteo 8:12 e 13:41-42; Luca 16:22-26). E anche diversi scrittori posteriori riecheggiamo le visioni di Enoch; riporto solo due brani estremamente significativi:

«Dio non ha lasciato senza punizione quegli angeli che avevano peccato, ma li ha gettati nell’abisso buio dell’inferno, tenendoli rinchiusi per il giorno del giudizio. Allo stesso modo Dio non ha lasciato senza punizione il mondo, pieno di uomini malvagi: ha mandato il diluvio a distruggerlo. Invece ha salvato Noè, che insegnava come si vive da uomini giusti, e altre sette persone insieme con lui» (Seconda Lettera di Pietro, 2:4-5).

È chiaro che il redattore di quella lettera conosceva il racconto enochico, così come lo conosceva l’autore dell’Apocalisse canonica, che riprese quasi testualmente la descrizione dell’incatenamento del demonio all’inferno:

«Poi vidi scendere dal cielo un angelo che teneva la chiave del mondo sotterraneo e una lunga catena. L’angelo afferrò il drago, il serpente antico, cioè Satana, il diavolo, e lo incatenò per mille anni, lo gettò nel mondo sotterraneo, ne chiuse l’entrata e la sigillò sopra di lui. Così il drago non avrebbe più ingannato nessuno per mille anni. Alla fine dei mille anni, però, dev’essere sciolto per un periodo di tempo» (Apocalisse di Giovanni 20:1-3).

È stato chiamato in causa Mario Pincherle, autore di uno studio specifico sul Libro di Enoch, e la sua interpretazione, secondo la quale gli angeli ribelli non sono altro che l’espressione dei pensieri umani, idee che si trasformano in scoperte scientifiche, invenzioni e azioni materiali, mentre gli angeli del Signore rappresentano le forze della natura che si ribellano all’uomo e portano morte e distruzione; e l’Inferno, aggiungiamo noi, è un’invenzione del pensiero cattolico, tetro e dualista. Andiamo perciò alla fonte, e vediamo cosa dice Pincherle, in particolare a commento dei libri dal XXVIII al XXXVI, nei quali si narra il viaggio di Enoch verso Est, sino ai confini della Terra (da: M. Pincherle, Enoch, il primo libro del mondo, Macro Edizioni, 2000, vol. 1, pp. 57-58):

Proseguendo il viaggio, le foreste diventano sempre più grandiose e gli alberi sempre più belli. Ad un certo punto, finalmente, il mondo vegetale sembra sia arrivato al suo culmine, all’estrema e più eccelsa delle sue possibilità. Enoch vede due alberi indicibilmente beli, grandi, gloriosi. Osserva e annota: «Sono di fronte all’albero della conoscenza, il cui santo frutto, se viene mangiato, procura grande sapienza. È un albero alto come il sicomoro. Le sue foglie sono simili a quelle del ciliegio mentre i suoi frutti assomigliano molto ai grappoli d’uva: ma l’albero è inconfondibile per il meraviglioso profumo».

Poi Enoch si lascia andare a una esclamazione: «Non ho mai visto un albero così attraente». La voce dei suoi compagni gli spiega: «Questo è l’albero della sapienza, l’albero di cui Adamo ed Eva, trasgredendo all’ordine di Dio, mangiarono i frutti. Ebbero così la scienza prima di avere raggiunto la Saggezza e da allora l’uomo ha confuso il sapere con la Saggezza. Si è impadronito di grandi verità e le ha usate non per il bene. Questo albero fu chiamato albero del bene e del male perché gli uomini, per diabolico errore, cedettero che la metà del bene fosse il male. Questa metà era la tenebra, che è buona come la luce».

Il viaggio attraverso il mondo vegetale è terminato. La mente di Enoch rimane pervasa di verde, di freschezza, di aromi, di gemme delicate (…).

Ogni cosa che Enoch contempla ha un nome e i suoi santi accompagnatori sono lì per dirgli i nomi veri di tutte le cose, sono lì per rispondere ai suoi continui "perché" e per sorridere alle sue esclamazioni di gioia e di meraviglia…

Ed ecco che su questi mondi di piante e di animali vengono dall’alto, come da porte spalancate nel cielo, correnti misteriose che in certi momenti appaiono benefiche e in altri disastrose: venticelli freschi che a tratti si trasformano in ondate di violenza che tutto sradicano al loro passare, rugiada gentile che di colpo si può trasformare in scrosci che tutto schiacciano, annegano e sommergono, fiocchi bianchissimi lenti e leggeri che improvvisamente si trasformano in proiettili di gelo…

E allora Enoch incomincia a comprendere il mistero della creazione dell’universo. «Dio ha creato un paradiso. Un meraviglioso giardino di fragranze, di profumi, di canti, di tripudio. Questo paradiso può essere di colpo trasformato in inferno dall’uomo, quando abbandona le vie della saggezza. Ed ecco che le acque diventano nere e fetide come immense paludi di veleno. Ed ecco che la brezza profumata si trasforma in un ciclone vorticoso e malefico e la rugiada in un desolato scrosciare di pioggia che sembra non avere mai fine. Considerando duplice quell’albero è nata la falsa duplicità delle cose. Credere che l’albero della Vita abbia frutti cattivi e frutti buoni è un pensiero diabolico».

Sì, Enoch ha capito che solo per il Saggio l’opera del Signore è apportatrice di beni.

E allora Enoch esclama: «Infinitamente benedetto sii tu, Dio mio, perché sei il più grande artista dell’Universo, anzi sei l’unico vero artista… E noi piccoli uomini possiamo solo percorrere strade già percorse, e le nostre povere creazioni umane servono solo a farci comprendere che sono miserevoli imitazioni della tua infinita opera!».

Ed eccoci arrivati, anche noi, al cuore del discorso. Secondo Mario Pincherle, la vera conoscenza di Enoch consiste nell’aver compreso che la luce e l’ombra, il bene il male, sono le due facce della stessa medaglia; e che Dio non vuole un pensiero dualista bensì una coscienza cosmica, mediante la quale gli uomini afferrino simultaneamente e abbraccino senza residui tutta la vastità e la complessità del reale. È un’idea tipicamente gnostica; non solo: è un’ide alchemica e occultistica, fondata sul principio della coincidentia oppositorum e del solve et coagula. Ed è un’idea cabalistica, di quella eterna Cabala che vediamo sempre rispuntare da ogni angolo del pensiero moderno, da Pico della Mirandola a Hegel e da Walter Benjamin a Heidegger. Insomma, l’ultimo e più micidiale ritrovato anticristiano e anticattolico: la mescolanza di verità ed errore per fuorviare le anime semplici e confondere le menti deboli, e intanto far passare l’idea che il cattolicesimo è vecchio e superato, perché pensa ancora in termini dualisti, mentre una mente evoluta e raffinata non può che pensare in termini sintetici e unitivi. E allora tutto ve bene: anche il Libro di Enoch, che, dopotutto, è considerato sacro dalla Chiesa copta, e comunque è citato nella canonica Lettera di Giuda (1,14)…

Fonte dell'immagine in evidenza: Immagine di pubblico dominio (Gustave Dorè)

Francesco Lamendola
Francesco Lamendola
Nato a Udine nel 1956, laureato in Materie Letterarie e in Filosofia all'Università di Padova, ha insegnato dapprima nella scuola elementare e poi, per più di trent'anni, nelle scuole medie superiori. Ha pubblicato una decina di libri, fra i quali L'unità dell'essere e Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C, e ha collaborato con numerose riviste cartacee e informatiche. In rete sono disponibili più di 6.000 suoi articoli, soprattutto di filosofia. Attualmente collabora con scritti e con video al sito Unione Apostolica Fides et Ratio, in continuità ideale e materiale con il magistero di mons. Antonio Livi. Fondatore e Filosofo di riferimento del Comitato Liberi in Veritate.
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