Distruggere le identità per colpire a morte l’uomo
1 Febbraio 2022Le radici ideologiche della persecuzione di Padre Pio
4 Febbraio 2022Fino a quando la malvagità rimane entro certi limiti, suscita scandalo, orrore e disgusto; la gente evita i malvagi, e perfino le persone moralmente mediocri si tengono alla larga dai peggiori, con i quali non s’identificano affatto. Ma quando la malvagità si diffonde a macchia d’olio e non trova alcuna resistenza; quando i mezzi d’informazione e d’intrattenimento veicolano in continuazione lo spettacolo del brutto, del deforme, del sacrilego; quando artisti, scrittori, registi, pensatori (o sedicenti tali, il che non è la stessa cosa, ma i palati grossi non colgono la differenza) fanno a gara nel lodare, esaltare, celebrare la perversione e nel rovesciare il bene in male e il male in bene: a quel punto non solo cessano le reazioni, ma si direbbe che la maggior parte delle persone si abitui a vivere, per così dire, nel fango e nell’infamia. Non trova più nulla di strano nel fatto che l’immoralità sia divenuta la regola, e che i galantuomini siano derisi e sbeffeggiati; non si stupisce, né s’indigna se i malvagi incontrano le lodi e l’approvazione della cultura dominante, magari col pretesto che hanno sfatato dei tabù, che hanno spezzato delle catene, che hanno contribuito, sia pure alla loro maniera, a una non meglio precisata "liberazione" dell’uomo. E a quel punto ha inizio la fine: la società è giunta al capolinea e la sua estinzione è solo questione di tempo, perché se le mele marce infettano tutto il cesto, non c’è piè speranza di salvezza e la diffusione della lussuria, della superbia, della cupidigia, dissolvono uno ad uno i nodi e i tessuti che tengono insieme la vita sociale, a cominciare dalle istituzioni pubbliche, per terminare con la società fondamentale, la più necessaria e la più vera: la famiglia naturale formata da un uomo, una donna e, se possibile, dei bambini nati dal loro amore.
Quando una società è sprofondata nel disordine morale, l’indizio più certo di ciò non è tanto l’attenzione benevola, per non dire l’ammirazione spinta fino all’entusiasmo idolatrico, che essa rivolge alle persone cattive, quanto, più ancora, il disprezzo, l’odio e la persecuzione che si abbattono sulle persone buone. È quello l’indizio decisivo. Quando una società perseguita i santi, vuol dire che è arrivata al suo più basso livello morale, e sta covando con furiosa pazzia il male che la condurrà all’auto-distruzione. Perseguita i santi perché la loro stessa esistenza è un implicito rimprovero dell’abiezione generale: finché essi vivono, finché godono di un certo rispetto, finché vengono ascoltati anche da pochi, rappresentano la condanna vivente del loro sistema di vita e quasi uno schiaffo permanente a ciò che essa, invece, persegue con la massima determinazione: la ricerca del vantaggio e del piacere attraverso il male. I santi devono sparire, e se non li si può sopprimere, li si deve demolire con l’arma della calunnia, perché se ci sono loro il diavolo non ha partita vinta, e le sorti della grande battaglia fra il Cielo e l’Inferno per il possesso delle anime sono ancora fluttuanti ed incerte. Del resto, quelli che il mondo non odia né perseguita, vuol dire che santi non sono: perché solo i santi danno fastidio alle forze del male e hanno la capacità di farle infuriare. Attenzione: questo non vuol dire che tutti i perseguitati siano dei santi, ma è certo che i veri santi, a un certo punto, suscitano l’ira del principe del mondo e attirano su di sé delle persecuzioni, sovente già all’interno della Chiesa stessa, come prova, fra le altre, la vicenda terrena di Padre Pio. Il che prova che non esistono oasi felici, aree protette o zone affrancate dal male: il male può insinuarsi ovunque e nella Chiesa più che mai, per la semplice ragione che la Chiesa, da sempre e per la sua stessa natura, è il suo principale Katechon, nonché il semenzaio dei santi, e dunque è contro di essa che le forze dell’Inferno si gettano con tutta la rabbia, ma anche con tutta la perfida astuzia, di cui sono capaci.
Scriveva Rino Cammilleri nella sua Vita di Padre Pio (Piemme, 1993, e Mondadori, 2006, pp. 303-304):
Quel che stupisce è il paragone tra questa vicenda [ossia la persecuzione di padre Pio, specie la seconda, quella del 1960] e le prediche in mezzo alle quali siamo nati e con le orecchie piene delle quali moriremo. Certo clero straripa "solidarietà", "carità" e "accoglienza" anche dalle nari. Ce n’è per tutti: gay, tossicodipendenti, profughi, immigrati, zingari, indios amazzonici, animali in via d’estinzione, terroristi e criminali comuni. Per i teologi del dissenso, per gli eretici e per i pagani, poi, il trattamento è ancor più di favore. Per fortuna i comunisti dichiarati sono quasi scomparsi, perché per essi c’era un’attenzione privilegiata, così come ci fu a suo tempo per abortisti, divorzisiti e radicali vari.
Per Padre Pio, "prudenza". E sbarre di ferro. Tutto a difesa del "popolo di Dio", anche se tale popolo, così immaturo e infantile da non capire qual era il suo vero bene, di tanta difesa non sapeva che farsene. Anzi, nella sua insipienza arrivava più volte al punto di minacciare fisicamente i suoi difensori.
Sono misteri della fede cristiana. Anzi, cattolica. Torna in mente l’aneddoto del sant’uomo (medioevale, perché è da quel’epoca che viene il novantanove dell’aneddotica edificante) cui Dio concesse per un momento di vedere i demoni nell’aria Su una grande città ce n’era solo uno, che aleggiava pigramente, Ma sopra un povero conventino di campagna infuriava una torma intera.
Spiegazione: in quel conventino i monaci ai sforzavano di restare fedeli a Dio., gli uomini ella grande città si sforavamo di peccare a più non posso (per cui di diavoli ne bastava uno, tanto per controllare che non cambiassero idea).Morale: è sulla Chiesa Cattolica che l’intero Inferno insiste, cercando di seminare disordine e confusione. Niente paura, è tutto previsto: "non praevalebunt".
E sul peccato dilagante nella società al punto da trasformare quest’ultima, che fino a un tempo relativamente recente era vissuta nel santo timor di Dio, in una vera e propria Città del Diavolo, per dirla alla maniera di Sant’Agostino, sempre lo stesso Autore ha parole chiare e illuminanti, specie sulla "rivoluzione" del ’68 (op. cit., p. 342):
Era il 1968 e il "Sessantotto" cominciava a dilagare. I "campus" americani e la Sorbona francese aprivano le dighe della contestazione. Chitarre, slogan e miti acquariani avrebbero fatto letteralmente impazzire una generazione e lasciato senza punti di riferimento quella successiva. Vecchie ideologie ammuffite si sarebbero inserite nel fermento generale e, spacciandosi per novità, avrebbero portato i figli a uccidere i padri per il trionfo dell’utopia. Da quel momento sarà una sequenza di orrori: terrorismo, droga, aborto, nichilismo, satanismo. Il mondo se ne sarebbe andato verso l’abisso, per usare le parole di Solzenicyn, al ritmo di una musica assordante, La ribellione contro tutto ciò che c’era, in nome del futuro, si sarebbe rivolta principalmente contro il cristianesimo, considerato l’ideologia dell’Occidente capitalistico. E il messaggio d’amore del Vangelo che un rispolverato freudismo da bar avrebbe chiamato "repressione". Dopo la bufera, contati i morti e i carcerati, la schiuma che nei rivolgimenti sempre viene a galla si sarebbe trasformata nel cane da guardia del Sistema che diceva di voler abbattere. E avrebbe additato, dai posti di potere nei mezzi do comunicazione di massa, l’ultima utopia: il nulla.
Un giorno forse si scoprirà che Padre Pio era il titano che tratteneva la diga con le sue spalle («Questa è l’epoca dello ‘scatascio’ aveva detto poco tempo p rima). Morto lui, la scristianizzazione e lo «spirito borghese allo stato puro», secondo la parola del filosofo Del Noce, procedettero a passi rapidissimi.
Sì, è vero: col Sessantotto l’attacco contro i valori e lo stile di cita ristiano entra nella fase decisiva, e d instaura la rivoluzione permanente dei costumi, specie in ambito sessuale. Tuttavia, se si vuol essere onesti, il disordine morale eretto a sistema si era gradualmente affermato a partire da molto prima: il ’68 ha fatto solo da detonatore di una carica distruttiva che era già stata posta in essere. Ed è proprio per quello che non vi è stata praticamente reazione; proprio per quello le anime e le intelligenze si sono arrese, e le volontà si sono liquefatte: perché non c’erano più linee di resistenza, non c’erano più caratteri ben formati e pronti per la lotta. Quando il nemico attacca, è il moneto di battersi. Ma se l’esercito non c’è, o è in vacanza, o i suoi capi lo hanno persuaso che la guerra è finita, allora non si combatterà nemmeno, e il nemico pianterà trionfante le sue bandiere sule fortezze conquistate senza sparare un colpo. Questo è quanto è avvenuto allora: non c’erano più le condizioni perché si combattesse; più che un assalto da parte delle forze del male, è stata una marcia trionfale, culminata in una solenne e definitiva presa di possesso. Lo si è visto con i referendum sul divorzio e sull’aborto, quando la maggioranza degli italiani ha scelto il male contro il bene; e quando perfino alcuni (indegni) sacerdoti si sono spesi per la vittoria della conferma di quelle inique leggi, specie la seconda, quella che trasforma la soppressione criminale del nascituro, magari a vantaggio delle multinazionali farmaceutiche le quali faranno un satanico commercio dei suoi organi espiantati, in una cosiddetta conquista di civiltà. Che altro dire? È evidente che già allora, e parliamo di quasi mezzo secolo fa, il senso morale era fuggito via dalla nostra società, ed essa si era tranquillamente adattata a chiamare male il bene, e bene il male. Opera, in larga misura, dei persuasori occulti, stampa e televisione: allora come oggi, al tempo della Grande Menzogna pandemica, sono loro che predispongono la massa ad accogliere nuove idee e nuovi comportamenti e stili di vita, per quanto aberranti e mostruosi.
Non si può tuttavia sottovalutare la responsabilità che hanno anche gli artisti, gli intellettuali e gli uomini e le donne di spettacolo. Sono essi che hanno una vasta presa sulle masse, anche se, a loro volta, sono stati gonfiatoi e trasformati in personaggi "autorevoli" dai mass-media, senza i quali sparirebbero nella folla con la stessa subitaneità con la quale ne sono emersi. Lo stesso meccanismo si è instaurato anche in rete, con la comparsa di figure quali gli influencer e i loro cosiddetti followers, i quali a loro volta possono generare una sotto-categoria che non ha un modello da ammirare ed imitare, ma solo un bersaglio da odiare, gli heaters. E ce ne sono a migliaia, a milioni. Questo deve far riflettere: nella società attuale esistono milioni di persone il cui principale hobby è manifestare il proprio odio, la propria avversione, il proprio disprezzo nei confronti di qualcun altro. Significa che l’odio è stato coltivato a lungo e con ogni cura possibile: perché il suo seme ghiacciato morirebbe se non trovasse continuo alimento, e l’alimento gli viene fornito dagli stessi mass-media che, in teoria, dovrebbero aprire una finestra sul mondo e così accrescere la consapevolezza delle persone. Oggi assistiamo allo spettacolo inverecondo, sconcertante, per certi aspetti pauroso, di una maggioranza di persone comuni che odia visceralmente la minoranza: i vaccinati odiano i non vaccinati, perché i mass-media hanno descritto questi ultimi come dei criminali incoscienti che attentano alla sicurezza e alla vita di tutti. Le cose dunque sono giunte a un punto tale che il male, aiutato dal condizionamento mentale, ha messo radici molto profonde nella società e genera continuamente ingiustizia, sofferenza, discriminazione. Come si può uscire da un simile vicolo cieco, da una spirale tanto distruttiva?
In un certo senso, quel che sta accadendo ora, ai tempi della falsa emergenza sanitaria, lo si può estendere alla società in generale, anche al mondo di prima del marzo 2020 (che non era, come abbiamo visto, il paradiso terrestre): si può paragonare il male a una sorta di fascinazione, e infatti si usa comunemente l’espressione il fascino del male; e che altro è la fascinazione se non una sorta d’ipnosi? Così come oggi le masse sono state ipnotizzate dalla narrazione terroristica, incessante, martellante, monotona e ossessiva della Grande Menzogna, cioè di una radicale distorsione della verità e del bene, allo stesso modo le persone e i popoli che cadono in preda ai demoni della lussuria, della superbia e della cupidigia, è come se fossero vittime di una diabolica ipnosi: non vedono più le cose in maniera oggettiva, ma deformate e capovolte in una prospettiva ingannevole e seducente, ma finalizzate alla loro distruzione. Il male, cioè, chiede la collaborazione dell’uomo affinché si auto-elimini, sia moralmente sia, spesso, materialmente. È logico che sia così: l’uomo è stato dotato da Dio del bene incalcolabile del libero arbitrio: dunque, per convincerlo a fare una cosa tanto stupida, bisogna persuaderlo in qualche modo. E quale metodo migliore se non presentare il male come ammantato di bene, e il bene come una forma di male? È esattamente ciò che i grandi burattinai stanno facendo in questo tragico frangente. Le persone avrebbero potuto non ascoltarli, vedere l’inganno e reagire: ma la maggior parte non era più in grado di farlo perché da tempo aveva abdicato all’uso del libero arbitrio. Pertanto è da qui che bisogna ripartire: dall’uso del libero arbitrio.
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